venerdì 28 febbraio 2014

Marco Della Luna: Padoan, un perfetto fanatico cretino ?

Padoan: Un economista fallito alla guida dell’economia italiana?
I giornali, tolti alcuni più fedeli a Renzi, Napolitano e Merkel, si diffondono in esempi di clamorosi fallimenti del nuovo ministro dell’economia come economista. Citano le sue marcatamente erronee previsioni, ripetute, sulla fine della crisi. Citano la sua fedeltà al principio della austerità fiscale e quello dell’alta pressione tributaria, fedeltà che resiste all’evidenza del fallimento di questi due principi, i quali stanno, nel mondo reale, producendo effetti contrari a quelli che dovevano produrre. Cioè più indebitamento, più deficit, più recessione. Citano Paul Krugman,  che di Padoan dice che la sua regola è: bisogna bastonare l’economia finché non si riprende. Lo dipingono, insomma, come un dogmatico ottuso che rifiuta di vedere i fatti, cioè come un perfetto fanatico cretino.

giovedì 27 febbraio 2014

Referendum No euro: sono partite le firme

 Fonte: http://www.movimentobaseitalia.it/index.htm
USCIRE DALL'EURO SI PUO' E SI DEVE
ADESSO POSSIAMO DECIDERE NOI

Con questi due quesiti si intende uscire definitivamente dall'euro, non dall'Europa, ritornando al sistema monetario antecedente(lira), abrogando tutte le disposizioni relative alla introduzione dell'Euro in Italia.

Quesito 1 Volete Voi che sia abrogata interamente la Legge 17 dicembre 1997 n. 433, pubblicata nella G.U. n. 295 del 19 dicembre 1997, dal titolo: "Delega al Governo per l'introduzione dell'Euro"»?
SCARICA IL MODULO PER LA RACCOLTA FIRME

Quesito 2 Volete Voi che sia abrogato interamente il dlgs. n 213 del 24 giugno 1998 dal titolo: "Disposizioni per l'introduzione dell'Euro nell'Ordinamento Nazionale a norma dell'art 1 comma 1 della legge 17 dicembre 1997 n. 433", pubblicato nella G.U. n. 157 del 8 luglio 1998 - Supplemento Ordinario n. 116»
SCARICA IL MODULO PER LA RACCOLTA FIRME
Modulo__2.pdf

I moduli per la raccolta firme dei due quesiti referendari devono essere stampati su carta da 90 gr. ,ogni foglio di quattro facciate, aperto, deve misurare cm 42,6 x cm 30,8 (formato legale) o, solamente per i Comuni, un A3 perfetto. La stampa deve essere di colore nero.




Camerano: debito pubblico e signoraggio, un convegno

Camerano: debito pubblico e signoraggio, un convegno con Padre Quirino Salomone


immagineQuali sono le reali cause della crisi economica e delle modalità con cui essa è stata indotta nei rispettivi paesi con particolare attenzione al caso Italia?...Per quale motivo la Banca Centrale Europea presta moneta allo Stato, lo indebita e lo Stato riconosce e garantisce il debito emettendo i cosiddetti “titoli di stato” che alla scadenza dovranno essere ripagati, interessi compresi, facendo ricorso nuovamente allo strumento del prestito, in una spirale senza fine, della quale non si vede l’uscita? Il nostro patrimonio ed il nostro reddito, faticosamente guadagnati, vengono tassati con Iva, Irpef, Ires, Imu, Irap, Accise, Addizionali, etc…, vengono svendute le nostre aziende e il nostro patrimonio statale: è tutto dovuto ad un passaggio economico ciclico o è frutto di un piano ben congeniato? Queste saranno le domande su cui si articolerà un interessante convegno dal titolo “La più grande truffa di tutti i tempi” che si terrà Sabato 01 Marzo alle ore 15.30 presso la Sala Convegni del Comune di Camerano (P.zza U.Matteucci - ingresso a lato dell’entrata Comunale). Introdurrà il convegno un ospite singolare per questo tipo di argomenti Padre Quirino Salomone frate francescano ex rettore della basilica di Collemaggio a L'Aquila, giornalista, pubblicista, conferenziere, direttore della rivista “La perdonanza”, attuale rettore della basilica di San Bernardino in L'Aquila. Devoto di San Bernardino da Siena, svolge la sua missione quotidiana da 50 anni al servizio degli emarginati, dei poveri e dei più deboli in tutto il mondo.

Seguiranno nel dibattito: Domenico Longo, editore della rivista “l’Altra Voce”, da oltre 30 anni, scrittore e giornalista. Discepolo di Giacinto Auriti, da anni ne divulga il pensiero e combatte le sue battaglie. Fondatore dell’associazione Aurora Mediterranea. Cosimo Massaro, scrittore impegnato da anni nel divulgare le tematiche care a Giacinto Auriti. Componente del Coordinamento Nazionale Proprietà Popolare della Moneta. Antonio Pimpini, avvocato e presidente dell’Associazione “Giacinto Auriti”. Allievo, amico e avvocato di Giacinto Auriti da anni diffonde il suo pensiero, diventando un riferimento nazionale per le tematiche del Signoraggio Bancario. Sauro Agostinelli, libero professionista, ricercatore indipendente in materie sociali/economiche “eque”, ripropositore del modello “Terza Via – Stato Imprenditore” di Enrico Mattei. Cesare Padovani, ricercatore indipendente. Moderatore Luigi De Giacomo.

Assessore Costantino Renato

Il Latifondismo 2.0

Latifondismo
di Lorenzo Parolin - 26/02/2014
Fonte: Arianna Editrice


Distese di campi di sua proprietà e centinaia di contadini che lavorano per lui. È l’identi-kit del latifondista, figura odiata dal popolo. Per fortuna, però, essa sta quasi scomparendo; non per ravvedimento degli sfruttatori, ma perché l’attività è diventata poco redditizia. Il latifondismo, tuttavia, non si estingue: ricompare sulla scena sotto altre vesti facendosi accogliere persino benevolmente, almeno fino a quando non sarà smascherato di nuovo. Un tempo il mezzadro usava le risorse del padrone e come guadagno si teneva metà dei raccolti; oggi, invece, che grazie all’uso delle macchine il moderno lavoratore produce molto di più, in proporzione riceve uno stipendio molto più modesto, e l’intero “raccolto” se lo vende il “padrone”, straguadagnando. Tutto avviene come se, tolte le spese, il lavoratore fosse socio al 20%, al 10% (o all’1% se è Cinese), anziché al 50%, come lo era lo “sfortunato” mezzadro.
I moderni latifondi sono le grosse banche, le grosse assicurazioni, le grosse società di leasing, le grosse industrie, le grosse imprese commerciali, le grosse multinazionali, le grosse reti televisive, le grosse catene di supermercati, di alberghi, di negozi eccetera. Esse hanno possedimenti dappertutto! E al pari dei vecchi latifondi, il loro scopo è di trarre profitti esagerati dal sudore di milioni di lavoratori. Dunque, se sei impiegato in uno di questi colossi, ricorda che, anche se mangi a sufficienza, quel benessere non ti è offerto per bontà del “padrone”, ma affinché, usandolo per comperare ciò che tu stesso produci (o che produce un altro “servo” come te), tu incrementi la domanda di lavoro e renda così ogni giorno possibile il tuo sfruttamento. Sei quindi uno strano animale che più mangia più fa ingrassare il padrone, evoluzione della figura del contadino-servo dei secoli scorsi che lo ingrassava mangiando poco. E io ricordo bene quando da ragazzo arrivava il fattore a casa mia a portare ordini: il mattino seguente bisognava lasciare ogni occupazione e portare in regalo al “Signore” il polloche la mamma aveva adocchiato per il nostro pranzo domenicale, contornato da primizie d’orto e frutta della migliore, affinché egli potesse godersi la vita!
Secondo i padroni di tutti i tempi i servitori dovrebbero addirittura riverire e ringraziare chi mette loro a disposizione, sia pure a titolo oneroso, gli strumenti con i quali guadagnarsi da vivere; senza il loro “aiuto” i poveri potrebbero finanche morire di fame!
Questo però è vero perché i più forti monopolizzano tutte le risorse (concentrano i capitali) e ai poveri non resta che stare sottomessi. Quando tutti i campi erano del Conte o del Marchese o del Signorotto locale, al contadino non restava che scegliere sotto chi stare. Invece, se metà del mondo fosse distribuito in uso gratuito ad ogni suo abitante all’atto della nascita e restituito alla Società all’atto della morte, solo una metà del mondo potrebbe essere compravenduta dai più forti e trasmessa per eredità. Io addirittura sarei per penalizzare ed eliminare tutti quelli che vivono di rendita: i lavoratori dividerebbero da subito fra loro quello che va ai parassiti; diversamente, per quanto benessere ci sia, la polpa finirà sempre nelle tasche dei “latifondisti”, e ai lavoratori arriveranno, fossero anche abbondanti, solo le briciole. Tuttavia, essendo i “latifondisti” personaggi molto forti e determinati a farsi servire, bisognerebbe usare la forza per scacciarli, col rischio di avere la peggio. Consiglio allora alle masse di percorrere la via dell’emancipazione. Conquistato con un po’ di sacrificio un livello culturale e una professionalità superiore a quella dei parassiti, il latifondo non troverà più polli da spennare, ma concorrenti agguerriti, e si sgonfierà.

