Stiamo faticosamente cercando di mettere insieme 20 miliardi. Li togliamo alla povera gente, lesinando le pensioni, tassando la casa, rincarando la benzina, aumentando l'iva, ricorrendo ai prelievi forzati sui conti correnti. E perché non rivalersi allora anche sui cani e sui gatti domestici? In fin dei conti adottare un cucciolo, invece di rappresentare un atto meritorio nonché un innegabile costo, potrebbe essere un reddito affettivo da condividere con lo stato.
Venti miliardi cui invece i grandi patrimoni non contribuiranno molto, restando tutto sommato indisturbati. Qualche esempio? Chi ha grandi e lussuose imbarcazioni non farà altro che spostarle nei porti della vicina Croazia. Chi ha ingenti capitali, non farà altro che spostarli in Svizzera, tanto l'accordo fiscale non lo vogliamo fare per evitare possibili infrazioni UE. Come dire: le infrazioni sulla mancata concessione delle frequenze a Europa7 e quelle sui rifiuti (tanto per citarne due a caso) vanno benissimo, in quanto si tratta di spendere in multe senza averne alcun ritorno, ma le infrazioni come scotto da pagare per il recupero di qualche miliardo di euro invece sono da evitarsi assolutamente. Due pesi, due misure. Come due pesi e due misure si adottano tra gli interventi nella manovra che riguardano l'inasprimento dell'aliquota una tantum sui capitali scudati e quelli che tolgono la rivalutazione alle pensioni. Nel primo caso si grida allo scandalo dello Stato che viene meno al suo patto, nel secondo caso invece assistiamo a un patto ancora più stringente, per il numero dei cittadini coinvolti e soprattutto perché stiamo parlando di quelli onesti, che viene violato senza nessuna alzata di scudi. Misura che adotti, scudo che ignori.
E mentre ci affanniamo a far pagare ai cittadini questi 20 miliardi, cui ne seguiranno altri 20, e poi altri 20 visto che ci stiamo consegnando mani e piedi alla recessione, ne troviamo 150 da regalare senza colpo ferire, sull'unghia, all'Unione Europea e al Fondo Monetario Internazionale. Di questi, 125 dovremo corrisponderli al MES, il Meccanismo permanente di Stabilizzazione Europeo che entrerà in vigore "presto presto" entro metà 2012 (ne ho parlato qui). Altri 23,48 miliardi li abbiamo appena promessi al Fondo Monetario Internazionale.
E a cosa servirebbe questa spropositata quantità di denaro? Ma a salvarci, parbleu! Non sono sicuro di avere capito bene: ricapitoliamo. Chiediamo ai nostri pensionati di rinunciare a comprare il latte tutti i giorni per mettere insieme 20 miliardi, ma ne troviamo 150 da dare agli altri come forma di assicurazione contro il nostro fallimento? Sarebbe come comprare una macchina a 20mila euro e poi pagare l'assicurazione 150mila. Chiunque capirebbe che è meglio non fare nessuna assicurazione, tanto anche se ti rubassero la macchina fino a 7 volte di fila, potresti ricomprartela nuova ogni volta e restare ancora con tanti soldi in tasca. L'Inghilterra mica è scema: dopo essersi chiamata fuori dai nuovi trattati, si è chiamata ancor più fuori dalla rapina del FMI. Tralasciando Estonia, Irlanda, Portogallo e Grecia che non daranno un centesimo (loro non pagano per essere salvati) l'Italia rappresenta il terzo contribuente assoluto. Chissà cosa ne avrebbe pensato Dominique Strauss-Kahn, se non lo avessero incastrato.
Pretendiamo che qualcuno venga a spiegarci questi conti, fornendo dati chiari e inequivocabili circa il saldo netto tra i vantaggi economici derivanti dalla permanenza nella moneta unica e gli svantaggi evidenti che capirebbe anche mio figlio di sei anni.
Ultima cosa: ovviamente il conferimento di 23,48 miliardi al FMI è stato deciso da una riunione telefonica dei ministri dell'economia dell'Eurogruppo, così come i 125 miliardi del MES verranno stanziati dai 17 suoi governatori, cioè i 17 ministri dell'economia dei paesi aderenti al trattato. Ovvero, per l'Italia, sempre e solo lui: Mario Monti. Che telefona ai suoi amici, quelli del club, e conferisce. Coi soldi nostri.
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