martedì 10 settembre 2013

Fuori i ladri dalle istituzioni !

Pellegrini, il Ministro del pareggio in bilancio

Domenico Pellegrini Giampietro

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Domenico Pellegrini nasce a Brienza (PZ) il 30 agosto 1899. Eredita l‘aggiuntivo Giampietro dallo zio Luigi, Senatore, che dal 1925 collabora con il Prefetto Cesare Mori nella lotta alla mafia. Fonda a Caserta la Legione Nazionalista “sempre pronti”. Volontario nella 1. G.M, è smobilitato con il grado di Tenente. Partecipa alla “marcia su Roma”. Con il giurista Alfredo Rocco, il giornalista Bruno Spampanato e l’economista Alberto Beneduce, emerge nel Fascismo napoletano e ne è Segretario dal 1939 al 1942.
Si laurea nel 1926 in Giurisprudenza a Napoli ed esercita da avvocato. Nella stessa Università dal 1934 insegna Diritto pubblico comparato e Storia e Dottrina del Fascismo. E’ Membro della Corporazione Previdenza e Credito e, nel 1939, Consigliere Nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Dal 26 dicembre 1941 al 17 aprile 1943 è nel Direttorio del PNF e il 5 febbraio 1943 diviene Sottosegretario al Ministero delle Finanze. E' Volontario in Spagna nella Falange. Con il grado di Maggiore combatte in Grecia, dove resta invalido ed è decorato.
Il 15 settembre 1943, iniziando da Verona e Vicenza, sono introdotti in Italia Reichs Kredit Kassenscheine – R.K.K. (assegni circolari di occupazione) per il soldo delle Truppe tedesche. Il cambio del Reichsmarch a 7,6 Lire, ma dopo dieci giorni sale a 10 Lire. La validità dei R.K.K. cessa l’1 novembre e nelle Banche il cambio in Lire è obbligatorio entro il 13 novembre 1943. In compenso i tedeschi ricevono, in Lire, per indennizzo spese di guerra 7 miliardi mensili da novembre 1943, 10 miliardi da gennaio 1944 e 12 miliardi da gennaio 1945, per un totale di 189 miliardi. Dopo la cacciata di Mussolini, i tedeschi avevano già preteso il 15 agosto 1943 a Bologna-Villa Federzoni 5 miliardi in oro (anticipati dalla Svizzera) a seguito della richiesta di Mario Roatta, Capo di S.M. dell’Esercito, all'omologo Alfred Jodl, di due nuove Divisioni nel Sud Italia. Oro che la RSI restituirà alla Svizzera. Contro il prepotere tedesco, difende la moneta pur con alta inflazione ed evita lo scioglimento della Guardia di Finanza.
E’ un Ministro con esercizi finanziari in attivo. Il Bilancio consuntivo 1944 della RSI ha un avanzo di 20,9 miliardi, pur con i 120 miliardi versati alla Wehrmacht con ripetute variazioni delle spese, registrate in GAZZETTA UFFICIALE. Viene citato da Ezra Pound nei CANTI PISANI perché, da secoli, è l'unico ad utilizzare a favore dello Stato liquidità monetarie gestite per tesoreria dalla Banca d'Italia. Nei primi mesi del 1945 fa stampare 110.881 milioni di carta moneta rispetto ai 137.840 autorizzati. Tra i promotori del Manifesto di Verona, è uno dei due controfirmatari del Decreto n. 375/44 sulla socializzazione delle imprese. Dopo Brescia, il Ministero ha sede a Milano, dove viene arrestato il 28 aprile. Il Capo di Gabinetto è Gino Patrignani.
Condannato a 30 anni di reclusione il 28 agosto 1945 dalla CsA di Milano e presentato ricorso per Cassazione, fugge dopo tre mesi dalle celle del Palazzo di Giustizia di Milano. Con la complicità di alcuni Religiosi, che ospitano la famiglia, attende da latitante l’esito del ricorso. La Suprema Corte il 21 ottobre 1946 lo assolve e revoca il mandato di cattura. Le eterne speculazioni sull' ”oro di Dongo”, dal 9 marzo 1949 gli riservano 66 giorni di arbitraria prigione a Milano-S.Vittore.
Con Nave Giulio Cesare insieme a Orio Ruperti e Carlo Strazza, piloti ANR, il 25 luglio 1949 espatria da Genova in Brasile, per un lavoro offerto dall’emigrato Eduardo Matarazzo ma che dura poco. Nel 1950 lo raggiungono il figlio Gaetano, già Sottotenente GNR, e il resto della famiglia.
La figlia minore Ada, nata a Napoli nel 1933 e docente universitaria di Procedura Penale, appena in pensione da Procuratore di Stato della Magistratura di San Paolo, in A MENINA E A GUERRA (1988) riassume in lingua portoghese le vicende politiche e la persecuzione antifascista del padre, autore di ASPETTI SPIRITUALI DEL FASCISMO (1941) e di L’ORO DI SALO’ (1958). Muore per infarto in Uruguay, a Montevideo, il 18 giugno 1970.

