mercoledì 12 ottobre 2011

Denuncia/querela contro agenzie di rating

ROMA, 13/10/2011

Al Comando stazione dei Carabinieri
SEDE

Alla Procura Della Repubblica Competente

E, p.c. Ad Altri

QUERELA/DENUNCIA CONTRO :

1) I responsabili legali dell’agenzia di “Rating” internazionale
2) I responsabili legali dell’agenzia di “Rating” internazionale
3) Eventuali responsabili legali di altre agenzie di “Rating” internazionale;
4) Governatore Mario Draghi e direttore generale Fabrizio Saccomanni di “Banca d’Italia S.p.a.” ;
5) ed eventuali altri, secondo il ruolo ed il grado di responsabilità risultante dalle indagini.

Per le ipotesi dei reati p. e p. dagli articoli:

1) Concorso formale in reato continuato (art.81 c.p.);
2) Pene per coloro che concorrono nel reato (art.110 c.p.);
3) Circostanze aggravanti (art.112 c.p.);
4) Corruzione del cittadino da parte dello straniero (art. 246);
5) Disfattismo politico (art.265 cp);
6) Disfattismo economico in periodo di guerra contro Serbia, Iraq, Libia, etc., etc., (art.267 c.p.);
7) Devastazione, saccheggio e strage (art.285 c.p.);
8) Corruzione per un atto d’ufficio (art.. 318 c.p.);
9) Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.);
10) Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art.320 c.p.);
11) Rifiuto di atti d’ufficio (art.328 c.p.);
12) Abusivo esercizio di professione (art. 348 c.p.);
13) Turbata libertà degli incanti (art.353 c.p.);
14) Omessa denuncia di reato da parte del cittadino (art. 364 c.p.);.);
15) Associazione a delinquere (art.416 bis);
16) Devastazione e saccheggio )art.419 c.p.);
17) Distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione
(art.499 c.p.);
18) Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio
(art.501 c.p.);
19) Manovre speculative su merci (art.501 bis c.p.);
20) Turbata libertà dell’industria o del commercio (art.513 c.p.);
21) Istigazione o aiuto al suicidio (art.580 c.p.);
22) Furto (art.624 c.p.);
23) Truffa (art.640 c.p.);
24) Frode informatica (art.640 ter c.p.);
25) Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate, o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico (art. 656 c.p.);
27) Procurato allarme presso l'autorità (art. 658 c.p.)
28) Abuso della credulità popolare (art.661 c.p.);
29) Ed eventuali altre fattispecie di reato che venissero rilevate nel corso delle indagini.-
LUOGO DI COMMISSIONE : Territorio nazionale ed internazionale
TEMPO DI COMMISSIONE : Reati in corso di esecuzione;

Lo strano caso del questore di Genova

Lo strano caso dell'assassinio del questore di Genova Arrigo Molinari 

La settimana precedente all'omicidio, proprio da una sua denuncia, 


erano stati rinviati a giudizio 6 tra ex direttori e direttori di 


istituti bancari della Riviera di Ponente con l'accusa di usura.


«La mia ultima battaglia contro l’euro»


(Il Giornale, 28 settembre 2005)


