sabato 29 agosto 2015

Zagrebelsky attacca la sovranità dei redditieri

Zagrebelsky, ex Corte Costituzionale: “se oggi diciamo che lo Stato può fallire è perché la sovranità è venuta a mancare”

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Finalmente anche ex Giudici della Corte Costituzionale, anzi addirittura un ex Presidente della stessa, cominciano a dire le cose come stanno e senza inutili giri di parole. Non può che far piacere che Gustavo Zagrebelsky affermi con decisione concetti che sono nostri da molti anni.
Finalmente un Magistrato della Consulta ha il coraggio di dire che gli Stati sovrani non possono fallire e che oggi, se ciò accade, è perché lo Stato ha abdicato al suo ruolo cedendo la sua prerogativa fondamentale: la sovranità monetaria. Un’affermazione che andrebbe tenuta in debita considerazione dalle Procure della Repubblica che incredibilmente non vedono reati nello smantellamento dell’Italia come Stato sovrano ed indipendente.
Le parole di Zagrebelsky sono anche uno schiaffo al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che, benché giurista ed ex Corte Costituzionale, non usa il suo potere istituzionale per dire le medesime verità che ben difficilmente potrebbe omettere per mera ignoranza. 
Ma trascriviamo le splendide parole di Zagrebelsky a cui va la stima di tutti coloro che credono ancora nella libertà e nel riscatto della democrazia costituzionale:
Si parla di fallimento dello Stato come di cosa ovvia.
Oggi, è “quasi” toccato ai Greci, domani chissà. È un concetto sconvolgente, che contraddice le categorie del diritto pubblico formatesi intorno all’idea dello Stato. Esso poteva contrarre debiti che doveva onorare. Ma poteva farlo secondo la sostenibilità dei suoi conti. Non era un contraente come tutti gli altri. Incorreva, sì, in crisi finanziarie che lo mettevano in difficoltà. Ma aveva, per definizione, il diritto all’ultima parola. Poteva, ad esempio, aumentare il prelievo fiscale, ridurre o “consolidare” il debito, oppure stampare carta moneta: la zecca era organo vitale dello Stato, tanto quanto l’esercito. Come tutte le costruzioni umane, anche questa poteva disintegrarsi e venire alla fine. Era il “dio in terra”, ma pur sempre un “dio mortale”, secondo l’espressione di Thomas Hobbes. Tuttavia, le ragioni della sua morte erano tutte di diritto pubblico: lotte intestine, o sconfitte in guerra. Non erano ragioni di diritto commerciale, cioè di diritto privato.
Se oggi diciamo che lo Stato può fallire, è perché il suo attributo fondamentale — la sovranità — è venuto a mancare. Di fronte a lui si erge un potere che non solo lo può condizionare, ma lo può spodestare. Lo Stato china la testa di fronte a una nuova sovranità, la sovranità dei creditori“.
Esattamente come è per le società commerciali. I creditori esigono il pagamento dei loro crediti e, se il debitore è insolvente, possono aggredire lui e quello che resta del suo patrimonio e spartirselo tra loro”.
La menomazione dell’indipendenza e della sovranità è reato… Chissà se dopo le parole di Zagrebelsky qualcuno alla Procura di Roma inizierà a pensarci…

Consumatori: “Commissariare Bankitalia”

Interessi sugli interessi, consumatori: “Commissariare Bankitalia”

