domenica 29 marzo 2015
sabato 21 marzo 2015
Latina, retata al tribunale fallimentare
Latina, retata al tribunale fallimentare: arrestati magistrato, cancelliere, sottufficiale Gdf, tre commercialisti
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/20/latina-retata-tribunale-fallimentare-arrestati-magistrato-cancelliere-sottufficiale-gdf-commercialisti/1524272/
Giustizia & Impunità
di Andrea Palladino | 20 marzo 2015
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Alla fine di una complessa inchiesta condotta congiuntamente dalle procure di Latina e Perugia (competente per i reati commessi dai magistrati laziali) oltre al giudice sono finiti agli arresti un cancelliere, un sottufficiale della Guardia di Finanza in servizio presso la Polizia giudiziaria della Procura di Latina, due commercialisti e un imprenditore. I reati contestati vanno dalla corruzione, alla corruzione in atti giudiziari, alla concussione, all’induzione indebita a dare o promettere denaro od altra utilità, alla turbativa d’asta, al falso ed alla rivelazione di segreto nonché all’accesso abusivo ad un sistema informatico e telematico aggravato dalla circostanza di rivestire la qualità di pubblico ufficiale.
Secondo l’accusa nel Tribunale di Latina vi era un consolidato sistema corruttivo, grazie al quale i consulenti nominati dal giudice nelle singole procedure concorsuali, abitualmente corrispondevano a quest’ultimo una percentuale dei compensi a loro liquidati dal giudice stesso. Un sistema oliato, che sarebbe stato promosso dallo stesso magistrato, che vedeva – alla fine – la “sterilizzazione” dei fondi delle società finite in concordato o fallimento, con un danno per i creditori.
In sostanza – secondo l’accusa – i conti di molte imprese sarebbero svuotati, mentre i curatori passavano una percentuale dei guadagni al magistrato. I passaggi ricostruiti dal Gip che ha emesso le misure cautelari mostrano un meccanismo quasi perfetto. Per prima cosa Lollo suggeriva ai futuri liquidatori come far arrivare i fascicoli sulla sua scrivania: bastava cambiare la sede sociale prima di presentare i libri in Tribunale, scegliendo la capitale pontina come sede legale. Per essere sicuri di ottenere l’assegnazione del procedimento al giudice Lollo, i commercialisti arrestati cambiavano poi lo stesso nome della società, sapendo che al magistrato toccavano i fascicoli sulle ditte comprese tra la lettera A e la G.
Antonio Lollo – da anni in servizio al Tribunale di Latina – avrebbe creato, secondo l’accusa, una fitta rete di complicità, in grado di avere informazioni confidenziali anche sulle eventuali indagini in corso. Il maresciallo della finanza Roberto Menduti, arrestato insieme al giudice, secondo la squadra mobile di Latina, avrebbe consultato abusivamente il registro della Procura, su richiesta di Lollo, per verificare l’esistenza di indagini sul gruppo. Una circostanza che ha portato i magistrati della Procura di Perugia a contestare l’accesso abusivo a sistemi informatici.
di Andrea Palladino | 20 marzo 2015
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venerdì 13 marzo 2015
Agenzie di rating: mandanti ed esecutorii del discredito del processo
Agenzie di rating: mandanti ed esecutori piano discredito processo
Trani (OPi – 12.3.2015) Mario Lettieri, già sottosegretario all’Economia, e l’economista Paolo Raimondi non sono gli unici a constatare che i responsabili politici e governativi ed anche i media italiani stanno trattando con troppa sufficienza, se non con ostilità, il processo in corso presso il Tribunale di Trani nei confronti delle agenzie di rating, la Standard and Poors’ e la Fitch. Tra maggio 2001 e gennaio 2012 esse resero pubbliche delle analisi che declassavano drasticamente l’Italia e il suo debito pubblico, provocando un terremoto economico e finanziario. Ciò, come è noto, fece schizzare lo spread, la differenza tra i tassi di interesse dei bond italiani e di quelli tedeschi, fino a 575 punti.