La settimana scorsa «il Giornale» aveva intervistato Arrigo Molinari, in occasione dell'udienza presso il tribunale civile su due ricorsi da lui presentati contro Banca d'Italia e Banca centrale europea. Ecco la testimonianza che stava per essere pubblicata.
Dica la verità, avvocato Molinari: anche lei ce l'ha con Fazio. Infierisce.
«Neanche per sogno. Io ce l'ho con la Banca d'Italia e con i suoi soci voraci banchieri privati».
Cos'hanno fatto di così terribile?
«Hanno divorato l'istituto centrale di Palazzo Koch, rendendolo non più arbitro e non più ente di diritto pubblico. Con un'anomalia tutta italiana».
Ai danni dei risparmiatori.
«...che adesso devono sapere esattamente come stanno le cose».
Ci aiuti a capire.
«Sta tutto scritto nei miei due ricorsi, riuniti ex articolo 700 del codice di procedura civile, contro la Banca d'Italia e la Banca centrale europea per la cosiddetta truffa del “Signoraggio“, consentita alle stesse fin dal 1992».
Ricordiamo chi era, allora, il ministro del Tesoro.
«Era un ministro sottile che ha permesso agli istituti di credito privati di impadronirsi del loro arbitro Bankitalia, e quindi di battere moneta e di prestarla allo Stato stesso con tasso di sconto a favore delle banche private».
Il “Signoraggio“ è questo?
«Il reddito da “Signoraggio“ a soggetti privati si fonda su una norma statutaria privata di una società di capitali, e quindi su un atto inidoneo e inefficace per la generalità, per cui i magistrati aditi dei tribunali di Genova, Savona e Imperia non troveranno alcun ostacolo derivante da un atto di legge. L'inesistenza di una disciplina normativa consente di accogliere i tre ricorsi senza problema di gerarchia di fonti».
Le conseguenze del “Signoraggio“?
«Rovinose per i cittadini, che si sono sempre fidati delle banche e di chi le doveva controllare».
Tutta colpa delle banche?
«Sarò più chiaro, la materia è complessa. Dunque: le banche centrali e quindi la Banca d'Italia, venuta meno la convertibilità in oro e la riserva aurea, non sono più proprietarie della moneta che emettono e su cui illecitamente e senza una normativa che glielo consente percepiscono interessi grazie al tasso di sconto, prestandolo al Tesoro».
Non si comportano bene...
«Per niente! Ora i cittadini risparmiatori sono costretti a far ricorso al tribunale per farsi restituire urgentemente il reddito da “Signoraggio“ alla collettività, a seguito dell'esproprio da parte delle banche private italiane che, con un colpo di mano, grazie a un sottile ministro che ha molte e gravi responsabilità, si sono impadronite della Banca d'Italia battendo poi moneta e togliendo la sovranità monetaria allo Stato che, inerte, dal 1992 a oggi ha consentito questa assurdità».
Un bel problema, non c'è che dire.
«Infatti. Ma voglio essere ancora più chiaro. L'emissione della moneta, attraverso il prestito, poteva ritenersi legittima quando la moneta era concepita come titolo di credito rappresentativo della Riserva e per ciò stesso convertibile in oro, a richiesta del portatore della banconota».
Poi, invece...
«Poi, cioè una volta abolita la convertibilità e la stessa Riserva anche nelle transazioni delle Banche centrali avvenuta con la fine degli accordi di Bretton Woods del 15 agosto 1971, la Banca di emissione cessa di essere proprietaria della moneta in quanto titolare della Riserva aurea».
Lei sostiene che Bankitalia si prende diritti che non può avere.
«Appunto. Prima Bankitalia, nella sua qualità di società commerciale, fino all'introduzione dell'euro in via esclusiva e successivamente a tale evento, quale promanazione nazionale della Banca centrale europea, si arroga arbitrariamente e illegalmente il diritto di percepire il reddito monetario derivante dalla differenza tra il valore nominale della moneta in circolazione, detratti i costi di produzione, in luogo dello Stato e dei cittadini italiani».
Un assurdo tutto italiano, secondo lei.
«Certamente. Sembra un assurdo, ma purtroppo è una realtà. L'euro, però, è dei cittadini italiani ed europei, e non, come sta avvenendo in Italia, della banca centrale e dei suoi soci banchieri privati».
Quasi tutto chiaro. Ma che si fa adesso?
«Farà tutto il tribunale. Dovrà chiarire se esiste una norma nazionale e/o comunitaria che consente alla Banca centrale europea, di cui le singole banche nazionali dei Paesi membri sono divenute articolazioni, di emettere denaro prestandolo e/o addebitandolo alla collettività. L'emissione va distinta dal prestito di denaro: la prima ha finalità di conio, il secondo presuppone la qualità di proprietario del bene, oggetto del prestito».
Lei, professore, ha fiducia?
«Certo. La magistratura dovrà dire basta!».

Crisi: bloccare “la fabbrica dei debiti”

Chieti, 12 Ottobre ’11, Mercoledì, S. Serafino - Anno XXX n. 339 - www.abruzzopress.info - abruzzopress@yahoo.it - Tr. Ch 1/81 Nuovo ABRUZZOpress >>>Nazionale Servizio Stampa - CF 93030590694 - Tel. 0871 63210 - Fax 0871 404798 - Cell. 333. 2577547 - Dir. Resp. Marino Solfanelli

 Ap – Economia
 Per uscire dalla crisi bloccare “la fabbrica dei debiti” 
 di Savino Frigiola