L’emancipato veda poi di non diventare latifondista pure lui. [rif. www.lorenzoparolin.it S3/102]

lunedì 24 febbraio 2014

Nuovo superdicastero economico di Papa Francesco

24/02/2014 

Arriva il nuovo superdicastero economico di Papa Francesco

http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/pell-francesco-francisco-francis-32295//pag/1/

Card. Pell
(©ANSA) CARD. PELL

Segreteria per l’Economia guidata da Pell e Consiglio per l’Economia. C’è anche un Revisore, Apsa “banca centrale”. Chiude il consiglio dei 15 cardinali. Non citato lo Ior

IACOPO SCARAMUZZICITTÀ DEL VATICANO
Nasce il nuovo superdicastero economico di Papa Francesco. Dopo mesi di consultazioni, nuovi scandali come l’arresto di monsignor Nunzio Scarano, e dopo l’ultima riunione del consiglio degli otto cardinali consiglieri (il cosiddetto “C8”), Jorge Mario Bergoglio ha creato una “nuova struttura di coordinamento per gli affari economici e amministrativi della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”: il motu proprio firmato oggi dal Pontefice argentino, e pubblicato nel pomeriggio dall’Osservatore Romano, prevede una nuova “segreteria per l’Economia” guidata dal cardinale australiano George Pell, un nuovo “consiglio per l’economia” formato da otto tra cardinali e vescovi e sette laici, un nuovo “revisore generale”. Viene formalizzato il ruolo dell’Apsa (Amministrazione per il Patrimonio della Sede apostolica) come “banca centrale del Vaticano”, l’authority finanziaria (Aif) continua a svolgere il suo ruolo, nessuna menzione dello Ior (Istituto per le Opere di Religione). Esaurisce le sue funzioni il consiglio dei 15 cardinali creato da Papa Giovanni Paolo II per esaminare i bilanci vaticani.

“Fidelis dispensator et prudens...”, sono le parole del Vangelo di Luca con cui inizia il provvedimento papale: “Come l’amministratore fedele e prudente ha il compito di curare attentamente quanto gli è stato affidato, così la Chiesa è consapevole della responsabilità di tutelare e gestire con attenzione i propri beni, alla luce della sua missione di evangelizzazione e con particolare premura verso i bisognosi. In special modo, la gestione dei settori economico e finanziario della Santa Sede è intimamente legata alla sua specifica missione, non solo al servizio del ministero universale del Santo Padre, ma anche in relazione al bene comune, nella prospettiva dello sviluppo integrale della persona umana”.

Le modifiche “consentiranno il coinvolgimento più esplicito di esperti di alto livello di esperienza in amministrazione finanziaria, pianificazione e reporting”, recita un comunicato della sala stampa della Santa Sede illustrato dal portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. Queste le novità contenute nel motu proprio del Papa: innanzitutto, “l'istituzione di una nuova Segreteria per l'Economia, che avrà autorità su tutte le attività economiche e amministrative all'interno della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”. Se ne deduce, anche se non vengono citate espressamente, che la potestà di questo nuovo organismo si estenderà anche su strutture come il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano o dicasteri dotati di budget significativi come la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (Propaganda Fide). Si tratta di un vero e proprio “dicastero della Curia romana”, recita il motu proprio, che “risponde direttamente al Santo Padre”. La Segreteria “sarà responsabile, tra le altre cose, per la preparazione di un budget annuale per la Santa Sede e lo Stato Città del Vaticano, nonché la pianificazione finanziaria e le varie funzioni di supporto quali le risorse umane e l'approvvigionamento. La Segreteria sarà inoltre tenuta a redigere il bilancio dettagliato della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”. 

La Segreteria per l'Economia, a sua volta, “metterà in opera le direttive formulate da un nuovo Consiglio per l'Economia: un Consiglio di 15 membri, composto da otto Cardinali o Vescovi, che riflette l'universalità della Chiesa, e sette esperti laici di varie nazionalità con competenze finanziarie e riconosciuta professionalità. Il Consiglio si riunirà periodicamente per valutare direttive e pratiche concrete, e preparare e analizzare i rapporti sulle attività economiche amministrative della Santa Sede”. La Segreteria per l'Economia sarà presieduta da un Cardinale Prefetto, “il quale collabora con il Segretario di Stato”, e avrà un Segretario Generale che “collaborerà con il Cardinale Prefetto nella gestione delle attività quotidiane”. Il Papa ha già nominato il cardinale George Pell, "attuale Arcivescovo di Sydney", Australia, quale Prefetto della Segreteria per l'Economia. Anche il Consiglio per l’Economia sarà presieduto da un “cardinale coordinatore”.

Le nuove disposizioni comprendono poi “la nomina di un Revisore Generale, nominato dal Santo Padre, che sarà dotato del potere di svolgere revisioni di qualsiasi agenzia o istituzione della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”. La Prefettura per gli Affari economici, guidata dal cardinale Giuseppe Versaldi, “viene ad essere in rapporto con il revisore”, ha spiegato Lombardi rispondendo alle domande dei giornalisti. Le modifiche, ancora, “confermano il ruolo dell'Apsa come Banca Centrale del Vaticano, con tutti gli obblighi e le responsabilità delle istituzioni analoghe in tutto il mondo”. E' la prima volta che l'Amministrazione per il Patrimonio della Sede apostolica - il dicastero guidato attualmente dal cardinale Domenico Calcagno, dove peraltro lavorava mons. Nunzio Scarano e dove il Papa ha nominato a settembre mons. Mauro Rivella come delegato della sezione ordinaria - viene definita ufficialmente “banca centrale” del Vaticano. L'authority finanziaria, Aif (Autorità di informazione finanziaria), guidata sino a poco tempo fa dal cardinale Attilio Nicora andato in pensione, e dal direttore, l'esperto di anti-riciclaggio René Bruelhart, “continuerà a svolgere il suo ruolo attuale e fondamentale di vigilanza prudenziale e disciplina delle attività all'interno della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”. Non viene citato l'Istituto per le Opere di Religione. “È stato chiesto al Prefetto della nuova Segreteria per l'Economia - conclude la nota - di iniziare il suo compito il più presto possibile" al fine di permettere al Papa la approvazione degli "statuti finali". Non è ancora chiaro se il cardinale Pell, uno degli otto cardinali del “C8”, rimarrà arcivescovo di Sidney.

L’annuncio odierno “giunge in seguito alle raccomandazioni della rigorosa revisione condotta dalla Commissione Referente di Studio e di Indirizzo sull'Organizzazione della Struttura Economico - Amministrativa della Santa Sede (Cosea)”, una delle due commissioni create nei mesi scorsi dal Papa sulle questioni economiche (l’altra esamina la situazione dello Ior) il cui segretario è monsignor Lucio Angel Vallejo Balda. Tali raccomandazioni “sono state esaminate e approvate sia dal Consiglio di Cardinali istituito per consigliare il Santo Padre sulla riforma della Curia Romana”, il cosiddetto “C8” che si è riunito da lunedì a mercoledì scorso, “sia dal Consiglio di 15 Cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede”, riunito oggi. Con la decisione odierna, la funzione di questo organismo (ne fanno parte i cardinali Meisner, Rouco Varela, Pengo, Rivera Carera, George, Fox Napier, Cipriani, Scola, Toppo, Pell, Vallini, Urosa Savino, Ricard, Odilo Scherer, Tong Hon) “ha terminato il suo compito”, ha spiegato Lombardi.

Non c’è più tempo: fuori dall’euro, salviamo gli italiani!

