Dire addio all’euro, la tentazione dei finlandesi alle urne
I finlandesi vanno alle urne per le presidenziali e potrebbero mandare al ballottaggio un candidato anti euro, rendendo così le loro elezioni un referendum sulla moneta unica. Nei sondaggi un terzo dei cittadini ora ha un’opinione negativa dell’euro. Helsinki ha tenuto la tripla A e la sua posizione è determinante anche per il fondo salvastati. Così, proprio quando potrebbe iniziare a contare davvero di più a Bruxelles, la tentazione della Finlandia di mandare a quel paese i greci e tutti noi si fa sempre più forte. Ma qualsiasi cosa decideranno, questo è uno dei paesi col miglior sistema educativo al mondo e dove il 79% degli abitanti usa internet. Insomma non sarà becero populismo.
I finlandesi che domani potrebbero mandare al ballotaggio per le presidenziali un candidato anti euro, Paavo Matti Väyrynen, da opporre al più filo Bruxelles ex ministro delle finanze Sauli Niinistö, celebre nel Paese anche per essere sopravvissuto allo tsuanami del 2004, sono molto stanchi di dare soldi ai greci e più in generale ai Paesi periferici. Lo stesso ministro degli esteri finlandese Erkki Tuomioja ha bollato come "inutile e dannoso" l’accordo sull'unione fiscale europea, suscitando paure di una futura opposizione. Così la situazione generale trasforma il voto di queste cinque milioni e mezzo di persone in un referendum sulla moneta unica e il futuro della Ue. Niinistö potrebbe vincere anche al primo turno o andare al secondo con altri rivali, mentre i candidati che vogliono lasciare l’euro, (perché assieme a Väyrynen dei centristi c'è anche Timo Soini dei populisti «True Finns») dovrebbero portare a casa circa un quarto dei voti.
Negli ultimi tempi i segnali finlandesi non sono stati troppo negativi per la moneta unica. Helsinki ha poi spiegato che quella di Tuomioja non è la posizione ufficiale del governo e pochi giorni fa è trapelata la notizia che eurozona e la Finlandia sono vicini a un accordo sul nuovo sistema di voto per il nuovo fondo salvastati Esm. I leader della zona euro hanno concordato infatti il mese scorso che l'Esm prenderà decisioni urgenti sui prestiti ai paesi in difficoltà con una maggioranza dell'85% dei voti, invece che all'unanimità come concordato inizialmente. Ed Helsinki è l'unica capitale che non potrebbe cambiare, perché questa modifica allo schema dell'Esm richiederebbe il sostegno dei due terzi del Parlamento finlandese, una maggioranza che il governo non ha. Un'intesa eliminerebbe così uno degli ultimi ostacoli per il varo del programma il luglio prossimo e, senza il consenso della Finlandia, per il fondo di salvataggio permanente sono guai. Fra l'altro la Finlandia è una delle poche nazioni sopravissute alla forbice di S&P e la sua tripla A è necessaria perché il fondo possa prendere a prestito denari a tassi più vantaggiosi. Come ha spiegato al Financial Times il ministrio dell'economia Jyri Jukka Häkämies il Paese è ora in «una posizione più forte per prendere un ruolo di rilievo in Europa». Ed ecco il paradosso: proprio quando i finlandesi potrebbero iniziare a contare davvero di più a Bruxelles, la tentazione di mandare a quel paese i greci e tutti noi si fa sempre più forte.
Gli osservatori raccontano però che la retorica anti euro dei candidati ha fatto in queste ultime elezioni un grande balzo in avanti, preludio di altre retoriche che sentiremo sempre più anche da noi. Nei sondaggi risulta che ora un terzo dei finlandesi ha un'opinione negativa di Ue ed euro (alla fine del 2009 era un quarto). Per un economia passata da agricola ad industriale come facemmo noi nel dopoguerra, ma anche da industriale ai servizi, come fece il Regno Unito con la Thatcher, e la cui dipendenza dal commercio estero è forte, questa voglia di mandare in pensione la moneta unica pone prima di tutto delle sfide interne visto che anche per loro le previsioni per il 2012 sono fosche con l'Ocse che teme che i consumi interni non riusciranno a continuare a compensare la caduta nell'export. La crisi del 2009 ha avuto per il Paese un impatto quasi pari solo alla caduta dell'Urss con cui confina e con la quale, per l'esigenze del buon commercio, aveva sempre evitato di usare toni critici («finlandizzare» un discorso negli anni '70, quando il presidente finlandese era Urho Kekkonen, durato ben 25 anni, voleva dire evitare di usare toni critici coi comunisti russi).
Insomma da questo primo turno delle elezioni finlandesi (il secondo sarà il 5 febbraio) possono dipendere umori ed effetti a catena che per la sopravvivenza della moneta unica e chissà che il termine "finlandizzare" non siginificherà in futuro "criticare così tanto la moneta unica da affossarla”.
Ma teniamo conto che questo non è un paese da populismo ignorante e zoticone. Qui il 79% degli abitanti usa Internet, la sua stampa è considerata da Freedom House una delle più libere e migliori al mondo, e il suo sistema educativo è per l'Ocse uno dei migliori in assoluto con i risultati dei test Pisa fra i più alti. Certo, siamo in una cultura nordica, dove lo spazio è solo quello dell'interno, dove non si dà esterno, dove una cultura della piazza alla Rabelais è impossibile, dove quindi l'alcol è spesso l'unico modo per uscire, dove il 15% dei ragazzi fra i 15 i 19 senza lavoro o studio si suicida, dove non per caso lì a fianco, in Norvegia, Ibsen ha portato il dramma borghese a nuove vette, ma qualsiasi cosa decideranno sarà il frutto di uno dei sistemi sociali che meglio rende il cittadino capace di decidere. Che poi saremo d'accordo con loro, questa è un'altra storia.