Ignoranza del passato: un'arma da banchieri cannibali

   LA �STORIA� RACCONTATA DA PRESA DIRETTA


IL MIO SALTO SULLA POLTRONA
di Filippo Giannini
 
   Presa diretta è un programma, diciamo politico, trasmesso settimanalmente da Rai/3 (una volta indacata come Radio Kabul). Ebbene il giorno 2 settembre 2013, il conduttore Riccardo Lacona, scrupolosamente con un brillantino all'orecchio sinistro, certamente per essere consono alla way of life yankee, ad un certo punto della trasmissione  intervistò un signore. Questi era seduto in uno stanzone, dietro a lui, sullo sfondo, si intravedeva un grande quadro raffigurante Karl Marx; rispondendo ad una domanda del conduttore disse che per uscire dalla crisi che ci attanaglia, dovremmo fare quel che fece negli anni '30 Franklin D. Roosevelt. Data l'enormità della bestemmia non potei trattenermi dal fare un balzo dal divano dove ero seduto.

   Provo a spiegarne il motivo.

   Per prima cosa prego i lettori di leggere attentamente e di tenerlo ben presente anche oltre la fine della lettura, quanto ebbe a dire l'allora futuro Presidente Usa Woodrom Wilson. Questi tenne una lezione alla Columbia University e, sfacciatamente, così caricò la mentalità predatoria  degli studenti americani: "Dal momento che il commercio ignora i confini nazionali e il produttore preme per avere il mondo come mercato, la bandiera della sua nazione deve seguirlo, e le porte delle nazioni chiuse devono essere abbattute- Le concessioni ottenute dai finanzieri devono essere salvaguardate dai ministri dello stato, anche se in questo venisse violata la sovranità delle nazioni recalcitranti- Vanno conquistate e impiantate colonie, affinché al mondo non resti un solo angolo trascurato o inutilizzato".

   Sarebbero sufficienti queste parole per comprendere "come siamo ridotti oggi!". Ma non basta, tanto è sufficiente per esclamare: e pensare che in Europa ci sono ancora tanti idioti che festeggiano la data della "liberazione" del 1945!

   Ma la lezione di Woodrom Wilson è solo un passaggio; vediamo le sue radici.

   Quello che poi sarà il primo Presidente degli Stati Uniti, George Washington profetizzò quella che sarà la guerra contro l'Europa (cito a memoria): "Quelli che sono i mali dell'Europa, dovranno diventare i nostri beni". Pochi decenni dopo subentrò colui che sarà il quinto Presidente Usa, James Monroe con la sua famosa Dottrina, detta, impropriamente: Dottrina Monroe (2 dicembre 1823): essa sanciva che il continente americano (tutto, incluso quello meridionale!) non era un territorio destinato alla colonizzazione europea e che ogni tentativo delle potenze europee di estendere la loro influenza sul continente americano sarebbe stato considerato dagli Stati Uniti come una minaccia. In altre parole gli Stati Uniti ponevano la propria sovranità non solo sull'America del Nord (che sarebbe pure stato giusto e ovvio), ma su tutto il "continente americano", quindi anche sull'America meridionale. Infatti non tardò molto che gli statunitensi si avvalsero di questo diritto (?).

   E questo diritto sarà esercitato non solo sul continente americano tutto, ma su ogni angolo del mondo, grazie all'alleanza massonica della diabolica triade Francia-Gran Bretagna-Stati Uniti. Gli effettivi padroni del mondo, anche grazie alla scarsa capacità politica dimostrata nel XX Secolo. Le prime due cadranno da Potenze Mondiali, lasciando il posto alla terza, quella cioè, come ha scritto Bernhard Shaw: "Gli Stati Uniti sono l'unico Paese occidentale ad essere passati da uno stato di barbarie ad uno di decadenza senza essersi fermati in quello della civiltà". Quindi siamo messi bene! Da Bernhard Shaw, anche il direttore della rivista Harper's: "Nel 1945 gli Stati Uniti hanno ereditato la terra- Alla fine della seconda guerra mondiale, quello che era rimasto della civiltà occidentale passò sotto la responsabilità americana". E siamo come stiamo!

   Torniamo alla  ci a zeta zeta a ta proferita dal capiscine di turno nella ricordata trasmissione Presa diretta e cioè che per uscire dalla crisi dovremo fare come Roosevelt negli anni '30.

