Fonte: Quel “buco” che inghiotte popoli e stati
Adriano Scianca
Ancora tu? Ma non dovevamo non vederci più? Devono aver pensato questo, gli italiani, di fronte al riemergere del problema dei problemi: il debito pubblico. Una cosetta, per capirci, da 1890,6 miliardi di euro. Che certo non nasce ieri. E mentre il governo cerca di districarsi fra i veti (interni ed esterni all’esecutivo) proprio per arginare la voragine, noi cerchiamo di guardare un po’ più a fondo dentro questo buco nero che ormai da anni sembra perseguitare governi e, soprattutto, cittadini.
Che cosa è?
La definizione ufficiale del debito pubblico data dal Consiglio europeo è la seguente: «Per debito pubblico si intende il valore nominale totale di tutte le passività del settore amministrazioni pubbliche in essere alla fine dell’anno, ad eccezione di quelle passività cui corrispondono attività finanziarie detenute dal settore amministrazioni pubbliche». Più genericamente, l’Enciclopedia Treccani spiega trattarsi dell’«importo complessivo dei prestiti che lo Stato, le aziende statali autonome, le regioni, le province, i comuni, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, le imprese e gli enti speciali appartenenti allo Stato contraggono periodicamente a fronte del deficit di bilancio [...]. La copertura del d.p. viene di solito realizzata con l’emissione di titoli di Stato (Bot, Cct ecc.) o con l’aumento delle imposte correnti». Per farla breve e parlare (è proprio il caso di dirlo) “in soldoni”: si ha debito pubblico quando le spese dello Stato sono maggiori delle sue entrate. Elementare. O forse no.
Quando si è formato...
Facciamo un po’ di storia. In Italia il rapporto percentuale tra il debito e il Prodotto interno lordo era di circa il 30% negli anni ’50 e ’60. Negli anni ’70 veleggiava tra il 44 e il 55%, con punte del 65. In quell’epoca, il resto dell’Europa stava più o meno come noi. Il problema è che i nostri cugini d’oltralpe rimarranno su quei valori per tutto il ventennio successivo. Da noi, invece, accadrà qualcosa. Di strano e di pericoloso. Gli anni ’80, infatti, vedono il nostro deficit ampliarsi a dismisura: a metà del decennio (in piena era Craxi), il rapporto debito/Pil supera l’80%, nel 1990 siamo già al 94,7%. Ma la corsa non si ferma, toccando l’apice nel 1994, con un preoccupante 121,8%. Da lì in poi saranno alti e bassi, sempre su valori folli, sia pur con lievi diminuzioni tra il ’95 e il 2005 (sia con i governi di sinistra che con quelli di destra) per poi tornare a risalire.
...e come
Stabilire le responsabilità della creazione di questo abisso senza fondo sarebbe ovviamente difficile. Quando si parla di grandi meccanismi e lunghi periodi, del resto, è probabile che il colpevole non sia una persona ma, piuttosto, un sistema, una tendenza, una mentalità. Sicuramente determinati da una serie di concause. Gli analisti, comunque, si dividono. C’è chi attribuisce le responsabilità all’espansione del welfare successiva ai grandi mutamenti sociali degli anni ’70. Chi alla classe dirigente socialista dell’epoca craxiana, cui viene rimproverata una cera mancanza di oculatezza finanziaria. Qualcun altro va più indietro, precisamente al ferragosto del ’71, quando gli americani (Nixon, per la precisione) posero fine al regime dei cambi fìssi instaurato dagli accordi di Bretton Woods. Il precedente sistema basato sulla convertibilità aurea del dollaro, infatti, aveva retto fino all’invasione dei mercati internazionali da parte dei petrodollari. La svolta di Nixon decretò la nascita della finanziarizzazione senza controlli, con denaro nato letteralmente dal nulla e senza corrispettivi reali.
Per colpa di chi?