Messaggio a Renzi: Tasse e tagli non servono senza sovranità monetaria


EDITORIALEhttp://www.ioamolitalia.it/editoriale/messaggio-a-renzi-tasse-e-tagli-non-servono-senza-sovranita-monetaria.html
Messaggio a Renzi: Tasse e tagli non servono senza sovranità monetaria
(Il Giornale) - L’unica bugia di Matteo Renzi che veramente deve preoccupare tutti noi italiani non è né il tradimento di Letta (“Enrico stai sereno nessuno ti vuole prendere il posto”), né il tradimento della democrazia (“Non accetterò di prendere il potere con una manovra di palazzo...sarà solo dopo essere passato da elezioni democratiche”), bensì l’inganno che il risanamento economico attraverso la riduzione del cuneo fiscale possa essere conseguito tassando il patrimonio, decurtando la spesa pubblica e dando la caccia agli evasori fiscali.
È la stessa ricetta che dal 16 novembre 2011 ci hanno rifilato prima Monti e poi Letta, con risultati catastrofici: con il Governo Monti il debito pubblico è aumentato mediamente di 7.5 miliardi al mese, mentre con il Governo Letta il debito pubblico è aumentato mediamente di 9 miliardi al mese! Con Monti il debito pubblico è aumentato in 17 mesi di 128.904 miliardi attestandosi a 2.041 miliardi, mentre con Letta il debito pubblico è aumentato in 7 mesi (da aprile a novembre 2013) di 63 miliardi, attestandosi a 2.104 miliardi di euro!
La cosiddetta politica di austerità, volta a rispettare costi quel che costi il vincolo del 3% nel rapporto tra il deficit e il Pil impostoci da quest’Europa dei burocrati e dei banchieri, sta uccidendo non solo il nostro corpo (come si desume dal fatto che ci sono 4 milioni e 100 mila italiani che fanno letteralmente la fame), ma soprattutto la capacità d’intendere e di volere, al punto che fatichiamo a prendere atto della realtà dell’Italia ricca che si trasforma in italiani poveri, del fatto che abbiamo beni e servizi per far stare bene tutti ma sempre più italiani non hanno i soldi per acquistarli. Il paradosso è che abbiamo tutto tranne i soldi a sufficienza.     
Com’è possibile che gli economisti si accaniscano contro la spesa pubblica e/o la guerra ad oltranza all’evasione fiscale, quando è del tutto palese che il problema principale dell’Italia è il debito dello Stato (2.067 miliardi), delle banche (1.275 miliardi), delle imprese (1.200 miliardi) e delle famiglie (975 miliardi), complessivamente 5.517 miliardi, pari al 326% del Pil, sui quali ogni anno si pagano interessi passivi pari al 4%, ovvero 220 miliardi che equivalgono al 14,6% del Pil?
Un governo che avesse come priorità l’interesse supremo dell’Italia e avesse a cuore il bene degli italiani dovrebbe occuparsi esclusivamente di porre fine al salasso dell’esorbitante e inarrestabile costo degli interessi sul debito che, rappresentando un costo improduttivo per il sistema della produzione e dei consumi, sottraggono risorse vitali destinate all’economia reale e restringono inevitabilmente sempre più la massa monetaria, attraverso le tasse sempre più alte e la stretta creditizia sempre più rigida.
Evocare, come ha fatto ieri il sottosegretario Del Rio, di tassare i Bot, significa che il Governo Renzi seguirà le orme di Monti e Letta e che, pertanto, la nostra situazione economica non potrà che peggiorare. La ragione è semplicissima: per disporre dei soldi necessari per far fronte al costo della Pubblica amministrazione (830 miliardi) e per pagare gli interessi sul debito pubblico (85 miliardi), lo Stato è costretto a emettere regolarmente titoli di Stato (Btp, Bot, Ctz), che sono titoli di debito che aumentano il debito, gli interessi sul debito e le tasse che gravano sui cittadini.
Per uscire dalla spirale suicida che obbliga lo Stato a indebitarsi per ripianare il debito, l’unica soluzione è che la moneta venga emessa  dallo Stato e non più dal sistema bancario.
Non c’è più tempo: ogni giorno muoiono mille partite Iva, famiglie devastate, italiani impoveriti, cittadini istigati al suicidio. Il Governo Renzi è una nuova puntata della telenovela della dittatura finanziaria che sta uccidendo l’economia reale, la democrazia e la nostra civiltà. Prolungano scientificamente la nostra agonia per ridurci a un tale stato di prostrazione che, tra non molto, noi italiani li ringrazieremo quando a fine giornata ci concederanno il piatto di minestra.
Non c’è più tempo: fuori dall’euro, Banca d’Italia pubblica, separazione banche commerciali e d’affari, crediti alle imprese, difesa della famiglia. Salviamo gli italiani!
di Magdi Cristiano Allam 24/02/2014 