   Anticipo che negli anni '30 tutto il mondo - ad eccezione di Italia e Germania - affogavano nella crisi congiunturale iniziata nel 1929. Si facciano forza il capiscione e il signor Riccardo Lacona, ma quanto segue è la verità VERA. In merito sentiamo quanto hanno scritto su "L'Economia Italiana fra le due Guerre" Giorgio De Angelis, laureato in Scienze politiche all'Università di Roma: "L'onda d'urto provocata dal risanamento monetario non colse affatto di sorpresa la compagine governativa (per intenderci guidata da Benito Mussolini, nda)" L'opera di risanamento monetario, accompagnata da un primo riordino del sistema bancario, permise comunque al nostro Paese di affrontare in condizioni di sanità generale la grande depressione mondiale sul finire del 1929 (�)". E, sempre nello stesso volume, il professor Gaetano Trupiano, a pag. 169, afferma: "Nel 1929, al momento della crisi mondiale, l'Italia presentava una situazione della finanza pubblica in gran parte risanata; erano stati sistemati i debiti di guerra, si era proceduto al consolidamento del debito fluttuante con una riduzione degli oneri per interessi e le assicurazioni sociali avevano registrato un sensibile sviluppo".

   Ed ora altre citazioni .

   J.P. Diggins (L'America, Mussolini e il Fascismo) a pag. 45 ha scritto: "Negli anni Trenta lo Stato Corporativo sembrò una fucina di fumanti industrie. Mentre l'America annaspava, il progresso dell'Italia (...). In confronto all'inettitudine con cui il presidente Hoover affrontò la crisi economica, il dittatore italiano appariva un modello di attività". E ancora: il giornale Noradni Novnij di Brno, il 15 dicembre 1933, scriveva: "(...). In Italia il piano Mussolini rende una popolazione felice e nuove città sorgono in mezzo a terre redente, coperte ovunque di biondi cereali".

   Caro Capiscione e caro signor Riccardo Lacuna, un invito accettatelo, se siete solo ignoranti vi suggerisco di andare a leggere la Storia (quella vera); se invece la vostra è solo malafede, beh! Continuate così. Però aggiungo: l'Italia sotto il male assoluto, pur essendo una piccola provincia in una grande Europa, tuttavia dettava leggi al mondo. Una prova? Una volta eletto Roosevelt, (e questo nel dopoguerra venne accuratamente nascosto) inviò nel 1934, in Italia Rexford Tugwell e Raymond Moley, due fra i suoi più preparati uomini del Brain Trust per studiare il miracolo italiano.

   Lucio Villari ha scritto: "Tugwell e Moley, incaricati alla ricerca di un metodo di intervento pubblico e di diretto impegno dello Stato che, senza distruggere il carattere privato del capitalismo, ne colpisse la degenerazione e trasformasse il mercato capitalistico anarchico, asociale e incontrollato, in un sistema sottoposto alle leggi e ai principi di giustizia sociale e insieme di efficienza produttiva". Roosevelt inviò Rexford Tugwell a Roma per incontrare Mussolini e studiare da vicino le realizzazioni del Fascismo. Ecco come Lucio Villari ricorda il fatto tratto dal diario inedito di Rexford Tugwell in data 22 ottobre 1934 (Anche l'Economia Italiana tra le due Guerre, ne riporta alcune parti; pag. 123): <Mi dicono che dovrò incontrarmi con il Duce questo pomeriggio... La sua forza e intelligenza sono evidenti come anche l'efficienza dell'amministrazione italiana, è il più pulito, il più lineare, il più efficiente campione di macchina sociale che abbia mai visto. Mi rende invidioso... Ma ho qualche domanda da fargli che potrebbe imbarazzarlo, o forse no". Molti economisti americani, vedevano nel Corporativismo italiano il coordinamento economico statale necessario davanti alla bancarotta liberista del lassez-faire, quindi suggerirono a Roosevelt di introdurre anche negli Stati Uniti qualcosa di simile al corporativismo italiano, il New Deal. Così nel 1933 (attenzione alla data signor Capiscione) Roosevelt firmò il First New Deal e il Second New Deal venne firmato nel 1934-1936.

   Lo stesso Bernhard Shaw affermò che "lo Stato corporativo fascista costituiva il grande avvenimento del secolo". Fu un grande avvenimento, ma costituiva un ulteriore motivo di attrito con quei Paesi che adottavano il sistema liberista in economia e questo aggravato ancor più dal fatto che in quasi tutti i Paesi del mondo sorgevano partiti o movimenti tendenti a seguire l'esempio italiano.