Interessi sugli interessi, consumatori: “Commissariare Bankitalia”
Lobby
 
Nuovi attacchi alla proposta che via Nazionale ha concordato con il Tesoro, di reintrodurre l'anatocismo bancario. Adusbef e Federconsumatori: "Abuso di potere e concorso in usura"
Di ora in ora si moltiplicano le critiche alla proposta di Bankitalia sull’anatocismo (il calcolo, vietato per legge, degli interessi sugli interessi) e si preannunciano anche iniziative giudiziarie nei confronti dell’istituto guidato da Ignazio Visco. Ai rilievi molto pesanti avanzati da Unimpresa che ha parlato di un “intervento vergognoso” con cui “viene clamorosamente aggirata una legge dello Stato oltre che calpestate numerose pronunce giurisprudenziali”, si uniscono anche Adusbef e Federconsumatori che, con un comunicato durissimo, chiedono il commissariamento di Banca d’Italia e preannunciano una denuncia penale nei confronti dell’istituto centrale per concorso nel reato di usura ed abuso di potere.
Nell’occhio del ciclone c’è la norma che Banca d’Italia, in accordo con il ministero del Tesoro, intende proporre al Cicr (Comitato interministeriale per il credito e il risparmio) che reintroduce di fatto la capitalizzazione degli interessi vietata dalla legge: un regalo che per le banche vale circa 2 miliardi di euro. In questi anni, ricordano Adusbef e Federconsumatori, la Banca d’Italia è intervenuta illegittimamente con sue circolari per rendere sostanzialmente inapplicabile la legge sull’usura espungendo ad esempio la commissione di massimo scoperto ai fini del calcolo della soglia ed è stata sconfessata dalla Corte di Cassazione che non solo ha stabilito che la commissione dovesse rientrare nel calcolo, ma ha anche sottolineato come “le circolari o direttive, ove illegittime e in violazione di legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti di credito”.
Ora l’intervento a gamba tesa sull’anatocismo bancario, che – come la legge sull’usura – ha avuto un iter piuttosto travagliato, ma che dal 2013, con la riformulazione dell’articolo 120 del Testo unico bancario, è vietato a tutti gli effetti e senza possibili fraintendimenti, anche se manca appunto la delibera del Cicr per renderla operativa a tutti gli effetti. E così le banche hanno continuato e continuano a calcolare gli interessi sugli interessi, gli utenti sono costretti a rivolgersi ai tribunali (che condannano le banche, come da ultimo è successo alla Cassa di risparmio di Ascoli Piceno) e la Banca d’Italia, anziché intervenire a tutela del pubblico risparmio, propone ancora una volta il colpo di spugna. Come? Stabilendo una deroga: secondo la proposta di Via Nazionale gli interessi verrebbero calcolati su base annua, ma andrebbero obbligatoriamente liquidati entro 60 giorni dalla ricezione dell’estratto conto di fine anno (o di chiusura del rapporto).
Qualora l’utente non si trovi nelle condizioni di poterli liquidare (perché ha il conto in rosso), sarebbe possibile di mutuo accordo tra cliente e banca utilizzare il fido per estinguere il debito da interessi. Ed è proprio in questo modo che su conti correnti e carte di credito viene reintrodotto l’anatocismo perché – come si legge nello stesso documento di Via Nazionale – si avrebbe appunto una “conseguente produzione di interessi su quanto utilizzato per estinguere il debito da interessi”. Un meccanismo perverso che negli anni della crisi ha contribuito a strozzare tante famiglie e imprese e contro il quale si prepara una mobilitazione compatta di associazioni, imprenditori e cittadini.

giovedì 27 agosto 2015

Video del Popolo Sovrano sulla questione monetaria

martedì 25 agosto 2015

Rinaldi: Crac delle borse: "Qua viene giù tutto!"

Friedman fa il punto sulla Grecia: elezioni, il debito e l’inadeguatezza dei vertici europei

Intervista a Varoufakis; “Eurogruppo: i cittadini fuori,nessuna documentazione scritta”.

L’Eurogruppo come il Bilderberg, Varoufakis: “i cittadini fuori, nessuna documentazione scritta”.