Per uscire dalla crisi e rilanciare sviluppo ed occupazione è indispensabile che i vari soggetti, circoli, associazioni, comitati, gruppi di vario colore, genere e provenienza, desiderosi di recuperare libertà e sicurezza nel proprio futuro, intraprendano una azione comune finalizzata ed imperniata nella condivisione dei tre punti, capaci mandare fuori scala l’attuale politica: 1) depennare il debito pubblico; 2) bloccare la fabbrica dei debiti per fermare la crisi; 3) rilanciare l’economia, il sociale e l’occupazione. Questi tre punti interdipendenti fra loro sono conseguibili se l’azione da intraprendere prevede il contestuale raggiungimento di tutti e tre gli obiettivi pena l’impossibilità di realizzarne anche uno.

 1) Il debito pubblico non deve essere pagato poiché scaturito con il cedimento incostituzionale della sovranità monetaria affidata ai banchieri privati di Bankitalia / BCE. Queste cedono moneta, che a loro non costa nulla, a fronte dei titoli di debito dello Stato, formando così il debito pubblico.
Oltre a ciò il “debito detestabile” non deve essere pagato, secondo i giuristi internazionali, poiché ricade nei tre requisiti necessari per poter definire un “debito pubblico detestabile" e sono: A) Il governo del Paese deve aver conseguito il prestito senza che i cittadini ne fossero consapevoli e senza il loro consenso. B) I prestiti devono essere stati utilizzati per attività che non hanno portato benefici alla cittadinanza nel suo complesso. C) I creditori devono essere al corrente di questa situazione economica, e disinteressarsene.

 2) Lo Stato, nella consapevolezza del “valore convenzionale della moneta”, in nome e per conto dei propri cittadini, deve ritornare ad emettere la propria moneta. La deve acquisire a titolo originario e registrarla all’attivo del proprio bilancio al valore corrispondente al signoraggio che si verifica sempre in queste circostanze. L’attività così conseguita dovrà essere utilizzata per le spese istituzionali, senza produrre ulteriore debito come ora avviene, a dimostrazione che le istituzioni sono al servizio del cittadino e non viceversa.

3) L’immissione sul territorio nazionale della moneta emessa dallo Stato senza costi, tranne quelli tipografici, come realizzata dallo Stato italiano per 100 anni, dal 1874 al 1975, deve avvenire mediante il pagamento delle opere e delle attività di pubblica utilità: a) manutenzione degli edifici pubblici, b) opere a difesa del territorio, c) costruzione di manufatti ed infrastrutture di interesse pubblico e nazionale, d ) ricerca, istruzione ed attività sociali, ecc. ecc.

Il rilancio dell’economia, dell’occupazione e delle attività sociali è, così facendo, talmente evidente e comprensibile da rendere superflua qualunque ulteriore argomentazione.

Il signoraggio digitale

Articolo tratto da: http://www.zeusnews.it/index.php3?ar=stampa&cod=15840#ixzz1aae8WIEs

Il signoraggio digitale nell'era del cloud computing

Le informazioni sono preziose almeno quanto il denaro: chi le gestisce ottiene un potere pari a quello delle banche.
[ZEUS News - www.zeusnews.com - 12-10-2011]
Signoraggio digitale cloud computing
Foto via Fotolia
Abbiamo già in passato trattato del cloud computing, ma mai era venuto in mente di accostarlo al sistema bancario.

Naturalmente ci si potrebbe chiedere che cosa possa accomunare l'attuale sistema economico bancario al fenomeno del cloud computing oggi molto in voga.
Sul sito della Banca d'Italia si definisce "signoraggio" l'insieme dei redditi derivanti dall'emissione di moneta. In pratica è «il reddito ottenuto dalle Banche Centrali Nazionali nell'esercizio delle funzioni di politica monetaria».
Approfondendo l'argomento, si notano diverse assonanze con il cloud computing.
L'elemento di partenza dell'attuale sistema economico è il flusso monetario; in perfetta analogia, l'elemento alla base del cloud è l'informazione.
Al tempo in cui le banche non esistevano, ognuno possedeva una certa quantità di moneta, spesso coniata con metalli preziosi. Allo stesso modo, quando non esisteva Internet ognuno di noi possedeva una certa quantità di informazione digitale.