D’accordo: macrosistemi, tendenze di lungo periodo, grandi mutamenti finanziari. Ma c’è qualche nome e cognome da fare per individuare i veri responsabili dell’aumento incontrollato del debito? Un nome è stato fatto ed è indubbiamente il più comodo da pronunciare per tanti: quello di Bettino Craxi. Eppure, per quanto il leader socialista possa avere le sue colpe, dovremmo forse guardarci attorno, fra i politici ancora in circolazione. Magari tra coloro che certi “ambienti finanziari” vorrebbero alla guida di improvvisati governi “tecnici” in possesso di tutte le ricette giuste (giuste per chi?). Già a inizio anno, precisamente il 4 gennaio, Franco Bechis faceva su Libero i nomi e i cognomi di coloro che, numeri alla mano, hanno maggiormente contribuito ad allargare il buco. Il primo classificato risultava essere Carlo Azeglio Ciampi. Durante il suo governo tecnico (1993/94) il debito aumentò di 117 miliardi e 568 milioni di euro (174 miliardi di euro a valore attuale). C’è chi fece peggio, in realtà: Amintore Fanfani, nel 1987, fece aumentare il debito pubblico di 13,692 miliardi di euro mensili (a valore attuale). Giuliano Amato, invece, nel 1992/93 allargò il buco di 13 miliardi e 543 milioni di euro ogni mese, sempre a valore attuale. E tuttavia, proseguiva Bechis, «visto che sia Fanfani che Amato nella storia repubblicana hanno guidato anche altri governi con migliori performance, fatta la media fra i vari esecutivi il primato in classifica come migliore scaricatore assoluto di debito pubblico sulle spalle degli italiani spetta proprio a Ciampi. Fanfani conquista comunque la medaglia d’argento con 11,448 miliardi di debito in più al mese durante tutti i suoi governi. E quella di bronzo spetta a Craxi, che con 10,8 miliardi di debito mensile regalato agli italiani supera di una spanna Spadolini e Forlani».
Monsieur le créditeur
C’è poi un altro aspetto interessante (e un po’ inquietante) nella vicenda del debito pubblico. Ricordate quando, a luglio, il governo di Pechino si rivolse a un Obama nei guai con il debito Usa con lo stesso tono in genere usato da Washington con gli stati vassalli? «Speriamo che il governo degli Stati Uniti adotti politiche e misure responsabili che garantiscano gli interessi degli investitori», dicevano i cinesi. E avevano le loro ragioni, dato che quei fantomatici investitori sono soprattutto loro. I cinesi, infatti, posseggono quasi il 10% dell’intero debito Usa. Ecco, in Italia succede una cosa simile, solo con la Francia. Il New York Times, nel maggio del 2010, spiegava che Parigi detiene 511 miliardi del nostro debito, pari al 30% del debito stesso e al 20% del Pil transalpino. Hai capito i francesi. Gli stessi che hanno messo le mani sulla Libia che un tempo era il nostro “cortile di casa”. Gli stessi che danno le scalate ai nostri colossi industriali. Stai a vedere che, come al solito, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca...
Pagare o non pagare?