Sono Come il Bilderberg Varoufakis
A che punto è la sinistra europea?
«Ha un grande lavoro davanti a sé. L’unione monetaria, costruita in origine per unire i popoli europei, li ha invece divisi, mettendoli gli uni contro gli altri. C’è un urgente bisogno di ridare vita al dialogo democratico. In questo senso, mi sembra essenziale creare una rete europea dei progressisti, al di là delle divisioni politiche tradizionali e dei confini, pronta a perseguire un obiettivo radicale: democratizzare l’euro e le sue istituzioni, con tutti coloro che sono convinti che nulla di buono può venire dai tecnocrati di Francoforte o di Bruxelles che depoliticizzano la moneta».
Chi potrebbe dirigere questo movimento? Lei?
«Non si tratta di sapere chi lo potrebbe dirigere, è una decisione che non può venire dall’alto, né può essere ridotta a un leader, chiunque sia».
La Francia è stata un’alleata del governo di Alexis Tsipras nel corso dei negoziati con i partner della Grecia?
«La maggior parte degli europei immagina che negli ultimi mesi la Grecia abbia negoziato con i suoi partner della zona euro. Non è così. Durante i cinque mesi in cui sono stato coinvolto, i miei omologhi mi rimandavano sistematicamente ai rappresentanti di Commissione, Bce e Fmi. Non ho mai negoziato direttamente con Michel Sapin. Né con Wolfgang Schaeuble, che mi assicurava di non poter fare nulla per me. Anche quando Schaeuble ed io abbiamo finalmente aperto un dialogo, poco prima del mio ritiro, era chiaro che qualsiasi grado di convergenza tra noi non poteva essere espresso formalmente».
Rimprovera al governo greco di aver firmato il terzo piano di aiuti?
«Ho votato contro questo programma. Purtroppo, il primo Ministro alla fine ha accettato ciò che lui stesso ha definito non buono. L’Europa intera ne uscirà perdente».
Eppure ha evitato il “Grexit”
«Questo è il modo in cui la stampa presenta le cose, ma io non condivido. Se la Grecia tenta, a dispetto del buon senso e delle leggi elementari dell’economia, di applicare questo memorandum e le riforme che lo accompagnano, corre dritta verso il Grexit. Perché questo programma è stato concepito per affondare la nostra economia. Risultato: non potremo mantenere i nostri impegni, e Schaeuble potrà puntare il dito contro di noi e tagliare gli aiuti al nostro paese. L’obiettivo che persegue è molto chiaramente il Grexit».
Lei sostiene che il ministro Schaeuble vuole spingere la Grecia fuori dall’euro. Per quale motivo?
«Per colpire la Francia. Lo stato sociale francese, il suo diritto del lavoro, le sue imprese nazionali sono il vero obiettivo del ministro delle finanze tedesco. Egli considera la Grecia come un laboratorio di austerità, dove sperimentare il memorandum prima di esportarlo. La paura del Grexit mira a far crollare le resistenze francesi, né più né meno».
Lei chiede di creare nuove istituzioni nella zona euro, di dare più potere al Parlamento europeo?
«Ritengo che non abbiamo un Parlamento europeo. L’istituzione di oggi non compie la sua missione. È un insieme di interessi nazionali che insulta il concetto stesso di democrazia ».
Se potesse tornare indietro, al mese di gennaio, quando Syriza è andato al potere ed è stato nominato ministro delle Finanze, che cosa cambierebbe?
«Molte cose. Ma soprattutto una. Il 20 febbraio, avevamo raggiunto un accordo importante con i creditori. Non menzionava più il memorandum, ma spiegava che il governo greco avrebbe presentato un elenco di riforme, convalidate dai partner che lo avrebbe sostituito. Solo che, due giorni dopo, i dirigenti delle istituzioni, Pierre Moscovici, per la Commissione, Christine Lagarde, per il Fmi e Mario Draghi, per la Bce, hanno reintrodotto il riferimento al memorandum durante una conferenza telefonica. A quel punto, avremmo dovuto rifiutare di continuare la discussione ».
