Scozia, la secessione fa paura alle banche: “Pronti ad andarcene”
Bank of Scotland e Lloyds: trasferiamo la sede
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Enormi «Yes» compaiono nei villaggi delle Isole Ebridi
ALESSANDRA RIZZO
LONDRA
La Royal Bank of Scotland (Rbs), colosso bancario e simbolo del settore finanziario scozzese, ha annunciato che in caso di indipendenza della Scozia trasferirà la sede legale in Inghilterra, una decisione che assesta un brutto colpo alla campagna indipendentista.
Ma in un clima sempre più infuocato non è solo la Rbs, in Scozia dal 1727, a fare notizia. LLoyds, altro gigante bancario con sede a Edimburgo, prepara piani analoghi, mentre il «Financial Times» mette in guardia contro i rischi di una scissione. «L’unica certezza è l’incertezza, e a farne le spese saranno la Scozia e il Regno Unito», scrive il quotidiano della City nel suo «endorsement» per il fronte unionista.
La Rbs ha motivato la sua decisione citando in una nota «incertezze materiali derivanti dal referendum che potrebbero avere un impatto sul rating di credito della banca e sul quadro monetario, fiscale e giuridico cui è sottoposta». Sebbene la banca sia per circa l’80% di proprietà dei contribuenti britannici dopo il salvataggio del 2008-2009, i suoi legami con la Scozia durano da quasi tre secoli. Un trasferimento della sede legale potrebbe non avere ripercussioni gravi sull’impiego dei suoi 11.500 dipendenti, come ha assicurato il ceo in un memo interno, ma solleverebbe comunque dubbi sulla capacità della Scozia di mantenere un settore finanziario competitivo.
La campagna unionista, in affanno negli ultimi giorni, sembra aver tirato un sospiro di sollievo. Il premier britannico Cameron è volato a Edimburgo per implorare gli scozzesi di restare nel regno, e l’ultimo sondaggio dà un leggero vantaggio al fronte del no all’indipendenza. Ma si prospetta un testa a testa, e il dibattito in vista del referendum del 18 settembre sta appassionando tutto il Paese.
Il premier scozzese Alex Salmond, leader degli indipendentisti e infaticabile oratore, ha dato battaglia dopo quello che alcuni giornali hanno chiamato il suo «mercoledì nero». Ha minimizzato i rischi per risparmiatori e consumatori, accusando Londra di «bullismo» e «intimidazioni».
Oltre al quotidiano della City, anche il giornale «Scotsman» si è schierato contro la secessione: «Stiamo meglio insieme», ha scritto. E il finanziere George Soros ha messo in guardia contro una separazione: «I divorzi sono sempre disordinati», ha ammonito sul «Financial Times». Il grande magazzino Peter Lewis, che possiede anche una popolare catena di supermercati, ha parlato di probabile aumento dei prezzi in caso di indipendenza.
I sostenitori del sì restano fiduciosi, spinti da una crescita nei consensi che ha reso incerto un voto che fino al mese scorso sembrava scontato. «È l’opportunità della vita», ha detto Salmond. «Stiamo per fare la storia».