Sito islamico censurato spiega il sistema bancario

IL DENARO E IL SISTEMA BANCARIO TRADIZIONALE

بسم الله الرحمان الرحيم
Nel Nome di Allah, il sommamente Misericordioso, il Clementissimo
IL SISTEMA BANCARIO ISLAMICO SENZA INTERESSI
IL DENARO E IL SISTEMA BANCARIO TRADIZIONALE
O voi che credete, molti dottori e monaci divorano i beni altrui, senza diritto alcuno, e distolgono dalla causa di Allah. Annuncia a coloro che accumulano l’oro e l’argento e non spendono per la causa di Allah un doloroso castigoCorano IX. At-Tawba, 34
Il sistema bancario basato sugli interessi, che attualmente costituisce la base del sistema monetario nelle nazioni moderne, si è sviluppato dall’attività degli orefici che fondarono le prime banche in Europa molti secoli fa.
Gli orefici erano pronti ad offrire i loro servizi a coloro che desideravano depositare monete d’oro per tenerle al sicuro. All’atto del deposito, l’orefice emetteva una ricevuta al depositario del tipo “al portatore”, per cui chiunque la presentasse, poteva reclamare il valore a fronte in oro dall’orefice.
Con il passare del tempo, la gente scoprì che le ricevute degli orefici erano accettate come pagamento di beni e servizi. Le ricevute erano diventate la prima forma di “denaro bancario” ed erano di natura assolutamente diversa dalle monete d’oro prodotte dallo stato.
Quando il sistema bancario raggiunse uno sviluppo maggiore, le monete ritirate presso l’orefice da alcuni clienti venivano compensate da nuovi depositi di altri clienti. Perciò c’era sostanzialmente poca differenza nella riserva d’oro dell’orefice da un giorno all’altro. La tentazione di prestare questo oro fermo era irresistibile. Comunque, sarebbero rimaste in cassaforte quantità sufficienti per soddisfare le prevedibili richieste di pagamento delle ricevute. L’ammontare delle monete tenute in riserva, in proporzione alla quota di ricevute in attesa di essere riscosse, divenne nota come “quantità di riserva”.
Quanto grande dovesse essere questa “quantità di riserva” per effettuare operazioni sicure divenne argomento di feroce dibattito tra i primi banchieri orefici in Inghilterra. Alcuni erano a favore di una riserva del 100% basandosi sul fatto che se l’orefice avesse emesso £ 100 di ricevute promettendo la restituzione su richiesta, allora avrebbe dovuto tenere £ 100 di oro in cassaforte per onorare la promessa. Altri prevedevano le possibilità lucrative di una quantità di riserva “frazionaria”. Il dibattito era di vitale importanza. Se era sufficiente diciamo un 20% di quantità di riserva, il restante 80% di oro poteva essere prestato ad interesse. Più bassa era la quantità di riserva, più alto il profitto.
Presto divenne evidente che non c’era effettivamente bisogno di prestare proprio l’oro della cassaforte. Poiché le ricevute degli orefici erano ormai considerate come denaro dalla gente comune, bastava che venissero prestate come sostituti delle monete d’oro. Il vantaggio di questa politica consisteva nel fatto che le ricevute potevano essere fabbricate a costo quasi zero, mentre l’oro no.
Ma se il banchiere aveva in effetti il potere di fabbricare denaro, perché non stampare semplicemente le ricevute e spenderle per il proprio consumo? Perché, se spendeva le sue ricevute, il banchiere non le avrebbe più avute in suo possesso.
Era altresì certo che a tempo debito tutte le ricevute sarebbero tornate da lui per essere scambiate con oro – oro che all’inizio non esisteva. Invece prestando le ricevute, il banchiere poteva aggiungere l’interesse alla somma prestata. Al pagamento, le ricevute potevano essere distrutte facilmente come erano state fabbricate, ma l’interesse sarebbe rimasto come tornaconto.
Nel tentativo di proteggere i prestiti dalle loro ricevute, divenne uso comune tra le banche evitare completamente investimenti in società e concentrarsi invece sui prestiti ad interesse accompagnati da garanzia. La garanzia svolgeva il ruolo di ammortizzatore per proteggere il prestito del banchiere in caso di inadempienza da parte del cliente. Tali criteri per il rilascio di prestiti naturalmente gettarono le basi per il prestito di fondi a persone benestanti: da qui l’origine del detto “i banchieri sono persone che ti prestano soldi se puoi dimostrare di non averne bisogno”. La ricchezza, perciò, tendeva a circolare tra i ricchi, sorvolando sui più poveri i cui progetti economici non sarebbero mai stati degni di ricevere finanziamenti.
Nacque presto un problema nell’operazione di questa nuova industria, l’idea commerciale più proficua di tutti i tempi. I banchieri mettevano interessi sui soldi che solo loro potevano creare. Come potevano, allora, i clienti sperare di ripagare i debiti di questo denaro fabbricato più le spese degli interessi? Immaginiamo che, all’inizio, l’ammontare del denaro di uno stato sia di £ 100. Se i banchieri creano £ 400 di denaro bancario l’ammontare totale del denaro salirà a £ 500. Immaginiamo anche che le £ 400 di denaro bancario vengano prestate per 3 anni ad un tasso del 10% annuo e che quindi la somma da restituire sia di £ 532,40. Ora, se la quantità di denaro totale è solo di £ 500 all’inizio del finanziamento, da dove verranno le restanti £32,40?
La nuova somma di denaro richiesta poteva venire solo da due fonti: o i banchieri aumentavano la fornitura di denaro bancario, in altre parole facevano altri prestiti o lo stato aumentava la fornitura di denaro pubblico. Questo fatto avrebbe avuto enormi ripercussioni sull’economia man mano che cresceva la diffusione delle banche. A lungo andare, sia la fornitura di denaro, sia il debito sarebbero aumentati nonostante tutti i tentativi di controllo. E, ad un certo punto, sarebbe comparsa tutta una seri di problemi economici, tra i quali l’inflazione endemica, un “ciclo commerciale” i cui alti e bassi avrebbero seguito la creazione e la distruzione del denaro bancario ed una distribuzione sempre più sbilanciata della ricchezza.
La forma estrema del ciclo commerciale operativo era il boom speculativo e la bancarotta. Chi desiderava acquistare un bene immobiliare o delle azioni poteva farlo con un prestito dalla banca, fornendo come garanzia il bene acquistato. Di solito, la banca prestava una somma pari alla metà o ai tre quarti del valore della garanzia, cosicché anche se sul mercato ci fosse stato un ribasso dei prezzi e una inadempienza da parte del cliente, il bene dato in garanzia poteva ancora essere venduto ad un prezzo sufficiente per ripagare il prestito della banca. Man mano che il nuovo denaro era speso dallo speculatore, il prezzo dei beni iniziava a salire. Altri, vista la tendenza, entravano nel gioco per prendere in prestito denaro bancario ed acquistare nel mercato in crescita. Poteva nascere, quindi, una bolla speculativa, finanziata in parte dai fondi degli speculatori, ma soprattutto del denaro delle banche.
Purtroppo, la bolla scoppiava sempre quando i banchieri si innervosivano per la fabbricazione di altro denaro. Con la diminuzione della fabbricazione di denaro, pochi nuovi compratori entravano nel mercato per comprare beni, e con meno compratori il mercato iniziava a collassare. Allora i banchieri diventavano ancora più nervosi, poiché anche il valore delle loro garanzie diminuiva. Alcuni clienti, che si erano basati sui profitti speculativi per pagare gli interessi, ora iniziavano a non pagare. Perciò le banche prendevano e vendevano le garanzie sul mercato, spingendo i prezzi ancora più in basso. E così il circolo vizioso continuava in un processo che viene oggi descritto come “deflazione del debito”.
Molto tempo fa, le autorità inglesi sono entrate in azione per parare i danni all’economia provocati dall’eccessiva presenza di produttori privati di denaro. In base al Bank Charter Act del 1844, il diritto di emettere la maggior parte del denaro era limitato alla Banca d’Inghilterra (Bank of England). Purtroppo, la legge non faceva nulla per proibire ai banchieri di affidarsi sempre più al nuovo sistema basato sugli assegni e sulla dichiarazione del conto. Ancora una volta, la fiducia della gente era essenziale per garantire il successo al funzionamento del nuovo sistema. Mentre una volta la gente era certa di poter cambiare le ricevute in oro, ora la si doveva convincere che le cifre stampate sulla dichiarazione del conto bancario potevano essere ritirate su richiesta come denaro pubblico.
Il sistema di conto ed assegno può essere analizzati facilmente se noi ipotizziamo che ci sia una sola banca operativa nell’economia. Immaginiamo che questa banca abbia diversi clienti, due dei quali sono A e B. Entrambi iniziano con un bilancio zero sul loro conto corrente. A ora dà a B un assegno di £ 100 per pagare dei beni e B deposita questo assegno in banca. La banca accredita sul conto di B £ 100 e addebita sul conto di A la stessa somma. B ora ha un credito e A un debito di £ 100 ed i beni sono stati pagati. L’ammontare del nuovo denaro (bancario) è di £ 100 sul conto di B.
Si osservi che un gruppo di clienti di una banca deve sempre essere in debito per un totale che equivale alla riserva di denaro bancario effettivo. Si noti anche che se A colma il suo debito depositando un assegno di £ 100 preso da B, il denaro bancario trasferito da B ad A semplicemente scompare. Il denaro bancario è in assoluto contrasto con quello pubblico. Le monete d’oro e anche le moderne banconote non vengono mai distrutte all’atto della restituzione di un prestito.
In Italia nel giugno del 1997 la quantità totale di denaro pubblico in circolazione (banconote e monete) era di circa 116  bilioni, mentre la quantità totale di denaro disponibile separatamente nei depositi bancari superava i 186 bilioni per una riserva totale di denaro di 219 bilioni. Queste cifre, fornite dalla Banca d’Italia, mostrano chiaramente quanto denaro sia stato fabbricato dalle banche nel mondo moderno. Spiega altresì perché, se ognuno andasse a ritirare il proprio denaro dalla banca in liquidi nello stesso giorno, il sistema bancario collasserebbe.[1]
Dell’interesse messo sul denaro bancario, una parte è pagata ai depositari ed il resto appartiene alla banca. L’ammontare del profitto di una banca, perciò, è ampiamente determinato da:
a)     la differenza tra il tasso di interesse pagato ai depositari e il tasso imposto ai prestiti, “il divario di interesse”;
b)     la quantità di denaro fabbricato.
Il livello attuale dei tassi di interesse di solito non ha una vera e propria influenza su queste due variabili.
Poiché il sistema bancario italiano è costruito sugli stessi principi che prevalgono in tutta Europa da circa trecento anni, i responsabili della crisi della lira sono gli stranieri. Ma a parte questo, le cause della svalutazione della lira sono molto più vicine a Roma che a qualsiasi altra città. Negli ultimi anni le banche italiane hanno aumentato notevolmente la produzione della lira. Tra il giugno 1996 ed il giugno 1999 ad esempio, le autorità fabbricarono 99 bilioni tra banconote e monete, mentre le banche fabbricarono  cinque volte tanto sotto forma di depositi. Questo afflusso di nuovo denaro bancario porta con sé il rischio della svalutazione della lira sia da parte degli italiani che da parte degli stranieri. Ovviamente, le banche straniere fanno lo stesso gioco con le proprie monete. Perciò, su ampia scala, i tassi di scambio a lungo termine sono influenzati dal livello al quale si gioca in tutto il mondo.
Mentre colui che fabbrica denaro a casa propria viene arrestato, il sistema commerciale bancario è totalmente protetto dalla legge per fare esattamente la stessa cosa. La stabilità finanziaria non può essere costruita su una tale ingiustizia. Un vero sistema bancario islamico potrebbe cambiare questo stato di cose. Avrebbe un impatto nel cuore stesso del sistema monetario internazionale, poiché l’usura che ho descritto prima svanirebbe. Ma purtroppo, l’attuale sistema bancario islamico è poco più del sistema bancario convenzionale con le etichette cambiate. Coloro che l’hanno progettato non hanno colto la vera natura del moderno sistema bancario. Il risultato è una serie di prodotti bancari islamici che non mostrano alcuna differenza evidente da quelli offerti dal sistema basato sull’interesse. Questi prodotti sono presentati al pubblico senza giustificazioni plausibili da banchieri che hanno tutti i motivi per mantenere lo status quo. Altri che si impegnano sinceramente per il sistema bancario islamico spesso restano intrappolati nella mentalità occidentale del corso di laurea in economia, basato su una serie di testi finanziari che di solito riflettono il pensiero di non musulmani.
Una comunità che pratica l’usura da secoli e che perciò la capisce meglio di coloro la cui religione la proibisce, dovrebbe essere prima studiata e poi criticata. Chi critica gli usurai senza capire la vera natura dell’usura probabilmente perderà solo in credibilità, come ha fatto la Chiesa e come hanno fatto tanti e tanti politici e uomini comuni nel corso della storia.
shaykh ‘AbdulQadir  FadlAllah Mamour

[1] Si ricorda che nel 1996 l’Italia uscì dal SME per questi motivi. SME = sistema monetario europeo, accordo internazionale che regolava i rapporti di cambio tra le monete dei paesi membri della CEE (salvo la Gran Bretagna e la Grecia che facevano parte del paniere ECU, ma non partecipavano al meccanismo di regolazione dei cambi dello SME), sancito da una risoluzione del consiglio d’Europa nel 1978 ed entrato in vigore il 13 marzo 1979. Lo SME aveva lo scopo di favorire la stabilità monetaria tra i paesi partecipanti. Suo principale strumento era l’écu (attuale EURO), corrispondente alle iniziali dell’espressione inglese European Currency Unit, semplice unità di conto il cui valore iniziale è stato fatto uguale a un paniere di monete. Le autorità monetarie dei Paesi partecipanti allo SME erano impegnate a seguire regole determinate per impedire scostamenti del cambio dello scudo nelle rispettive monete al di là di certi limiti.