Nei sei mesi in cui è stato a capo del ministero delle Finanze, non ha preso alcuna decisione per lottare contro la corruzione e gli oligarchi, che denuncia con vigore.
«Questo è un ottimo esempio della disinformazione contro cui mi batto. Abbiamo preso, nonostante tutto, dei provvedimenti, in particolaresul l’evasione fiscale, uno dei principali mali del paese. Uno di essi consiste nell’uso di un software con un algoritmo che consente di confrontare i trasferimenti di denaro tra conti bancari degli ultimi venti anni con le dichiarazioni dei redditi. Si tratta di un progetto notevole. Tanto più tenendo conto che la troika non ci ha facilitato le cose. Ma ci siamo riusciti. Se tutto va bene, più di seicentomila evasori fiscali verranno identificati grazie a questo algoritmo a settembre o ottobre. Sarebbe un grande successo».
Perché la “troika” non vi ha aiutato?
«Il suo vero obiettivo non è mai stato quello di riformare il nostro paese, né di recuperare il denaro prestato alla Grecia. Altrimenti, avrebbe accettato le nostre proposte, vale a dire di ridurre il debito pubblico, di istituire una struttura di riscatto per gestire i crediti in sofferenza, e lanciare una banca d’investimento in grado di rafforzare l’economia e la crescita potenziale. Al contrario, ha preferito imporci delle condizioni che garantiscono che non saremo mai in grado di ripagarlo».
Ma a quale scopo?
«Perché la Grecia è solo una battaglia in una guerra molto più ampia per il controllo dell’unione monetaria. Nel 2010, il primo piano di aiuti aveva come obiettivo salvare le banche francesi e tedesche. Oggi, i creditori cercano semplicemente di controllare il governo greco, per neutralizzare gli altri paesi che potrebbero sfidare l’ordine costituito, questo è il progetto di Schaeuble».
In queste circostanze, la Grecia deve malgrado tutto rimanere nell’euro?
«Alexis Tspiras mi ha nominato ministro delle Finanze perché sono e sono sempre stato convinto che, nonostante i difetti iniziali dell’unione monetaria, non è possibile né opportuno uscirne. Dobbiamo cercare, invece, di risolvere ciò che non funziona al suo interno. Non sono, d’altra parte, un feticista dell’euro, né della dracma. Le monete, come i mercati finanziari, sono degli strumenti al servizio di un obiettivo: migliorare la vita dei cittadini. Ma negli ultimi vent’anni, abbiamo avuto la tendenza a dimenticarlo. I mercati, come l’euro, sono diventati delle religioni».
Continuerà a impegnarsi nella vita politica greca?
Assolutamente sì. Quando, dopo una lunga riflessione, sono sceso nell’arena politica, l’ho fatto per restarci. Voglio rappresentare i greci che hanno votato per me e lottare per loro con tutti i mezzi possibili. La missione che sento di dover compiere oggi è quella di rendere pubblico a livello internazionale ciò che è accaduto in Grecia negli ultimi mesi».
Lei ha dato il suo sostegno a Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, che cerca di far svelare il trattato di libero scambio transatlantico (ndr: guarda “Il segreto più importante per l’Europa). Renderebbe pubblici anche dei documenti dell’ Eurogruppo?
«Il mio rapporto con Julian Assange va oltre le pure questioni europee. La mia esperienza dell’Eurogruppo, dove si prendono decisioni importanti senza che i cittadini ne siano informati, senza documentazione scritta, riecheggia la guerra di Wikileaks, contro un mondo in cui i potenti dispongono di tutte le informazioni e i cittadini non hanno nulla».