Ci fu dunque un tempo in cui esisteva la moneta ma non esistevano le banche; l'informazione, dal canto proprio, era prima distribuita sui molteplici utenti e sui loro PC.
In sostanza le banche potevano, almeno in passato, essere considerate contenitori di valori il cui corrispettivo era convertito in moneta: ciò era un notevole vantaggio per chi possedeva metalli preziosi, la cui conservazione e custodia rappresentavano enormi difficoltà pratiche a causa del suo considerevole peso specifico e dalla costante minaccia dei briganti.
Tale situazione spinse la maggior parte dei soggetti benestanti a depositare le proprie monete presso gli orafi, i quali disponevano delle casseforti più sicure delle città. Gli orafi, a loro volta, emettevano delle comode ricevute cartacee a garanzia del deposito effettuato, ricevute che potevano essere negoziate dal titolare al posto delle ingombranti monete.
Se da un lato vi è un rischio nel detenere metalli preziosi, dall'altro - in una società sempre più informatizzata - vi è un rischio di perdita dei dati se non ne viene effettuato il backup.
Ciò ha portato molti utenti e aziende ad affacciarsi al mondo del cloud computing al fine di diminuire l'impatto tecnico e tecnologico e usufruire di hardware (come lo spazio di memorizzazione) non accessibile altrimenti.
Le società che si occupano di cloud computing, poi, distribuiscono credenziali che snelliscono ed elevano il livello di qualità a basso costo.
Da questa analogia nasce l'assioma per cui, se il fallimento di una banca comporta il fallimento di un microsistema economico (evento di certo nefasto), un futuro fallimento che coinvolga una multinazionale di servizi cloud potrebbe portare ad un collasso di servizi su più fronti.
Fermo restando questo rischio, di certo il cloud, essendo in via di sviluppo, può ancora reinventarsi e prevenire così quelle che oggi sono le carenze e le fragilità dell'attuale sistema del credito. Ma occorre far presto.
Sebastiano Amato - bElastic

Il Signoraggio e La Banca d'Italia

"Sabato occuperemo Roma. E' solo l'inizio"


Repubblica

LA PROTESTA

'Yes we camp', gli indignati si preparano
"Sabato occuperemo Roma. E' solo l'inizio"

A tre giorni dalla manifestazione nella capitale il movimento si organizza sul web: "Portate una tenda, il 15 non si torna a casa". E lancia un avvertimento: "Comincerà una mobilitazione permanente come in Grecia e in Spagna"

ROMA -"Il 15 ottobre è necessario andare oltre un corteo rituale, oltre una semplice sfilata che si concluda a San Giovanni. Vogliamo scendere in piazza per rimanerci, accamparci e porre un problema al potere, fino a quando questo governo non se ne sarà andato". Gli Indignati di Roma hanno occupato la centralissima via del Corso, vicino ai palazzi della politica. E per sabato 1, nelle vie della capitale, sono decisi a una protesta che ripercorra la scia delle rivolte arabe, delle manifestazioni greche e dei movimenti spagnoli. Ad annunciarlo è il comitato 'Occupy Rome', che parteciperà al corteo di questo fine settimana.

"Portate una tenda". L'invito è a "non tornare a casa". "Il 15 ottobre scendiamo in piazza per rimanerci. Portate una tenda", avverte il coordinamento nazionale dei collettivi. Intanto l'evento "occupyrome" si diffonde su Facebook, con un cartellone-slogan altrettanto  esplicito: sullo sfondo il Colosseo, il simbolo di una tenda da campeggio, con la scritta imperativa "non torniamo a casa, portati una tenda", e la parafrasi del motto che ha portato al successo Obama "Yes we camp". La risposta che inizia a girare sul social network è entusiasta: "Sì. Occupiamo tutto".

Il messaggio sul web. Dalla crisi dei mutui subprime - ricordano i collettivi 
- "la crisi economica è venuta a bussare alla porta del 'bel paese' chiedendo il conto (salato) di anni di sprechi, di speculazioni, di sfruttamento, di politiche scellerate che da sempre svendono i diritti dei cittadini per i profitti di pochi (soliti noti)". Così "la storia non cambia, il metodo è sempre lo stesso: a pagare sono sempre i soliti, chi lavora, chi produce, chi rivendica una vita libera e dignitosa, ed ecco tagli all'università con la legge 133 del 2008 e successiva riforma Gelmini, ecco l'attacco di Marchionne ai diritti degli operai, ecco le solite facilonerie nei confronti degli impiegati della funzione pubblica". E "non contenti, i signori dell'economia mondiale si sono buttati a capofitto - sempre con i soldi dei cittadini - nei mercati finanziari, ed ecco l'imminente catastrofe dinnanzi ai nostri occhi: l'Europa è a rischio default, a cominciare dalla Grecia", si legge ancora nel testo.