In tutto questo, come avrebbe detto Lenin: che fare? Nel breve periodo e nella contingenza drammatica che stiamo vivendo, ovviamente, si mira a tamponare, a tagliare, a risparmiare, a recuperare. Qualche analista, e in modo trasversale alle categorie di destra e sinistra, comincia tuttavia a mettere in discussione l’intera impalcatura che regge quella che è denominata “la truffa del debito”. Il giovane esperto di geopolitica Daniele Scalea, ad esempio, dichiara di non «negare l’opportunità di ridurre la spesa pubblica» ma contesta «che, lungi dal puntare agli sprechi, si opti per tagli salomonici, e che le ristrettezze di bilancio siano dettate e commisurate agl’interessi da pagare ai rentier. Il rischio è che, se tra qualche decennio l’Italia avrà interamente pagato il suo debito, l’avrà però fatto a costo dell’immobilismo e della stagnazione, ritrovandosi così retrocessa nel “secondo mondo”, o addirittura più indietro». Un ragionamento analogo lo ha espresso Salvatore Cannavò, per il quale «si può certo puntare il dito contro il debito pubblico italiano, il terzo debito del mondo, ma senza dimenticare due dati. Quel debito c’era anche un mese fa, un anno fa, tre anni fa e non ha prodotto nessun attacco speculativo, nessuna crisi emergenziale. Secondo, quel debito è la misura non solo della dissennatezza della politica italiana degli ultimi trent’anni ma anche di una gigantesca redistribuzione del reddito dai salari, stipendi e pensioni ai profitti delle grandi banche e della società finanziarie internazionali che detengono gran parte del debito italiano». E allora sorge una tentazione: non pagare. O pagare solo in parte. Rinegoziare il debito. Come fece l’Ecuador nel 2007 o l’Argentina nel 2005. Pazzie? Teorie visionarie? Be’, se i lucidi, razionali e ortodossi analisti economici ci hanno portato sin qui, forse vale la pena di tentare la carta della follia
domenica 4 settembre 2011
La tirannide democratica: qualche ragionamento sull'attualità in LIbia
Alberto B. Mariantoni
Fonte : http://www.socialismonazionale.it/
Il pesante e sproporzionato intervento armato della NATO contro la Libia (una delle tante guerre per la “pace”…) che, da più di 6 mesi, sta mettendo a ferro ed a fuoco quel Paese, distruggendo la quasi totalità delle sue infrastrutture e martirizzando gran parte della sua popolazione, non ha niente a che fare o a che vedere con i termini della “Risoluzione 1973” del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (No Fly Zone, per la difesa dei civili disarmati) del 17 Marzo 2011.
Questo, ormai, lo sanno anche i bambini delle scuole elementari. I quali, oltretutto, sono ugualmente a conoscenza dei reali motivi che sono all’origine di quel conflitto. Vale a dire, l’immenso e lucroso business mancato della Francia di Sarkozy con la Grande Giamahiriya Araba, Libica, Popolare e Socialista del Colonnello Muammar Gheddafi. Un “affaruccio” che – secondo la maggior parte degli esperti – prevedeva la vendita al “negro” di turno, da parte di Parigi, di diverse centrali atomiche civili (destinate a fornire energia elettrica, per alimentare impianti per la desalinizzazione dell’acqua), di 14 caccia Rafale della Dassault Aviation (che la Francia, oltre alle sue FF.AA. non è riuscita, fino ad ora, a vendere a nessun altro Paese!), di 35 elicotteri da combattimento (Eurocopter EC725 Caracal) e di ben 21 aerei di linea Airbus (quattro A-350, quattro A-330 e sette A-320, per la Lybian Airlines, e sei A-350 per l’Afriqiyah Airlines), per diverse decine di miliardi di euro.
E siccome il Colonnello di Tripoli, dopo la firma degli accordi preliminari di Parigi (2007), non aveva voluto, per le ragioni che sono sue, ratificare quei contratti, ecco che il medesimo Colonnello – che all’inizio degli anni 2000 era addirittura ridiventato frequentabile (vedere per credere: http://multimedia.lastampa.it/multimedia/nel-mondo/lstp/74497/) – ha incominciato ad essere additato al mondo come il mostro sanguinario che bisognava abbattere ad ogni costo e con tutti i mezzi.
Frankgangsters in azione
Il resto è storia conosciuta. La Francia, infatti – in stretta combutta con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti (tre Paesi, ormai, da qualche anno, sull’orlo del collasso economico e finanziario), nonché il sostegno logistico e militare del ricco e rinnegato Qatar e del suo diffusissimo e bugiardissimo canale televisivo satellitare Al-Jazeera – non faticherà affatto a convincere i responsabili degli Stati bancarottieri dell’Occidente ad organizzare la rapina del secolo, a discapito della Libia: 83 miliardi di dollari sequestrati negli USA; 52 miliardi di sterline, in Gran Bretagna; 20 miliardi di euro, in Francia; senza contare il “congelamento” preventivo degli Asset finanziari posseduti dalla Libyan Investment Authority (LIA), dalla Central Bank of Libya (CBL) e dalla Libyan Foreign Bank (LFB) – ad esempio, presso Banca UBAE SpA di Roma, la Société Générale di Parigi, e la Aresbank SA di Madrid, nonché la ABC (Arab Banking Corp.) International Bank, la British HSBC e la British Arab Commercial Bank Ltd di Londra – né quello delle quote libiche detenute presso Nokia, EDF-GDF, Lagardere, Nestlé e Danone, Sanofi-Aventi Lab., UniCredit, ENI, Finmeccanica, Ansaldo, Impregilo, Assicurazioni Generali, Telecom, la Juventus, etc.