Pier Carlo Padoan, l'ultimo sicario dell’Economia

Padoan, l’uomo che ha spinto l’Argentina nell’abisso e la Grecia nella fame



Il neo ministro dell’Economia è stato dirigente del Fmi e dell’Ocse. Ha contribuito alla crisi di Grecia e Portogallo. Il Nobel Krugman lo definì: «L’uomo dai cattivi consigli».
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di Franco Fracassi - globalist
«La riforma Fornero è stato un passo importante per la risoluzione dei problemi dell’Italia», dichiarò un anno fa il neo ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Ex dirigente del Fondo monetario internazionale, ex consulente della Bce ed ex vice segretario dell’Ocse, Padoan è di casa tra i potenti del mondo.
Scelto personalmente dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e osannato dai grandi media italiani, il neo ministro non è stimato da tutti gli economisti, soprattutto da quelli non liberisti. Sentite cosa scrisse di lui sul “New York Times” il premio Nobel per l’economia Paul Krugman: «Certe volte gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno cattivi consigli; altre volte danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all’Ocse».
Padoan era responsabile dell’Argentina per conto del Fondo monetario internazionale nell’anno in cui il Paese sudamericano fece default.
A cosa si riferiva Krugman? Padoan è stato l’uomo che ha gestito per conto del Fondo monetario internazionale la crisi argentina. Nel 2001, Buenos Aires fu costretta a dichiarare fallimento dopo che le politiche liberiste e monetariste imposte dal Fmi (quindi, suggerite da Padoan) distrussero il tessuto sociale del Paese. In quegli anni il neo ministro si occupò anche di Grecia e Portogallo. Krugman scrisse in un altro articolo che furono proprio le ricette economiche «suggerite da Padoan a favorire la successiva crisi economica nei due Paesi».
Ecco cosa dichiarò Padoan a proposito della crisi greca: «La Grecia si deve aiutare da sola, a noi spetta controllare che lo faccia e concederle il tempo necessario. La Grecia deve riformarsi, nell’amministrazione pubblica e nel lavoro». In altre parole, Atene avrebbe dovuto rendere il lavoro molto più flessibile, alleggerendo (licenziando) la macchina della pubblica amministrazione. Nel marzo del 2013, quando la Grecia era sull’orlo del collasso, l’allora numero due dell’Ocse suggerì più esplicitamente: «C’è necessità che il governo greco adotti una disciplina di bilancio rigorosa e di un continuo sforzo di risanamento dei conti pubblici, condizioni preventive per il varo di misure a sostegno dello sviluppo».
Padoan è stato per quattro anni responsabile per conto del Fmi della Grecia. Successivamente, ha influenzato le politiche economiche di Atene in qualità di vice presidente dell’Ocse.

sabato 22 febbraio 2014

Dentro la pirlamide: le otto famiglie che c'indebitano

The International: petrolio, droga, armi e Kissinger Associates
di Dean Henderson - 21/02/2014
Fonte: aurorasito 

La recente epidemia di suicidi tra i banchieri internazionali ricorda l’intimità dell’intesa tra la finanza controllata dalle otto famiglie e la comunità d’intelligence.
JPMorgan
Al nadir del regime di riciclaggio armi-petrodollari-droga del Consiglio di Cooperazione del Golfo/CIA sedevano tranquillamente i bankster internazionali dei quattro cavalieri. 
Attraverso ogni grande scandalo e dietro ogni regime dispotico si trova l’oligarchia finanziaria globale che si avvantaggia della dipendenza del mondo da petrolio, armi e droga. La ricchezza petrolifera generata nella regione del Golfo Persico è la principale fonte di capitali di tali banchieri. Vendono agli sceicchi del GCC buoni del tesoro 30ennali all’interesse del 5%, quindi prestano i petrodollari degli sceicchi ai governi del Terzo Mondo e dei consumatori occidentali con interessi del 15-20%. Nel processo questi signori della finanza che non producono nulla, usano il debito economico importato come leva per consolidare il controllo sull’economia globale.
I padroni dei petrodollari e dei narcodollari
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venerdì 21 febbraio 2014

DIRETTORE UNICREDIT SPARITO CON 50 MILIONI



2014-02-21 11:37
Direttore banca scompare a Bari, dalla cassa mancano 50 mln 
Somme sottratte dai conti di due imprenditori. Indaga la Gdf 

BARI 

(ANSA) - BARI, 21 FEB - Circa 50 milioni di euro sono stati sottratti dai conti correnti di due imprenditori baresi presso una filiale di Bari di Unicredit il cui direttore risulta irreperibile da alcuni giorni, tanto che la moglie ne ha denunciato la scomparsa ai carabinieri. Unicredit, da parte sua, ritiene di essere parte offesa in questo nuovo giallo barese del quale parla oggi La Repubblica, perché formalmente dai conti non manca neppure un euro. La storia comincia tre giorni fa quando un noto imprenditore barese porta in banca per l'incasso un assegno da un milione di euro tratto da un conto corrente Unicredit. Il titolo di credito è firmato da un suo collega, a conclusione di un affare. All'imprenditore un funzionario della banca dice che l'assegno è scoperto. ''Impossibile'', risponde il collega che lo ha emesso. Questi prova a chiamare il direttore della filiale, che risulta irreperibile. Ora gli imprenditori hanno denunciato i fatti alla Guardia di Finanza che ha avviato accertamenti.

L'avv. VASSALLE: "Ecco perchè mi chiamano il terrore delle banche"

giovedì 20 febbraio 2014

Governo Renzi: le banche sapevano già

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E' la più grande banca privata del mondo: UBS, Unione Banca Svizzere. Un'assoluta autorità mondiale, un gruppo finanziario tra i più importanti del pianeta. Non nuovo a influenzare la politica: sua la famosa bufala sull'uscita dall'euro della Grecia, che "costerebbe 11 mila euro per ogni europeo". Neanche a comprarsela, la Grecia.
Stavolta, il documento che anche noi segnaliamo risale allo scorso 7 Gennaio 2014, e si chiama Outlook 2014 sullo stato dell'economia dell'Eurozona (lo trovate qui). Un documento che pesa.
Ebbene, a pagina 4 di tale documento potete leggere:
(...) Tuttavia, la Grecia può
 godere di una quota generosa dei fondi di coesione dell'Unione europea, in modo che il 
la sua economia dovrebbe essere in grado di crescere nel 2014.
In Italia, invece, a meno che Matteo Renzi riesca a modificare sostanzialmente il percorso delle riforme, il più importante dei paesi periferici, 
ci sarà probabilmente meno spazio di manovra per negoziare il suo bilancio 2015 
con la Commissione europea.
E a pagina 10:
(...) Questa paralisi porterà probabilmente a una maggior 
pressione da parte della Commissione europea sul governo per la riduzione del rapporto debito-PIL al 60%, che sarà probabilmente limiterà il margine di manovra almeno per il bilancio 2015, a meno che Matteo 
Renzi non riesca a modificare il percorso di riforma.
Il 7 Gennaio scorso al governo c'era Enrico Letta. Di Matteo Renzi premier non si parlava proprio, anche se il sindaco di Firenze, appena eletto segretario, già si organizzava per la legge elettorale e il job act. E proprio il 7 Gennaio era a pranzo con... Mario Monti!
Impossibile pensare ad un errore, o a confusione: al di là dell'autorevolezza della pubblicazione, redatta con la dovuta attenzione visto il peso internazionale, un errore non si ripete per due volte in due pagine diverse.
Questo Outlook, inoltre, non è un documento riservato a pochi adepti di chissà quale setta: è disponibile online, chiunque può scaricarlo e leggerlo. Viene il dubbio che non si siano curati di scrivere quel nome ufficialmente con tanto anticipo, o addirittura sia stato fatto deliberatamente.
D'altronde, il nome di Matteo Renzi ricorre entrambe le volte con una chiara frase accompagnatoria: "a meno che Matteo Renzi non riesca a modificare il percorso delle riforme". Ecco, probabilmente proprio questo è il punto. Una promessa, e contemporaneamente una richiesta da parte dei gruppi finanziari: vuoi diventare premier? Ebbene, devi garantire che le famigerate riforme vengano fatte. Te lo diciamo in faccia, nero su bianco, che ti sosteniamo a questo prezzo.
E noi cittadini? Non ne sappiamo nulla. Anzi sì, almeno una cosa la sappiamo: che probabilmente Renzi obbedirà.
Qui di seguito la denuncia del M5S in aula al Senato

Fusaro: Monti e Renzi, i “fascisti del nuovo millennio”



Marx a Casa Pound?

