A che punto è la sinistra europea?
«Ha un grande lavoro davanti a sé. L’unione monetaria, costruita in
origine per unire i popoli europei, li ha invece divisi, mettendoli gli
uni contro gli altri. C’è un urgente bisogno di ridare vita al dialogo
democratico. In questo senso,
mi sembra essenziale creare una rete europea dei progressisti,
al di là delle divisioni politiche tradizionali e dei confini, pronta a
perseguire un obiettivo radicale: democratizzare l’euro e le sue
istituzioni, con tutti coloro che sono convinti che nulla di buono può
venire dai tecnocrati di Francoforte o di Bruxelles che depoliticizzano
la moneta».
Chi potrebbe dirigere questo movimento? Lei?
«Non si tratta di sapere chi lo potrebbe dirigere, è una decisione
che non può venire dall’alto, né può essere ridotta a un leader,
chiunque sia».
La Francia è stata un’alleata del governo di Alexis Tsipras nel corso dei negoziati con i partner della Grecia?
«La maggior parte degli europei immagina che negli ultimi mesi la
Grecia abbia negoziato con i suoi partner della zona euro. Non è così.
Durante i cinque mesi in cui sono stato coinvolto, i miei omologhi mi
rimandavano sistematicamente ai rappresentanti di Commissione, Bce e
Fmi. Non ho mai negoziato direttamente con Michel Sapin. Né con Wolfgang
Schaeuble, che mi assicurava di non poter fare nulla per me. Anche
quando Schaeuble ed io abbiamo finalmente aperto un dialogo, poco prima
del mio ritiro, era chiaro che qualsiasi grado di convergenza tra noi
non poteva essere espresso formalmente».
Rimprovera al governo greco di aver firmato il terzo piano di aiuti?
«Ho votato contro questo programma. Purtroppo, il primo Ministro alla
fine ha accettato ciò che lui stesso ha definito non buono. L’Europa
intera ne uscirà perdente».
Eppure ha evitato il “Grexit”
«Questo è il modo in cui la stampa presenta le cose, ma io non
condivido. Se la Grecia tenta, a dispetto del buon senso e delle leggi
elementari dell’economia, di applicare questo memorandum e le riforme
che lo accompagnano, corre dritta verso il Grexit. Perché
questo programma è stato concepito per affondare la nostra economia.
Risultato: non potremo mantenere i nostri impegni, e Schaeuble potrà
puntare il dito contro di noi e tagliare gli aiuti al nostro paese.
L’obiettivo che persegue è molto chiaramente il Grexit».
Lei sostiene che il ministro Schaeuble vuole spingere la Grecia fuori dall’euro. Per quale motivo?
«Per colpire la Francia.
Lo stato sociale francese, il suo
diritto del lavoro, le sue imprese nazionali sono il vero obiettivo del
ministro delle finanze tedesco. Egli considera la Grecia come
un laboratorio di austerità, dove sperimentare il memorandum prima di
esportarlo. La paura del Grexit mira a far crollare le resistenze
francesi, né più né meno».
Lei chiede di creare nuove istituzioni nella zona euro, di dare più potere al Parlamento europeo?
«Ritengo che
non abbiamo un Parlamento europeo.
L’istituzione di oggi non compie la sua missione. È un insieme di
interessi nazionali che insulta il concetto stesso di democrazia ».
Se potesse tornare indietro, al
mese di gennaio, quando Syriza è andato al potere ed è stato nominato
ministro delle Finanze, che cosa cambierebbe?
«Molte cose. Ma soprattutto una. Il 20 febbraio, avevamo raggiunto un
accordo importante con i creditori. Non menzionava più il memorandum,
ma spiegava che il governo greco avrebbe presentato un elenco di
riforme, convalidate dai partner che lo avrebbe sostituito. Solo che,
due giorni dopo, i dirigenti delle istituzioni,
Pierre Moscovici, per la Commissione,
Christine Lagarde, per il Fmi e
Mario Draghi,
per la Bce, hanno reintrodotto il riferimento al memorandum durante una
conferenza telefonica. A quel punto, avremmo dovuto rifiutare di
continuare la discussione ».
Nei sei mesi in cui è stato a
capo del ministero delle Finanze, non ha preso alcuna decisione per
lottare contro la corruzione e gli oligarchi, che denuncia con vigore.
«Questo è un ottimo esempio della disinformazione contro cui mi
batto. Abbiamo preso, nonostante tutto, dei provvedimenti, in
particolaresul l’evasione fiscale, uno dei principali mali del
paese. Uno di essi consiste nell’uso di un software con un algoritmo che
consente di confrontare i trasferimenti di denaro tra conti bancari
degli ultimi venti anni con le dichiarazioni dei redditi. Si tratta di
un progetto notevole. Tanto più tenendo conto che la troika non ci ha
facilitato le cose. Ma ci siamo riusciti. Se tutto va bene, più di
seicentomila evasori fiscali verranno identificati grazie a questo
algoritmo a settembre o ottobre. Sarebbe un grande successo».
Perché la “troika” non vi ha aiutato?
«Il suo vero obiettivo non è mai stato quello di riformare il nostro
paese, né di recuperare il denaro prestato alla Grecia. Altrimenti,
avrebbe accettato le nostre proposte, vale a dire di ridurre il debito
pubblico, di istituire una struttura di riscatto per gestire i crediti
in sofferenza, e lanciare una banca d’investimento in grado di
rafforzare l’economia e la crescita potenziale. Al contrario,
ha preferito imporci delle condizioni che garantiscono che non saremo mai in grado di ripagarlo».
Ma a quale scopo?
«Perché la Grecia è solo una battaglia in
una guerra molto più ampia per il controllo dell’unione monetaria.
Nel 2010, il primo piano di aiuti aveva come obiettivo salvare le
banche francesi e tedesche. Oggi, i creditori cercano semplicemente di
controllare il governo greco, per neutralizzare gli altri paesi che
potrebbero sfidare l’ordine costituito, questo è
il progetto di Schaeuble».
In queste circostanze, la Grecia deve malgrado tutto rimanere nell’euro?
«Alexis Tspiras mi ha nominato ministro delle Finanze perché sono e
sono sempre stato convinto che, nonostante i difetti iniziali
dell’unione monetaria, non è possibile né opportuno uscirne. Dobbiamo
cercare, invece, di risolvere ciò che non funziona al suo interno. Non
sono, d’altra parte, un feticista dell’euro, né della dracma.
Le monete, come i mercati finanziari, sono degli strumenti al servizio di un obiettivo: migliorare la vita dei cittadini. Ma negli ultimi vent’anni, abbiamo avuto la tendenza a dimenticarlo.
I mercati, come l’euro, sono diventati delle religioni».
Continuerà a impegnarsi nella vita politica greca?
Assolutamente sì. Quando, dopo una lunga riflessione, sono sceso
nell’arena politica, l’ho fatto per restarci. Voglio rappresentare i
greci che hanno votato per me e lottare per loro con tutti i mezzi
possibili. La missione che sento di dover compiere oggi è quella di
rendere pubblico a livello internazionale ciò che è accaduto in Grecia
negli ultimi mesi».
Lei ha dato il suo sostegno a
Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, che cerca di far svelare il
trattato di libero scambio transatlantico (ndr: guarda “Il segreto più importante per l’Europa“). Renderebbe pubblici anche dei documenti dell’ Eurogruppo?
«Il mio rapporto con Julian Assange va oltre le pure questioni europee. La mia esperienza dell’Eurogruppo, dove
si prendono decisioni importanti senza che i cittadini ne siano informati, senza documentazione scritta, riecheggia la guerra di Wikileaks, contro un mondo in cui
i potenti dispongono di tutte le informazioni e i cittadini non hanno nulla».