venerdì 11 novembre 2011

Perché un NO deciso al ritorno all'oro

Ritorno all'oro

L'enfatizzata ultima scoperta del saggio e stimato economista Alberto Quadrio Curzio, quella di utilizzare l'oro giacente nelle banche centrali per emettere titoli pubblici da destinare allo sviluppo, provoca una serie di naturali e raccapriccianti considerazioni:

1 ) In primo luogo e al di là di ogni e qualsiasi controversia conferma, ove ve ne fosse ancora bisogno, la necessità improcrastinabile di aumentare rapidamente la quantità di moneta sul mercato, fortemente carente di liquidità (il Resto del Carlino 11 ottobre 010 “credito nell'ultimo anno ridotto del 3,90%”), per far riprendere velocità alla circolazione monetaria, (quella utilizzata per l'interscambio di beni e servizi, da escludere le operazioni finanziarie) caduta a livelli così asfittici da compromettere la vita dei componenti dell'intero corpo economico nazionale.

2 ) Rispolvera e cerca di riaccreditare il vecchio e mai abbandonato disegno caro ai banchieri di utilizzare l'oro come riserva e sostenere che i valori (come se fosse ancora in vigore la convertibilità) dipendono dall'oro che rappresentano.

3 ) Giova ricordare che il concetto di considerare il valore del titolo monetario simile a quello della “fede di deposito” è stato definitivamente sepolto dalla “Teoria del Valore Indotto o convenzionale della moneta” enunciata da Giacinto Auriti, ex Decano dell'università d'Abruzzo “Gabriele D'Annunzio”, teoria definitivamente dimostrata e confermata a seguito della denuncia dei patti di Bretton Woods avvenuta nel lontano 15 agosto 1971 da parte del Presidente Nixon. A seguito della denuncia il Dollaro, unica moneta al mondo rimasta ancora convertibile in oro, non divenne più tale. Da allora nessuna carta moneta risulta più convertibile in oro. Si vide subito che il Dollaro anche dopo la perduta convertibilità mantenne inalterato il valore che aveva prima, a dimostrazione che il suo valore non dipendeva dalla quantità dell'oro che rappresentava, bensì dalla convenzione dei cittadini che per reciproco e sottinteso accordo accettavano di utilizzare il medesimo strumento econometrico per i loro scambi.

4 ) I banchieri hanno sempre cercato d'ignorare ed occultare la teoria del “valore convenzionale della moneta” poiché essendo la convenzione di tutti i cittadini a determinare il valore del titolo monetario, il controvalore che si determina al momento dell'emissione monetaria, cioè il signoraggio che si verifica sempre, con o senza alcun bisogno di disporre dell'oro, secondo correttezza e giustizia, deve essere accreditato al mercato e non addebitato, come ora avviene, determinando la principale causa del mastodontico debito pubblico che proprio per questo continua imperterrito a crescere nonostante tutte le chiacchiere, di pari passo al progressivo impoverimento delle persone fisiche e giuridiche. Poiché tutti si indebitano e tutti si impoveriscono occorre cominciare a chiedersi: chi è il beneficiario del debito ?

5 ) All'indomani della denuncia dei patti di Bretton Woods i banchieri preoccupati delle logiche conseguenze che ne sarebbero derivate, fecero affannosamente circolare il concetto che le emissioni monetarie, non più frenate dalla rarità dell'oro alla quale si dovevano rapportare, dovevano essere regolate dalla insindacabile ed indiscussa prudenza dei banchieri. Prudenza che i banchieri non hanno mai avuto ne prima ne dopo e nemmeno oggi; hanno sempre abusato del torchio per fornire risorse al sistema finanziario, a danno di quello produttivo; anzi sono riusciti nel salto di qualità a perfezionare il meccanismo aggiungendo anche l'invenzione e la distribuzione dei bond tossici o spazzatura. (riuscirono allora così bene a suonare la grancassa e ad esaltare la loro prudenza al punto che il trattato di Maastricht sintetizza e recepisce la loro insindacabile indipendenza) Nella storia moderna il sistema monetario ha sempre tramato contro lo “Stato Italia”. Tralasciamo le manovre per l'unità d'Italia finanziate dalla banca Rothschild e da quella dell'Inghilterra essenzialmente per chiudere quattro banche d'emissione e farsene solo una; l'attacco all'inventiva e ed alla capacità produttiva italiana, nell'era moderna ha ufficialmente inizio con la “Quota Novanta” che ha avuto la devastante capacità di far fallire il nostro sistema produttivo di allora, ripresosi poi solo attraverso l'invenzione dell'lRI. (le aziende che chiudono oggi o passano alle multinazionali o liberano quote di mercato a quelle che già vi appartengono.)

6 ) Non si comprende il motivo d'innescare un percorso così tortuoso: utilizzare l'oro giacente, e solo giacente presso la Banca d'Italia per garantire i titoli di debito emessi dallo Stato, questi dovranno essere gestiti ed utilizzati da una fantomatica organizzazione comunitaria, che a sua volta dovrà scontarli o venderli, è la stessa cosa, al sistema monetario, questi titoli finiranno per essere quotati in borsa secondo le indicazioni delle grande agenzie di rating di triste memoria, (pilotate anche in borsa dal sistema monetario), per poi accreditare il netto ricavo, gravato di tutte le commissioni scattate ad ogni passaggio, allo Stato per iniziative a sostegno all'economia. ( il sistema bancario continua a destinare risorse ai bond spazzatura: i titoli junk galoppano a tutta

randa. E l'economia reale ?)

7 ) A botta calda viene da pensare che tutto questo vorticoso giro di valzer, sia stato immaginato

per alimentare il finanziario improduttivo, per distribuire commissioni ad ogni passaggio, per fare arrivare nelle sagrestie delle banche d'emissione l'oro attualmente depositato, solo depositato, presso le banche centrali, per indebitare ulteriormente lo Stato nei confronti del sistema monetario il quale contestualmente si appropria del relativo signoraggio corrispondente, in attesa di appropriarsi anche dell'oro, condizione essenziale nella mentalità del banchiere per sostenere psicologicamente di essere proprietario della nuova moneta emessa.

8 ) Come è stato abbondantemente sperimentato e documentato l'oro non è assolutamente necessario per battere moneta, lo ha enunciato Auriti con la sua teoria sul ”Valore Indotto”, lo ha affermato Nixon quando ha denunciato i patti di Bretton Woods “il dollaro vale poiché rappresenta tutta la produzione degli Stati Uniti”. In quella occasione si è dimostrato definitivamente che le monete non perdono valore anche quando non sono più convertibili in oro. Il tutto viene ulteriormente confermato dal fatto che lo Stato italiano per cento anni ha emesso direttamente la propria moneta nazionale utilizzata proprio per realizzare opere di pubblica utilità congiuntamente alle azioni finalizzate allo sviluppo economico.

Il nuovo patto di stabilità ci impone il rientro del debito pubblico di un ventesimo ogni anno dell'importo che eccede il 60 %. Significa circa 45 miliardi di Euro ogni anno (il doppio della già pesante finanziaria in corso). Un simile salasso da cavallo contrariamente alla maggioranza dei soliti economisti, come sostiene Quadrio Curzio, il nostro sistema produttivo non è in grado di poterlo reggere e finirà per essere preclusa qualunque possibilità di ripresa economica.

Senza tanti giri di “Valzer”, disponiamo della soluzione semplice che riesce a risolvere i tanti problemi finanziari complessi. Lo Stato sulla scorta della propria centennale e positiva esperienza pregressa, deve ritornare a battere moneta in proprio, acquisire a titolo originario i valori così ottenuti ed utilizzare le risorse per realizzare opere e programmi di pubblica utilità, difesa del territorio, ricerca e contestualmente occupazione e sviluppo economico. Lo Stato senza dover pagare il pizzo ai banchieri realizza opere pubbliche, sviluppo ed occupazione senza indebitarsi.

Riteniamo giunto il momento di porre fine a questa nefasta sceneggiata, Lo Stato deve smettere d'indebitarsi per monetizzare il mercato o per pagare i suoi titoli in scadenza quotati dalle società di rating quotate a loro volta in borsa dal sistema bancario-monetario. Se i titoli di debito dello Stato sono buoni e valgono, al punto da essere accettati e scontati dagli avvedutissimi e prudentissimi banchieri privati, debbono valere anche i titoli monetari emessi dallo stesso Stato, come abbiamo dimostrato di saper fare per oltre cento anni.

A maggior ragione se si comincia a richiedere garanzie suppletive sui titoli del debito pubblico

Lo Stato sotto il proprio controllo emetta pure la propria moneta tranquillamente, al di là di tutti gli anatemi, sarà certamente onorata con grande favore dalla popolazione e da tutta la produzione nazionale.

15 ottobre 2010

Savino Frigiola

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