mercoledì 26 giugno 2013

I comuni possono stampare moneta propria



I comuni possono stampare moneta propria per legge

I comuni possono stampare moneta propria per legge

26.giu 2013
- di Gianluca Monaco - 

“Al Comune spettano tutte le funzioni che riguardano la popolazione ed il territorio, in particolare è il Comune stesso che deve farsi carico delle esigenze nascenti in determinati settori specificamente delineati dal dettato normativo. “
A conferma di quanto sopra infatti, l’articolo 112 del T.U.E.L. enuncia che: “Gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.
Queste ampie funzioni che come abbiamo visto vengono in diversi modi attribuite all’ente comunale, comportano uno serie di problematiche:
a) in primo luogo sono frequenti le controversie circa la definizione dei confini dei ruoli tra i livelli di governo in alcuni settori chiave quali, ad esempio, quello della tutela della salute, governo del territorio e dell’ambiente nonché in tema di servizi sociali.
b) In secondo luogo risulta problematico delineare il rapporto tra le nuove competenze attribuite al Comune e le effettive risorse che al Comune stesso vengono messe a disposizione.
Tutto questo in attuazione dell’art. 119 Cost. il quale prevede per i Comuni (Province, Città Metropolitane e Regioni) autonomia finanziaria di entrata e di spesa, tributi ed entrate propri, compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio nonché un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Prevede altresì il medesimo articolo che le risorse di cui sopra consentono al Comune di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
Inoltre l’art. 7 del Decreto Legislativo 112/1998 prevede la “devoluzione alle regioni e agli enti locali di una quota delle risorse erariali tale da garantire la congrua copertura […] degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti nel rispetto
dell’autonomia politica e di programmazione degli enti; in caso di delega regionale agli enti locali, la legge regionale attribuisce ai medesimi risorse finanziarie tali da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni delegate, nell’ambito delle risorse a tale scopo effettivamente trasferite dallo Stato alle Regioni”. Dal dettato dell’art. 54 T.U.E.L. emerge altresì che il Sindaco, sempre nella sua funzione di ufficiale di Governo: emana atti in materia di ordine e sicurezza pubblica, svolge funzioni in
materia di polizia giudiziaria, vigila sulla sicurezza e l’ordine pubblico, adotta Ordinanze contingibili ed urgenti in caso di pericolo per l’incolumità dei cittadini.
E’ necessario ricordare inoltre che il Sindaco opera come Ufficiale di Governo anche relativamente ad altre funzioni sulla base di norme di settore (ad es. in base alla Legge 833/78 in materia di sanità).
Proprio in merito alle funzioni svolte quale Ufficiale di Governo è utile svolgere qualche breve considerazione.
Prima di tutto occorre chiarire che il Sindaco che esercita le funzioni di Ufficiale di Governo o di autorità sanitaria non è un organo del Comune, ma dello Stato.
Tale principio viene chiaramente sostenuto dalla giurisprudenza, ultimamente si è pronunciata in proposito la Corte di cassazione.
In tema di poteri e funzioni del Sindaco la giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi più volte; punto di notevole interesse è quello relativo al potere di ordinanza del Sindaco medesimo.
Circa tale aspetto, il Consiglio di Stato ribadisce che: “… i presupposti che si richiedono per l’adozione dei provvedimenti contingibili ed urgenti, da parte della massima Autorità comunale, sono – ai sensi dell’art. 38 comma 2, l. 142/1990 – da un lato, l’impossibilità di
differire l’intervento ad altra data in relazione alla ragionevole previsione di danno incombente (donde il carattere dell’urgenza); dall’altro, l’impossibilità di provvedere con gli ordinari mezzi offerti dalla legislazione (donde la contingibilità)”.

Proprio per i punti ed i passaggi messi in evidenza ( con il grassetto ), i Sindaci possono operare con provvedimenti (ordinanze) contingibili ed urgenti in materia di sanità e sicurezza dotandosi di strumenti straordinari rispetto a quelli previsti dalla legislazione. Lo strumento monetario”diverso” da quello previsto dalla legge ( L’Euro ) può essere sostituito con uno strumento monetario alternativo e straordinario rispetto a quello “forzoso” per prevenire problemi di salute pubblica “mentale” dovuti alla
crisi monetaria ed alla angoscia sociale che sono le cause di problemi di sicurezza pubblica quali gesti estremi violenti che potrebbero coinvolgere la comunità ( drastici suicidi, esplosioni, messe a fuoco,stragi ) ed evitare l’incremento del crimine dovuto alla affannosa ricerca di soldi.

N.B.:
Ovviamente bisogna avere dei Sindaci che abbiano attributi genitali e dignità
- See more at: http://www.losai.eu/i-comuni-possono-stampare-moneta-propria-per-legge/#sthash.MzFYDvBZ.dpuf

Chi controlla la cassa controlla il governo


Andrea Bassi

Dietro il caso derivati lo scontro tra Tesoro e Bankitalia

Pubblicato: 26/06/2013 12:57
Il ministero dell'Economia e la Banca d'Italia. A Roma, via XX settembre, sede del primo, dista da via Nazionale, che ospita la seconda istituzione, solo poche centinaia di metri. Ma per oltre un decennio, durante la fase più alta della parabola berlusconiana e tremontiana, la distanza tra le due istituzioni è stata ampia. Giulio Tremonti, che salvo poche parentesi, ha occupato per anni la scrivania che fu di Quintino Sella, non ha mai fatto mistero del poco feeling con Mario Draghi.
Tanto che da ministro dell'Economia, provò a piazzare sullo scranno di via Nazionale il suo braccio destro, l'allora direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli. Il Tesoro tentò, fu detto, l'Opa su Bankitalia. Caduto il governo Berlusconi sotto i colpi dello spread, archiviata la parentesi Monti (con Grilli promosso ministro dell'Economia), con il governo guidato da Enrico Letta, si è consumata una sorta di nemesi.
Letta ha scelto come ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, un ex direttore generale della Banca d'Italia vicinissimo a Draghi e che insieme a Grilli era stato in corsa per la successione a via Nazionale allo stesso governatore. Saccomanni appena arrivato al dicastero ha sostituito il potente Mario Canzio, Ragioniere Generale dello Stato, con Daniele Franco, anche lui proveniente dai ranghi della Banca d'Italia. Come dalla Banca d'Italia proviene uno dei collaboratori più stretti di Saccomanni, Vieri Ceriani.
A via XX settembre questo trasloco in massa da via Nazionale è visto come lo sbarco in Normandia. L'attacco finale a chi, per certi versi, considera come un santuario i chilometrici corridoi del ministero dove le porte hanno ancora l'oblò usato decenni fa per permettere di controllare il lavoro degli impiegati. Per fronteggiare un'invasione di forze preponderanti, l'unica arma è la guerriglia.
Oggi è scoppiata la prima bomba, il possibile buco di 8 miliardi di euro dovuto, guarda caso, a derivati sottoscritti negli anni novanta, quando direttore generale del Tesoro era Mario Draghi. Altre ne arriveranno, meglio saperlo. In gioco c'è il potere, quello vero. Chi controlla la cassa controlla il governo. Gli 800 miliardi di spesa pubblica, i 2 mila miliardi di debito, le entrate fiscali, le nomine delle società pubbliche, le loro strategie, tutto passa da via XX settembre. La partita, quella vera, si gioca lì. Ed è una partita pericolosa.
L'eco delle esplosioni romane si sentirà fino a Francoforte e a Berlino, dove Karlsruhe, la Corte costituzionale tedesca, sta decidendo se l'Omt, lo scudo impugnato da Draghi che ha salvato l'euro, deve rimanere nell'armamentario della Bce o deve essere dismesso. Via XX settembre, ironia della sorte, celebra la presa di Roma con la breccia di Porta Pia. Allora furono i bersaglieri del Re ad entrare. Stavolta, come ha preconizzato un report di Mediobanca, potrebbero essere i mercati a marciare sulle macerie di Roma.

"Reddito di cittadinanza": il Senato respinge !!!


Reddito di cittadinanza": il Senato respinge la mozione M5S

Di Redazione IBTimes Italia | 26.06.2013 13:29 CEST
Il Senato ha bocciato la mozione del Movimento 5 Stelle che richiedeva l'introduzione di un reddito minimo garantito, con 181 contrari (Pd, Pdl e Scelta Civica), 50 a favore (M5S e Sel) e l'astensione dei senatori leghisti.
Reuters
Beppe Grillo con Roberta Lombardi e Vito Crimi
La mozione era stata annunciata questa mattina sul blog di Beppe Grillo. Il primo firmatario della stessa era il capogruppo Nicola Morra: il documento chiedeva al governo di introdurre un reddito minimo garantito, «predisponendo un piano che individui la platea degli aventi diritto». Si tratta dunque di qualcosa di diverso rispetto a quanto riportato dal blog di Beppe Grillo stesso, che nel titolo del medesimo posto in cui si parla di reddito di cittadinanza. Tuttavia quest'ultima misura prevede che sia corrisposto un reddito a tutti i cittadini italiani a prescindere dalle proprie condizioni economiche, mentre la mozione restringeva il campo ai cittadini che vivono al di sotto della soglia di povertà.
Forse per motivi pubblicitari, forse per motivi di populismo spicciolo o forse per semplice ignoranza, lo staff del blog di Beppe Grillo ha comunque riportato nel titolo dell'articolo un riferimento erroneo al reddito di cittadinanza.
La differenza tra reddito minimo garantito e reddito di cittadinanza è infatti enorme: mentre il primo è rivolto solo a coloro che non raggiungono una certa quota di reddito, il secondo è destinato a tutti i cittadini italiani, sia al senza tetto che al multimiliardario.
La differenza è importante, soprattutto per motivi di copertura: anche restringendo la platea a chi guadagna meno di 1000 euro al mese (che non è comunque un reddito di cittadinanza), occorrono ben 70 miliardi l'anno per trovare la copertura richiesta, mentre se si vuole stringere la platea ai soli disoccupati ne servirebbero all'incirca la metà. E in ogni caso parliamo comunque di qualcosa di diverso dal reddito di cittadinanza.
Il reddito minimo garantito è una misura maggiormente fattibile, tuttavia appare implausibile che possa essere implementata «immediatamente», come richiesto dalla mozione del Movimento 5 Stelle: un sistema siffatto necessita di studi adeguati per evitare che si presti a inevitabili abusi di coloro i quali si affidano al reddito minimo per evitare di lavorare, oppure coloro che, oltre a percepire il reddito minimo, si mettono a lavorare in nero.
Il costo di un reddito minimo garantito che copra circa un milione di famiglie avrebbe un costo decisamente inferiore, secondo uno studio pubblicato su lavoce.info, ovvero 5-6 miliardi di euro. Purtroppo la questione della copertura è un nota dolente e la mozione presentata la Movimento 5 Stelle era piuttosto povera riguardo: Morra e i suoi colleghi fanno riferimento alla sempiterna lotta all'evasione fiscale, il cui esito è però quasi "aleatorio", e in gran parte già messo a bilancio, oltre all'incremento delle imposte sul gioco d'azzardo, la cui situazione però non è poi così rosea, se si considera che nel 2012 l'erario ha perso un gettito di circa un miliardo di euro sui giochi.
La proposta di un reddito minimo garantito resta comunque valida e auspicabile, e una sua approvazione riempirebbe un gap italiano nei confronti di molti altri Paesi europei. Tuttavia bisogna tenere conto che questa misura deve essere implementata in un quadro che tenga conto di molteplici riforme, prima fra tutte quella del mercato del lavoro, ma che soprattutto deve evitare di creare un buco nelle casse dello Stato.
Una buona politica richiede che le cose siano fatte bene, prima che farle in fretta.

Siamo noi i sacrifici umani da sgozzare sull’altare del dio della finanza



L’ONORE E IL SACRIFICIO
Fissazioni ataviche dell’autoritarismo al tempo del regime dei banchieri


tratto dall'ultimo numero del Seme Anarchico

Nel pensiero autoritario, sin dalle sue origini più profonde, giocano un ruolo fondamentale i concetti di “onore” e di “sacrificio”. L’onore per la tribù, per la patria, per l’esercito… Dal concetto di onore discende direttamente il concetto di sacrificio: la tribù che fa il sacrificio umano, l’estremo sacrificio per la patria, ecc.
Interessante, sul piano socio-antropologico prima che politico, osservare come tali concetti si adeguino ai tempi che corrono. Il nuovo totem da onorare e per cui sacrificarci è divenuto il debito pubblico. Le modalità propagandistiche si fondano ideologicamente proprio su questi concetti atavici dell’autoritarismo. La stampa borghese (di destra, di sinistra, di centro, “tecnica” come oggi va di moda) ci martella quotidianamente le palle con la manfrina che “dobbiamoonorare il debito”, pertanto che “tutti siamo chiamati a fare sacrifici”. Onore-sacrificio sono una coppia concettuale indivisibile e legata deduttivamente: il sillogismo è che, se non si fanno sacrifici, si perde l’onore.
Eppure la stessa morale borghese dovrebbe interrogarsi intorno al dogma dell’onorabilità del debito. Infatti, la propaganda perbenista – per dire – della Confindustria, delle associazioni padronali dei commercianti, ecc., ci insegna che non va pagato il pizzo alla mafia, che vanno denunciati gli usurai. Il Sole 24 Ore non si sognerebbe mai di fare una campagna dal tema: “onora il debito con l’usuraio”.
Perché allora ci dicono che occorre onorare il debito con la Banca Centrale Europea, col Fondo Monetario Internazionale, cogli speculatori che hanno acquistato i titoli di stato italiani? Quale onorabilità merita un miliardario della City o un ricco speculatore di Wall Streat che acquista a prezzi di usura titoli di un paese in crisi? Quale onore hanno mai avuto enti come l’FMI che hanno rovinato in America Latina decine di milioni di persone con le loro politiche ultraliberiste, che poi sono le stesse che oggi vogliono imporre anche ai paesi periferici dell’Europa? Ma prima ancora, da anarchico, mi domando: Perché devo difendere proprio io, con i miei sacrifici, l’onorabilità dello Stato italiano? Chi gli ha mai chiesto di indebitarsi per costruire gli aeri da guerra, per fare la TAV, per erigere carceri? Prendiamo l’esempio della TAV: l’Europa la pretende, per farla l’Italia si indebita, per non andare in insolvenza l’Italia chiede aiuto all’Europa, che le presta i soldi a tassi da usura. Ci rendiamo conto dell’entità della truffa?
Il debito, quindi, non va pagato. Non è il nostro debito. E’ il debito di uno Stato che da sempre rigettiamo e che oggi più che mai è diventato un orribile parassita, un mostro che vive sulle spalle della gente che assoggetta, depredandola e utilizzando il frutto della rapina per alimentare il sistema scellerato della finanza. Dell’onore dello Stato ce ne freghiamo: non saremo noi i sacrifici umani da sgozzare sull’altare del dio della finanza.
Per gli anarchici e per il movimento rivoluzionario si aprono prospettive drammatiche, ma di svolta. Se dobbiamo fare un paragone col passato, mi viene in mente più che le rivoluzioni del Novecento, la Comune di Parigi, anche se su scala globale. Cioè mi viene in mente uno Stato che si suicida e un popolo che prende in mano la società e la gestisce finalmente dal basso. Ma i paragoni col passato sono sempre un po’ azzardati. Secondo me la storia non si ripete mai nelle stesse forme.    
Certamente siamo di fronte ad un passaggio epocale. Ci hanno raccontato la balla del capitalismo democratico. La democrazia liberale, per il capitalismo, è solo uno dei possibili modi di organizzazione della società. In passato e ancora oggi in molte aree del mondo, abbiamo forme di governo dittatoriale. Oggi, anche in Europa, viviamo una rottura fra il capitalismo e le regole della democrazia liberale. In Grecia e in Italia per la prima volta i governi politici sono stati sostituiti da regimi diretti, non più dietrologicamente, ma proprio in prima persona, alla luce del sole, da banchieri. Il rito atavico dell’onore e del sacrificio è gestito in prima persona da guru del capitalismo bancario: quando la democrazia liberale non è stata più in grado di onorare il totem della finanza, a scannare l’agnello sacrificale (che poi saremmo noi) è sorto il regime dei banchieri.
Io non sono mai stato un determinista: ritengo che questa situazione può portare a svolte antiteche, sia a forme di nuovi e più rigorosi autoritarismi, sia a prospettive insurrezionali diffuse, forse perfino rivoluzionarie. Dipende anche da noi.

Michele Fabiani