lunedì 10 ottobre 2011
I banchieri e la politica
Chieti, 8 Ottobre ’11, Sabato, S. Brigida - Anno XXX n. 334 - www.abruzzopress.info - abruzzopress@yahoo.it - Tr. Ch 1/81
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Ap – Economia
I banchieri e la politica
di Savino Frigiola
Il poeta Ezra Pound, noto sia per le sue intuizioni in campo economico e monetario che per i suoi aforismi, scrisse: «I politici non sono altro che i camerieri dei banchieri.» Per lungo tempo questo concetto ha faticato ad essere ben recepito e compreso. Man mano che le crisi economiche avanzarono ed avanzano si appalesano i numerosi ed a volte impercettibili atti politici realizzati nel tempo da questi “camerieri servi dei banchieri”, spesso aiutati anche da soggetti inconsapevoli che agiscono solo per emulazione. Le piccole ma frequenti azioni di questi politici hanno consentito ai banchieri, con la loro fabbrica del debito, di sovrastare Stato, politici e cittadini, a loro esclusivo vantaggio. L’ultimo esempio di colpevoli distrazioni è quello in cui, notte tempo, un politico, loro cameriere in Parlamento, fratello di un banchiere, è riuscito ad inserire nell’approvando decreto “mille proroghe” una piccola modifica che annacqua il ristoro del reato di anatocismo, a tutto beneficio del sistema bancario. Ecco perché Pound sosteneva che «chi non s'intende di economia non capisce affatto la storia,» e di conseguenza la politica.
Altro aforisma oggi di grande attualità riguarda la Pubblica Amministrazione e così recita: «Dire che uno Stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri.» Per ben comprendere questo concetto si è dovuto aspettare l’enunciazione di Giacinto Auriti sul “valore indotto della moneta” da Lui definita di natura convenzionale, quando ancora imperava il convincimento, gradito e sostenuto dai banchieri, che la moneta non fosse altro che una sorte di “fede di deposito” il cui valore derivava dall’oro che rappresentava. La dimostrata teoria del “valore convenzionale della moneta”, ha scardinato definitivamente questo convincimento ed ha innescato una reazione a catena capace di distruggere l’alone di rispettabilità che i signori banchieri erano riusciti a costruirsi in tanti anni.
Se è vero che è la convenzione generata da tutti noi a conferire valore ad un determinato pezzo di carta stampata, e non vi può essere nessuna smentita in merito, se ne deduce e si arriva facilmente a comprendere che il controvalore che si crea al momento dell’emissione monetaria, deve essere accreditato a chi, per “convenzione”, ha creato il valore stesso, cioè a tutti noi e quindi allo Stato che ci rappresenta: Tutti. Ne deriva che quando lo Stato emette la propria moneta, non solo non si crea il debito al momento dell’emissione, come ora avviene quando i banchieri privati di emettono la loro moneta, ma si dispone anche di tutte le risorse pubbliche per affrontare le spese istituzionali necessarie al funzionamento della collettività. L’aver conferito da parte della politica ai banchieri privati il privilegio di battere moneta ha generato il mastodontico debito pubblico ed ha fatto abbassare la guardia ai cittadini, come se non fosse loro interesse occuparsi delle problematiche economiche e monetarie. Ci si sveglia all’improvviso solo quando i banchieri sfacciatamente praticano salassi da cavallo ai danni dei cittadini per dare i soldi a loro stessi a fronte del debito pubblico costruito proprio con la truffa intellettuale progettata: sostituirsi allo Stato.
Dai primi sommari conteggi emergono risultati a dir poco sconcertanti. Il debito pubblico è pari a 3 volte il valore dell’intero patrimonio immobiliare privato Italiano, a 8 volte il valore di tutti gli immobili dello Stato Italiano: scuole, ospedali, caserme, enti pubblici, porti, aeroporti, ferrovie ecc. ecc. Se si volesse pagare il debito pubblico occorrerebbero ben 33 manovre come l’ultima disastrosa di 59 miliardi, e vi sono ancora da aggiungere gli interessi passivi che andranno a maturarsi nei 32 anni successivi. Se volessimo pagarlo con prodotti della nostre industrie ci vorrebbe l’intera produzione annuale delle macchine della FIAT (n. 1.781.000 di automobili Panda) vendute a 8.500 € cadauna per un minimo di 180 anni. Se volessimo pagarlo con prestazioni di lavoro occorrerebbero 20 milioni di schiavi che al lavoro ininterrotto per tutti i 365 giorni di un anno per 10 ore al giorno a 10 €\ora. Facile comprendere che una tale mole di debito non potrà essere mai pagata in nessun caso.
In questi frangenti, come primo atto responsabile da parte di “Tutta la Politica” è impedire che il debito continui a crescere e contestualmente reperire le risorse necessarie per rilanciare economia ed occupazione per uscire dalla crisi. Lo Stato, in nome e per conto dei propri cittadini, deve ritornare ad emettere la propria moneta. La deve acquisire a titolo originario e registrarla all’attivo del proprio bilancio al valore corrispondente al signoraggio. L’attività di bilancio così conseguita dovrà essere utilizzata per le proprie spese istituzionali, per dimostrare che le istituzioni sono al servizio del cittadino e non viceversa, esattamente come indicava Ezera Pound ed esattamente come lo Stato italiano ha saputo fare con successo per oltre 100 anni dal 1874 al 1975.
Per quanto concerne il debito pubblico in mano ai banchieri deve essere depennato, sia per la matematica impossibilità materiale a pagarlo sia perché frutto di azioni dolose e truffaldine, come indica il prof. Bruno Amoroso (economista italiano che insegna in una università in Danimarca) che sostiene non solo di «non pagare un debito illegittimo,» ma addirittura «chiedere i danni» per il mal tolto agli aventi causa, sia ai banchieri che ai loro camerieri in combutta fra loro.
S.F.
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