L’ultimo ambito bottino affannosamente ricercato dagli Atlantici in pieno fallimento (default) – oltre agli immensi giacimenti di gas e di petrolio di cui sperano di potere, al più presto, far man bassa in Libia, nel dopo Gheddafi – essendo le 144 tonnellate di lingotti d’oro possedute dalla Banca centrale libica e che sono tuttora custodite e salvaguardate dalle ultime forze militari della Giamahiriya.
Altro che “diritti dell’uomo” o gli aneliti di “libertà” e “democrazia”, del popolo libico!
Capite, ora, il perché dell’urgenza con la quale la Francia, già dal Febbraio del 2011, incominciò immediatamente a sbracciarsi per riunire, in quattro e quattrotto, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e con la scusa dei “massacri indiscriminati” (mai verificati!), delle “fosse comuni” (come quelle, mai esistite, di Timişoara!) e dei presunti e mai avvenuti “10.000 morti civili” in Libia, falsamente raccontati da Al-Jazeera (e ripresi a mo’ di “pappagallo” dall’insieme dei Media dell’Occidente), fece votare le Risoluzioni 1970 e 1973 dell’ONU contro la Giamahiriya, e – il 19 Marzo 2011 – si precipitò, assieme alle Forze aeree dei suoi accoliti britannici e statunitensi, a bombardare l’esercito libico? Il tutto, ovviamente, senza tener conto delle decine e decine di terroristi e di delinquenti comuni arruolati, addestrati ed armati ad hoc dalle Forze NATO, con il beneplacito dell’onusiano zimbello-ridens Ban Ki-moon e l’appoggio incondizionato, al suolo (in violazione delle suddette Risoluzioni!), da almeno quattro mesi, delle Forze speciali del Qatar, delle SAS (Special Air Service) britanniche e della BFST (Brigade des Forces Spéciales Terre) francese, nella speranza di poter detronizzare Gheddafi. E con un “Governo” di burrattini, dal “guinzaglio corto”, tirato fuori dal cappello di un mago e già pronto all’uso, i cui principali responsabili nulla sembrano riuscire a potere invidiare ai classici e proverbiali pendagli da forca di qualsiasi film western americano.
Gli uomini “nuovi” della Libia
Tanto per citarne qualcuno: Mustafa Muhammad Abdel Jalil, il mediatico, “democratico” e “mite” Presidente dell’attuale Consiglio Nazionale di Transizione (CNT), quello che Bernard-Henri Lévy ha recentemente qualificato di “De Gaulle libico” (sic!), è quel “galantuomo” che per ben due volte (nel 1999 e nel 2007) – in qualità di Presidente della Corte d’Appello di Tripoli e prima di diventare Ministro della Giustizia di Gheddafi – ebbe a firmare le condanne a morte nei confronti del medico palestinese Ashraf Ahmed El-Hajouj e delle infermiere bulgare Kristiyana Vulcheva, Valentina Siropulo, Nasya Nenova, Zdravko Georgiev, Valya Chervenyashka, Snezhana Dimitrova, tutti iniquamente accusati di aver volontariamente contaminato con il virus HIV (Human Immunodeficiency Virus) o AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome) più di 400 bambini libici; Mahmoud Djebril o Jibril, il Presidente del Consiglio esecutivo del CNT o Primo Ministro, è un personaggio che – a dire dei suoi ex colleghi di corso negli USA – avrebbe costantemente figurato sul libro paga della CIA, sin dall’epoca in cui frequentava l’Università di Pittsburgh, per ottenere un Master (1980) e un Dottorato (1985) in Scienze politiche; Abdelhakim Belhadj, l’attuale comandante in capo delle Forze militari ribelli della Tripolitania – che secondo i giornalisti Webster Griffin Tarpley (USA) e Pepe Escobar (Brasile) si farebbe chiamare, per l’occasione, Abdel-Hakim-Hasadak o Hassadi o Abu Abdallah Assadaq – è uno degli uomini di punta di Al-Qaeda, il tristemente noto “Emiro del terrore” di Derna e già detenuto a Guantanamo, colui che assieme a Salim Hamdan (l’ex autista di Osama bin Laden) e Mohamed Barani aveva formato, nel 2000, il Gruppo Islamico libico e convogliato decine e decine di mujaheddin libici in Afghanistan ed in Iraq.