Il comportamento delle suddette agenzie di rating era – sottolineano I due economisti - consapevolmente viziato e, attraverso un’informazione falsa e una tempistica manovrata, mirava a mettere in ginocchio l’Italia e a destabilizzare l’intera Europa. Secondo noi erano proprio l’Unione europea e l’euro i veri bersagli economici e geopolitici degli attacchi speculativi. Chi cerca di denigrare il sostituto procuratore di Trani, Michele Ruggiero, come un esagerato complottista dovrebbe rileggere i dossier preparati dalle varie commissioni americane sul ruolo nefasto delle agenzie di rating nel favorire prima la crisi finanziaria globale più devastante della storia e poi nel detonarla.
Il rapporto del 2011 della bipartisan “Financial Crisis Inquiry Commission” di Phil Angelides, al termine di centinaia di pagine piene di dettagli comprovanti le varie responsabilità degli attori coinvolti, dice: “Sosteniamo che i comportamenti fallimentari delle agenzie di rating siano stati le componenti essenziali nel meccanismo della distruzione finanziaria. Le tre agenzie sono state gli attori chiave del meltdown finanziario. I derivati emessi sulle ipoteche, che sono al centro della crisi, non potevano essere piazzati né venduti senza il loro bollino di approvazione. Senza le agenzie di rating la crisi non ci sarebbe stata.“
Anche la Commissione d’indagine del Senato americano, guidata da Carl Levin e Tom Coburn, nel rapporto “Wall Street and the Financial Crisis: The Role of Credit Rating Agencies” del 2010 scriveva:” La Commissione ha provato che le suddette agenzie di rating hanno permesso a Wall Street di influenzare le loro analisi, la loro indipendenza, la loro reputazione e la loro credibilità. E lo hanno fatto per soldi.. Esse hanno operato con un inerente conflitto di interesse in quanto venivano pagate dagli stessi istituti che emettevano i titoli a cui loro davano il rating.”
Secondo noi – affermano inoltre Lettieri e Raimondi - è rilevante il fatto che a Trani anche la banca americana Morgan Stanley, uno dei colossi della speculazione in derivati otc, sia stata messa sul banco degli imputati. Essa era azionista della S&P e, proprio nel mezzo dello sconquasso provocato dal declassamento del rating dell’Italia, mise all’incasso un derivato sottoscritto con il Tesoro italiano nel 1994. Si trattava di un classico derivato capestro che, a seguito dell’impennata dei tassi di interesse, era arrivato fino a 2 miliardi e mezzo di euro. Nel corso del 2012 il governo italiano pagò senza fiatare. Quei dirigenti che sollevarono dubbi e richieste di ulteriori valutazioni vennero zittiti. La Morgan Stanley avrebbe portato, a giustificazione della repentina richiesta di monetizzazione del derivato, supposte pressioni fatte dalle autorità di vigilanza americane e inglesi che avrebbero ritenuto inaccettabile l’esposizione della banca con l’Italia. Anche in questo caso emerge chiaramente il conflitto di interesse tra l’agenzia di rating e la banca in questione. Era una cosa risaputa e generalizzata. Perciò si rende ridicolo, se non peggio, chi sostiene di non aver saputo di una tale commistione di interessi! Già nel 2006 analizzammo e pubblicammo le strutture di controllo delle agenzie di rating per evidenziare, ancora prima del fallimento delle Lehman Brothers, come le “tre sorelle” fossero compenetrate e teleguidate dalla grande finanza globale.
Non era certamente proibito, ma era sorprendente trovare nei direttivi delle agenzie di rating uomini che provenivano dalle grandi banche impegnate nella speculazione con derivati finanziari ad altissimo rischio. Ad esempio, la Standard & Poor's (S&P) è una controllata della multinazionale McGraw-Hill Companies, il colosso delle comunicazioni, dell'editoria, delle costruzioni che è presente in quasi tutti i settori economici. Allora era guidata dal presidente della Citigroup Europa, dal presidente della Coca Cola, della BP, ecc., nonché partecipata anche dalla citata Morgan Stanley.