   Che l'Italia fosse sulla strada giusta è attestato proprio da colui che è considerato uno dei maggiori scrittori del secolo: Giuseppe Prezzolini. Giuseppe Prezzolini nacque per caso (così era solito dire) a Perugia il 27 gennaio 1882 (morì, centenario, a Lugano nel 1982). Iniziò la sua attività di giornalista ed editore appena ventunenne. Dopo aver partecipato alla Prima Guerra mondiale si trasferì negli Stati Uniti nel 1929; ma, come poi scriverà, non mancherà di tornare frequentemente in Italia. Dopo uno di questi viaggi compiuto nei primi anni Trenta, scrisse: "Le mie impressioni possono forse parere semplici per i lettori italiani, ma hanno però lo sfondo dei paesi  per i quali passo quando torno: un confronto e un controllo. Pace in questa Italia: ecco il primo sentimento certo che si prova venendo da fuori e dura per tutto il soggiorno. La pace degli animi, il silenzio delle lotte che divorano gli altri paesi, e separano classi e spezzano famiglie e rompono amicizie, e disturbano il benessere, talora in apparenza maggiore. Le strade non saranno grandi come le Avenue, ma non ci sono mitragliatrici; le lire non saranno molte come i dollari, ma sono sempre lire e lo saranno domani. I ricchi non hanno bisogno di guardie del corpo per salvare i figlioli dal sequestro. I poveri non devono pagare la taglia mensile alla mala vita per esercitare il loro mestiere. C'è oggi una generale convinzione che in un mondo come quello d'ora l'esercito è uno strumento di prima necessità. Nel resto del mondo vi sono momenti in cui anche la famiglia più modesta e l'uomo più pacifico pensano che sia meglio saltare un pasto per comprarsi un revolver (...). Il popolo italiano appare rinnovato. Sta lontano dalle osterie e dalle risse; sale sui monti in folla. Gode, come nessun altro popolo, del paesaggio, dei fiori, dei colori e dell'aria. I discorsi e i commenti che vi senti, lasciano trasparire l'atmosfera di serenità e di salute. Il popolo italiano ha un aspetto più forte, più dignitoso, più serio, più curato, meglio vestito di un tempo, è ossequiente alle leggi e ai regolamenti, è istruito nella generalità e più aperto perfino agli orizzonti internazionali. Si muove di più, viaggia di più: conosce meglio di una volta il suo paese. Non è ricco come altri popoli, ma non lo è mai stato e in confronto del popolo americano mi pare senza dubbio più contento".

     Il grande banchiere americano John P. Morgan sembra condividere l'opinione di Prezzolini: "In America i nostri uomini politici non si curano se non di un problema, quello della loro rielezione. Tutto il resto non li interessa che mediocremente. Felici voi, italiani, che grazie a Mussolini, avete in questo periodo così difficile il senso della sicurezza e della fiducia in voi stessi. Ci vorrebbe anche per l'America un  Mussolini".

   E questo, e tanto altro ancora in Italia, mentre l'America in quegli anni ancora navigava  nella grande congiuntura che portava centinaia di persone al suicidio per la disperazione e la miseria.  (NdR: i morti per fame negli USA saranno 7 milioni)

   La grande Nazione americana doveva provvedere ad assistere 13 milioni di disoccupati. Questo, mentre l'Italia fascista era impegnata in una pianificazione economica di vasta portata. Il Presidente americano intravide nel piano italiano i mezzi necessari per porre rimedio ai mali esplosi nel 1929; nel contempo quegli stessi mezzi potevano essere utilizzati per evitare che nel futuro il Paese potesse cadere nella medesima crisi. Roosevelt imboccò quella strada utilizzando, però, mezzi e leggi non proprio conformi ad una democrazia. Con questa definizione ci riferiamo all'Executive Order 6102 a firma di Franklin D. Roosevelt: con tale Order veniva imposto agli americani di consegnare tutto l'oro alla Federal Riserve. A questa imposizione faceva eccezione l'oro utilizzato per scopi professionali, ad esempio, per i dentisti. Chi non ottemperava rischiava una pena di 10 mila dollari (del valore del tempo) e fino a 10 anni di carcere. In Italia, invece, proprio in quegli anni, sotto la dittatura mussoliniana vennero offerti alla Patria, con spontaneità ed entusiasmo, oltre 33 mila chili d'oro e più di 94 mila chili d'argento. Il testo, in lingua originale dell'Executive Order, viene riportato in Appendice n 3 e 4 nel mio ultimo libro Le Guerre di Mussolini? (attenzione al punto interrogativo).

   Oggi la triade gangsteristica, Usa, Gran Bretagna e Francia, o quel che rimane dei soliti noti, stanno organizzando un nuovo attacco, questa volta tocca alla Siria, Le giustificazioni sono le solite banali, e pre-costruite.

   E la solita storia che si ripete da almeno quattro secoli.