mercoledì 12 agosto 2015

Il segreto di Grillo: era discepolo di Auriti

Il segreto di Grillo: era discepolo di Auriti, il missino che odiava le banche

Il segreto di Grillo: era discepolo di Auriti, il missino che odiava le banche




Quando il professor Giacinto Auriti iniziò a parlare di signoraggio bancario, di moneta, di sistema bancario, erano gli anni Settanta, nessuno ne parlava, nessuno sapeva cos’erano. Oggi che l’argomento è diventato di pubblico dominio, grazie alla destra, alla Lega e anche a Beppe Grillo, le teorie economiche del missino Auriti vengono rivalutate. Giacinto Auriti, abruzzese doc, professore universitario (fu cofondatore dell’università di Teramo), economista, scrittore, saggista, imprenditore e molto altro ancora, è un poundiano di ritorno, perché partendo dalle considerazioni del grande economista e poeta Ezra Pound ha elaborato una teoria tesa a privare le banche centrali della proprietà della moneta che – secondo Auriti – andrebbe restituita ai cittadini. Ma negli anni Settanta e Ottanta l’Europa andava a gonfie vele, l’economia tirava, e Auriti era considerato solo un eccentrico professore che diceva fastidiose cose alternative; in più, era missino convinto, e pertanto a priori non andava ascoltato né valorizzato: su di lui c’era l’anatema dell’intellighenzia antifascista, da lui non poteva venire nulla di buono. Se Auriti fosse stato un economista e docente universitario schierato a sinistra, nel gregge, sicuramente oggi le sue idee sarebbero state messe in pratica,  probabilmente l’Italia e la Ue  sarebbero in condizioni diverse. Ma così non è andata: la miopia del pensiero omogeneo unico e del politicamente corretto l’hanno avuta vinta sulle idee vincenti e rivoluzionarie di Auriti, e gli unici a ricordare le sue battaglie ei suoi ammonimenti sono la Lega e Casapound, peraltro inascoltati dal sistema come lo fu lui ai suoi tempi.