"Non paghiamo il debito". Come nell'autunno dell'anno scorso, delle proteste contro la riforma Gelmini e i tagli all'università, i collettivi lo ripetono: non ci stanno a subire la "retorica del debito": "Questo debito non l'abbiamo contratto noi e dunque il loro debito non lo paghiamo". Ed è "con questo spirito ci accingiamo ad affrontare le giornate di mobilitazione che abbiamo davanti".

La prima - ricordano i collettivi - "oggi, 12 ottobre davanti alla Banca d'Italia", in occasione del convegno internazionale "L'Italia e l'economia mondiale, 1861-2011" al quale parteciperanno il presidente della Repubblica Napolitano e Mario Draghi, "per restituire al mittente la lettera firmata da Draghi-Trichet e contestare la manovra finanziaria dettata dalla Bce". In mattinata ci sono stati incidenti davanti alla sede di Bankitalia a Bologna 2 e un sit-in si è svolto davanti a quella di Napoli 3. Poi l'appuntamento è per il 15 ottobre, "nella giornata internazionale contro il debito, riprendendoci le strade e facendo sentire la nostra voce contro la dittatura finanziaria imposta dalla troika formata da Bce, Fmi e Commissione Europea". Ma per gli indignati i due appuntamenti o singole manifestazioni non sono sufficienti e avvertono: "E' solo un inizio di mobilitazione che dovrà necessariamente andare oltre, innescare una dinamica di mobilitazione permanente imparando dagli esempi greci e spagnoli". Ed per questo che il 15 ottobre non sarà "una semplice sfilata".
(12 ottobre 2011)© RIPRODUZIONE RISERVATA

«Indignati», primo test a Bankitalia


IL 15 OTTOBRE IN PIAZZA COBAS, CENTRI SOCIALI, STUDENTI E DISOCCUPATI

«Indignati», primo test a Bankitalia:
lettera a Napolitano, Draghi, Trichet

Mercoledì i movimenti a Palazzo Koch: 

si teme il blitz, chiusa via Nazionale. 

Per sabato rischio «black bloc»


ROMA - La preoccupazione maggiore è per i gruppetti che potrebbero staccarsi dagli «indignati» per compiere azioni fuori dal percorso autorizzato. Occupazioni di edifici, blocchi del traffico e dei trasporti pubblici, cortei spontanei. Per le forze dell'ordine la presenza congiunta sabato prossimo in piazza di movimenti studenteschi, di precari e disoccupati, Cobas, centri sociali e frange anarchiche, con l'eventualità di infiltrazioni «black bloc», rappresenta una «miscela» da non sottovalutare (guarda il percorso del corteo). Oltre ai contatti con l'intelligence e le polizie straniere, le Digos di numerose questure stanno lavorando per fornire un quadro completo dei personaggi già conosciuti che arriveranno a Roma fra domani e sabato prossimo. Ma già dalla serata di venerdì sarà invece attivo il piano di sicurezza per l'evento al quale dovrebbero partecipare, secondo stime delle stesse forze dell'ordine, centinaia di migliaia di persone.
Il flashmob alla Banca d'Italia di lunedì scorso (Jpeg)
Il flashmob alla Banca d'Italia di lunedì scorso (Jpeg)
A poco più di 72 ore dall'iniziativa del «Coordinamento 15 ottobre» (alle 14 di sabato da piazza della Repubblica) l'attesa e la tensione non si placano. Da definire c'è ancora il percorso per piazza San Giovanni, anche se gli organizzatori avrebbero chiesto facoltà di decidere dove spostarsi una volta raggiunti i Fori Imperiali.
E per mercoledì alle 16, a Bankitalia in via Nazionale, i «draghi ribelli» del movimento si sono dati appuntamento per «consegnare una lettera pubblica a Napolitano, per respingere le lettere private di Draghi e Trichet. Se daremo fastidio ci cacceranno. Se ci cacciano, torneremo in molte più persone». Il tam-tam prosegue su internet al grido «A casa non si torna». «Saremo stanziali e mobili - avvertono gli "indignati" -.
Il corteo (
Il corteo (
Il 15 ottobre sarà un assedio permanente della "city" politica». Il timore è che la giornata di protesta possa estendersi anche alla serata di sabato. Da settimane in Questura si susseguono le riunioni operative. Ieri l'ultima. «Siamo impegnati da giorni a mettere insieme le informazioni e le esperienze professionali di tutti i funzionari dell'ordine pubblico - spiega il questore Francesco Tagliente - per coniugare i diritti e la sicurezza dei manifestanti e degli operatori di polizia, le esigenze di sicurezza degli obiettivi sensibili e il diritto alla vivibilità dei romani e dei commercianti». Per il sindaco Gianni Alemanno, che oggi incontrerà il prefetto e i vertici delle forze dell'ordine, «quanto accaduto il 14 dicembre scorso non si deve ripetere, tutti devono essere liberi di manifestare, con l'opportuna flessibilità, senza mettere a rischio la vita dei romani e la stabilità della nostra città».
Rinaldo Frignani
12 ottobre 2011 14:18