Occidente: la vergogna del mondo!
Inutile sottolinearlo. Quanto sta avvenendo in Libia ed il banditesco comportamento dell’Occidente nei confronti di quel Paese – al di là di quanto mi sono già permesso di analizzare o di commentare in altre recenti occasioni: http://www.abmariantoni.altervista.org/vicinooriente/Crisi_libica_o_attacco_a_Italia_1.pdf – http://www.abmariantoni.altervista.org/vicinooriente/Libia_Evviva_i_buoni1.pdf – lasciano un profondo e stomachevole “gusto amaro” alla bocca. Principalmente, in coloro che ancora posseggono un minimo di senso della Societas, della Nazione e dello Stato, ed ugualmente dell’Onore, dell’Imparzialità e della Giustizia, senza contare un’ordinaria, spassionata, umana e virile concezione della Vita e della Storia.
Quella spiacevole ed insopportabile sensazione di vomitevole e diffuso disgusto ha quotidianamente tendenza a scaturire dall’incessante sentimento di frustrazione e d’impotenza che si risente di fronte alle informazioni ufficiali che – su quella guerra, sin dal primo giorno – sono state studiatamente ed ingannevolmente fornite all’opinione pubblica dai Media embedded dei nostri Paesi e dagli uomini politici mainstream delle nostre Istituzioni. Quegli stessi uomini che, da un lato, ci governano sfrontatamente per conto terzi e, dall’altro, continuano costantemente a fuorviare i nostri intendimenti, non soltanto dai banchi della cosiddetta maggioranza, ma finanche da quelli della così chiamata opposizione.
Pensiamo, per averne un’idea, a quell’inutile e complessato Frattini che nell’Agosto del 2008 faceva letteralmente a gomitate con gli altri Ministri del Governo Berlusconi per farsi fotografare più vicino al Leader libico in visita a Roma, mentre oggi, essendo mutati i “venti”, non esita affatto, per tentare di continuare a mettere in mostra il compendio della sua risaputa inanità, ad alzare la voce ed a giocare le “prime donne”, vomitando a più non posso gratuiti giudizi ed avventate e puerili sentenze all’indirizzo del medesimo personaggio!
Che volete. La frustrazione ed il senso di impotenza sono in maggior misura risentiti da coloro che, come me – pur conoscendo a menadito l’origine culturale del copione propagandistico e comportamentale che, oggi, gli Atlantici continuano pubblicamente a riservare alla Libia del Colonnello Gheddafi – sanno di non potere fare concretamente nulla (se non scrivere qualche modesto articolo sul web), sia per arrestare e smascherare gli sfacciati, arroganti ed impuniti (per ora…) utilizzatori e propagatori di quella “tecnica” che per ovviare e porre un qualsiasi rimedio al triste ed impacciante handicap societario che è inalterabilmente alimentato dalla continua e costante “memoria corta” dell’uomo della strada.