Auriti fu docente universitario e scrittore

Eppure in un’intervista del 1999 Auriti dichiarò che un giovane comico, Beppe Grillo, lesse i suoi libri sulla moneta, se ne innamorò, andò a conoscerlo e strinsero un ottimo rapporto: vero o non vero, è però una realtà che da allora in poi Beppe Grillo nei suoi seguitissimi spettacoli iniziò a parlare di signoraggio bancario, di truffa delle banche centrali nei confronti degli Stati sovrani, di moneta e quant’altro, peraltro riscuotendo sempre grandissimi successi. Non sappiamo in realtà se Beppe Grillo fu un vero  e proprio discepolo di Giacinto Auriti, come il professore dichiarò, però è certo che il comico genovese ha fatto delle teorie di Auriti il suo cavallo – vincente –  di battaglia, e si potrebbe addirittura pensare che la discesa in campo di Grillo sia l’onda lunga del desiderio di combattere il sistema bancario così come teorizzava il professore di Guardiagrele. Auriti era nato infatti in quel comune abruzzese in provincia di Chieti nel 1923, e scomparve a Roma l’11 agosto del 2006. Elaborò la sua famosa Teoria del valore indotto della moneta negli anni Settanta: nel 1977 diede alle stampe il libretto Principi e orientamenti per una moneta europea, in cui descriveva le linee guida per una eventuale adesione a una valuta comune europea, e si tenga presente che allora di euro non si parlava, al massimo si pensava all’Ecu, che però non fu mai realizzato. Nel 1993 fondò, e ne diventò preside, l’università di Teramo, dove organizzava convegni anche internazionali sulla moneta; successivamente fondò la scuola di Teramo di diritto monetario. Secondo Auriti, in definitiva, le banche centrali ricaverebbero profitti indebiti dal signoraggio sulla emissione di cartamoneta, cosa che influisce non poco anche sul vertiginoso aumento del debito pubblico. Auriti fu protagonista di denunce contro la Banca d’Italia per una serie di accuse, portò davanti al giudice la questione del signoreggio bancario, avviò l’esperimento rivoluzionario del Simec nel suo paese natale, con l’emissione di moneta, esperimento che fu interrotto dalla Guardia di Finanza. Oggi però, le sue idee sono germogliate: il web è pieno di articoli e tesi riguardanti il signoraggio, il sistema bancario, la truffa della moneta, insomma tutte quelle teorie che Auriti aveva elaborato denunciando le storture dell’intero sistema economico mondiale. Se ne parla sui giornali, in internet, nei partiti, ne discutono gli economisti, sono studiate dai giovani. Le idee di Pound e di Giacinto Auriti, insomma, oggi camminano con altre gambe. Ma camminano.

lunedì 10 agosto 2015

La politica non deve disporre della sovranità monetaria ?

La politica non deve disporre della sovranità perché corrotta?

Avv. Marco Mori 

http://scenarieconomici.it/la-politica-non-deve-disporre-della-sovranita-monetaria-perche-corrotta/

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Parliamo della dottrina della banca centrale indipendente. Trattasi della tesi codificata e resa vincolante dal TFUE (Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea) secondo la quale la banca centrale, che detiene la sovranità assoluta sulle politiche monetarie, non può neppure prendere consigli dai singoli Stati membri dell’UEM e neppure può prenderli dalle istituzioni europee.
Ora si è più volte detto che tale opzione è contraria alla nostra Costituzione. Ciò vale sia perché si tratta di una cessione di sovranità e non già di una mera limitazione della medesima (con violazione degli artt. 1 ed 11 Cost.) ma anche perché sempre la nostra Costituzione dispone che la Repubblica debba controllare, coordinare e disciplinare il credito (art. 47 Cost.).
Ovvio che una banca centrale indipendente non è una controllata ma è il controllore e che se essa è indipendente gli Stati non lo sono. Ma non voglio fermarmi al diritto ed andare direttamente alle ragioni pratiche che molti pongono a fondamento di questa scelta. Si dice che la classe politica sia clientelare e corrotta e che dunque userebbe la moneta per i suoi comodi. Allora se la moneta è in mano ad un terzo indipendente tale rischio verrebbe a cessare immediatamente.
Ma davvero qualcuno ritiene razionale questo argomento? Dov’è la logica? Perché un terzo, a cui è ceduta la sovranità monetaria, dovrebbe essere moralmente più elevato della classe politica? Perché dobbiamo dare per scontato che agirebbe in funzione dell’interesse pubblico e non secondo le sue pulsioni?
Sono domande a cui nessuno può rispondere poiché la natura umana è intrinsecamente propensa all’egoismo e dunque il rischio di deviazioni dal percorso dell’interesse pubblico sono analoghe in entrambe le opzioni. L’egoismo non è una prerogativa specifica della politica.
La scelta di una banca centrale indipendente, ferma la sua incostituzionalità, ha poi anche un altro contro evidente. La parola democrazia vi dice nulla? Ebbene un politico italiano per quanto corrotto è soggetto sia al controllo della nostra magistratura (BCE anche per ragioni di competenza territoriale non è sotto il pieno controllo della nostra magistratura) che a quello degli elettori. Il controllo democratico dunque è per definizione uno strumento di vigilanza sull’utilizzo dei poteri d’imperio che si delegano alle Istituzioni attraverso il diritto di voto.
La banca centrale invece è avulsa a tutto questo e non è soggetta ad alcun vaglio democratico. Un potere così vasto darebbe alla testa a molti se non a tutti.
Pertanto o riteniamo che, guardando semplicemente in viso Mario Draghi, possiamo dirci assolutamente certi che esso sia un grande benefattore dell’umanità e che mai anteporrebbe al bene comune gli interessi personali, oppure dobbiamo prendere atto che, stante la natura umana, potrebbe anche non essere affatto così ed allora la nostra scelta sarebbe stata demenziale. Infatti, mentre possiamo mandare a casa un politico corrotto, non possiamo fare nulla per limitare o dirigere i poteri della banca centrale poiché essa è sovrana ed indipendente.
In sostanza con la banca centrale europea ci è stato fatto passare il concetto che per limitare sprechi o corruzione è necessario rinunciare alla democrazia. Insomma sarebbe come dire che in caso di diffusione di un’alta criminalità debba ritenersi giustificabile abolire i diritti inalienabili dell’uomo per ripristinare l’ordine. Si tratta di un punto di vista davvero pericoloso. La libertà ha indubbiamente un costo ma è la più alta conquista della nostra civiltà e nessuno deve poterci convincere che una situazione di emergenza possa giustificare la sua menomazione.
La politica monetaria deve tornare sotto il controllo democratico e sotto la sovranità popolare. Se poi verrà usata male pazienza, la democrazia è anche questa. Meglio perire che rinunciarvi.