Bologna. “Indignati” davanti a Bankitalia

Cronaca Italia

Bologna. “Indignati” davanti a Bankitalia: tensione e scontri


> BOLOGNA, 12 OTT – Momenti di tensione e un breve tafferuglio a Bologna davanti alla sede di Bankitalia tra manifestanti ‘indignati’ e forze dell’ordine. Un centinaio di studenti, ha tentato di entrare nel palazzo di piazza Cavour. Davanti all’ingresso, erano schierati polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Di fronte alla pressione del gruppo di giovani, sono partite le manganellate e una breve carica. I ragazzi si sono riparati utilizzando scudi di polistirolo.
L’azione delle forze dell’ordine ha fatto uscire i manifestanti dal portico. L’intenzione del corteo, era di protestare contro il debito. Hanno esposto striscioni e hanno simulato una processione, portando a braccio una statua di ”Santa Insolvenza”.  Una ragazza è rimasta ferita negli scontri con la polizia. Gli Indignati si sono poi diretti nell’ufficio della Corte d’Appello, dove hanno sfondato il portone dell’ufficio notifiche. Davanti ai dipendenti allibiti hanno preso e strappato documenti e registri e li hanno lanciati da una finestra.
La protesta degli Indignati bolognesi, composta da studenti ed esponenti dei centri sociali, si e’ conclusa, verso le 13, in piazza Verdi, cuore della zona universitaria. I manifestanti si sono congedati scandendo ancora slogan contro il debito, contro la Banca d’Italia e il Governo. E si sono dati appuntamento alla manifestazione nazionale del 15 ottobre.
”Oggi – ha tirato le somme Gianmarco De Pieri, del centro sociale Tpo – ad una ragazza e’ stata spaccata la bocca. E’ salita in ambulanza con i denti rotti. Chiediamo aiuto ai fotografi e agli operatori, per capire chi e’ stato a colpirla. Presentermo, attraverso i nostri legali, un esposto. Riteniamo che la persona responsabile oggi dell’ordine pubblico, non debba far piu’ parte della squadra della Questura di Bologna”.

12 ottobre 2011 | 12:05

Il panico dei plutocrati


Il panico dei plutocrati
di Paul Krugman - 11/10/2011

Fonte: Come Don Chisciotte


  
Dovremo vedere se le proteste di Occupy Wall Street riusciranno a cambiare la direzione dell’America. Già sono riuscite a suscitare una reazione davvero isterica di Wall Street, dei super-ricchi in genere, dei politici e degli esperti, la cui disponibilità è sempre al servizio del centesimo più ricco della popolazione.
E questa reazione vi dice qualcosa di più importante: fondamentalmente, che gli estremisti che minacciano i valori americani sono quelli che F.D.R. chiamava “i realisti dell’economia”, non le persone che campeggiano nello Zuccotti Park.