Sempre lo stesso “copione”
Intendiamoci: molti cittadini dei nostri Paesi non ne sono al corrente; altri fanno finta di non saperlo o, magari, di non accorgersene; altri ancora, lo negano a priori, ma quel “copione” – lungamente e meticolosamente inculcato a buona parte delle popolazioni europee dall’ideologia giudeo-cristiana (in particolare, quella cristiano-battista, cristiano-calvinista, cristiano-congregazionista, cristiano-evangelica, cristiano-puritana, cristiano-presbiteriana, cristiano-quacchera, cristiano-avventista, cristiano-geovista, cristiano-metodista, cristiano-millenarista, etc.) e dalla tri-secolare prassi liberal-liberista, mercantlista, imperialista e colonialista statunitense – prende direttamente ispirazione e giustificazione dal soggettivo ed arbitrario sterminio biblico degli Amalekiti (Genesi 14, 7; Esodo 17, 14; Numeri 13, 29; 14, 25, 45; 24, 20; Deuteronomio 25, 17; Giudici 5, 14; 6, 3, 33; 7, 12; 10, 12; 1 Salmi 15; 27, 8; 30; 2 Salmi 1, 1, 8; 1 Cronache 4, 43) e dei Madianiti (Numeri 10; 25; 31; Giudici 6; 7).
Il medesimo “copione”, nel corso della Storia, lo ritroviamo sistematicamente ed invariabilmente applicato – soltanto per citare alcuni esempi – ai poveri Pellerossa d’America; ai Messicani di Antonio López de Santa Anna; agli Spagnoli di Cuba e delle Filippine; ai Paesi della Triplice-Intesa nel corso della Prima guerra mondiale; al III Reich di Adolf Hitler, all’Italia di Mussolini ed al Giappone di Hiro-Hito e del generale Tojo Hideki, nel corso della Seconda; all’Argentina di Peron; all’Unione sovietica di Stalin, di Chruščëv/Krusciov, di Brèžnev, di Andropov, di Černenko e/o di Gorbačëv (prima maniera); alla Cina di Mao Tse-Tung; alla Corea di Kim Il-Sung e Kim Jong-Il; al regime cubano di Fidel e di Raoul Castro; al Movimento Mau-Mau del Kenya di Dedan Kimathi detto “Ciui”; all’Egitto di Nasser; agli indipendentisti congolesi di Patrick Lumumba; all’Algeria di Ahmed Ben-Bella; ai Palestinesi di Yasser Arafat, di Georges Habashe e/o di Ahmed Jibril; al Vietnam di Ho Chi Minh; all’Iran di Mossaddegh, di Khomeini e/o di Ahmedinejad; al Cile di Salvador Allende; al Nicaragua di Daniel Ortega; all’isola di Grenada di Bernard Coard; alla Repubblica di Panama dell’ex agente della CIA, Manuel Noriega; all’Iraq di Saddam Hussein; alla Iugoslavia o alla Serbia di Milosevic; all’Afghanistan di Babrak Karmal, di Mohammed Nadjibullah e/o dei Talebani; allo Zimbabwe di Mugabe; all’Hezbollah libanese di Mohammed Husayn Fadl-Allah e di Hassan Nasrallah; al Venezuela di Chavez; ai Palestinesi di Hamas; alla Siria di Bashār al-Asad, etc.
In altre parole, ogni volta, qualunque sia o possa essere l’avversario con cui l’Occidente è in contrasto o in disaccordo, US-Israel ed i loro striscianti e strombazzanti valvassini europei pretendono sistematicamente avere ragione per definizione. E siccome posseggono perfino la forza militare e propagandistica (spero ancora per poco…) per imporre i loro punti di vista all’opinione pubblica, come per incanto le loro false o discutibili versioni della realtà diventano, ogni volta, ufficialmente oggettive, irrefutabili ed incontestabili!
E, malauguratamente, il più delle volte, il “popolo bue” ci casca. Se le beve tutte d’un fiato, e ci crede. Permettendo indirettamente a certi delinquenti in S.p.e. di contiuare a regnare!
