mercoledì 22 maggio 2013

Massacro e Genocidio attraverso l'economia

Troll impazzito commenta Carlo Sibilia e Signoraggio



Carlo Sibilia e il Signoraggio Bancario…

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Segnaliamo ai lettori questo intervento per certi versi molto valido del cittadino in parlamento Carlo Sibilia, di cui forniamo video e sbobinatura:
Come dicevamo, l’intervento per molti versi ci onora e ci rincuora. Il cittadino Sibilia ha ben chiare le tremende responsabilità dei trattati europei, del pareggio di bilancio e del Fiscal Compact nella crisi odierna, così come le evidenti iniquità antidemocratiche del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).
Tuttavia l’intervento contiene anche alcune inesattezze e ingenuità, che a beneficio della divulgazione vorremmo sottolineare:
“Quindi è come dire che dei soggetti privati siano proprietari della nostra moneta e ce la prestino richiedendola indietro con interesse. Ma se la moneta è dei cittadini, degli stati, allora perché ce la prestano? ha mai sentito parlare di signoraggio bancario sig. letta? ne parlate mai alle riunioni del club bilderberg? club di cui lei, il suo predecessore mario monti, emma bonino guarda caso suo ministro degli esteri e mario draghi guarda caso direttore della bce fate parte.
gli istituti privati stampano moneta cedendola in prestito e richiedendone restituzione con interesse per creare questa spirale di stritolamento che si chiama DEBITO.”
Per quanto il resto del suo intervento sia ben posto e pregevole, qui proprio non ci siamo. Dobbiamo fare attenzione ai dettagli che rendono la comunicazione del Movimento attaccabile, poiché basta un solo errore per squlificare un ottimo intervento.
Intanto asserire che la crisi europea sia figlia di decisioni prese al club Bilderberg (o dalla Massoneria o altre organizzazioni segrete del genere) é quantomeno azzardato, e andrebbe almeno provato. A nostro parere dire questo é fuorviante. E’ vero che questo club raccoglie il peggio della finanza europea e mondiale, ma non é certo l’unico gruppo di potere del genere (altri esempi altrettanto in conflitto di interesse sono Group of 30, Aspen Institute, Commissione Trilaterale, European Roundtable of Industrials, etc) e le lobby europee colpevoli dell’attuale situazione hanno infiniti modi per esercitare la propria influenza, che esulano da un ritrovo fisico in un salotto buono della finanza.
Più importante ancora, il resto della tesi secondo cui il debito pubblico sarebbe figlio delle banche private europee (su tutte la BCE) che ci prestano una fantomatica moneta “a debito” che andrà restituita, é del tutto infondato. No signori, il problema non é di chi sia la banca, ma chi la controlla e quali prerogative e mansioni preveda il suo statuto. In Europa si é follemente scelto di perseguire il paradigma della banca centrale indipendente dal governo europeo, questo é il problema. Non esiste controllo del parlamento europeo sulla BCE, questo é il problema. Mario Draghi é autorizzato a stampare moneta come desidera, chiedendo i collaterali che desidera e le condizioni che più gli aggradano. La FED americana per esempio é ancor più privata della BCE, ma é da STATUTO sottoposta al governo centrale USA che può imporle qualunque tipo di politica monetaria gli aggradi.