Considerate intanto come i politici Repubblicani hanno descritto la piccola manifestazione, anche se in crescita, che ha avuto qualche scontro con la polizia - scontri che sembrano essere dovuti alla reazione eccessiva della polizia – ma niente di quello che si potrebbe considerare una sommossa. E non c’è stato niente di molto diverso da quello che è stato il comportamento delle folle del Tea Party nell’estate del 2009.
Malgrado ciò, Eric Cantor, il leader della maggioranza alla Camera, ha denunciato “attacchi” e “le ruvidezze di Americani contro altri Americani”. I candidati del Great Old Party alle presidenziali sono intervenuti, con Mitt Romney che ha accusato i manifestanti di spronare un “conflitto di classe”, mentre Herman Cain li ha definiti “anti-Americani”. Il mio preferito, comunque, è il senatore Rand Paul, che per qualche ragione si è preoccupato che i dimostranti potrebbero iniziare a impossessarsi degli iPad, perché loro credono che i ricchi non meritino di averli.
Michael Bloomberg, il sindaco di New York e titano dell’industria finanziaria, è stato un po’ più moderato, ma ha anche lui accusati i contestatori di cercare di “portare via il lavoro per la gente che lavora in questa città”, un’affermazione che non ha alcuna convergenza con gli obbiettivi reali del movimento.
E se aveste ascoltato gli opinionisti sulla CNBC, avreste imparato che i manifestanti “facevano sventolare le loro bandiere mostruose” e che erano “allineati con Lenin”.
Per comprendere tutto ciò, bisogna capire che fa parte di una sindrome più vasta, in cui i ricchi Americani, che hanno beneficiato enormemente da un sistema plasmato a loro favore, reagiscono con l’isteria a chiunque suggerisca quanto questo sistema sia manipolato.
Lo scorso anno, come forse vi ricordate, un numero di baroni dell’industria finanziaria diventò pazzo per le tiepide critiche del Presidente Obama. Hanno denunciato che Obama fosse un socialista per aver appoggiato la cosiddetta regola Volcker, che avrebbe semplicemente proibito alle banche coperte dalle garanzie federali di prendere parte a speculazioni rischiose. E, in reazione a una proposta per restringere le agevolazioni di chi paga davvero poche tasse, bene, Stephen Schwarzman, direttore del Blackstone Group, l’ha paragonata all’invasione hitleriana della Polonia.
E poi c’è stata la campagna diffamatoria contro Elizabeth Warren, la riformatrice finanziaria candidata per il Senato in Massachusetts. Non molto tempo fa, un video su YouTube della signora Warren descriva un caso eloquente, elementare, di imposte sui ricchi che diventano un virus. Niente di quello che ha riportato era radicale, non era nient’altro che un aggiornamento del famoso motto di Wendell Holmes secondo cui “le tasse sono quello che paghiamo per avere una società civilizzata”.
Ma ascoltando i fidati difensori dei ricchi, avreste pensato che la signora Warren fosse la reincarnazione di Leon Trotsky. George Will ha dichiarato che lei ha un “programma collettivista”, che crede che “l’individualismo sia una chimera”. E Rush Limbaugh l’ha definita “un parassita che ha perso l’ospite. Perché ha voluto distruggere l’ospite mentre gli succhiava la vita.”
Che sta succedendo? La risposta, sicuramente, è che i Padroni dell’Universo di Wall Street hanno compreso, in fondo, quanto sia moralmente indifendibile la propria posizione. Non sono John Galt; e non sono neppure Steve Jobs. Sono persone che sono diventate ricche spacciando complessi schemi finanziari che, ben distanti dal portare chiari benefici al popolo Americano, hanno contribuito a spingerci verso una crisi i cui postumi continuano a compromettere la vita di decine di milioni di loro concittadini.
E ancora non hanno pagato alcun prezzo. Le loro istituzioni sono state salvate dai contribuenti, senza aver dato niente in cambio. Hanno continuato a beneficiare delle garanzie federali esplicite e implicite e, fondamentalmente, partecipano ancora a un gioco dove con “testa” vincono loro, con “croce” perdono i contribuenti. E godono anche delle esenzioni fiscali che, in molti casi, vengono elargite a persone con introiti multi-milionari che pagano aliquote più basse delle famiglie della classe media.
Questo trattamento speciale non può resistere a uno scrutinio approfondito e, di conseguenza, non ci deve essere alcun scrutinio approfondito. Chiunque osi evidenziare l’ovvio, non importa che sia calmo e mite, deve essere demonizzato e fatto uscire dalla luce dei riflettori. Infatti, tanto più la critica è ragionevole e moderata, tanto più dovrà essere demonizzata, e così si è arrivati al sorriso teso di Elizabeth Warren.
E allora chi è davvero contro l’America qui? Non i manifestanti, che stanno semplicemente cercando di far sentire la propria voce. No, i veri estremisti qui sono gli oligarchi d’America, che vogliono sopprimere ogni critica alla fonte della propria ricchezza.
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09.10.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE