SOMMARIO: 1. La decisione 2. Precedenti giurisprudenziali in materia di motivazione della cartella di pagamento
1. La decisione
Nella Ordinanza n. 20211 del 3 settembre 2013 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della motivazione della cartella di pagamento.
Occorre rilevare che dalla ordinanza non si comprende la fattispecie concreta dalla quale trae origine la cartella, ad esempio se discendente da una liquidazione ex articolo 36-bisdel Decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973 o da un controllo formale ex articolo 36-ter del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973.
Soprattutto, non si comprende la norma giuridica di cui si è avvalsa l’Agenzia delle Entrate per procedere alla iscrizione a ruolo e alla conseguente emissione della cartella di pagamento concernente l’IRPEF.
Tuttavia, dall’inciso “omessi o carenti versamenti” si può desumere che si tratta di attività liquidatoria posta in essere dall’Agenzia delle Entrate.
Inoltre, non si evince quali siano stati i motivi sui quali l’Agenzia delle Entrate ha impostato il proprio ricorso per Cassazione.
Ciò detto, nella fattispecie, la Corte, udita la relazione del Consigliere relatore, rigetta in camera di consiglio il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate “in quanto la sentenza di merito contiene l’accertamento in fatto relativo alla carenza di qualunque motivazione o spiegazione della cartella esattoriale, accertamento che doveva se mai essere contestato con il mezzo revocatorio”.
Infatti, precisano i giudici, “l’affermazione del giudice di merito secondo cui la cartella non contiene ulteriori dati idonei a sorreggere le ragioni della Amministrazione poteva se mai essere contestata con il mezzo revocatorio”
Da qui la conclusione che “l’indicazione di un ‘omesso o carente versamento’ non costituisce adeguata motivazione di una pretesa fiscale”.
La Corte di Cassazione sostiene dunque che il giudice d’appello, in presenza della sola dicitura “omessi o carenti versamenti”, ha accertato in fatto la “carenza di qualunque motivazione o spiegazione della cartella esattoriale”.
Alla luce di ciò, l’Agenzia delle Entrate, soccombente in appello, avrebbe dovuto contestare quell’accertamento in fatto non già attraverso ricorso per Cassazione bensì attraverso il rimedio della revocazione disciplinato dall’articolo 64 del Decreto Legislativo n. 546/1992 e dall’articolo 395 del Codice di Procedura Civile.
La Corte, tuttavia, non specifica quale motivo di revocazione avrebbe potuto essere addotto dall’Amministrazione finanziaria. In relazione alla fattispecie decisa dalla ordinanza in commento, si ritiene che la revocazione poteva essere chiesta sulla base del n. 4 dell’articolo 395, primo comma, che ammette la revocazione della sentenza d’appello “se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti di causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta la inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.
2. Precedenti giurisprudenziali in materia di motivazione della cartella di pagamento
Tra i precedenti della Suprema Corte degna di rilievo è Cassazione n. 26330 del 16 dicembre 2009, la quale ha affermato che è priva di motivazione una cartella di pagamento emessa a seguito di liquidazione ex articolo 36-bis del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973 “sul presupposto che nella cartella non c’è alcuna precisazione circa il mancato riconoscimento del credito di imposta a L. 9.572.000”.
Nella fattispecie, l’Agenzia delle Entrate aveva precisato le ragioni della iscrizione solo in grado di appello. Tale modus operandi, precisa la Corte, non può sanare la carenza di motivazione della cartella, in quanto il contribuente deve essere messo in grado di conoscere le ragioni della pretesa fiscale sin dalla notifica della cartella di pagamento.
Nello stesso senso, Cassazione n. 22500 del 10 dicembre 2012, la quale ha evidenziato come nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa all’esito di una liquidazione effettuata ai sensi dell’articolo 36-bis del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973 essa rappresenta il primo ed unico atto attraverso il quale il contribuente viene informato della pretesa fiscale. Se così è, è indispensabile che la cartella contenga tutti gli elementi al fine di rendere edotto il contribuente delle ragioni della pretesa.
Per quanto concerne la giurisprudenza di merito, si segnala Commissione Tributaria Provinciale di Lecce n. 512/1/11 che così si è espressa: “questa Commissione ravvisa nella opposta cartella di pagamento una totale assenza di causale del recupero dell’imposta, non certo ravvisabile nella semplice dicitura ‘omessi o carenti versamenti’, senza alcuna specificazione a che titolo il richiesto importo era dovuto”.
Da segnalare, con particolare riferimento alla rappresentazione del calcolo degli interessi,Cassazione n. 4516 del 21 marzo 2012. Con la predetta pronuncia, la Corte ha confermato la decisione emessa dalla Commissione tributaria regionale, annullando la cartella di pagamento in quanto “nella cartella viene riportata solo la cifra globale degli interessi dovuti, senza essere indicato come si è arrivati a tale calcolo, non specificando le singole aliquote prese a base delle varie annualità che nella fattispecie, vale sottolinearlo, essendo l’accertamento riferito all’anno d’imposta 1983, sono più di 23 anni calcolati”.
Da qui gli ermellini hanno concluso che “l’operato dell’ufficio era ricostruibile attraverso difficili indagini dovute anche alla vetustà della questione che non competevano al contribuente che vedeva, così, violato il suo diritto di difesa”.
Altre sentenze della Cassazione si pongono in senso più restrittivo. In particolare, Corte di Cassazione 7 giugno 2013, n. 14376, esclude un particolare onere di motivazione per la cartella che chieda il pagamento delle imposte come dichiarate dal contribuente e non si risolva in una rettifica dei risultati della dichiarazione stessa.
Ancora, Cassazione n. 10033 del 6 maggio 2011, ha affermato che la cartella di pagamento, nell’ipotesi di liquidazione dell’imposta ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973, articolo 36 bis, costituisce l’atto con il quale il contribuente viene a conoscenza per la prima volta della pretesa fiscale e come tale deve essere motivata. Tuttavia, nel caso di mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente medesimo nella propria dichiarazione, nonché qualora vengano richiesti interessi e sovrattasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima.
Infine, secondo Cassazione n. 7401 del 31 marzo 2011, il difetto di motivazione della cartella esattoriale non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorché la cartella sia stata impugnata dal contribuente il quale abbia dimostrato in tal modo di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati, e abbia omesso di allegare e specificamente provare quale sia stato in concreto il pregiudizio che il vizio dell’atto abbia determinato al suo diritto di difesa.
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