Scritto da Diego Fusaro

Diego Fusaro risponde alle dure critiche a lui rivolte da Contropiano e Antiper per la partecipazione, poi ritirata, al convegno di CasaPound su Marx[n.d.r.]

Sul “Corriere della Sera” di sabato (15 febbraio, p. 29) ho spiegato che l’aver accettato da parte mia l’invito di “Casa Pound” a discutere a Roma il 21 febbraio del pensiero di Marx ha suscitato un moto d’indignazione in alcuni ambienti antifascisti. Purtroppo, le mie intenzioni di filosofo sono state fraintese in senso politico e sono stato addirittura tacciato di avere simpatie fasciste e quindi, in quanto “nemico del popolo”, condannato all’ostracismo. Ho perfino ricevuto insulti e minacce contro la mia persona e la mia incolumità. Rimbomba una caccia alle streghe di marca staliniana che pensavo fosse stata superata da un pezzo. La buona fede mi faceva sperare in un dialogo serio e pacifico, tra posizioni diverse ma animate dalla volontà di confrontarsi. Questo era lo spirito con cui avevo aderito all’iniziativa. Ma evidentemente non è la situazione opportuna per dialogare con chi la pensa diversamente. Speravo e spero sempre nel dialogo, perché rifiutarsi di dialogare significa perdere in partenza: le idee si sconfiggono con le idee.
Non sono mai stato fascista, né mai lo sarò. Socrate mi ha, però, insegnato a dialogare con tutti.

Banche: porta girevole tra riciclatori

Il M5S, in merito alle vicende legate al Banco Desio, ha presentato al Senato, già nel mese di giugno 2013, una proposta di legge - a prima firma Mussini - per l'istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta. Lo scandalo Banco Desio si protrae ormai da tempo. Esprimiamo la nostra assoluta riprovazione - affermano i portavoce M5S al Senato, Maria Mussini e Stefano Lucidi - di fronte alla possibilità che una banca condannata per riciclaggio internazionale (nel processo davanti al Tribunale di Roma - il 24 gennaio 2014 - dove ha patteggiato, ammettendo in sostanza le colpe) vada a gestire una banca commissariata per riciclaggio.
Siamo totalmente contrari ad un'eventuale cessione della Banca Popolare di Spoleto agli spregiudicati "conquistadores" brianzoli, proseguono Mussini e Lucidi, anche alla luce dell'indagine avviata dalla Consob su alcune rivelazioni che davano già per aggiudicata - in tempi sospetti - la partita al Banco Desio e su alcuni rapporti passati di subordinazione gerarchica da parte di uno dei tre commissari (ing. Boccolini) rispetto all'attuale amministratore delegato di Banco Desio. In data 26 marzo 2013, inoltre, Bankitalia ha sanzionato per 360 mila euro il CDA e il Collegio Sindacale della controllante Banco di Desio e della Brianza Spa.
Dall'offerta presentata da Banco Desio - affermano Lucidi e Mussini - si evince anche la mancanza di interesse al destino della controllante Scs (19 mila soci!) che andrebbe in liquidazione! Il M5S è contrario al fatto che si ceda Banca Popolare di Spoleto a Banco Desio. Questa scandalosa vicenda va fermata.

Grillo a Renzi : "Rappresenti le Banche"

mercoledì 19 febbraio 2014

RINALDI: ''LIBERIAMOCI DALL'EURO PRIMA DI UNA GUERRA''.

ECCEZIONALE INTERVENTO DEL PROF RINALDI IN FRANCIA: ''SALVIAMO L'EUROPA, LIBERIAMOLA DALL'EURO PRIMA DI UNA GUERRA''.

mercoledì 19 febbraio 2014

È possibile vivere senza l'euro?, e come? Si è posto gli interrogativi il prof Rinaldi durante gli "EFP Parlamentary Days" a Parigi. Benessere degli europei, democrazia, crisi identitaria ed economica saranno al centro delle tavole rotonde organizzate dalla coalizione di euroscettici EFP, per capire in che direzione deve e può muoversi l'Unione Europea nel prossimo futuro anche senza la moneta unica...
Ecco la relazione tenuta da Rinaldi.
Sarò estremamente realistico in questa mia analisi. La gravità della situazione che si è determinata in molti dei Paesi membri dell’Unione Europea e in particolare in quelli che hanno adottato la moneta comune, mi legittimano nel fare delle considerazioni che non avrei mai voluto fare. L’Euro è ormai divenuto il principale elemento di contrasto in Europa, costituendo un insormontabile ostacolo all’unione e alla coesione, mentre invece paradossalmente sarebbe dovuto essere il mezzo di principale d’integrazione e aggregazione. Un progetto frettolosamente messo in atto per una scelta prettamente politica al fine di creare nuovi equilibri dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica, non è riuscito però nel suo originario scopo.
Chi credeva che una stessa moneta fosse la conditio sine qua non per realizzare l’assioma “one market, one money” è rimasto profondamente deluso.Nulla è stato fatto affinché si mutuassero le diverse esigenze determinate dalle inevitabili asimmetrie fra economie e strutture nazionali molto diverse fra loro e dopo 22 anni da Maastricht, Bruxelles non è riuscita neanche ad uniformare stesse aliquote IVA (VAT) per stessi beni merceologici e servizi. Come possiamo pertanto ragionevolmente credere che ci sia una effettiva volontà di procedere verso rapide unioni politiche e fiscali se neanche il gradino più basso per facilitare la libera circolazione dei beni e servizi, non è stato mai costruito? Nella realtà, nell’ambito dei Paesi membri, il mercato comune si è rivelato essere una vera e propria farsa e non perché non si è realizzata la prima conditio nell’ottimizzare i due principali fattori produttivi indispensabili capitale e lavoro, ma perché le regole a supporto della moneta unica sono state esclusivamente utilizzate come mezzo coercitivo per estraniare sempre più i paesi dalle loro rispettive residue Sovranità. A chi fanno riferimento e a chi rispondono coloro i quali hanno avocato a sé questi poteri lasciando all’euro l’esclusiva funzione di sottomettere la maggioranza dei paesi eurodotati alle volontà di una eurocrazia autoreferenziale e soprattutto senza alcun mandato popolare?L’euro si è tristemente dimostrato a nostro danno non una reale moneta, ma un accordo di cambi fissi la cui irrevocabilità e le sue regole sono state utilizzate come un subdolo metodo di governo con cui imporre decisioni fuori dalle democratiche legittime istituzioni dei Paesi membri.
E’ pertanto inutile sforzarsi nel cercare di modificare o correggere l’attuale impianto dei Trattati e dei Regolamenti su cui si regge la moneta unica: risulterà impossibile raggiungere qualsiasi compromesso che possa essere considerato accettabile e i tentativi non faranno altro che procastinare l’agonia a cui siamo inesorabilmente tutti condannati.
Ma come si è arrivati a questa situazione che ha gettato l’intera eurozona non solo nella più severa crisi economica dopo quella del ’29, ma anche sospendendo i più elementari principii della democrazia?
I più elementari principii della democrazia sono stati infatti completamente bypassati nell’evoluzione della costruzione europea, poiché sono stati estraniati progressivamente i contributi della gran parte dei cittadini europei dai processi decisionali. Abbiamo sempre più assistito impotenti a una delega dei Governi nazionali, non prevista e soprattutto non voluta, che ha consegnato ai burocrati europei meccanismi giuridici ed economici che hanno assoggettato e consegnato a essi l’intera gestione dell’Unione. Si sono sempre più rafforzate un insieme di istituzioni biogiuridiche, che agiscono e si muovono in modo robotizzato senza nessuna certificazione da parte del suffragio universale, non consentendo più alle varie politiche nazionali di poter intervenire a correzione e a proprio supporto in nome di un vincolo esterno che sarebbe dovuto intervenire invece a tutela di tutti i membri.
Quando ci è stato presentato il progetto d’integrazione europea non era stato previsto di estromettere i cittadini dalla condivisione della gestione della casa comune, ma di garantirgli pace, progresso e lavoro con l’attivo contributo di ogni risorsa democratica disponibile. Tutto questo non è minimamente avvenuto e il solo organo eletto democraticamente dal popolo è il Parlamento, il quale non ha alcun potere che possa competere con quelli a disposizione della Commissione, che non è eletta direttamente da nessuna volontà popolare e che prendono decisioni sopra la testa di tutti noi senza interpellare preventivamente i rispettivi Parlamenti nazionali o che esercitano pressioni sfacciatamente ricattatorie affinché vengano adottate.Non dobbiamo mai consentire che questi poteri europei si impossessino definitivamente di ogni spazio decisionale e influenzino e determinino i nostri destini, solo perché la classe politica dei Paesi membri si è rivelata essere troppo accondiscendente e debole, al limite del collaborazionismo, mentre quella contraria non ha ancora la piena forza d’imporsi.
Sono da salvaguardare dei principii imprescindibili, irrinunciabili e non negoziabili che con immani sacrifici sono riusciti a conquistare i nostri padri. Ma i cittadini hanno capito ormai perfettamente che questa mutazione si è sempre più rafforzata non al fine di tutela generale, nessun escluso e super partes, ma solo a garanzia di specifici interessi e a discapito dell’intera comunità. Non posso fare a meno di ricordare il vergognoso e inaccettabile comportamento riservato alla Grecia e ai suoi orgogliosi cittadini perché è stato leso un principio irrinunciabile: se si accetta un Paese nell’Unione è assoluto dovere tutelarlo fino in fondo, costi quel che costi, con tutta la solidarietà e mutualità possibile, senza mortificarlo e avvilirlo fino alla suo totale depauperamento, magari al solo fine di salvaguardare interessi finanziari internazionali superiori e palesemente di parte.
Da semplice cittadino di questa Europa chiedo scusa al fiero popolo greco per il trattamento che gli è stato riservato. Anche per loro arriverà il tempo del riscatto.
Inutile ricordare, in questa sede, la totale sospensione della democrazia che sta avvenendo in Italia dove sono stati designati gli ultimi tre Premier senza nessuna preventiva certificazione popolare! E’ vergognoso che questo sia potuto avvenire in un Paese occidentale che viene ancora accreditato e definito come democratico! E’ il prezzo da pagare da questa dittatura economica in atto in Europa, dove i Governi vengono condizionati dalle volontà Troika e non dei propri cittadini! Era questa l’Europa che volevamo e che ci era stata promessa?
E come non accorgersi che questa moneta comune è utilizzata come mezzo tecnico al servizio della Troika per poter realizzare e imporre i suoi disegni? Abbiamo tristemente capito a nostre spese che questa democrazia si è trasformata nella più pericolosa e insidiosa dittatura possibile!Questo è stato possibile grazie al ricorso sempre più a “piloti automatici” che si sono surrogati e sostituiti in modo subdolo alla mediazione politica, interrompendo il contributo essenziale dei cittadini nei processi decisionali, come ad esempio nel caso del Patto di Stabilità e Crescita, il c.d. Fiscal Compact, l’ESM (European Stability Mechanism), all’Unione Bancaria, ecc.A riguardo denuncio a gran voce la illegittimità del Fiscal Compact in quanto, come recita lo stesso Trattato sulla Stabilità all’art.2, “Le parti contraenti applicano e interpretano il presente Trattato conformemente ai Trattati su cui si fonda l’Unione Europea”, il cui concetto è ribadito anche nel comma successivo: “Il presente Trattato si applica nella misura in cui è compatibile con i Trattati su cui si fonda l’Unione europea e con il diritto dell’Unione europea”. Pertanto il successivo art.3, n.1, lett.a) che prevede testualmente “la posizione di bilancio della Pubblica Amministrazione di una parte contraente è in pareggio o in avanzo” è da considerarsi non conforme e pertanto non legittimo, in quanto il Trattato della UE firmato a Maastricht (TUE) all’art.104 c) prot.5, ribadito anche nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea di Lisbona (TFUE) all’art.126 (ex 104), fissano invece al 3% il limite dell’indebitamento annuale. E’ stato pertanto palesemente violato il Trattato istitutivo della UE unitamente al TFUE che ne ribadisce, al citato art.126, i limiti dell’indebitamento.
E’ possibile che nessuno dello sconfinato esercito di giuristi e economisti di cui si avvale la Commissione di Bruxelles, non si sia accorto delle inoppugnabili interpretazioni giuridiche del professore emerito Giuseppe Guarino, che ha denunciato questo palese contrasto?
Si è arrivati ad imporre l’inserimento nei dettami Costituzionali dei paesi dell’Unione il vincolo del pareggio di bilancio, per mezzo di un Trattato illegittimo e fortemente stridente con altri articoli e fondamenti delle varie Carte Costituzionali nazionali. Nessuno ha avuto il coraggio e la forza di alzare un dito di fronte a questo evidente errore?La stessa Banca Centrale Europea è stata concepita esclusivamente come garante e guardiana della stabilità dei prezzi, cioè dell’inflazione, e non per mansioni proprie di una vera Banca Centrale a tutti gli effetti, tesa invece a fornire risorse per la crescita e lo sviluppo per la massima occupazione, ma relegando invece i cittadini e il sistema delle imprese, con l’estenuante ricorso penalizzante della fiscalità (Fiscal overkill), al ruolo di esclusivi prestatori di ultima istanza. Si è preferito lasciare il voto ai mercati per decidere la bontà delle scelte economiche adottate e non ai cittadini per mezzo delle democratiche urne.
Come è stato possibile affidarsi esclusivamente al ricorso fiscale senza valutare preventivamente che avrebbe creato ulteriori problemi proprio perché si sarebbero contratti notevolmente i consumi riducendo a sua volta sia le entrate fiscali stesse, l’entità del PIL (GDP Gross Domestic Product) e aumentando di conseguenza i debiti pubblici? Inoltre la crisi economica ha fatto esplodere anche i debiti privati e le sofferenze dell’intero sistema bancario europeo.Perché si è rimasti sempre passivi e inerti di fronte all’imposizione tedesca di adottare un modello economico per il sostentamento dell’euro forgiato esclusivamente per le sue esigenze macroeconomiche? E’ possibile che non si è voluto perseguire modelli economici alternativi se non orientati esclusivamente al rigore dei conti come esclusivo presupposto per la crescita? Per quanto tempo ancora dovremo subire le antiche paure fobiche dei nostri amici tedeschi che vedono ancora nella stabilità dei prezzi e nell’esasperato rigore dei conti gli unici fondamenti su cui basare la crescita?
La maggioranza dei Paesi eurodotati non traggono beneficio da una inflazione tendenziale allo 0,7% se poi, per poterla perseguire, pagano il caro prezzo di un tasso di disoccupazione a livelli da economia di guerra!
La competitività di molti paesi euro non ha più potuto far ricorso allo strumento classico della svalutazione della propria moneta per riequilibrare i suoi fondamentali macroeconomici seguendo la naturale legge della domanda e dell’offerta, ma ha dovuto necessariamente procedere per mezzo della svalutazione interna, cioè alla riduzione dei salari, che sommata alla deindustrializzazione sempre più crescente favorita dalla globalizzazione selvaggia senza regole e alle delocalizzazioni territoriali, hanno permesso nella stessa area valutaria euro che si formassero zone sempre più ricche e zone sempre più povere. Ma il vero effetto negativo di questa dissennata gestione economica che prende come riferimento un modello non compatibile con la gran parte delle economie nazionali europee e nessun riscontro nella letteratura economica, è l’aver gettato gli stessi Paesi in conclamata deflazione, esponendoli ai noti pericoli conosciuti tristemente nel passato perché generati dall’ossessivo perseguimento del contenimento dell’inflazione ad ogni costo.
Chi ignora la Storia è condannato nel riviverla!
Ma perché tutto questo è potuto avvenire? A Maastricht è stata concepita una convergenza verso una moneta diversa da quella che poi è stata realizzata. Questa evoluzione è avvenuta in modo subdolo, senza che ci sia stata la consapevolezza, il consenso e l’approvazione né dei cittadini né tantomeno dei rispettivi Parlamenti nazionali. Sono stati attivati quei famosi meccanismi automatici, voluti da una oligarchia autoreferenziale che man mano conquistava il potere nei palazzi di Bruxelles, riuscendo a sottrarre alla gestione delle politiche dei Paesi membri, e pertanto al consenso democratico della Sovranità di ciascun popolo, qualsiasi spazio di autonomia nella determinazione delle politiche economiche per il raggiungimento degli obiettivi di crescita.E’ stato messo in atto un vero e proprio golpe, infatti il 1.1.1999 è stata partorita una moneta disciplinata dal Regolamento 1466/97, ma diametralmente opposta rispetto a quella contemplata dal TUE, un vero sfregio sotto gli occhi dei cittadini europei ignari e in buona fede e nell’indifferenza più o meno inconsapevole dei rispettivi Governi.
La mutazione, tra quanto previsto dal TUE e dal Regolamento 1466/97 si identifica in quanto il TUE fissa un obiettivo, uno sviluppo conforme al disposto dell’art.2, il cui conseguimento è affidato alle politiche economiche di ciascuno ognuno degli Stati membri, i quali avrebbero tenuto conto della specificità delle reali condizioni dell’economia di ciascun Paese. Le rispettive politiche economiche avrebbero potuto utilizzare all’occorrenza, quale strumento per realizzare l’obiettivo, l’indebitamento nei limiti consentiti dall’art. 104 c), da interpretare ed applicare in conformità ai criteri fissati nei commi 2 e 3 del punto 2 dell’art. 104c). Il Regolamento in oggetto abroga invece tutto questo, cancellando le politiche economiche degli Stati e di conseguenza qualsiasi loro autonomo apporto. Il ruolo assegnato dal TUE di Maastricht (art. 102 A, 103 e 104c) per conseguire lo sviluppo che gli Stati avrebbero conseguito in conformità a quanto prescritto negli artt.2 e successivi del Trattato, è pertanto completamente cancellato. I singoli Stati, secondo quanto previsto da Maastricht, avrebbero conseguito l’obiettivo utilizzando la propria autonomia e tenendo conto delle condizioni e delle strutture congiunturali del proprio Paese. Questo per salvaguardare il corretto principio per il quale gli interventi sarebbero stati necessariamente diversi da Paese a Paese e per ogni anno, capovolgendo radicalmente, dunque, il rapporto tra l’euro e la realtà economica. Secondo l’originario TUE, se vi è contrasto, è la gestione dell’euro a doversi adeguare alla realtà economica, mentre secondo da quanto previsto dal Regolamento in oggetto, invece è la realtà economica a doversi adeguare in ogni caso all’euro. In nessun paese del mondo è applicato questo principio!
E’ sempre la moneta al servizio dell’economia e mai l’economia schiava dei dogmi della propria moneta!Esiste pertanto una conflittualità evidente fra quanto approvato dai rispettivi Parlamenti dei Paesi membri che hanno ratificato ai tempi di Maastricht, dopo dibattiti parlamentari condivisi, e quanto invece previsto dal Regolamento 1466/97. Conflittualità così forte e evidente da stravolgere completamente l’iniziale natura stessa della moneta unica. Da una parte l’originario Trattato Istitutivo della UE, agli articoli ricordati, che lasciava autonomia nelle scelte di politica economica, dall’altra successivamente il Regolamento avocava questa prerogativa a se, consegnando nelle mani e volontà della Commissione e degli organi tecnici ogni potere decisionale. Vorremmo sapere chi sono gli ideatori e autori di questo golpe a danno di tutti i cittadini europei?Essendo fortemente convinto che l’unico modo per salvare l’euro è di crearne 18 e in alternativa invitare gli amici tedeschi ad abbandonarlo al più presto per togliere finalmente il cappio che si sta inesorabilmente stringendo intorno al nostro collo.
In ogni caso, la Germania, consapevole che si sta avvantaggiando oltremodo di una valuta, l’euro, notevolmente sottovalutata rispetto ai propri fondamentali, ben difficilmente prenderà una decisione in questa direzione e la soluzione più ragionevole rimarrebbe solamente quella di lasciare alle volontà di ciascun Paese la libera facoltà di poter mutare il proprio status di Paese “senza deroga” a Paese “con deroga”, così come già previsto dagli artt. 139 e 140 del TFUE e di poter pertanto tornare a conseguire in modo autonomo gli obiettivi di crescita, utilizzando propri strumenti di politica economica e monetaria con il pieno supporto delle rispettive valute sganciate dagli attuali vincoli automatici dimostratisi privi, non solo di validità economica e giuridica, ma anche colpevoli di aver interrotto il collegamento democratico essenziale e irrinunciabile nei processi decisionali fra cittadini e Istituzioni.
Naturalmente con il massimo coordinamento fra i vari Governi nazionali per massimizzare la segmentazione controllata dell’area euro e facendo salvi gli interessi comuni così come indicato e auspicato dall’European Solidarity Manifesto di cui mi onoro di far parte.L’euro e i suoi dogmi hanno inflitto dei danni molto forti nelle economie dei Paesi membri e le cicatrici di queste ferite saranno visibili per moltissimi anni e il day after sarà visto più come una vera e propria liberazione che una vittoria. La possibilità di poter di nuovo perseguire autonome politiche economiche per il perseguimento della propria crescita dovrebbero rappresentare magnifiche opportunità per chi sarà in grado di compierle, anche se il vantaggio maggiore, come già ribadito più volte, sarebbe quello del ripristino della democrazia interrotta nell’assoluta convinzione che la democrazia, quella vera, non ha prezzo! In questo modo si riporterebbero i cittadini al centro di ogni interesse e non quelli graditi dalla finanza come invece sta perseguendo la dirigenza europea in nome di un neoliberismo esasperato e senza regole. Tutti i tecnicismi per il ritorno alle proprie valute nazionali possono essere studiati, analizzati, discussi e tranquillamente risolti, mentre se abdichiamo ai principi della democrazia tutto sarà perso per sempre e non potremo sottrarci dal severo giudizio delle nostre generazioni future. Questo nell’interesse generale, ad iniziare dalla Germania perché sarà proprio lei a pagare il prezzo più alto di questo enorme ma effimero attuale vantaggio che presto non mancherà di presentargli un conto tanto più alto quanto più durerà questa situazione. Sono fermamente convinto che tutti i Paesi eurodotati siano in possesso di dettagliati e aggiornati “Piani B” per un uscita ordinata e non caotica e scomposta dalla moneta unica.
Questi “Piani B” di salvaguardia sono stati concepiti, da ciascun Paese che ha aderito all’euro, sin dal suo inizio, come una specie di “opting out” segrete predisposte alla stregua di piani per la sicurezza strategica nazionale nel caso in cui il Paese avesse avuto problemi valutando che il costo generale dell’appartenenza all’unione monetaria si fosse rivelata non più conveniente rispetto ai vantaggi ottenuti.Ma nello stesso modo sono altresì convinto che ormai nessun Paese prenderà l’autonoma decisione di uscita e questo avverrà solamente per un forte shock esterno imprevedibile che agirà da detonatore per un contagio che non sarà possibile governare e gestire. Ad esempio una forte inadempienza bancaria, potrebbe innescare una reazione a catena impossibile da imbrigliare con tutti gli attuali strumenti finanziari di tutela a disposizione dalla Troika. I titoli pubblici di molti Paesi dell’area euro sarebbero sottoposti a fortissime pressioni speculative e l’unico modo per poter gestire la situazione, senza consegnarsi definitivamente a meccanismi tipo ESM che imporrebbero delle contropartite inaccettabili, sarebbe l’immediato ritorno alle rispettive piene Sovranità monetarie. Questo potrà avvenire senza creare ulteriori gravi disagi solamente in funzione della bontà dei “Piani B” predisposti preventivamente dai rispettivi Governi e concertati con tutti gli altri.
Non confondiamo l’Europa con l’Unione monetaria: è nostro supremo dovere salvare l’Europa e pertanto dobbiamo liberarci al più presto dell’euro, perché non vorremo mai camminare sulle macerie di ciò che con immane fatica hanno costruito i nostri padri, ma garantire prosperità alle nostre generazioni future seguendo la strada irrinunciabile della democrazia. Ma forse chiedo troppo, perché la parola democrazia è stata sempre ignorata sia nei Trattati che nei Regolamenti di questa Europa dell’eurocrazia che si è allontanata totalmente dalla realtà dei suoi cittadini! Da italiano confido moltissimo nel ruolo e nelle posizioni che la Francia adotterà nel prossimo futuro.Se ciascuno di noi avrà la lungimiranza di riprendersi le chiavi della propria casa per poter perseguire con autonomi e corretti strumenti di politica economica la gestione della propria crescita, i benefici saranno per tutti, garantendo ancora al Vecchio Continente il ruolo che si è conquistato in millenni di Storia.So infine perfettamente che chi combatte questa battaglia può anche perdere, ma chi non combatte ha già perso e fino ad ora abbiamo perso solo una battaglia, NON LA GUERRA e alla fine l’Europa risorgerà perché vincerà la ragione!
L'intervento del Prof. Rinaldi è stato pubblciato da Formiche.net - che ringraziamo. 
Nota biografica.
Antonio Maria Rinaldi, dopo la laurea in economia alla LUISS alla fine del '70 ha svolto molti incarichi operativi in banche italiane per poi passare dalla metà degli anni '80 dal Servizio Borsa della Consob Sede di Milano alla Sofid, capogruppo finanziaria dell'ENI, fino a ricoprirne la carica di Direttore Generale. Attualmente esercita la libera professione ed è docente di Finanza Aziendale presso l'Università Gabriele d'Annunzio di Chieti-Pescara e di Corporate & Investment Banking e Mercati Finanziari & Commercio Internazionale presso la Link Campus University di Roma. Ha pubblicato nel 2011 "Il Fallimento dell'Euro?" e nel 2013 “Europa Kaputt,(s)venduti all’euro” per manifestare tutto il disappunto nell'attuale costruzione e conduzione europea. Con il suo maestro di politica economica, prof. Paolo Savona e con il prof. Michele Fratianni, ha concepito una proposta per il consolidamento del debito pubblico italiano. E’ firmatario del Manifesto di Solidarietà Europea per il ritorno concordato alle valute nazionali e partecipa a convegni e trasmissioni radio-televisive sul tema dell'unione monetaria europea non mancando mai di esprimere la sua forte criticità.