La ragione vera degli attacchi contro il lavoro del sostituto procuratore Ruggiero, secondo noi, è dovuta al fatto che a Trani si sta celebrando il primo, e finora unico, vero processo a livello internazionale nei confronti delle agenzie di rating. Nemmeno negli Stati Uniti si sono tenuti dei validi processi contro di loro. Anche per questa considerazione sarebbe stato opportuno che il governo italiano si fosse costituito parte civile nel processo di Trani. Se a Trani le agenzie di rating dovessero essere condannate allora si potrebbe avere ovunque un’ondata di casi legali contro le stesse. Le richieste di risarcimento sarebbero di proporzioni gigantesche. Probabilmente emergerebbero anche tante verità sui giochi e sulle manipolazioni delle grandi banche. Ecco perché – sottolineano infine Lettieri e Raimondi - la finanza mondiale sta facendo di tutto per far passare sotto silenzio il processo in questione.
Trani (OPi – 12.3.2015) Mario Lettieri, già sottosegretario all’Economia, e l’economista Paolo Raimondi non sono gli unici a constatare che i responsabili politici e governativi ed anche i media italiani stanno trattando con troppa sufficienza, se non con ostilità, il processo in corso presso il Tribunale di Trani nei confronti delle agenzie di rating, la Standard and Poors’ e la Fitch. Tra maggio 2001 e gennaio 2012 esse resero pubbliche delle analisi che declassavano drasticamente l’Italia e il suo debito pubblico, provocando un terremoto economico e finanziario. Ciò, come è noto, fece schizzare lo spread, la differenza tra i tassi di interesse dei bond italiani e di quelli tedeschi, fino a 575 punti.
Il comportamento delle suddette agenzie di rating era – sottolineano I due economisti - consapevolmente viziato e, attraverso un’informazione falsa e una tempistica manovrata, mirava a mettere in ginocchio l’Italia e a destabilizzare l’intera Europa. Secondo noi erano proprio l’Unione europea e l’euro i veri bersagli economici e geopolitici degli attacchi speculativi. Chi cerca di denigrare il sostituto procuratore di Trani, Michele Ruggiero, come un esagerato complottista dovrebbe rileggere i dossier preparati dalle varie commissioni americane sul ruolo nefasto delle agenzie di rating nel favorire prima la crisi finanziaria globale più devastante della storia e poi nel detonarla.
Il rapporto del 2011 della bipartisan “Financial Crisis Inquiry Commission” di Phil Angelides, al termine di centinaia di pagine piene di dettagli comprovanti le varie responsabilità degli attori coinvolti, dice: “Sosteniamo che i comportamenti fallimentari delle agenzie di rating siano stati le componenti essenziali nel meccanismo della distruzione finanziaria. Le tre agenzie sono state gli attori chiave del meltdown finanziario. I derivati emessi sulle ipoteche, che sono al centro della crisi, non potevano essere piazzati né venduti senza il loro bollino di approvazione. Senza le agenzie di rating la crisi non ci sarebbe stata.“
Anche la Commissione d’indagine del Senato americano, guidata da Carl Levin e Tom Coburn, nel rapporto “Wall Street and the Financial Crisis: The Role of Credit Rating Agencies” del 2010 scriveva:” La Commissione ha provato che le suddette agenzie di rating hanno permesso a Wall Street di influenzare le loro analisi, la loro indipendenza, la loro reputazione e la loro credibilità. E lo hanno fatto per soldi.. Esse hanno operato con un inerente conflitto di interesse in quanto venivano pagate dagli stessi istituti che emettevano i titoli a cui loro davano il rating.”
Secondo noi – affermano inoltre Lettieri e Raimondi - è rilevante il fatto che a Trani anche la banca americana Morgan Stanley, uno dei colossi della speculazione in derivati otc, sia stata messa sul banco degli imputati. Essa era azionista della S&P e, proprio nel mezzo dello sconquasso provocato dal declassamento del rating dell’Italia, mise all’incasso un derivato sottoscritto con il Tesoro italiano nel 1994. Si trattava di un classico derivato capestro che, a seguito dell’impennata dei tassi di interesse, era arrivato fino a 2 miliardi e mezzo di euro. Nel corso del 2012 il governo italiano pagò senza fiatare. Quei dirigenti che sollevarono dubbi e richieste di ulteriori valutazioni vennero zittiti. La Morgan Stanley avrebbe portato, a giustificazione della repentina richiesta di monetizzazione del derivato, supposte pressioni fatte dalle autorità di vigilanza americane e inglesi che avrebbero ritenuto inaccettabile l’esposizione della banca con l’Italia. Anche in questo caso emerge chiaramente il conflitto di interesse tra l’agenzia di rating e la banca in questione. Era una cosa risaputa e generalizzata. Perciò si rende ridicolo, se non peggio, chi sostiene di non aver saputo di una tale commistione di interessi! Già nel 2006 analizzammo e pubblicammo le strutture di controllo delle agenzie di rating per evidenziare, ancora prima del fallimento delle Lehman Brothers, come le “tre sorelle” fossero compenetrate e teleguidate dalla grande finanza globale.
Non era certamente proibito, ma era sorprendente trovare nei direttivi delle agenzie di rating uomini che provenivano dalle grandi banche impegnate nella speculazione con derivati finanziari ad altissimo rischio. Ad esempio, la Standard & Poor's (S&P) è una controllata della multinazionale McGraw-Hill Companies, il colosso delle comunicazioni, dell'editoria, delle costruzioni che è presente in quasi tutti i settori economici. Allora era guidata dal presidente della Citigroup Europa, dal presidente della Coca Cola, della BP, ecc., nonché partecipata anche dalla citata Morgan Stanley.
La ragione vera degli attacchi contro il lavoro del sostituto procuratore Ruggiero, secondo noi, è dovuta al fatto che a Trani si sta celebrando il primo, e finora unico, vero processo a livello internazionale nei confronti delle agenzie di rating. Nemmeno negli Stati Uniti si sono tenuti dei validi processi contro di loro. Anche per questa considerazione sarebbe stato opportuno che il governo italiano si fosse costituito parte civile nel processo di Trani. Se a Trani le agenzie di rating dovessero essere condannate allora si potrebbe avere ovunque un’ondata di casi legali contro le stesse. Le richieste di risarcimento sarebbero di proporzioni gigantesche. Probabilmente emergerebbero anche tante verità sui giochi e sulle manipolazioni delle grandi banche. Ecco perché – sottolineano infine Lettieri e Raimondi - la finanza mondiale sta facendo di tutto per far passare sotto silenzio il processo in questione.
martedì 10 marzo 2015
Trani, agenzie di rating: un processo e domande scomode
Un processo e domande scomode
di Sergio Rizzo
Corriere della Sera, prima pagina, 9 marzo 2015
Al
processo di Trani contro le agenzie di rating accusate di manipolazione
del mercato per i declassamenti del nostro debito pubblico avvenuti nel
2010 e nel 2011 il governo italiano non si è costituito parte civile,
sollevando pesanti critiche della destra. Critiche, riteniamo, non
proprio campate in aria.
In un suo recente parere
l’Avvocatura dello Stato ha affermato: «La costituzione di parte civile
risulta opportuna qualora vengano in rilievo interessi pubblici,
patrimoniali e non patrimoniali, di rilevanza talmente elevata da
postulare come necessario l’affiancamento del pubblico ministero nel
processo penale». E in questo caso gli interessi patrimoniali dello
Stato non si possono certo definire irrilevanti, a cominciare
dall’aggravio della spesa per interessi che quelle decisioni hanno
causato.
La pubblica accusa ha sottolineato
che dopo il declassamento da parte di Standard & Poor’s da A a BBB+
del debito italiano, il governo di Mario Monti dovette pagare in base a
una clausola del contratto di finanziamento ben 2,5 miliardi di euro
alla Morgan Stanley. Banca d’affari americana che è fra gli azionisti di
Mc Graw Hill, proprietario della medesima agenzia di rating.
Andrebbe però pure ricordato che
all’epoca dei fatti nessun leader politico di spicco prese la faccenda
sul serio: né a destra, né a sinistra. D avanti al fatto che a indagare
fosse un pubblico ministero, Michele Ruggiero, di una procura di
periferia come quella di Trani, facevano tutti spallucce. Tutti, tranne
il deputato del Pd Francesco Boccia, pugliese, che invocò invano la
costituzione di un’agenzia di rating europea per liberarsi dal giogo
delle società americane, e tranne il suo collega del Pdl Francesco Paolo
Sisto, pugliese anch’egli, che capitanò un manipolo di onorevoli del
centrodestra pronti a costituirsi loro parte civile.
Fecero spallucce anche uffici giudiziari
ben più blasonati. L’inchiesta, come spesso accade in Italia, partì da
un esposto presentato da alcune associazioni dei consumatori nel quale
si sosteneva che i declassamenti del debito italiano erano funzionali a
un’enorme speculazione ai nostri danni orchestrata dai colossi
finanziari in combutta con le agenzie di rating. La denuncia era stata
recapitata a una decina di procure della Repubblica, da Roma a Milano,
ma soltanto quella di Trani la prese in considerazione. Beccandosi anche
in seguito gli sfottò di influenti magistrati che l’accusavano neanche
troppo velatamente di protagonismo. Convinti com’erano, evidentemente,
che tutto sarebbe a finito in una bolla di sapone. Si sbagliavano di
grosso: l’inchiesta è sfociata nel rinvio a giudizio di due analisti di
Fitch e di sei esperti di Standard & Poor’s. Siamo dunque nuovamente
alla decisione del governo di non costituirsi parte civile. Su quella
storia si possono avere opinioni politiche diverse. Anche ritenere il
procedimento infondato. Magari tutto si concluderà con un’assoluzione e
gli imputati ne usciranno immacolati. Glielo auguriamo di cuore. Ma si
dà il caso che ci sia un processo in corso nel quale gli interessi dello
Stato non sono affatto trascurabili.
Indipendentemente dal dibattimento e
dai suoi esiti, qui si pone tuttavia un’altra serie di problemi. Che le
valutazioni delle agenzie di rating siano talvolta basate su stime così
datate nel tempo da risultare poco aderenti alla realtà del momento in
cui avviene il declassamento, è stato oggetto di ampia discussione. Come
è conclamato che in capo a quelle società s’intreccino conflitti
d’interessi mai risolti, capaci di gettare ombre sulle decisioni.
Basterebbe rammentare le figuracce rimediate nei casi Enron e Parmalat.
Elementi di cui tutti i governi sono sempre stati a conoscenza, e che
avrebbero dovuto consigliare in questo frangente maggiore prudenza e
minore indifferenza.
Il fatto è che l’inchiesta di Trani
dovrebbe spingere a fare finalmente luce su quelle vicende del
2010-2011 anche i loro protagonisti. Per sgombrare il campo, se non
altro, dai sospetti sorti in questi anni alimentando l’idea che la
finanza sia diventata soltanto un gioco di biechi complotti.
Alcuni sospetti certamente risibili, come il fatto che il declassamento fosse parte di un disegno planetario ordito per far cadere il governo di Silvio Berlusconi e sostituirlo con un esecutivo prono ai diktat di Berlino e agli interessi degli speculatori mondiali.
Alcuni sospetti certamente risibili, come il fatto che il declassamento fosse parte di un disegno planetario ordito per far cadere il governo di Silvio Berlusconi e sostituirlo con un esecutivo prono ai diktat di Berlino e agli interessi degli speculatori mondiali.
domenica 8 marzo 2015
giovedì 5 marzo 2015
Mario Draghi fugge dal Parlamento Europeo
CARI BUROCRATI, QUANTO E' RUMOROSA LA NOSTRA VOCE?
pubblicato il 26.02.15 09:08
Il Parlamento Europeo non riesce più a tollerare il comportamento dei burocrati. Serviti, riveriti e osannati per decenni, ora la musica sta cambiando. I gruppi contro la tecnocrazia non intendono passare la mano e continueranno a portare la voce di milioni e milioni di cittadini europei dentro le aule che contano.
Avete presente quando, alla fine di una discussione, improvvisamente vi viene in mente tutto quello che avreste potuto dire per ribattere al contraddittorio? Ecco, non è questo il caso. Perché nell'intervento che vi riportiamo del portavoce Marco Zanni, è stato detto tutto quello che milioni e milioni di persone vorrebbero dire al presidente della Banca Centrale Europea, ieri nella seduta plenaria di Bruxelles.
Alle non risposte, questa volta, anche la voce della Grecia si è fatta sentire con l'europarlamentare Notis Marias, vicepresidente del gruppo ECR. E' stato lui a interrompere lo sproloquio del governatore volto a nascondere sotto la sabbia (leggasi i 4 mesi di proroga agli ellenici) una polveriera che ha già messo a nudo l'intero sistema.
L'incontro, tra l'incredulità generale, si è interrotto con abbondante anticipo quando Mario Draghi ha deciso di andarsene lasciando tutti a discutere con un fantasma.
Caro presidente, è così rumorosa la voce di milioni di cittadini?
L'intervento di Marco Zanni con Mario Draghi, presidente BCE:
L'intervento di Marco Valli con Jeroen Dijsselbloem, presidente Eurogruppo:
Intanto, ieri, Varoufakis ha espresso una velata preoccupazione per il rimborso dei prestiti al FMI in marzo che ammontano ad 1,6 miliardi di euro. Infatti non sembrano esserci risorse disponibili, anche perché il programma di estensione è ancora in corso di definizione. L'idea del Ministro greco per ripagare il FMI ricalca la polemica di ieri al Parlamento Europeo, cioè la restituzione da parte della BCE degli utili sui bond greci acquistati nel programma SMP che ammonterebbero a 1,9 miliardi di euro. Questa disponibilità vorrebbe essere usata dal governo greco per ripagare i prestiti di Marzo. Ma il buon Draghi ha già detto "nein".
Ecco le scadenze di marzo per il governo greco:
6 Marzo: maturano €1,4 miliardi T-Bills da rimpiazzare con nuove immissioni;
6 Marzo: Repay €300 milioni al FMI;
13 Marzo: Repay €350 milioni al FMI;
13 Marzo: maturano €1,6 miliardi T-Bills da rimpiazzare con nuove immissioni;
16 Marzo: Repay €580 milioni al FMI;
20 Marzo: Repay €350 milioni al FMI;
20 Marzo: maturano altri €1,6 miliardi T-Bills sempre da rimpiazzare con nuove immissioni.
In totale si parla di 1,6 miliardi di euro da ripagare al FMI, e 4,6 miliardi da rifinanziare con nuovi T-Bills. Inoltre iniziano ad uscire le prime stime ancora non precise di parte del programma Tsipras presentato alla Troika, molto utopico a livello di lotta all'evasione (su 7 miliardi di evasione accertata prevede di recuperarne 2 miliardi) e non quantificabile a livello di tempistica; probabilmente non sarà sufficiente per FMI, BCE ed Europa, infatti verranno inserite le privatizzazioni (partita ancora aperta) e verra discusso il rialzo dell'IVA per rientrare nei parametri richiesti.
Ecco le stime di entrate/uscite del suo piano:
Entrate:
Riscossione tasse in ritardo: € 3 miliardi;
Contributi previdenziali: € 1,5 miliardi;
Evasione fiscale (azione sulla piccola evasione, i grandi capitali già scappati): €2 miliardi su € 7 miliardi su 3500 casi confermati;
Contrabbando: contrabbando di carburante €1,5 miliardi e tabacco €800 milioni.
Uscite:
Sistema bancario: €2 miliardi per una bad bank per raccogliere i NPL (non performing loans);
Crisi umanitaria: €1.32 miliardi (pochissimo rispetto a promesse elettorali);
Amministrazione: tagli del 20% sull'approvvigionamento con un sistema comune per i governi locali e ospedali quantificato in €1 miliardo.
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