giovedì 6 agosto 2015

Massoneria, banchieri e società segrete

Zitti zitti, ecco la norma che salva i banchieri dalla galera

Zitti zitti, ecco la norma che salva i banchieri dalla galera

Con il sole di ferragosto e mentre i giornali esultano perché un italiano su due va al mare, arriva il consueto colpetto del Governo, che ieri nel disinteresse generale ha fatto passare il Comma Salva-Banchieri. Una nuova norma che depenalizza il falso in bilancio. Eccola qui: (scritta come sempre perché non ci capiate nulla):

l-bis. Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.

Insomma, basterà che a fronte di documenti contabili eccessivamente creativi ci si giustifichi sostenendo di essersi ispirati al manuale delle Giovani Marmotte. Curiosamente, la norma arriva proprio quando a Londra i primi banchieri finiscono in galera, nel silenzio generale dei media. L’analisi di Marco Saba su Byoblu.com, nel video.

mercoledì 5 agosto 2015

Scandalo Libor, 14 anni per un ex-dipendente UBS e Citigroup

Scandalo Libor, 14 anni per un ex-dipendente UBS e Citigroup

Esploso nel 2012 ma relativo al quinquennio 2006-2010, per lo scandalo LIBOR è giunto il momento della prima condanna. Tom Hayes, ex dipendente di UBS e Citigroup, è stato condannato a 14 anni di reclusione da un tribunale inglese
Cominciano ad avere dei responsabili certificati le manipolazioni del London Inter Bank Offered Rate (LIBOR); uno di questi è Tom Hayes, matematico inglese di 35 anni che rivedrà la libertà quando di anni ne avrà 49. L’ex trader di UBS e Citibank è stato riconosciuto colpevole di avere corretto in modo fraudolento il LIBOR, così come dimostrato dall’SFO (Serious Fraud Office) di Sua Maestà. Sentenza che da’ spessore al tribunale britannico e a tutto il sistema inglese ma che per il momento lascia fuori i vertici delle banche, difficilmente ignare di quanto stesse accadendo.
Ma cos’è il LIBOR e come impatta sulla vita delle persone? È il tasso di prestito interbancario, ossia l’indice che misura il costo del denaro applicato dalle banche quando si prestano liquidità. I tassi LIBOR sono fissati ogni giorno con un procedimento certificato (male) dalla BBA (British Bankers Association). Dal LIBOR dipendono i tassi di interesse di una lunga lista di prodotti e servizi tra i quali i mutui a tasso variabile, le carte di credito, i leasing e parte del credito al consumo. Se l’indice LIBOR sale salgono anche i tassi d’interesse a questo associati e, al contrario, questi scendono con il diminuire del tasso LIBOR.
Il meccanismo con cui veniva manipolato è in realtà facile – e questo la dice lunga sul sistema di controllo della BBA e sulla facilità con cui le banche si muovono tra le crepe del sistema – e trova un effetto massimo quando più Istituti vi collaborano, annunciando tassi di interesse più alti di quelli che in realtà vengono applicati loro. Il LIBOR è una media tra tutti i tassi di interesse annunciati dalle banche (con eccezione del valore minimo e di quello massimo, che vengono esclusi dal calcolo).
Lo scandalo ha fatto vittime illustri nel 2012, a partire dalla Deutsche Bank che fino ad oggi ha pagato multe per 2,5 miliardi di dollari fino ad UBS che ha versato 1,5 miliardi, passando per RBS, Crédit Agricole, JP Morgan e HSBC che, insieme, hanno collezionato poco meno di un miliardo di euro di multe comminate dalla Commissione Europea. Sempre nel 2012 la Barclays Bank, oltre a pagare una multa di 360 milioni di euro, è stata completamente decapitata dei vertici; hanno infatti lasciato le rispettive poltrone il direttore generale Jerry Del Missier e l’amministratore delegato Bob Diamond.
Multe pesanti, certo, ma in realtà il denaro accantonato dagli Istituti di credito è stato tolto all’economia. Le parole di Joaquin Almunia, Commissario europeo per la Concorrenza dal 2010 al 2014, sono rivelatrici: “quello che è scioccante non è solo la manipolazione degli indici, ma anche la collusione tra banche che si suppone siano concorrenti”. I trader di diversi Istituti di credito, coperti da nick name, stabilivano tra loro il tasso di diversi prodotti finanziari, verità ribadita anche Tom Hayes che sostiene di essere solo un capro espiatorio e di essere stato scaricato dai suoi precedenti datori di lavoro, aziende troppo potenti per essere contrastate da un uomo solo. Hayes ha collaborato con l’SFO per poi ritrattare tutto, sostenendo di avere mentito per evitare l’estradizione negli USA, laddove avrebbe rischiato una pena più pesante dei 14 anni di reclusione inflitti. Durante i numerosi interrogatori l’uomo aveva ammesso di essere stato molto attivo nelle manipolazioni dell’indice e che il management degli Istituti di credito per cui lavorava era al corrente.
Il singolo è stato punito, ed è necessario che ciò avvenisse. Ora le condanne devono entrare nei piani alti delle banche ed è possibile che ciò accadrà l’anno prossimo, con l’apertura di altre due inchieste da parte delle Autorità britanniche. Anche i tribunali USA sono chini sulla questione LIBOR.
L’attendibilità del sistema bancario continua la sua discesa: era il 2008 quando Jerôme Kerviel, ex trader della banca francese Societé Générale, è stato condannato a 5 anni di reclusione per avere fatto perdere all’Istituto di credito 4,9 miliardi di euro, un caso eclatante secondo solo a quello che ha visto protagonista Nick Leeson il quale, con una serie di speculazioni tanto rischiose quanto fallimentari, ha fatto chiudere la Barings Bank per la quale lavorava. Nel 2012 Kweku Adoboli, ex trader di UBS a Londra, è stato condannato a sette anni di reclusione per frode, dopo avere cagionato perdite per circa 2 miliardi di dollari alla banca. In tutti questi casi le banche erano all’oscuro delle operazioni fatte dai propri dipendenti. Così davvero fosse, il sistema di verifica delle operazioni va rivisto.
Il passato recente è storia: le banche in difficoltà vengono serialmente salvate dai Governi che iniettano miliardi di euro (o dollari) nei caveau.

lunedì 3 agosto 2015

Juncker: “Le strade di Atene saranno occupate dai carri armati”

“Le strade di Atene saranno occupate dai carri armati”