E’ ciò che sta accadendo, dallo scorso Marzo, in Libia. Dove gli stessi Paesi occidentali che per 42 anni hanno steso “tappeti rossi” e rimpinguato le loro casse vendendo, all’ “arabo di servizio”, tutte quelle armi e quegli equipaggiamenti logistici e militari che quest’ultimo richiedeva, cercano di farci credere – da 6 mesi a questa parte – che il medesimo “beduino della Sirte” è sempre stato un tiranno, un malvivente, un essere terrorista. In una parola (come al solito): il MALE ASSOLUTO. Qualcuno, cioè, degno, come minimo, di essere catturato e processato dal Tribunale internazionale dell’Aia, addirittura per “crimini contro l’umanità”!
Purtroppo, la gente non riesce a rendersene conto. Se riflettesse un attimo, invece, si accorgerebbe immediamente che tutte le infinite ed obbrobriose malefatte che, oggi, vengono quotidianamente attribuite al Colonnello di Tripoli, sono parte integrante, in definitiva – come abbiamo visto – di una semplice “tecnica” di guerra.
“Tecnica” che è ben spiegata e riassunta dal filosofo svizzero Eric Werner, in questo suo paragrafo: “Quando si vuole sterminare qualcuno, il miglior mezzo (per eliminarlo) è di designarlo come sterminatore. Che merita, infatti, uno sterminatore se non di essere lui stesso sterminato? E’ uno sterminatore, dunque, è da sterminarsi!” (De l’extermination, Ed. Thael, Lausanne, 1993, pp. 91- 92).
Alberto B. Mariantoni
Fonte : http://www.socialismonazionale.it/
Chiediamo la revisione dei conti della BCE
Audit Bce!
di Marco Della Luna - 02/09/2011Fonte: Marco della Luna blog
I governi italiani sono incapaci di contenere debito e deficit pubblici; l’Italia regge solo perché la BCE sta comperando i suoi titoli del debito pubblico a condizioni di favore rispetto al mercato; se e quando smette di farlo, i conti pubblici saltano.
La BCE compera quei titoli, e anche quelli di altri paesi euro deboli, in quanto la Germania permette e finanzia tale operazione; il 7 Settembre la Corte Costituzionale tedesca decide se tale finanziamento sia legittimo o debba cessare.
Il sistema bancario italiano regge perché riesce ancora a nascondere, nei bilanci, la grande mole di sofferenze non dichiarate, e a simulare poste attive inesistenti; se il bluff viene chiamato, e/o se scoppiano i btp in pancia alle banche, salta tutto per aria.
I differenziali di inflazione, di produttività, di efficienza, di crescita economica spingono sempre più forte verso la correzione del cambio Lira/Marco rispetto alla parità fissata nel sistema di cambi fissi detto Euro; come ribadito ultimamente da Roubini, la correzione è inevitabile.
Dopo che le manovre e rimanovre in corso si saranno palesate inidonee, potrebbe arrivare un governo tecnico molto politico a guida Monti o di altro esponente finanziario a portare la correzione (Euro debole, o fuori dall’Euro) svalutando del 40% circa i risparmi degli italiani e costringendoli a svendere i loro assets. Probabile anche un prelievo coatto sugli attivi di conto corrente.
Perciò è/era/sarebbe stato opportuno collocare i capitali fuori d’Italia, su conti di non residenti in Italia, in CHF e Bund, oppure coprendosi con opzioni call sul CHF a 12 mesi. Oro e argento fisici o ETF Physical sono/erano/sarebbero stati validi integratori per la differenziazione.
L’incognita è quanto credito e moneta abbia emesso e stia emettendo la BCE. Il GAO (organismo statale di revisione dei conti) mesi fa ha accertato che la Fed si è esposta per circa 13 trilioni in salvataggi di entità pubbliche e private (in primis, banche) in tutto il mondo.
Di quanto e con chi si è esposta la BCE? Quanti trilioni ha messo in giro, creando tensioni inflative e speculative, mentre impone i sacrifici sociali? E di quanto potrebbe esporsi per sostenere le banche, non solo Italiane? Non lo sapremo mai, se non verrà eseguito un audit serio e indipendente sulla BCE. Audit che consiglio di esigere agli enti pubblici vittime dei tagli, ai sindacati, a partiti che vogliano servire interessi diversi da quelli della grande finanza predatrice. Per quello va fatto lo sciopero generale.