La BCE é invece un organo autonomo, non eletto, che risponde solo a sé stesso sulla base del TOTALE controllo dei prezzi, ovvero dell’inflazione. ECCO il problema. Il suo statuto DEVE essere rivoluzionato. Perché se ne cambiassimo semplicemente la proprietà in pubblica SENZA modificarne statuto e finalità, non cambierebbe NULLA. La BCE dovrebbe diventare prestatore di ultima istanza per il nostro sistema bancario,  garantendone la liquidità senza che questo debba ricorrere a folli operazioni sui mercati dei capitali (per poi dover essere salvate a caro prezzo dagli stati stessi), e dovrebbe inoltre essere garante del debito pubblico degli stati dell’Eurozona, acquistandone i titoli di stato e fissandone de facto i tassi di interesse, ora in totale balia degli umori dei mercati. E dovrebbe avere come finalità la piena occupazione dei cittadini e il pieno stato sociale, non la fredda e inutile “stabilità dei prezzi”!
Ecco il problema!
Il cittadino Sibilia dice bene nel sottolineare che le banche italiane private siano proprietarie del capitale della Banca d’Italia, ma ne parla in termini complottistici, come se fosse un abuso tremendo. No, questo é È UN OBBLIGO DI LEGGE. Per fare attività bancaria, le banche italiane “partecipano” al soggetto che fa vigilanza, ovvero la Banca d’Italia. Non è che sia una scelta deliberata e truffaldina… O che esista un mercato delle quote della Banca d’Italia dove si comprano o si vendono… Certo, quando è nata la Banca d’Italia la maggior parte delle banche azioniste eran pubbliche, ma come si é detto non è quello il punto! Il punto é che dal 1981, data del celebre divorzio tesoro-Banca d’Italia, la politica monetaria non é più sotto il controllo dello stato italiano! Che é costretto ad indebitarsi sui mercati dei capitali per ottenere moneta, quando avrebbe potuto semplicemente crearla da sé e finanziarsi direttamente. Non si può confondere un  problema di conflitto di interesse (che andrà gestito accuratamente) con teorie balzane su COME venga creata la moneta.
Secondo lo spesso citato prof. Auriti il problema é che la moneta, in quanto emessa da soggetti privati che la “prestano”, non appartiene al popolo ma alla BCE. NO. Ancora no. La teoria di Auriti non è mai stata valida. Non è che lo è diventata perché non si “stampa” moneta ma si usano mezzi elettronici. Prima si scrivevano numeri sui libri, invece che sui fogli elettronici, ma è la stessa cosa. L’espressione “stampare moneta” in effetti è fuorviante. Anche il termine “moneta” può esserlo, perché con questa parole si indica sia la moneta legale che quella bancaria e si tende a fare un sacco di confusione.
La moneta é del portatore. Nessuno vi obbligherà mai a restituire i vostri stipendi alla BCE, ma soprattutto la moneta ha valore e ha senso perché lo stato che la usa ne garantisce valore, non perché la banconota in sé abbia scritto sopra “BCE” oppure “Italia”. Infatti una banconota é come un “pagherò dello stato”, ovvero un biglietto “io vi devo beni e servizi per l’ammontare segnato e potete pagare le tasse che vi impongo usandomi”. Il concetto di proprietà della moneta é fuorviante e del tutto scorrelato con le reali cause della crisi.
Nel nostro manifesto divulgativo Economia Politica 101 stelle segnaliamo una parte molto chiara sui meccanismi di creazione della moneta:
Questi articoli di Keynesblog tornano utili per la comprensione approfondita del problema:
Segnaliamo questa faq sugli errori comuni della teoria complottista del signoraggio bancario. Ne consigliamo una lettura, a parte l’ultimo punto “E allora come mai c’è il debito pubblico?” che contiene molti errori ed é inaffidabile.
Segnaliamo inoltre quest’interessante articolo del giornalista Paolo Barnard, che tratta in maniera piuttosto approfondita il tema, confrontando la situazione di uno stato a moneta sovrana con quella dei membri dell’Eurozona:
La pagina di Wikipedia.it su Giacinto Auriti riporta corretta informazione e merita una citazione, in particolare quando afferma che Auriti ha perso la causa intentata contro la Banca d’Italia ed é stato assolutamente smentito dal punto di vista giuridico ed empirico sulle sue discusse “teorie”:
Ma, fa notare la Banca, “i biglietti appena prodotti dall’officina fabbricazione biglietti della Banca d’Italia costituiscono una semplice merce di proprietà della Banca centrale, che ne cura direttamente la stampa e ne assume le relative spese (art. 4, comma 5, del T.U n. 204/1910).” Acquistano la funzione e il valore di moneta solo quando la Banca d’Italia li immette nel mercato e ne trasferisce la proprietà ai percettori.
L’immissione dei biglietti avviene con operazioni che la Banca in autonomia conclude “con il Tesoro, con il sistema bancario, con l’estero e con i mercati monetari e finanziari, operazioni tutte previste e compiutamente disciplinate dalla legge e dallo statuto della Banca d’Italia (artt. 25 – 42 del T.U. n. 204/1910 e artt. 41 – 53 dello Statuto)”.
Quindi definisce “abnorme e campata in aria” la teoria di Auriti per la quale “esisterebbe una consuetudine interpretativa contra legem, in base alla quale la Banca centrale all’atto dell’emissione mutua allo Stato italiano ed alla Collettività Nazionale, tutto il denaro che pone in circolazione”. La moneta è immessa nel mercato in base ad operazioni previste e disciplinate dalla legge, con le quali la Banca d’Italia cede la proprietà dei biglietti. Questi come circolante vengono registrati nel passivo nella contabilità della Banca che acquista in contropartita o riceve in pegno beni o valori mobiliari (titoli, valute, ecc.) che finiscono nell’attivo. Inoltre la Gazzetta Ufficiale, come prescrive la legge, riporta mensilmente tali operazioni.
Aggiunge la Banca che considerato che essa stessa si assume le spese di fabbricazione dei biglietti e l’imposta di bollo, mentre gli utili annuali, effettuati i prelevamenti e le distribuzioni di cui parla l’art. 54 dello Statuto vengono devoluti allo Stato ai sensi dell’art. 23 del T.U. n. 204/1910, si evidenzia “l’assoluta inconsistenza ed insensatezza delle tesi” di Auriti, secondo il quale “l’erogazione della moneta sarebbe effettuata dalla Banca d’Italia addebitandone allo Stato ed alla collettività l’intero ammontare senza corrispettivo.” Pertanto, conclude la Banca, “non è dato riscontrare alcunché di arbitrario o di illegittimo nelle prerogative esercitate in campo monetario dalla Banca centrale, perché, contrariamente a quanto preteso dall’attore, l’intera materia è compiutamente disciplinata dal legislatore, in modo tale che nessun aspetto attinente all’attribuzione o all’esercizio della funzione di emissione può dirsi regolamentato da consuetudini interpretative e, meno che mai, da consuetudini contra legem.”
La richiesta viene respinta e il Tribunale condanna Auriti al pagamento delle spese di giustizia.
Infine, per chi volesse davvero informarsi alla fonte, riportiamo il link allo statuto della BCE, voce “distribuzione profitti e perdite della BCE” (inclusi quelli da signoraggio):
“I profitti e le perdite netti della BCE sono distribuiti tra le BCN dei paesi dell’area dell’euro conformemente all’articolo 33 dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea”

http://www.ecb.int/ecb/orga/capital/html/index.it.html
E dallo stesso sito, ma in inglese, si specifica anche che tali distribuzioni di profitti avvengono SOLO fra le banche centrali dei paesi dell’area euro. Per esempio, la Banca di Inghilterra non vede un cent dei profitti della BCE.
“The non-euro area NCBs are not entitled to receive any share of the distributable profits of the ECB, nor are they liable to fund any losses of the ECB.”

Mattia Corsini

[NOTA BENE: ESERCIZIO PER GLI STUDENTI - correggere le amenità scritte dal Troll]

Eurozona, quelli che “la benzina aumenterà"...


Eurozona, quelli che “la benzina aumenterà settanta volte sette…”

Tira una brutta aria nelle roccaforti del Pude (Partito Unico Dell’Euro), aria di imminente smobilitazione. Le crepe nel muro di gomma sono sempre più evidenti, il dibattito è aperto perfino nel paese che, per i più ingenui, avrebbe meno interesse ad aprirlo (la Germania), l’opposizione all’Eurss si fa, da scientifica, politica, e in paesi più democratici del nostro fa incetta di voti. Questa, peraltro, è un’altra fonte di preoccupazione, visto che lo spazio politico della verità tecnica (l’euro è insostenibile) è stato improvvidamente lasciato alle destre più becere da chi ha ucciso il dibattito a sinistra (in Italia il Pd).
Ma è proprio quando la fine si avvicina, che si manda in prima linea la carne da cannone. Leunità di élite (si fa per dire) meglio risparmiarle: chi scaltramente e per tempo ha dimostrato di avere un po’ di cervello, tornerà poi utile per negoziare al tavolo della pace, forte di un opportunistico “io l’avevo detto”.
Illuminante in questo senso la puntata di La vita in diretta” del 2 maggio scorso, condotta da un ottimo Marco Liorni. Una puntata che ha raggiunto vette di umorismo involontario grazie alle uscite di due estremi difensori dell’euro.
La star della giornata è stata senza dubbio il vicedirettore del Sole 24 Ore, che ha inanellato una perla dietro l’altra: secondo l’esperto del più autorevole quotidiano economico nazionale l’Italia sarebbe entrata nell’eurozona al cambio di 1700 lire per euro (peccato che una casalinga, intervistata, abbia appena ricordato la quotazione corretta); l’emissione di moneta o di debito pubblico sarebbero operazioni finanziarie equivalenti per lo Stato (dettaglio: sui titoli del debito si paga un interesse, sulle banconote no); lo scatafascio dell’eurozona sarebbe colpa dei commercianti che hanno fatto i furbi fissando arbitrariamente i prezzi (per un esperto è una visione del problema un po’ riduttiva, e per un giornalista è un modo irresponsabile di alimentare l’odio sociale).
Ma il culmine si raggiunge quando l’esperto si avventura in uno scenario catastrofico: lo sganciamento dall’Italia dall’euro porterebbe la benzina a costare sette volte di più.
Sette volte di più?
Il richiamo a un numero dal forte richiamo simbolico (i vizi capitali, le piaghe d’Egitto, i dolori di Maria, ecc.), è astuto, bisogna ammetterlo, e strappa l’applauso alla claque. Ma, come dire, “sotto il simbolo niente”. Perché l’ipotesi prospettata è così irrealistica da denotare una incompetenza in economia largamente superiore alla scaltrezza comunicativa.
Il costo del greggio in valuta nazionale può aumentare per due motivi: o perché aumenta il costo del barile in dollari, o perché aumenta il prezzo del dollaro (cioè perché la valuta nazionale si svaluta). In entrambi i casi il petrolio, in valuta nazionale (euro o lira che sia), costa di più, con un ovvio impatto sui prezzi. Dato che l’esperto del Sole 24 Ore collega l’aumento del prezzo della benzina all’uscita dall’euro, egli vuole lasciar intendere che se la nuova lira fosse libera di fluttuare, un dollaro, dall’oggi al domani, costerebbe sette volte di più: una rivalutazione del dollaro del 600%, o, se volete, una svalutazione della nuova lira dell’85%.
Ricordiamo allora: (1) i motivi per i quali l’Italia dal dopoguerra non ha mai sperimentato svalutazioni così catastrofiche, e (2) i motivi per il quali un aumento del greggio, comunque originato, non avrebbe l’impatto sui prezzi interni delineato dall’esperto.
Circa il primo punto, ricordo che la massima svalutazione contro il dollaro, su base annua, si è avuta nel 1981 ed è stata di circa il 30%. L’espertone di turno dirà: “Ma oggi il mondo è diverso, c’è la Cina!” (che non c’entra nulla, ma torna sempre utile per far paura all’interlocutore) “Non puoi prevedere il futuro in base al passato!”. Si sa, domani il sole potrebbe anche non sorgere, chi ha studiato Hume ne è consapevole. Ma un dato è certo: anche al buio, se la lira si svalutasse così tanto, una Ferrari California costerebbe meno di una Passat. Ed è questo è il motivo per il quale non ci sono state in passato e non ci saranno in futuro svalutazioni catastrofiche come quelle previste dall’esperto del Sole 24 Ore: in caso di sganciamento le banche centrali dei nostri concorrenti (Usa, Giappone, Germania) interverrebbero per sostenere la nuova lira, perché se non lo facessero distruggerebbero la competitività di prezzo delle rispettive industrie nazionali.
Circa il secondo punto (l’aumento del prezzo del greggio non ha un impatto uno a uno sull’aumento dei prezzi interni), ci sono tre cose che un esperto dovrebbe sapere: (1) il prezzo del greggio è solo una componente del costo industriale della benzina, l’altra componente importante essendo la raffinazione (effettuata sul territorio nazionale da maestranze pagate in valuta nazionale); (2) il prezzo alla pompa, a sua volta, è gravato da imposte per più della metà; (3) infine, l’energia non è l’unico costo sostenuto dalle imprese: per molte di esse il costo del lavoro (pagato in valuta nazionale) incide molto di più. Quindi, se anche il greggio ci costasse dall’oggi al domani sette volte di più (ipotesi ridicola): (1) l’aumento del costo industriale della benzina sarebbe una frazione dell’aumento del costo del greggio, (2) l’aumento del prezzo alla pompa sarebbe una frazione dell’aumento del costo industriale, e infine: (3) l’aumento del livello generale dei prezzi (inflazione) sarebbe una frazione dell’aumento del prezzo alla pompa, cioè una frazione di una frazione dell’aumento del costo del greggio.
Vogliamo, invece di blaterare, guardare i dati?
inflazione-petrolio
La Fig. 1 riporta il tasso di inflazione e la variazione del prezzo del petrolio in valuta nazionale (lira fino al 1998, euro dal 1999). Si vede che fra le due variabili una relazione c’è. In effetti, nei “terribili” anni ’70, che ancora suscitano incubi in certi animi sensibili, il decollo dell’inflazione segue quello del prezzo del petrolio, e nel 1974 i due picchi coincidono.
“Ecco!” diranno alcuni avvocati delle cause perse: “Vedi, te l’avevo detto: l’aumento del prezzo del petrolio si scarica tutto sui prezzi interni, perché l’energia, i trasporti,…”.
Un momento: avete visto la scala del grafico? L’inflazione è misurata a sinistra, e la variazione del prezzo del petrolio a destra. Nel 1974 l’inflazione in effetti raggiunse il 19%, ma il prezzo del petrolio (in lire) era aumentato del 328%! Sì, avete capito bene: l’inflazione fu circa un quindicesimo della variazione del prezzo del petrolio. Del resto, quando nel 1986 ci fu il controshock petrolifero, e il prezzo del petrolio in lire si dimezzò (-50%), in Italia i prezzi al consumo non diminuirono: semplicemente, aumentarono di meno. Sorprendente? No, se si applica la logica economica che vi ho esposto sopra. Il ragionamento secondo il quale se il petrolio aumenta di x, allora la benzina aumenta di x, e quindi tutti i prezzi interni aumentano di x, perché ogni merce viene trasportata, colpisce molto la fantasia popolare, ma è, come dire, lievemente impreciso.
Certo non è colpa degli elettori se aderiscono a ragionamenti così superficiali: sono gli unici argomenti sviluppati dalla stampa del regime eurista. Ma siamo fiduciosi: presto il regime cambierà, e in ordinata simmetria, ne siamo certi, cambieranno anche i ragionamenti della (libera) stampa.

Lettera alla Signora Banca (d'Italia?)



Cara Signora Banca,

sto scrivendo un articolo per il bollettino di classe
di una Scuola privata Geometri e Ragionieri.

Vorrei sapere secondo quali regole viene stabilita
l'allocazione e quantità per singola banca della facoltà di
creare denaro creditizio; vorrei sapere inoltre se
esistono testi o manuali che spiegano chiaramente i criteri
secondo i quali le banche erogano il credito ai privati e alle aziende,
in modo da ridurre il gap dell'informazione asimmetrica oggi esistente.

Nel ringraziare per una gradita risposta, tanti cari saluti.

Marco Saba

(LA RISPOSTA VERRA' PUBBLICATA QUI)