Kathimerini rivela il Libro nero della Grexit
Tyler Durden Zerohedge 19/07/2015
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Nei sei mesi di dolorose tornata su tornate di duri negoziati tra Grecia e creditori sono nate ogni sorta di speculazioni su ciò che effettivamente comporta la “Grexit“. Senza alcun precedente cui orientarsi, la valutazione delle implicazioni dell’uscita dal blocco valutario era (ed è tuttora) un compito praticamente impossibile, ma gli sforzi collettivi di media mainstream ed analisti politici ed economisti hanno prodotto un vero e proprio buffet di diagrammi ed organigrammi, schemi e diagrammi di flusso nel futile tentativo di mappare la complessa interazione dei problemi finanziari, politici ed economici che invariabilmente seguirebbero se Atene decidesse di rompere finalmente la sua sfortunata relazione con Bruxelles. E non erano solo osservatori emarginati a stendere i piani della Grexit. Nonostante i funzionari dell’UE negassero l’esistenza di un “piano B”, come il piano dell”uscita dolce’ del ministro tedesco Wolfgang Schaeuble “trapelato” lo scorso fine settimana, nessuno degli educati eurocrati fingeva che l’uscita della Grecia non fosse contemplata, ed infatti Yanis Varoufakis sostiene che Atene fu minacciata di controlli sui capitali come a febbraio, se non acconsentiva alle richieste dei creditori. Ora, con ciò che è forse la rivelazione più sconvolgente su ciò che i funzionari dell’UE davvero pensavano accada nel caso la Grecia uscisse dall’EMU e senza tante cerimonie reintroducesse la dracma, Kathimerini tira fuori la descrizione di quello che chiama “Libro nero della Grexit“, presumibilmente contenente il suggerimento che una guerra civile esploderebbe in Grecia nel caso il Paese venisse spinto ad abbandonare il blocco valutario.
Qui altro: “Al 13° piano dell’edificio Verlaymont di Bruxelles, a pochi metri dall’ufficio del Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, conservato in una stanza speciale della sicurezza c’è il piano di uscita della Grecia dall’eurozona. Lì, in un volume scritto in meno di un mese da un team di 15 membri della Commissione europea, si risponde alle domande su come affrontare tale uscita tra cui, per scioccante possa sembrare, anche la possibilità di uscita del Paese dal trattato di Schengen, oltre all’espulsione anche dall’UE. Secondo un funzionario europeo, i vertici della Commissione europea avevano già il voluminoso documento che descriveva al primo ministro greco, dallo stesso Juncker prima dell’inizio della sessione, tutti i dettagli della Grexit, facendogli comprendere il contesto giuridico e politico di tale decisione. Nel documento, secondo il funzionario europeo che ne conosce il contenuto, ci sono le risposte a 200 domande che sorgerebbero nel caso della Grexit. Queste domande, come spiega il funzionario, sono collegate a come un’uscita dall’euro creerebbe una serie di eventi che si svilupperebbe in breve tempo. La dracmatizzazione dell’economia imporrebbe i controlli dei cambi esteri del Paese portando infine all’uscita della Grecia dal trattato di Schengen. Gli autori del progetto, secondo il funzionario europeo, operarono in assoluta segretezza. Un gruppo speciale di 15 persone della Commissione europea iniziò a preparalo in contatto diretto con la Grecia ed anche con numerosi alti funzionari e direttori generali della Commissione europea di aree specifiche. Il documento fu iniziato quando la data di scadenza del programma (fine giugno) si avvicinava, così la Commissione si preparava ad ogni evenienza, e quando il referendum fu annunciato il 26 giugno, il relativo lavoro fu accelerato. Il weekend del referendum il lavoro s’intensificò e così a due giorni dall’incontro il progetto fu concluso. Secondo una fonte bene informata, chi lavorava al piano “soffriva le pene” in genere descrivendosi come “K” e “sopraffatto”, perché non poteva credere ciò che avevano concluso a quel punto, e la maggior parte di loro fu direttamente coinvolta nei programmi di salvataggio della Grecia. La Commissione europea inoltre sperava fino all’ultimo minuto che una soluzione si sarebbe trovata, mentre il gruppo conosceva meglio di chiunque altro le conseguenze dell’uscita della Grecia dall’eurozona e il costo di tale decisione. Uno dei partecipanti collegato direttamente alla realtà greca nella fase cruciale della redazione, disse al resto del gruppo che se “attuato il piano, le strade di Atene saranno invase dai carri armati”.
Alla cieca, non è del tutto chiaro cosa intendesse per “sferragliare di carri armati”, e diamo per scontato il suggerimento che UE e Stati membri non cercassero in qualche modo di orchestrare un cambio di regime militare in Grecia, nel caso Atene prendesse la decisione ‘sbagliata’ sull’appartenenza all’EMU. Piuttosto, il suggerimento sembra essere, ed anche questo è semplicemente un’interpretazione sulla base delle informazioni presentate da Kathimerini, che Bruxelles fosse del parere che i risultati del referendum assieme alla contrapposta retorica sul tradimento dei deputati di destra ed estrema sinistra, che il popolo greco fosse profondamente diviso. Anche se le concessioni di Tsipras avranno indubbiamente implicazioni di vasta portata per la politica e la società greca in generale, sembra che Bruxelles tema che il malessere economico che risulti dalla ridenominazione possa innescare un diffuso malessere sociale che, infine, verrebbe controllato dall’esercito greco. Lasciamo ai lettori decidere l’accuratezza della nostra interpretazione e quanto il suddetto documento “segreto” del “pensatoio” sia una valutazione accurata della situazione o l’ennesimo tentativo di far capitolare Tsipras, ma una cosa è certa, anche menzionare la possibilità che “le strade di Atene” siano occupate dai militari non sembra qualcosa che un “partner” direbbe a un altro.133213433Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora