domenica 7 agosto 2011
Monti e la tendenziosità. N. Forcheri
Il bilderberger Monti, ex commissario europeo per la Concorrenza, presidente della Bocconi nonché futuro candidato per il centrosinistra alla guida di un governo 'tecnico', mette in evidenzia che la sequenza degli avvenimenti, dall'allarme delle agenzie di rating alla "conseguente" decisione di anticipare la manovra, dimostra come Berlusconi e Giulio Tremonti siano "stati costretti a modificare posizioni (...) e a prendere decisioni non scaturite dai loro convincimenti ma dettate dai mercati e dall'Europa" (cfr.http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2011/08/07/visualizza_new.html_757502209.html ), facendo finta di non sapere che la procura di Trani - finalmente qualcosa si muove nella magistratura ? - aveva promosso qualche giorno prima un'azione giudiziaria contro le agenzie di rating USA con le accuse ipotizzate di aggiotaggio, manipolazione di mercato e abuso di informazioni privilegiate (cfr. http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=9909 ).
Così Monti oggi ne approfittava - soddisfatto - per fare passare come un'evidenza l'accettazione da parte di governo e maggioranza di "un 'governo tecnico'" aggiungendo che "le decisioni principali sono state prese da un 'governo tecnico sopranazionale' e si potrebbe aggiungere 'mercatista'", glissando palesamente sul fatto che le principali agenzie di rating sospettate di avere provocato le turbolenze del mercato erano state messe sotto inchiesta con un avviso di garanzia, avendo Moody’s e Standard & Poors “diffuso notizie non corrette, dunque false anche in parte, comunque esagerate e tendenziose sulla tenuta del sistema economico-finanziario e bancario italiano (...) concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari”.
Che abbiano agito contro l'euro per sostenere il dollaro? O contro i titoli italiani per conquistarci meglio? Se fosse riconosciuto il dolo basterebbe l'opposizione di un singolo Stato membro per bloccare l'autorizzazione delle due agenzie di esercitare l'attività di rating: l'Italia lo farà? Se fosse un governo tecnico, sicuramente no. La ciliegina è che le ipotesi di reato - aggiotaggio, manipolazione di mercato e di abuso di informazioni privilegiate - sorgono dal fatto che il giudizio negativo sulla manovra finanziaria di Tremonti è stato comunicato prima ancora che quest'ultima fosse resa pubblica.
Ma Monti il mercatista goldman boy - Senior Advisor Goldman - evidentemente non se ne è accorto.
N. Forcheri 7 agosto 2011
Crisi: vicepresidente Pe chiede convocazione straordinaria
Crisi: vicepresidente Pe chiede convocazione straordinaria
BRUXELLES – Il vicepresidente del Parlamento europeo Gianni Pittella e l'europarlamentare Pd Leonardo Domenici, (gruppo S&D) hanno chiesto la convocazione straordinaria della commissione per i problemi economici e monetari ''per esaminare la drammatica situazione in cui si trova l'euro''.
''Bisogna chiedere un incontro immediato con il commissario europeo per gli affari economici e monetari, Olli Rehn, con il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, e con il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker – sottolineano in una nota i due eurodeputati – per discutere l'attuale situazione e conoscere la strategia che l'Unione Europea vuole intraprendere in questo momento di acuta difficolta' della moneta unica''.
''La situazione e' altamente drammatica e richiede decisioni efficaci e tempestive, mentre finora le istituzioni ed i governi europei hanno reagito in modo lento ed inadeguato. Inoltre – osservano ancora Pittella e Domenici – e' necessario, in una fase come questa, il coinvolgimento del Parlamento Europeo, l'unica istituzione direttamente eletta dai cittadini europei''.
7 agosto 2011 | 10:42
Procura di Trani contro Moody’s e Standard&Poor’s
La Procura di Trani contro Moody’s e Standard&Poor’s
5 Agosto 2011La Procura di Trani, nel primo caso su esposto dell’Adusbef, e nel secondo di propria iniziativa, ha infatti messo sotto inchiesta, con un avviso di garanzia, i cosiddetti “senior analyst” di Moody’s e S&P, le due principali società del settore,per le loro analisi sulla situazione finanziaria del nostro Paese. Indagati non sono soltanto quattro analisti ma anche le due società in quanto tali. Tutti insieme avrebbero “diffuso notizie non corrette, dunque false anche in parte, comunque esagerate e tendenziose sulla tenuta del sistema economico-finanziario e bancario italiano” ed oltretutto “concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari”. In altre parole, la Procura di Trani sospetta che le valutazioni espresse da Moody’s e Standard&Poor’s non solo siano state volutamente alterate in senso negativo ma perseguissero un secondo fine. L’iniziativa dei magistrati si è concretizzata poi nel chiedere ed ottenere dalla Consob la documentazione presentata alla stessa Commissione di controllo sulla Borsa per ottenere l'autorizzazione comunitaria ad operare nell’Unione Europea. Autorizzazione che era stata rilasciata dall’Esma, l’agenzia europea per la sicurezza del mercato finanziario.
Se la Procura dovesse riconoscere un dolo da parte delle agenzie di rating, potrebbe essere bloccata l'attività di Moody's e Standard &Poor's in tutta la Ue, in quanto basterebbe l'opposizione di un singolo Stato membro, l’Italia, per bloccare l'autorizzazione ad esercitare l’attività di rating. Le accuse comunque non sono da poco. Si passa dall’aggiotaggio alla manipolazione di mercato fino all’abuso di informazioni privilegiate. Questo perché venne espresso un giudizio negativo sulla manovra finanziaria di Tremonti prima che ne fossero resi noti i contenuti.
E se non pagassimo il debito?
Salvatore Cannavò, Il Fatto Quotidiano
La decisione del governo Berlusconi di anticipare la manovra, rispondendo così ai diktat di Bce e “mercati internazionali” svela le ipocrisie e le litanie dell’ultimo mese: la crisi economica si traduce in quello che era lecito immaginarsi, l’ennesimo “massacro sociale” prodotto dalla corsa sfrenata ai profitti di un capitalismo al palo che non riesce a garantire più né benessere né un futuro degno. Si può certo puntare il dito contro il debito pubblico italiano, il terzo debito del mondo ma senza dimenticare due dati. Quel debito c’era anche un mese fa, un anno fa, tre anni fa e non ha prodotto nessun attacco speculativo, nessuna crisi emergenziale. Secondo, quel debito è la misura non solo della dissennatezza della politica italiana degli ultimi trent’anni ma anche di una gigantesca redistribuzione del reddito dai salari, stipendi e pensioni ai profitti delle grandi banche e della società finanziarie internazionali che detengono gran parte del debito italiano. E’ dunque utile cercare di guardare la sostanza dei problemi.Negli ultimi due decenni il capitalismo, grazie alla spinta delle politiche dominanti, portate avanti da governi di centrodestra e centrosinistra, ha cercato di salvare sé stesso e la sua assenza di spinta propulsiva accumulando una valanga di debiti. Gli economisti più avvertiti spiegano bene che la lievitazione di “sub-prime” e similari è servita per compensare l’assenza di investimenti produttivi in grado di tenere alti i profitti. Solo che, a un certo punto, per evitare il collasso del sistema, i governi si sono accollati la mole di questi debiti trasferendoli sui bilanci pubblici. Oggi il conto è presentato a lavoratori e lavoratrici, a giovani precari, a donne e pensionati. Non è un caso se l’unica misura concreta presa dal governo Berlusconi sia quella di anticipare il taglio delle agevolazioni fiscali e assistenziali, cioè le misure che interessano la maggioranza della popolazione, spesso quella che paga le tasse e che vive del proprio lavoro. Allo stesso tempo neanche un euro viene prelevato dalle tasche delle fasce più ricche.
A questa decisione, “ordinata” dalla Bce e dai suoi controllori, l’opposizione parlamentare non sa cosa rispondere, balbetta frasi incomprensibili oscillanti tra il senso di responsabilità ordinato dal presidente Napolitano e la necessità di segnalare una diversità che non esiste. Il Parlamento non offrirà risposte né sorprese interessanti visto che si è messo sotto tutela della banche e della finanza.
E anche il sindacato si è voluto incatenare a questa logica, mettendosi sotto la tutela di Confindustria, facendo proprio il dogma del pareggio di bilancio e rilanciando misure come privatizzazioni e riforma del mercato del lavoro. Cosa hanno prodotto tonnellate di leggi – legge Treu, legge 30 etc. – che hanno precarizzato il lavoro oppure le grandi privatizzazioni italiane –Telecom, Autostrade, Alitalia – negli ultimi dieci-quindi anni? Nulla. Il pareggio di bilancio in Costituzione, tra l’altro, impicca l’Italia alle variabili della finanza: che succede se una volta approvato un bilancio in pareggio si verifica un rialzo dei tassi di interesse, facendo aumentare la spesa, o se arriva una recessione imprevista?
In questo clima misure come la Patrimoniale non vengono prese in considerazioni da nessuno: la stessa Cgil l’ha proposta qualche mese fa per poi dimenticarsene.
Ma anche sul debito occorre fare una riflessione più seria. Esiste ormai in Europa una corrente di pensiero (vedi il libro “Les dettes illégitimes” di François Chesnais) che arriva addirittura a proporre il non rimborso del debito a certe condizioni. “L’ingiunzione di pagare il debito – spiega Chesnais – si basa implicitamente su questa idea che il denaro, frutto del risparmio pazientemente accumulato con il duro lavoro, sia stato effettivamente prestato. Questo può essere il caso per i risparmi delle famiglie o dei fondi del sistema di pensione per capitalizzazione. Non è il caso delle banche e degli hedge funds. Quando questi “prestano” agli Stati, comprando buoni del Tesoro aggiudicati dal Ministero delle Finanze, lo fanno con somme fittizie, la cui messa a disposizione si basa su una rete di relazioni e di transazioni interbancarie”.
Un esempio di non pagamento del debito, con ri-negoziazione con i creditori, spiega ancora l’economista francese, è quanto realizzato nel 2007 dal presidente dell’Ecuador, Rafael Correa che ha realizzato un audit pubblico quantificando il debito detenuto da società di speculazione internazionale o dai banchieri nordamericani i quali sono stati costretti a negoziare con il governo ecuadoregno. Cose da terzo mondo, si dirà, ma la Grecia non ha dimostrato che la situazione in Europa può essere analoga e che quindi il problema non può essere eluso? Anche perché come si può pensare davvero di rientrare da un debito del 120% per Pil senza annientare il nostro Paese?
La diabolica truffa del sistema bancario
La diabolica truffa del sistema bancario
Secondo la nostra Costituzione, lo Stato, come emanazione politica del Popolo, ha il potere e il dovere costituzionale di esercitare la sovranità politica e monetaria nell'interesse supremo dei cittadini dai quali ha ricevuto il mandato popolare.
L’articolo 1 della Costituzione al comma 2 stabilisce che “La Sovranità appartiene al Popolo, (anche se) la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti dalla costituzione.”
Allora è del tutto evidente che se il Popolo è Sovrano, di fatto dovrebbe esercitare la sua sovranità anche e sopratutto sulla emissione della propria moneta!
Infatti la maggior parte delle persone è convinta che il nostro denaro sia emesso per decreto dal governo o dalla zecca dello Stato. Purtroppo però le cose non stanno assolutamente così.
In realtà lo Stato ha consentito alla Banca Centrale, controllata da privati, di esercitare in sua vece il potere sovrano di creare moneta e gestire il credito, di conseguenza le banche hanno acquisito il monopolio sull’emissione della moneta e attraverso la gestione “privatistica” del credito e il controllo del debito pubblico, determinano e condizionano il sistema monetario e quindi: il destino economico del nostro paese.
Attualmente il nostro sistema bancario è in mano a un ristretto gruppo di banchieri privati che, in perfetta sintonia e complicità con la classe politica corrotta e attraverso vari sotterfugi istituzionali, è riuscito ad assumere il totale controllo sull’emissione della moneta divenendo di fatto proprietario e gestore di tutto il denaro in circolazione.
Questo colossale inganno ha permesso al sistema bancario privato di acquisire il monopolio sulla creazione della moneta trasformando il Popolo da Sovrano in eterno “debitore” e schiavo di questo sistema bancario fondato sulla truffa monetaria del Signoraggio primario e secondario.
È fondamentale capire che il Signoraggio è lo strumento utilizzato dai banchieri per imporre ai popoli il proprio dominio ed è praticamente sconosciuto alla stragrande maggioranza delle persone che a causa di questa “ignoranza”, voluta e programmata dallo stesso potere bancario, lo subisce passivamente.
Uno Stato, defraudato della propria Sovranità monetaria, non può dirsi davvero Indipendente e Sovrano e un Popolo, privato della sua moneta, automaticamente cessa di essere libero e diventa schiavo di chiunque, al di fuori del popolo stesso, detenga il monopolio dell'emissione monetaria.
Il meccanismo del Signoraggio è maledettamente geniale proprio per la sua diabolica semplicità.
La B.C.E. (Banca Centrale Europea), per conto della Banca d'Italia, mette in circolazione le euro/banconote stampate a costo zero “prestandole” agli Stati, in cambio di titoli del tesoro (B.O.T o C.C.T) ma attenzione: non “accreditando” bensì “addebitando” agli stati sovrani, ovvero cedendo le banconote non al costo tipografico ma al valore nominale (50, 100, 500 euro), gravandole poi degli interessi, al tasso che la stessa Banca Centrale decide in totale autonomia e senza alcun reale controllo da parte delle istituzioni pubbliche.
Tutti possono “prestare” il proprio denaro, ad esclusione della Banca Centrale di emissione poiché non ne ha la proprietà.
Alla banca centrale, infatti, appartiene solamente il valore intrinseco della banconota che è pari al suo costo di produzione (carta e inchiostro).
Le banche però sono autorizzate a mettere in circolazione denaro senza valore in virtù di leggi e provvedimenti di comodo approvati in parlamento dai politici compiacenti se non direttamente coinvolti nella colossale truffa del Signoraggio.
Inoltre, questo è possibile grazie alle direttive impartite dal famigerato, nonché incostituzionale, “Trattato di Maastricht”, (trattato sulla moneta unica europea) entrato in vigore il 1° novembre 1993.
La Banca Centrale Europea, quando “fabbrica” una qualunque banconota, sostiene un costo materiale di soli 0.3 centesimi di euro.
La differenza tra il costo di stampa e il valore facciale delle banconote viene comunemente definito “Reddito da Signoraggio”e viene attribuito alla Banca Centrale per la sua funzione di emissione.
Ad esempio: su un biglietto da 100 la Banca Centrale incamera 100 euro più gli interessi, diciamo del 2,50%, meno il costo di produzione di circa 3 centesimi, perciò il guadagno da Signoraggio per la banca è pari a euro 102.47, che in parte vanno ad incrementare il debito pubblico e in parte vengono incassati come interessi dalla stessa Banca Centrale.
Ora non rimane che moltiplicare questa semplice operazione contabile per il valore totale delle banconote in circolazione e si avrà l’entità reale della truffa monetaria che la B.C.E./Banca d'Italia realizza frodando lo Stato “consenziente” e truffando tutti i cittadini pressoché ignari dell’inganno.
In effetti, la Banca Centrale Europea non è altro che una normalissima “tipografia” ma si comporta e trae cospiqui benefici dalla stampa delle banconote come se fosse “proprietaria della moneta” !!!
Questo espediente contabile procura alla Banca Centrale e ai suoi azionisti privati enormi profitti che andrebbero perlomeno tassati dal fisco!
Gli utili reali però vengono “occultati” attraverso semplici e collaudati artifici contabili.
In effetti si falsificano i bilanci, iscrivendo nelle poste passive il “valore nominale” delle banconote in circolazione e nell’attivo il controvalore dei titoli di stato avuti in cambio dal Ministero del Tesoro, ottenendo così un finto “pareggio di bilancio” che produce l’occultamento della maggior parte del reddito da Signoraggio.
La banca per regola dovrebbe iscrivere nelle passività solo il costo di produzione delle banconote in circolazione e non il valore nominale, così facendo si avrebbe, per un biglietto da 100 euro, una passività di 0,3 centesimi e non di 100 euro e nelle attività si registra giustamente il valore “nominale” dei titoli di stato emessi dal Tesoro cioè 100 euro perché questo è l'introito effettivo a
fronte dei titoli che la banca realizza (più gli interessi).
Ecco come si occultano gli utili di bilancio.
In altri termini, un credito cioè il titolo di stato del valore di 100 euro viene pareggiato con il controvalore nominale della banconota da 100 euro che in realtà è costato alla banca solo 0,3 centesimi perciò: 100 (banconota) meno 100 (titolo di stato) = (falso) pareggio di bilancio. Il calcolo corretto dovrebbe essere invece: 100 (titolo di stato) meno 0,3 cent. (costo banconota) = guadagno 99,70 più interessi.
Il falso in bilancio consiste nel dichiarare come reddito solo gli interessi, che sono decine di miliardi di euro all’anno, ma allora come andrebbero contabilizzati in bilancio i 1.900 miliardi di debito pubblico che in larghissima parte gli italiani hanno contratto con la Banca Centrale e più in generale col sistema bancario nazionale e internazionale?
Quindi i conti non tornano, infatti non vengono tassati dal fisco i 99,70 euro più gli interessi bensì solo gli interessi (meno le spese) e, visto che gli importi occultati sono davvero notevoli, la Banca Centrale, falsificando il proprio bilancio, ottiene enormi e illeciti profitti anche dalla conseguente evasione fiscale.
Quanto poi alle banconote in circolazione, non si possono considerare un debito per la Banca Centrale, lo sarebbero se la stessa emettesse moneta a fronte di una riserva aurea, ma così non è dal 1971 con l’abolizione degli accordi di Breton Wood, da allora infatti tutte le Banche Centrali emettono moneta creandola dal nulla, cioè senza riserva, insomma…cartastraccia.
In Italia la Banca Centrale di emissione è denominata “Banca d’Italia” ma in realtà non è “pubblica” o “dello Stato” come ingenuamente è indotta a credere la gente comune, sopratutto per la generica ma ingannevole definizione di “Istituto di diritto pubblico” contenuta nel suo statuto.
La banca d’Italia in pratica è e si comporta come una S.p.A. ed è gestita da privati e anche se continua ad apparire a tutti come “la Banca Centrale dello Stato Italiano”, in realtà Bankitalia è “di fatto privata” perché controllata per il 90%, attraverso “le quote”, dalle maggiori banche private italiane e da alcune grandi Assicurazioni come “Le Generali” e solamente il 5% di quote è posseduto dall’INPS come “ente pubblico” (più una parte trascurabile dall’I.N.A.I.L.).
Tutto questo è in contrasto con quanto stabiliva lo stesso Statuto di Bankitalia che all’Art. 3, recitava: “in ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale da parte di Enti pubblici”.
Il 16 dicembre 2006 il Governo Prodi approva una modifica dell’Art. 3 dello Statuto, che ora recita così:“il trasferimento delle quote avviene, su proposta del Direttorio, nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Istituto”. Cioè la Banca stessa decide chi può detenere le quote/azioni, sia esso pubblico o privato, senza dover rendere conto di nulla a nessuno.
Se la Banca Centrale non fosse stata di fatto “privatizzata” e fosse lo Stato ad emettere la “nostra moneta”, il cosiddetto “reddito da Signoraggio” tornerebbe allo Stato e non sarebbe sottratto al Popolo sotto forma di interessi sul tristemente famoso “debito pubblico”.
Lo Stato Italiano infatti è oberato da un debito pubblico che ormai supera 1.900 miliardi di euro proprio a causa di questo perverso indebitamento statale in larga parte nei confronti della Banca Centrale e per pagare gli interessi sul debito pubblico, il governo tassa impunemente i cittadini, il lavoro, i servizi, i beni primari e tutto ciò che è tassabile.
La triste realtà è che i cittadini italiani sono costretti a sborsare, su questo debito pubblico inventato da politici e banchieri, oltre 80 miliardi di euro di interessi all’anno, estorti dal Governo con l’imposizione fiscale e attraverso il prelievo forzoso di innumerevoli tasse e odiose gabelle.
In definitiva, è allo Stato che spetta il compito di emettere “tutta” la nostra moneta.
Se fossimo Cittadini e non sudditi, dovremmo opporci attivamente contro lo strapotere delle banche e questa classe politica corrotta, il paese avrà pure diritto a un Governo in cui il cittadino si riconosca pienamente e non lo avverta invece come una “minaccia”, come una presenza aliena, ostile ed estranea. Sarebbe troppo pretendere un governo in grado di esercitare la propria Sovranità politica e monetaria nell'interesse sovrano del Popolo ?
Ma la parte peggiore della faccenda è che solo il 10% della massa monetaria è costituito da denaro fisico, ossia banconote emesse dalla B.C.E. e monete metalliche coniate dallo Stato.
Il restante 90% della moneta viene messo in circolazione dalle banche ordinarie o commerciali, sotto forma di “credito”, ovvero “denaro virtuale”: assegni, carte di credito e cifre sulla memoria informatica di un computer, cioè moneta fittizia/fasulla perché senza copertura, che non costa nulla alla banca ma che trasforma i cittadini, solo perché obbligati a spendere questa moneta “privata”, in eterni schiavi del debito ma, in compenso, fa diventare ricchi e potenti gli adoratori del dio denaro.
Ora è chiaro che il denaro viene letteralmente creato dal nulla dalle banche, infatti sulla base degli accordi interbancari di Basilea 2, le suddette banche “ordinarie” o “commerciali” si sono date come regola quella di detenere come riserva obbligatoria “a garanzia” soltanto il 2% dei depositi per poi prestare il restante 98% ad altri clienti, ma si badi bene, non utilizzando il denaro depositato dai correntisti, bensì “inventandolo” ad ogni successiva richiesta, sotto forma di denaro creditizio ovvero nuovo credito, “sulla base” del deposito iniziale moltiplicato quasi all’infinito. Facciamo un esempio: se depositiamo, 1.000 euro in una banca, il “sistema bancario” nel suo insieme, sulla base di quei 1.000 euro, può prestare, creando altro denaro dal nulla sotto forma di “credito”, con la moltiplicazione del valore dei depositi, fino a 50.000 euro per ogni 1.000 depositati, (questo meccanismo in gergo bancario è noto col nome di “moltiplicatore monetario”).
Così il sistema bancario, indebitando i cittadini, incassa interessi, non sui mille euro iniziali e che, peraltro non sono nemmeno suoi ma del correntista, bensì sui 50.000 creati con poca fatica e a costo zero.
Questo meccanismo di espansione della massa monetaria, nell’oscura terminologia bancaria, viene definita “Riserva frazionaria” o Signoraggio secondario.
Non tragga in inganno il termine “secondario” poiché in quanto a danni e potere distruttivo per la comunità esso non è certamente secondario ma anzi è ben maggiore del Signoraggio primario sulle banconote che fa capo alla B.C.E./Bankitalia.
La banca concede prestiti con denaro che non possiede e che inventa sul momento moltiplicando numeri e pezzi di carta senza valore reale, ma poi il debitore deve restituire alla banca denaro “vero” guadagnato lavorando con fatica e sudore e persino sotto il ricatto del pignoramento dei beni dati a garanzia in caso di “insolvenza”.
Infatti, come se non bastasse, la banca concede il prestito solamente se esso è “garantito” dai beni materiali dei cittadini. La banca stampa denaro falso e lo presta a usura accumulando enormi profitti sottraendoli a chi lavora e produce vera ricchezza.
La ricchezza di un Paese è prodotta dal Popolo, la moneta è stata inventata per “agevolare” gli scambi dei beni e dei servizi prodotti col lavoro dai cittadini, quindi la moneta ha valore solo perché gli stessi cittadini la accettano e la fanno circolare usandola come mezzo di scambio dei beni.
Le banche non producono nessuna “vera ricchezza” ma solo “l’unità di misura” dei beni oggetto dello scambio, esse creano dal nulla il nostro denaro, ne assumono illecitamente la proprietà e poi ce lo prestano lucrando enormi profitti con l'applicazione di un interesse !
Perché lo permettiamo?
Note di buon augurio
Note di buon augurio
Nel bel mezzo della grave tormenta di quest’estate, con i parlamentari e i partiti giustamente andati a godersi 41 giorni di meritata vacanza (lavorano troppo e devono riposarsi, il crack nazionale può attendere una tutela), captiamo tuttavia un vento costruttivo e riparatore. Si levano infatti, qua e là, voci e tentativi di rappresentanza diretta degli interessi del nostro popolo.
Qualche esempio. Scusateci gli errori e/o omissioni.
La battaglia per la fuoriuscita dall’euro e dall’Europa delle banche (la cosiddetta Ue), contro la globalizzazione, le guerre di aggressione coloniale e i trattati capestro che aboliscono la sovranità nazionale e la giustizia sociale, già lanciata da un ventennio da un pugno isolato di uomini liberi, è fatto proprio da più parti. Senza guardare oltre le Alpi, dove è pacifica una graduale diffusione di questo comune sentire, la battaglia viene fatta propria in toto o almeno in parte da forze altre, quali i “Comunisti-sinistra popolare” di Marco Rizzo, “Per il Bene Comune” di Nando Rossi e Giulietto Chiesa, “Sinistra critica” del trozkista Franco Turigliatto, dalla linea neo-marxista di Costanzo Preve o Renato Pallavidini. D’altro canto, su posizioni eurasiatiste-eurabiste, ma un po’ di meno impegnate sul sociale, ha una sua consistenza il Coordinamento progetto eurasia di Claudio Mutti, Tiberio Graziani, Daniele Scalea e Stefano Vernole. Su un altro lato di mobilitazione, ma con obiettivi consimili, emergono i “socialisti nazionali” di Stelvio Dal Piaz e Maurizio Canosci, la “Confederatio” e, inoltre, il “Movimento Nazional Popolare” di Rutilio Sermonti e ampie fasce di “Forza Nuova” di Roberto Fiore come pure spaccati della “Fiamma Tricolore” con Roberto Bevilacqua e altri, i “Siamfatticosì” di Antonio Rossini e altre associazioni come il “Raggruppamento sociale” di Luigi Bongiorno o “ Terza Repubblica” e così via. Quindi il variegato e purtroppo polverizzato arcipelago delle associazioni di difesa dei consumatori e dei centri anti-usura e anti-signoraggio, dei Marra, Frigiola, Fergnani, dei sindacati di base, delle società di tutela del cittadino dei Turrisi, Caracciolo, Vitali.
E le iniziative collaterali e/o le adesioni concrete a “cartelli neutrali”, da parte di “uomini liberi” tout-court. Forse il segnale più concreto di un soffio di vento costruttore.
Una volontà di partecipazione, singola o assembleare - rappresentata sia attraverso mobilitazioni su eventi specifici (esempi neutrali: libertà per l’irlandese Brendan Lillis o sit-in del 30 agosto alla Farnesina di protesta contro la Nato e la guerra alla Libia) e sia attraverso sintetiche proposte operative (esempi in atto: riunioni ferragostane programmatiche sul “fare” da parte del “gruppo dei settanta” con Alberto Mariantoni o della “sinistra nazionale”) - che rappresenta, forse, il sintomo più importante di una decisione reale di mettere la propria persona, le proprie idee, a disposizione di un progetto comune di libertà nazionale e di giustizia sociale.
Ma cosa manca, delineato in brevi imprecisi tratti questo stato antagonista nascente, perché tutto e tutti si coagulino e rafforzino in un vasto fronte comune?
Anzitutto, quando si tratti di “gruppi” o “chiese” con eredità ideologiche e dottrinarie antiche, serve un’onesta caduta delle pregiudiziali e delle convenzioni ad exludendum, con l’immediata archiviazione della propria storia in un archivio della memoria.
Quindi uno sforzo comune di sintesi, in tre o quattro slogans incontrovertibili ma densi di significato, a un tempo distruttivi e costruttivi, delle campagne da programmare.
Dunque lavoro preparatorio comune, tessitura graduale di una tela nazionale e “inter” nazionale comune e azione comune.
Ed ecco il fronte comune.