ILLICEITÀ DELLE TASSE
http://pas-fermiamolebanche.blogspot.com/2012/01/illiceita-delle-tasse.html
DOC. n. 190 del 23.1.2012
Sono degli incolpevoli disinformati, o dei delinquenti, gli assertori della bellezza o della necessità delle tasse. Le tasse sono infatti illecite, configurano una serie di gravissimi crimini, sono la rovina della società, e vanno abolite! Al limite si può dire che vanno pagate finché non viene rimosso l’altro crimine che causa perora la loro necessità: il signoraggio bancario. Un crimine, il signoraggio, che questi 20.000/30.000 figuri che, attraverso i media, rappresentano in Italia il regime cercano in tutti i modi di occultare perché hanno terrore del momento – imminente – in cui la collettività scoprirà il gioco. Un crimine che magistratura, politica e media si sforzano di promuovere, nonostante sappiano che non potranno negare di esserne stati al corrente, perché ricevono da anni i miei volantini informativi. Così come non potranno dire gli siano sfuggiti i video in cui Sara Tommasi nuda o Rossy de Palma o Ruby spiegano cosa sia. Gente che sa che le tasse sono un’invenzione del sistema bancario, ma finge di ignorarlo per conservatorismo. Un conservatorismo divenuto oggi una disdicevole e ottusa forma di perseveranza nell’aggrapparsi a un regime, non solo depravato, ma al tracollo. È cioè ormai noto che le banche centrali sono private e per lo più di proprietà delle banche di credito che dovrebbero controllare; e che stampano, da proprietarie, i soldi al costo della carta e dell’inchiostro e poi li ‘vendono’ (è più un sconto, ma in realtà è una mera frode) agli Stati, che glieli pagano con i buoni del tesoro, creando così dal nulla il debito pubblico. Un crimine di straordinaria gravità, visto che non c’è motivo perché gli Stati non stampino da sé i soldi.
Stampa dei soldi da parte degli Stati che non provocherebbe svalutazione perché lo Stato i soldi non te li regala, ma te lidà solo in cambio di beni, ope-re, diritti eccetera, cioè contro-prestazioni con cui chi li rice-ve li ‘copre’, ovvero li ‘invera’, perché ho definito questo fenomeno ‘inveramento’. Con il risultato che non si ha svalutazione perché cresce parallelamente sia il quantitativo di denaro che la ricchezza reale. Inveramento che non c’è quando a produrre i soldi è un falsario (è un falsario chiunque crei i soldi e non sia lo Stato, e quindi anche le banche centrali e non, come la BCE, FED, Unicredit ecc.), perché il falsario i soldi li attribuisce a sé senza prima inverarli/coprirli, facendo così aumentare la quantità di denaro in assenza di alcun aumento della ricchezza reale. Ricchezza reale di cui poi, mettendo in circolazione i soldi mediante lo spenderli, comprerà per di più una percentuale, producendo, oltre alla svalutazione, anche la diminuzione della quota di ricchezza reale dei cittadini.
Un quadro (criminale) nel quale le tasse servono a rastrellare soldi inverati per ‘comprare’ assurdamente i soldi da inverare dalle banche centrali. Tasse che servono però anche a reprimere la società mediante la recriminazione di alcuni come evasori, altri come riciclatori ecc. Tasse che dunque vanno abolite previa nazionalizzazione – attraverso confisca penale – delle banche sia centrali che di credito, perché anche le banche di credito producono, da falsarie, denaro elettronico mediante il ‘moltiplicatore monetario’ (signoraggio secondario: approfondisci dal www.marra.it). È ovvio insomma che nel momento in cui lo Stato non dovrà più ‘comprare’ il denaro presso le banche centrali, o assistere al fatto che le banche commerciali lo creino mediante il moltiplicatore, ma potrà invece Esso stesso crearlo, non avrà più bisogno di tasse. Salvo invero un’unica imposta (potremmo definirla la ‘generale’) da pagarsi – senza compensazioni tra dare e avere – sui consumi di beni o servizi. Un’imposta variabile (tipo 2% sui beni di prima necessità e 20% sui beni di lusso) formulata per porre a carico del fruitore lo sforzo sociale che ogni transazione richiede.
Campagne scellerate quindi, quelle pro-tasse della politica, la quale, incolta com’è, si è fatta inculcare dalle banche e ha inculcato al grosso dell’elettorato l’idea che senza le tasse dei ricchi perderebbe la sua fonte di sostentamento. Banche che, peraltro, evadono da sole tasse per importi multipli di tutte le tasse sia pagate che evase dal resto dell’intera società. Un equivoco culturale a causa del quale i partiti, per difendere le tasse, difendono poi anche le banche, da cui capiscono che le tasse dipendono. Cose che spiegano il singolare legame tra entità come il PD, Napolitano, Bersani, il bilder-beghino Monti e le banche che, attraverso il Bilderberg, lo hanno eletto. Cosa bisogna fare? Nulla! Stanno facendo tutto loro, specie Monti e le banche sue mandanti.
Monti che non è sobrio ma delirante di supponenza frustrata, così come lo stesso potere bancario che, anche a volerne condividere gli illeciti intenti fiscali, sta risolvendo il problema dell’evasione mediante la distruzione dei redditi. Redditi in ogni caso destinati a scomparire perché ribadisco che la ragione della crisi, oltreche nella concorrenza straniera e non, è nell’eccesso e nell’inutilità dei beni prodotti, per cui non si riesce più a vendere, e se si vende non si guadagna. Problemi risolvibili solo nazionalizzando le banche e finanziando quindi, con i soldi che allora lo Stato potrà creare liberamente, una radicale riconversione lanciando opere utili come la ristrutturazione e la bonifica dell’intero mondo, aria e acque comprese, a partire dalle città, la riconversione energetica ecc., garantendo così per decenni tutto il lavo-ro che si vuole sia ai lavoratori che agli imprenditori. Cambiamenti che, non so se anche nelle carte di altri, ma nelle mie sono descritti dal 1985. Cambiamenti per giungere aiquali non bisogna far nulla perché – ad averli decisi sarebbero stati dei meravigliosi eventi – ma ora, con la fine dell’illusione Monti, accadranno comunque e, peraltro, dovendoli subire, saranno dolorosi. Un cambiamento che, come sempre da 2.000 anni, inizierà dall’Italia, paese fondatore delle vere culture, e verrà poi esportato nel mondo. Nuova cultura che da 27 anni, ho la pretesa di aver formulato nei miei libri, dal primo, La storia di Giovanni e Margherita, fino all’ultimo, Il labirinto femminile.
Alfonso Luigi Marra
lunedì 23 gennaio 2012
La guerra dei bottoni
La guerra dei bottoni
di Beppe Grillo - 22/01/2012Fonte: Il Blog di Beppe Grillo
Il valore di un titolo pubblico per i creditori è considerato intangibile. Se lo Stato che ha contratto il debito non paga, allora va all'inferno, finisce in default. Il valore di un BOT, in principio, non è però diverso da quello di qualsiasi azione di un'azienda quotata in Borsa. Chi acquista un titolo di Fiat o di ENI sa che può guadagnare o perdere. Non chiede l'intervento del FMI o della BCE. Fa parte del gioco. L'economia di uno Stato si fonda su molte variabili, un PIL che può crescere o diminuire, un disavanzo, o un avanzo, di bilancio, e fattori imponderabili, come disastri naturali o guerre, che lo possono mettere in ginocchio. Chi compra un'azione si assume un rischio, lo stesso dovrebbe valere per chi acquista un BOT. Se Formigoni, per fare un esempio, ha acquistato milioni di euro di titoli greci che oggi valgono il 60% in meno, la responsabilità è sua, non dei greci (ma perchè la Regione Lombardia investe in titoli? La Corte dei Conti sa rispondere?).
Chi compra il debito pubblico si assume il rischio della sua svalutazione. Con questa regola il rischio ricadrebbe in prevalenza sugli acquirenti, in particolare sulle banche che hanno in pancia centinaia di miliardi di euro di debito, a cui cinicamente si potrebbe dire "Nessuno vi ha costretto" o, metaforicamente, "Sono c...i vostri". Questo approccio ridurrebbe l'uso del debito per tenere in piedi le economie malate degli Stati. Le aste pubbliche andrebbero semideserte. E sarebbe un bene per un pianeta che farnetica di una "crescita" senza limiti sostenuta da un debito senza fine. Nel 2012 sono in scadenza nel mondo almeno 11.000 miliardi di titoli pubblici. Chi li comprerà?
Una moglie, stanca di vedere il marito rigirarsi nel letto per un debito con il vicino, apre la finestra e grida "Giovanni, i soldi mio marito non li ha e non li avrà mai!". E quindi al coniuge "Ecco, ora il problema lo ha lui". Nel romanzo francese la "Guerra dei bottoni", due bande di ragazzi si rubano i bottonicome trofeo di guerra. Chi possiede più bottoni è il vincitore. La battaglia finale è vinta dai ragazzi che decidono di combattere nudi. Un debito si può cancellare o ristrutturare, la responsabilità è anche del compratore. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure, Ci vediamo in Parlamento se non fanno una legge elettorale per impedirlo.
Chi compra il debito pubblico si assume il rischio della sua svalutazione. Con questa regola il rischio ricadrebbe in prevalenza sugli acquirenti, in particolare sulle banche che hanno in pancia centinaia di miliardi di euro di debito, a cui cinicamente si potrebbe dire "Nessuno vi ha costretto" o, metaforicamente, "Sono c...i vostri". Questo approccio ridurrebbe l'uso del debito per tenere in piedi le economie malate degli Stati. Le aste pubbliche andrebbero semideserte. E sarebbe un bene per un pianeta che farnetica di una "crescita" senza limiti sostenuta da un debito senza fine. Nel 2012 sono in scadenza nel mondo almeno 11.000 miliardi di titoli pubblici. Chi li comprerà?
Una moglie, stanca di vedere il marito rigirarsi nel letto per un debito con il vicino, apre la finestra e grida "Giovanni, i soldi mio marito non li ha e non li avrà mai!". E quindi al coniuge "Ecco, ora il problema lo ha lui". Nel romanzo francese la "Guerra dei bottoni", due bande di ragazzi si rubano i bottonicome trofeo di guerra. Chi possiede più bottoni è il vincitore. La battaglia finale è vinta dai ragazzi che decidono di combattere nudi. Un debito si può cancellare o ristrutturare, la responsabilità è anche del compratore. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure, Ci vediamo in Parlamento se non fanno una legge elettorale per impedirlo.