Firenze, 22 novembre 2011 - Quindici anni di carcere, tre dei quali condonati per Sebastiano Puliga, il giudice fallimentare del tribunale di Firenze. Era accusato di corruzione, peculato, abuso d'ufficio, falso, interesse privato in procedure concorsuali e concorso in bancarotta. Oggi la sentenza di condanna. Il giudice è stato inoltre interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e condannato al risarcimento dei danni delle parti civili. Il tribunale di Genova ha estinto il rapporto di lavoro del magistrato.
domenica 4 dicembre 2011
GIUDICI IN GALERA...FALLIMENTI ED ESECUZIONI
GIUDICI IN GALERA...E FALLIMENTI ED ESECUZIONI IMMOBILIARI
Firenze, 22 novembre 2011 - Quindici anni di carcere, tre dei quali condonati per Sebastiano Puliga, il giudice fallimentare del tribunale di Firenze. Era accusato di corruzione, peculato, abuso d'ufficio, falso, interesse privato in procedure concorsuali e concorso in bancarotta. Oggi la sentenza di condanna. Il giudice è stato inoltre interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e condannato al risarcimento dei danni delle parti civili. Il tribunale di Genova ha estinto il rapporto di lavoro del magistrato. Gli altri imputati, una trentina di persone tra avvocati, ingegneri, commercialisti e architetti, sono stati condannati a pene che vanno da un minimo di 3 anni e 2 mesi a un massimo di 9 anni e 9 mesi. Secondo l'accusa Sebastiano Puliga e gli altri imputati facevano parte di un presunto comitato d'affari che ruotava attorno al tribunale fallimentare di Firenze per pilotare l'affidamento di curatele e perizie. Puliga, all'epoca dei fatti contestati, era giudice della sezione fallimentare del tribunale di Firenze e il suo coinvolgimento nelle indagini sui fallimenti, avviate nel 2002 dalla magistratura fiorentina, aveva comportato il trasferimento dell'inchiesta a Genova.
Firenze, 22 novembre 2011 - Quindici anni di carcere, tre dei quali condonati per Sebastiano Puliga, il giudice fallimentare del tribunale di Firenze. Era accusato di corruzione, peculato, abuso d'ufficio, falso, interesse privato in procedure concorsuali e concorso in bancarotta. Oggi la sentenza di condanna. Il giudice è stato inoltre interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e condannato al risarcimento dei danni delle parti civili. Il tribunale di Genova ha estinto il rapporto di lavoro del magistrato.
Tagli? Si torna alla recessione
ROMA – Nel momento in cui l’Italia attende di conoscere definitivamente il contenuto della manovra, che sembra indirizzata verso una pressione fiscale, due economisti dicono la loro sulle possibili misure. Sono Luca Ricolfi per La Stampa e Paul Krugman, premio Nobel per l’Economia nel 2008. I due spiegano che tutti questi possibili tagli non faranno altro che portarci verso una nuova recessione.
Luca Ricolfi su La Stampa scrive:
“Finché i nostri produttori di ricchezza avranno un handicap dell’ordine del 30% su tutte le voci di costo fondamentali (energia elettrica, imposte societarie, contributi sociali) il nostro tasso di crescita resterà sempre indietro rispetto a quello degli altri, anche dovessimo attuare tutte le riforme a costo zero che tecnocrati e professori predicano da decenni. Se quasi nessun produttore straniero investe in Italia, se anche chi già c’è e sarebbe disposto a rimanerci non si stanca di far intendere che potrebbe levare le tende (vedi le polemiche di questi giorni sulle dichiarazioni di Marchionne), non è solo perché in Italia non si può licenziare, c’è la cattivissima Fiom, la giustizia civile è lenta e il fardello burocratico è da manicomio. Il fatto che in Italia ci siano pochi posti di lavoro (specie per giovani e donne), e pochissimi investimenti stranieri, dipende pesantemente dal mero fatto che da noi produrre costa troppo.
Ecco perché, alla fine, la prima cosa che cercherò di capire della manovra che si sta per varare non sarà se è equa, o se dà più fastidio agli elettori di Alfano o a quelli di Bersani, ma se ha ragionevoli possibilità di far ripartire la crescita. Possibilità basate non solo sulla volubilità psicologica dei mercati (pronti ad apprezzare ogni segnale di serietà) ma, più prosaicamente e ragionieristicamente, sulla dura realtà dei conti aziendali. Quale che sia il saldo finale, la domanda cruciale è: quanto costerà la manovra in termini di provvedimenti (come la riduzione dell’Irap) il cui effetto sia di incidere direttamente sui costi di produzione?”.
E ancora, spiega Ricolfi: “Se la risposta sarà «solo 2-3 miliardi», mi sarà difficile, visto che la manovra sarà comunque una mazzata sui consumatori, non pensare che i suoi effetti recessivi siano destinati a prevalere su quelli di rilancio della crescita. Se la risposta fosse invece «più di 5 miliardi», con conseguente boccata di ossigeno a chi ha ancora voglia di lavorare e produrre in Italia, qualche speranza mi sentirei di coltivarla. Se non altro perché, per quanto suggestionabili, i mercati qualche calcolo lo sanno ancora fare”.
Gli fa eco Paul Krugman che scrive:
“Non molto tempo fa si diceva che la crisi poteva portare, nel peggiore dei casi, al default della Grecia. Ora si profila l’evenienza di un disastro di proporzioni assai maggiori. È vero che la pressione sui mercati si è un po’ allentata mercoledì. Come mai siamo arrivati fin qui? La risposta più comune è che l’origine della crisi dell’euro va individuata nell´irresponsabilità fiscale. In tv è un gran vociare di esperti: in assenza di tagli alla spesa pubblica l’America finirà come la Grecia. Ma è vero quasi l’opposto. Benché i leader europei identifichino il problema nella spesa pubblica troppo alta dei Paesi debitori, la realtà è che in Europa la spesa è troppo bassa. E imporre una maggiore austerità è stata una mossa negativa, che ha peggiorato la situazione.
Krugman quindi riassume: Negli anni precedenti alla crisi del 2008 in Europa, come in America, il sistema bancario era fuori controllo e il debito galoppava. In Europa però, gran parte dei prestiti erano transfrontalieri, i fondi tedeschi finivano al sud. L’operazione veniva considerata a basso rischio. I destinatari in fondo facevano tutti parte dell’area dell’euro, che cosa mai poteva succedere? In massima parte, detto per inciso, i prestiti non erano diretti ai governi, ma al settore privato. Solo la Grecia ai tempi d´oro presentava gravi deficit di bilancio statale. La Spagna, alla vigilia della crisi, vantava addirittura un surplus.
Poi la bolla scoppiò. La spesa privata nei Paesi debitori crollò. I leader europei avrebbero dovuto riflettere su come impedire che questi tagli alla spesa provocassero una recessione in tutta Europa. Invece risposero all´inevitabile conseguente crescita del deficit imponendo a tutti i governi – non solo a quelli dei Paesi debitori – di tagliare la spesa pubblica e aumentare l´imposizione fiscale. Non tennero conto dei moniti di chi pronosticava un aggravarsi della depressione. “La tesi secondo cui le misure di austerità potrebbero innescare un processo di stagnazione non è corretta”, dichiarò Jean-Claude Trichet, all’epoca presidente della Bce. Il motivo? Perché “da politiche che stimolano la fiducia verrà un impulso, non un ostacolo alla ripresa economica”.
Ad aprile, la Bce ha iniziato ad aumentare i tassi di interesse, pur essendo palese a gran parte degli osservatori che l’inflazione, semmai, era troppo bassa. Non è stata una coincidenza che proprio ad aprile la crisi dell’euro sia entrata in una nuova, terribile fase. Lasciamo stare la Grecia. Come economia, confronto all’Europa, è paragonabile all’area di Miami rispetto agli Stati Uniti. A questo punto i mercati hanno perso la fiducia nell’euro in generale, portando i tassi di interesse a salire anche in Paesi come l’Austria e la Finlandia, non certo noti per la loro sregolatezza.
L’appello all’austerità generale associato al morboso terrore dell’inflazione da parte della banca centrale fanno sì che ai Paesi indebitati sia impossibile sfuggire alla trappola del debito. Questa accoppiata è quindi garanzia di default sul debito, corsa al ritiro dei depositi bancari e crollo finanziario generale. Mi auguro, sia per il bene dell’America che dell´Europa, che gli europei invertano la rotta prima che sia troppo tardi. Ma, in tutta sincerità, non credo che lo faranno. È molto più probabile che noi li seguiamo sulla strada della rovina.
4 dicembre 2011
AFFIDERESTI IL TUO PORTAFOGLIO A MARIO MONTI ?
AFFIDERESTI IL TUO PORTAFOGLIO A MARIO MONTI ?
di Antonio Pantano
1 = Da Mario Monti a….
Questa la prima domanda che ogni italiano serio dovrebbe porsi.
Perché le dicerìe su un personaggio anche se parzialmente noto - e mai sufficientemente conosciuto proprio a in forza della sua apparenza, neutra, misurata ed essenziale, accattivante sia per i “politici” che per gli sprovveduti - imposto “formalmente” da un “rappresentante” politico esercitante il massimo ruolo istituzionale (politico… perché in servizio “di routine partitica” da 60 anni) alla guida del governo italiano, sono infinite e controverse.
La “carriera” ufficiale di Mario Monti, redatta da consumati uffici stampa, gli accredita età da “maturo” nato 68 anni fa’ a Varese. Durante la seconda guerra mondiale, in epoca costituzionale di “regno” e “regime fascista”, e, ancora infante, durante il governo della primissima vera Repubblica Italiana - la Sociale - che lo ebbe cittadino per due anni, e, poi, passivo ed ignaro spettatore all’arrivo dilagante al nord Italia degli eserciti degli Stati Alleati, da “vincitori”, alla fine della seconda guerra mondiale. Indi studi consueti in liceo milanese dei gesuiti (quanti sono coloro che studiarono dai gesuiti! Carlo Azelio Ciampi – studente in perfezionamento nella Germania nazionalsocialista tra il 1940 ed il 1941, scalatoredal dopoguerra in Bankitalia, poi “tecnico” al governo, Quirinale –, Luigi Abete, Gabriele Albertini, Giovanni Conso, Gianni De Gennaro, Steffan De Mistura, Giuseppe De Rita, Marcello Dell’Utri, Giuseppe De Rita, Luca di Montezemolo, Mario Draghi, Piero Fassino, Vito Gnutti, Enrico La Loggia, Carlo Maria Martini, Enrico Medi, Cesare Merzagora, Giambattista Montini, Massimo Moratti, Pierluigi Nervi, Leoluca Orlando, Amerigo Petrucci - guardato a spalla da Vittorio Sbardella -, Salvatore Rebecchini – sindaco DC di Roma nel dopoguerra, e fondatore della omonima dinastia “politico-palazzinara” -, Francesco Rutelli, Edgardo Sogno, Marco Staderini, e molti con “carriere di successo” ) laurea in economia alla Bocconi di Milano, ove si sfornano, maggiormente oggi, giovani che si prefiggono carriere di dirigenti e banchieri, o di “economisti”. Attività, questa, che, in pratica, vorrebbe indirizzare gli andamenti produttivi umani sempre e solo nel criterio del lucro e profitto ad ogni costo, e mai nel sano senso “sociale”, per il quale l’economia, “scienza empirica di studio ed indirizzo delle attività produttive”, dovrebbe operare.
Rimarchevole è, per Monti, la “specializzazione all’università americana di Yale”, passaggio obbligato per approdare a rapporti e livelli “da gran mondo” e, come si rileva anche da internet (ormai “segreto conclamato” ma notissimo) , sede della importante setta massonica Skull and Bones, che si “votò”, per “vocazione filantropica” ma non disinteressata, al “nuovo ordine mondiale”.
2 = Goldman Sachs
Tralascio il “cursus honorum” del Monti. Passo subito alla di lui cooptazione nella “fondamentale” banca di affari – con poteri mondiali e ruoli sovra nazionali – Goldman Sachs, chiarendo il ruolo di questa nei “problemi” mondiali, dalla stessa “sovrintesi”. Se ne occupò il 15 novembre 2011Virginia Di Leo in “Osservatorio Sicilia” pubblicando, col titolo “La waterloo politica italiana. Uomini Goldman Sachs innescano la crisi, uomini Goldman Sachs si propongono per risolverla …”, una analisi dettagliata. Quella Goldman Sachs cui il film “Inside Job” del 2010 (presentato ai festival di Cannes e Roma e gratificato con un “Oscar”) del regista Charles Ferguson, che lo sceneggiò con Chad Beck e Adam Bolt, si dedicò per spiegare la mega crisi finanziaria determinata negli USA nel 2008.
Goldman Sachs, fondata nel 1869 dopo la guerra civile americana, assunse ruolo non comune nella e per la crisi del 1929, forte del suo peso ebraico (le affiliazioni religiose, come le origini etniche negli USA hanno fondamentale importanza – il gangsterismo, per esempio, è sovente prerogativa di siciliani, calabresi, ebrei, irlandesi, cinesi,polacchi), per allearsi anche col sistema bancario gestito dal “conglomerato” dell’acciaio e degli armamenti del gruppo Morgan (protestante, ma “furfante scaltro tale da surclassare cento affaristi ebrei associati”, come osservò Ezra Pound negli anni ’30 del XX secolo). E la Golman Sachs stessa ebbe sviluppo universale dopo Bretton Woods, sulla trama del “nuovo assetto mondiale” colà fissato per tempi indefiniti a partire dalla seconda guerra mondiale, per fissare la spartizione del potere tra USA ed URSS, fino a che a questa entità, additata come “comunista”, fu “concesso di esistere”. Nel ruolo conquistato dagli USA a Bretton Woods (convegno durato 22 giorni nel luglio 1944, sovrinteso dal “santone della scienza economica” John M. Keynes, il britannico definito “Bukow” da Pound con salace ironia) Goldman Sachs assunse funzione di “consulente di governi” sia in occidente che in oriente, con radice e spirito “liberista” per le privatizzazioni, ma si dedicò anche ad “acquisizioni industriali” ed al controllo di “materie prime”, determinando l’andazzo delle banche minori – dalla stessa sovrintese e sorvegliate - ad assorbire e guidare direttamente le attività produttive, al fine scoperto di controllare i flussi monetari e gestire e condizionare le tendenze ed i consumi dei popoli. Sul finire degli anni ’80 gestì anche la scalata nelle borse di Microsoft e General Electric. Criterio base fu di determinare flussi di alti e bassi nelle quotazioni delle borse internazionali, così che, per esempio, il titolo “Abacus 2007-AC1” fu ragione di inchiesta da parte della SEC - Securities and Exchange Commission - la accidiosa, ma pur sempre vegetante, commissione statale USA di controllo sulle borse - che condusse il 16 aprile 2010 alla incriminazione di Goldman Sachs. Con la logica conseguenza del naufragio al ribasso nelle borse mondiali di valanghe di titoli, “sventura” che stiamo ancor ora vivendo e che è, in apparenza, inarrestabile.
Come accadde tutto ciò, se non con la complicità di uomini di Goldman Sachs imposti nel potere politico?
Ricorda Virginia Di Leo : “Durante l’amministrazione Clinton l’ex direttore generale della Goldman Sachs, Robert Rubin, divenne sottosegretario al Tesoro. Nel 2004, Henry Paulson, amministratore delegato dalla Goldman, fece approvare alla Commissione dei Titoli e Scambi un aumento dei limiti sul rapporto di indebitamento, permettendo alle banche d’investimento di avere ulteriori prestiti [statali, cioè denaro dei cittadini americani, al minimo, e di coloro che degli USA sono debitori, nota mia] da utilizzare per manovre di speculazione. Nel 2005 Raghuram Rajan, capo economista del Fondo Monetario Internazionale (2003-2007) pubblicò un rapporto in cui annunciava il rischio che le società finanziarie, assumendo grandi rischi per realizzare enormi profitti a breve termine, avrebbero potuto far collassare il sistema economico. Nella prima metà del 2006 la Goldman Sachs vendette 3,1 miliardi di dollari di Cdo [Collateralized debt obbligation, cioé “titoli particolari” emessi da società veicolo e garantiti da obbligazioni di debito tra le obbligazioni e prestiti, in una serie di scatole cinesi di scarsa affidabilità vertenti su “scommesse per il futuro”, ma consuete nel “paradiso affaristico liberista speculativo americano”, nota mia] e in quel periodo l’amministratore delegato era proprio Henry Paulson. Il 30 maggio 2006 George Bush lo nominò segretario del Tesoro e fu costretto a vendere le sue azioni della Goldman, intascando 485 milioni di dollari (e grazie a una legge di Bush padre non pagò nessuna tassa). Nell’aprile del 2010 i dirigenti della Goldman Sachs furono costretti a testimoniare al Congresso americano: Daniel Sparks, ex capo reparto mutui della Goldman (2006-2008) dovette riferire su alcune email in cui definiva certe transazioni “affari di merda”. Fabrice Tourre, direttore esecutivo prodotti strutturati della Goldman Sachs vendeva azioni che definiva “cacca”. Llyod Blankfein, presidente di Goldman, e David Viniar, vicepresidente esecutivo, sotto le pressanti domande del senatore Carl Levin, furono costretti ad ammettere che sapevano di vendere spazzatura. Purtroppo anche il Presidente degli Stati Uniti di America, Barack Obama, ha confermato il potere mefistofelico della banca d’affari.”
Completò Virginia Di Leo : “Il nuovo presidente della Federal Reserve Bank di New York (principale azionista della Fed) è William Dudley, ex capo economista della Goldman (che nel 2004 lodava i derivati). Capo del personale del dipartimento del Tesoro è Mark Patterson, ex lobbista della Goldman Sachs. A capo della CFCT si è insediato Gary Gensler, ex dirigente della Goldman Sachs che aiutò ad abolire la regolarizzazione dei derivati. Anche in Europa la Goldman manovra spregiudicatamente da tempo. Nel 1999 la Grecia non aveva i numeri per entrare nell’euro. Quindi la Goldman truccò i bilanci. Su PressEurope Gabriele Crescente scrive: “Nel 2000 Goldman Sachs International, la filiale britannica della banca d’affari americana, vende al governo socialista di Costas Simitis uno “swap” in valuta che permette alla Grecia di proteggersi dagli effetti di cambio, trasformando in euro il debito inizialmente emesso in dollari. Lo stratagemma consente ad Atene di iscrivere il ‘nuovo’ debito in euro ed escluderlo dal bilancio facendolo momentaneamente sparire. E così Goldman Sachs intasca la sua sostanziosa commissione e alimenta una volta di più la sua reputazione di ottimo amministratore del debito sovrano.”.
Così la Di Leo, durante i passi esplorativi di Monti in vista dell’incarico di Governo.
3 = Goldman Sachs globale
Ed é umanamente naturale che quello di Goldman Sachs sia stato, nell’insieme e, sopratutto, negli ultimi venti anni, un “ambientino” dal quale qualsiasi persona seria (e timorata di “dio” – ma quale “dio”? – non quello del “dio denaro” adorato anche dalla banca vaticana I.O.R.) si sarebbe dovuta tenere lontana le mille miglia.
Invece Goldman Sachs fu “vivaio” di personaggi per incarichi pubblici negli Stati Uniti d’America. Il già citato Robert Rubin, che divenne Segretario al Tesoro nella presidenza di Bill Clinton. William Dudley, capo economista in Goldman Sachs dal 1986, lavorò per Timothy Geithner – Presidente della Federal Reserve di New York – per sorvegliare il dipartimento della compravendita di titoli di stato. Da vicepresidente di Goldman Sachs Henry M. Paulson divenne Segretario al Tesoro nella presidenza di George W.Bush. E così, da dirigente della banca, Robert Zoellich divenne vicesegretario USA, mentre Joshua Bolten finì capo gabinetto della Casa Bianca, e l’ex presidente Jon Corzine divenne Governatore del New Jersey.
Il “sorprendente”, in apparenza, è che il governo statunitense (Barack Obama è “solo presidente” per la forma, cioè esecutore di decisioni prese altrove e “ratificate dal parlamento, che è sintesi delle varie lobbies di potere) abbia “sacrificato” – sotto l’evidenza di operazioni bassamente speculative e di ammanchi scriteriati, che costrinsero la S.E.C. ad intervenire sin dal 2003 – ammettendo la banca Lehman Brothers alla bancarotta, quando la finzione dei “mutui subprime” era stata fatta esplodere ad arte. Nella fattispecie, i “mutui fondiari” negli USA vennero volutamente concessi con facilità ai richiedenti per acquisto di effimeri edifici di legno e cartongesso (riprova è nelle normali avversità atmosferiche, che dissolvono facilmente le abitazioni nelle provincie americane e nei centri minori e rurali), al solo fine di tentare di equiparare il problema della casa alle case europee, che, proverbialmente, anche nella accezione più modesta, sono solide ed in pietra o cemento armato. Si aggiunga, poi, che lo spirito (che è indicato “filosofia”) del consumismo accattivante, sostenuto ad arte dall’economia capitalista che si ammanta di “liberismo”, si avvalse del valore “nullo” – appoggiato sul nulla e garantito dal nulla - del denaro circolante e virtuale, proprio per creare oceanici flussi monetari, ma di nessuna consistenza reale. In effetti l’intera operazione – gabbata e distorta da cronisti e politici, scrupolosi servili verso i “veri mega-banchieri” – rappresentò solo una “partita di giro” che ha permesso la continuità del sistema dominante (scrupolosamente “creatore di denaro dal nulla” ed usuraio) con l’apparente sacrificio di un “ramo parzialmente secco”, che è stato così abbattuto col fine della potatura rinvigoritrice.
4 = L’Italia di Goldman Sachs, salvo altri
Il “giardinetto italiano” è adeguato in proporzione. Ecco i nomi noti, ed ufficiali.
Massimo Tononi, classe 1964, laureato nel 1988, fino al 1993 ha lavorato presso l'ufficio londinese della Goldman Sachs, occupandosi maggiormente di fusioni e acquisizioni tra imprese. Assistente di Romano Prodi nella seconda esperienza del professore alla guida dell'IRI (che l’IRI dissolse), nel 1994 tornò alla Goldman Sachs, di cui diventò partner “managing director”, per incarico che lasciò il 18 maggio 2006 per diventare sottosegretario all’Economia nel secondo governo Prodi, del quale aveva finanziato la campagna elettorale con 100.000 euro. Ma, caduto quel governo, tornò a Goldman Sachs fino al 2010, come partner della banca d'affari, e poi diventando “advisory director”.
Romano Prodi svolse la mansione di “senior advisor” di Goldman Sachs, dal marzo 1990, e come si è detto, fu “liquidatore” dell’IRI e… capo del governo italiano.
Gianni Letta dal 18 giugno 2007, mentre non era sottosegretario alla presidenza del consiglio dei Ministri del governo Berlusconi (fu tale nel secondo, terzo e quarto governo), fu nominato advisor di Goldman Sachs, come fu annunziato da “Il sole 24 ore”.
Mario Draghi, Vicepresidente e “Managing Director” di Goldman Sachs International per l'Europa tra il 2002 e il 2005, da associato venne incaricato delle "imprese e dei paesi sovrani." A questo titolo, una delle sue missioni fu quella di vendere i prodotti finanziari "swap", consentendo di dissimulare parte del debito sovrano che permise di truccare i conti greci. Lo sostiene il 14 novembre 2011 su “Le Monde” Marc Roche. La carriera di Draghi (classe 1947) lo vede dal 1984 al 1990 in carica di Direttore esecutivo presso il Consiglio di amministrazione della Banca Mondiale. Dal 1991 al 2001 è Direttore generale del Tesoro della Repubblica Italiana. Inoltre fu Presidente dello European Economic and Financial Committee. E nel 1993 fu Capo del Comitato per le “privatizzazioni” (operazione “liberista” che sovrintese alla svendita di “pezzi del patrimonio pubblico”). Da “Direttore generale del Tesoro” guidò la Commissione che stese il Testo Unico sugli “Intermediari e mercati mobiliari”. Dal 2002 al 2005 è stato vicepresidente e membro del management Committee Worldwide della Goldman Sachs.
Per “scelta formalmente politica interna italiana”, ma raccomandata dall’estero, fu nominato Governatore della Banca d’Italia dal 29 dicembre 2005 al 31 ottobre 2011 (in proposito, famosa la ferma e sconcertante dichiarazione in collegamento diretto RAI-TV del già Presidente della Repubblica Cossiga, che lo qualificò in maniera salacemente negativa anni dopo quella nomina, avendone in seguito accertato ruoli ed origini “nel settore”. Infatti, consultando la inattendibile e ciarlatana “wikipedia”, purtroppo assurta a ruolo di sommaria e pettegola informazione populista e per nulla seria – come dagospia internazionale – si legge la citazione: “Nel 2008 durante la trasmissione televisiva Uno Mattina, l'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga intervistato su Draghi lo definisce: «Un vile affarista» e aggiunge «[...] è il liquidatore, dopo la famosa crociera sul Britannia, dell'industria pubblica italiana...».Per questa ragione Valerio Staffelli di Striscia la notizia gli consegnerà il Tapiro d'oro”). Ad aprile del 2006 venne eletto Presidente del Financial Stability Forum, divenuto Financial Stability Board dalla primavera del 2009, che ha funzione della realizzazione di un insieme integrato di misure politiche per affrontare i rischi per il sistema finanziario globale da parte delle istituzioni finanziarie di importanza sistemica (SIFI) e fissare il calendario attuativo per queste misure. Dal 1° novembre 2011 diviene Presidente della Banca centrale europea, in seguito a “compromessi” armonizzati tra il “sistema bancario centrale europeo” e le megabanche mondiali.
Mario Monti dopo la nomina (proposta ed effettuata dal governo Berlusconi) a Commissario Europeo sulla concorrenza, passò a Goldman Sachs, come riferisce “Le Monde” del 15 novembre 2011: “nel dicembre 2005 come “un membro del consiglio di ricerca di Goldman Sachs Global Market Institute ”. Secondo la banca, la sua missione è quella di consigliare “sulle questioni europee e questioni globali di ordine pubblico”. Ma a differenza di Mario Draghi, che aveva un socio, Mario Monti è un “apriporta”, di quelli incaricati di entrare nel cuore del potere Europa per difendere gli interessi della banca”. E la malizia di “ Le Monde” si spinge anche oltre, parlando della”incarnazione completa del “capitalismo di accesso”, in cui eccelle Goldman Sachs”, per poi chiedersi a raffica: “Perché mai questo tecnocrate con l’etica esigente, è andato a immischiarsi nel mondo spietato dei banchieri centrali? L’avidità? L’ammirazione degli intellettuali italiani negli Stati Uniti? Necessità di partecipare al vero potere finanziario? Un po’ di questo, senza dubbio. Questo legame ha almeno consentito di succedere a maggio 2010 ad un altro uomo di Goldman, il suo mentore Peter Sutherland, ex commissario europeo, inoltre, alla Presidenza UE della Commissione Trilaterale, circolo prestigioso dell’élite economica e diplomatica internazionale”.
5 = Le “manovre finanziarie” per appropriarsi degli Stati
Chiariamo l’azione della Goldman Sachs. Fu lei, secondo MF – Milano Finanza – ad innescare le vendite (ma vere svendite!) dei BTP italiani per schiacciarne i prezzi, facendone poi incetta al minimo valore raggiunto. E si sostiene – a fronte della evidenza dei fatti – che sia artificiosa l’ondata di innalzamenti dello “spread” (la differenza in punti – centesimi di punto percentuale) tra i BTP italiani e quelli germanici. Innalzamenti che si potrebbero risolvere ponendo ai vertici dei governi “uomini del sistema finanziario”, per poi far figurare miglioramenti solo dopo la loro operatività, certamente favorevole al giro bancario speculativo mondiale. Riprova è nel mercato borsistico dei giorni precedenti e simultanei allo insediamento di Mario Monti che vede le maggiori banche italiane non reperire, per i propri clienti, i pubblicizzati BTP a tassi “golosi” (rendimenti del 6% e 7%), ma “suggerisce” agli stessi “propri strumenti anche a breve termine” a tassi minori ma a costo alla pari.
Inutile dire che l’immissione ai vertici di governo riguarda uomini mai eletti pubblicamente (per quanto la formalità elettorale possa considerarsi seria ed attendibile, a fronte di leggi – come quella italiana – che vogliono i “candidati” nominati dai capi/padroni dei partiti, i quali si avvalgono del voto espresso dai rassegnati solo per convalida formale a proprio favore).
E, nel “programma del governo Monti” è stato definito a chiare lettere il cardine : la “dismissione” (ovviamente “a terzi”, che rischiano di essere “finanzieri e banche estere dotate di … masse di denaro virtuale”, o, comunque, “personaggi del solito giro buono”) del ricchissimo patrimonio pubblico immobiliare, per “soddisfare il debito contratto con le banche mondiali” e per le “esigenze del Mercato”! Forse si salverà il Colosseo di Roma ed il Canal Grande di Venezia (mere difficoltà di trasporto!), ma l’ENI (che figura “italiana” anche se è gestita “in proprio” da clientes del regime, senza che utili di sorta vengano “socializzati” con i cittadini tutti - secondo la proposta di legge n. 1292 presentata il 31 gennaio 1995 dal prof. Giacinto Auriti e sottoscritta da 18 senatori) potrebbe esser ceduta a “più esperti petrolieri esteri”, insieme con tutte le “concessioni sul suolo della penisola italiana” che hanno già gettito superiore a quanto rendono le concessioni in Libia.
6 = Trilateral
Panorama chiaro, anche se sconcertante.
Infatti, da venerdì 11 a domenica 13 novembre 2011 in Olanda, a L’Aia, Mario Monti avrebbe dovuto presiedere la riunione della “Regione Europea” (con 180 aderenti “ammessi”) della “Trilateral”, che è una chiusissima “combinazione associativa di personaggi gestori il potere mondiale” organizzata nel 1973 dal plutocrate e “politico” David Rockfeller, nella sezione italiana della quale, oltre Monti, militano:
Enrico Tomaso Cucchiani (Allianz, assicurazioni, finanziari, globalità),
Marta Dassù (Aspenia – Aspen Institute Italia),
John Elkann (Fiat Group,investimenti globali con “finanziamenti statali italiani”), PierFrancesco Guarguaglini (Finmeccanica – esperto/indagato per “fondi neri”, caro a tal Tremonti),
Federica Guidi (Ducati Energia, erede dal padre di una serie di c.d.a, presidente Confindustria “Giovani”),
Enrico Letta (già DC, vice “capo” PD, già “governante”, e…”nipote”),
Carlo Pesenti (Italcementi e altri “cementi europei”, C.d.a di UniCredit, Mediobanca e RCS MediaGroup),
Luigi Ramponi (senatore Pdl, già comandante generale della Guardia di Finanza e Direttore del SISMI),
Gianfelice Rocca (Confindustria, Techint group, cliniche),
Marcello Sala (vicepresidente banca Intesa Sampaolo, International Council del Bretton Woods Committee – Washington - e del Consiglio Direttivo di Diplomatia, C.d.a di AlexBank S.A.E.-Egitto),
Carlo Secchi (già parlamentare DC, docente già rettore università Bocconi, in C.d.a. di Pirelli, Italcementi, Mediaset, Allianz-Ras, Parmalat, Fastweb, e.Biscom, Fondazione Teatro alla Scala, TEM Tangenziali Esterne di Milano, Milano Serravalle, Premuda, La Centrale Sviluppo del Mediterraneo),
Maurizio Sella (comitato esecutivo A.B.I., presidente Banca Sella,ecc., cugino di omonimo “antibanchiere”),
Stefano Silvestri (servizi A.I.A., C.d.a. Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza – AIAD ),
Marco Tronchetti Provera (già Telecomitalia, presidente di : Pirelli & C. S.p.A., Pirelli Tyre S.p.A (pneumatici), CAMFIN S.p,A., G.P.I. S.p.A, Marco Tronchetti Provera & C., S.a.p.a., Prelios S.p.A. (immobiliare), Fondazione Pirelli, Fondazione Silvio Tronchetti Provera, Fondazione Hangar Bicocca, vicepresidente di Mediobanca, membro di Esecutivo di Confindustria e C.d.a. di : RCS Quotidiani S.p.A., Università Bocconi, F.C. Internazionale Milano S.p.A., Alitalia - Compagnia Aerea Italiana S.p.A., Fondazione Cerba, Eurostazioni S.p.A.. In Consiglio Direttivo di Assonime, Assolombarda, in International Advisory Board di Allianz),
Franco Venturini (Corriere della Sera).
Della Trilateral fa parte anche Lucas Papademos, vice presidente della B.C.E., ma “economista” di base, ora, novembre 2011, imposto - “a furor di decisioni estere” per contrastare il “furor di popolo” e l’ipotetico referendum popolare circa la persistenza nella soggezione all’euro e nella assunzione dei debiti maturati dai governi di sinistra e destra in connivenza e consociazione – a capo del governo greco.
Ecco un altro spaccato del “sistema di esperti” che governa di fatto il mondo, o coadiuva i “signori del denaro e delle speculazioni con esso compiute”.
7 = Bilderberg ed Aspen, più altre consorterie e “confratellerie”
BILDERBERG
Si è molto fantasticato e scritto circa gli “ammessi” a questo Club ormai antico, creato in Olanda da magnati dell’alta finanza. Gli “invitati” alle riunioni sono, in via nominale, circa 120, ma le circostanze permettono elasticità.
Gli italiani partecipanti, oltre la famiglia Agnelli in passato dominante, oggi sono certamente (ma il novero è fluttuante, in virtù delle “nuove assunzioni e notorietà”) : Alfredo Ambrosetti, Franco Bernabé, Emma Bonino, Giampiero Cantoni, Lucio Caracciolo, Luigi G. Cavalchini, Adriana Ceretelli, Innocenzo Cipolletta, Gian C. Cittadini Cesi, Rodolfo De Benedetti, Ferruccio De Bortoli, Gianni De Michelis, Mario Draghi, John Elkan, Paolo Fresco, Gabriele Galateri, Francesco Giavazzi, Giorgio La Malfa, Claudio Martelli, Rainer S. Masera, Cesare Merlini, Mario Monti, Corrado Passera, Romano Prodi, Alessandro Profumo, Gianni Riotta, Virginio Rognoni, Sergio Romano, Carlo Rossella, Paolo Scaroni, Stefano Silvestri, Domenico Siniscalco, Barbara Spinelli, Giulio Tremonti, Marco Tronchetti Provera, Walter Veltroni, Ignazio Visco, Antonio Vittorino, Paolo Zannoni.
ASPEN INSTITUTE
Come si può verificare, è notevole la contiguità tra i su citati “club”, ed ora, aggiungendo anche il seguente elenco (certamente incompleto, perché basato esclusivamente sui nomi dei “dirigenti” più in vista) dei “partecipanti italiani allo Aspen Institute”, si può avere un quadro complessivo del “sancta sanctorum” immanente sulle teste degli italiani, al di fuori di ogni millantata “regola democratica”: Luigi Abete, Giuliano Amato, Lucia Annunziata, Alberto Bombassei, Francesco Caltagirone, Giuseppe Cattaneo, Fedele Confalonieri, Fulvio Conti, Maurizio Costa, Marta Dassù, Gianni De Michelis, Umberto Eco, John Elkann, Jean-Paul Fitoussi, Franco Frattini, Gabriele Galateri di Genola, Mario Greco, Giovanna Launo, Enrico Letta, Gianni Letta, Adelia Lovati, Emma Marcegaglia, William Mayer, Francesco Micheli, Paolo Mieli, Mario Monti, Lorenzo Ornaghi, Corrado Passera, Riccardo Perissich, Angelo Maria Petroni, Mario Pirani, Romano Prodi, Alberto Quadrio Curzio, Giuseppe Recchi, Gianfelice Rocca, Cesare Romiti, Paolo Savona, Carlo Scognamiglio, Lucio Stanca, Giulio Tremonti, Beatrice Trussardi, Giuliano Urbani, Giacomo Vaciago.
8 = Un “quadro” più eloquente
Emergono, anche nella fittizia “novità” del governo Monti, insediato di fatto il 16 novembre 2011, nomi apparentemente nuovi e sconosciuti. Ma i personaggi cui quei nomi appartengono sono indicati negli elenchi sopra proposti.
Per mero esempio, quando nel farsesco “toto-nomine” relativo al governatore della Banca d’Italia si ventilarono figure le più probabili e “certe”, i fatti, poi, rivelarono l’esistenza del “napoletano” Ignazio Visco, non certo “assunto” a dispetto del ruspante Bossi, che avrebbe preteso “un milanese”. Visco, vicedirettore generale di BankItalia, aveva sovrintendenza ai rapporti e servizi con l’estero. Ruolo non trascurabile, nel lungo lasso di tempo necessitato per “regolare” gli assetti degli investimenti monetari effettuati “in proprio” dal provvidenziale e pittoresco sedicente colonnello Gheddafi, gestore assoluto, in chiave personale e dispotica, del potere politico e finanziario del “florido” Stato di Libia.
Nel contempo, la triade consecutiva di nomi relativa a Monti, Ornaghi, Passera, emerge nel ristretto novero di 16 ministri del gabinetto Monti, tutti “di esperienza” certamente provata (e non avrebbe potuto essere differentemente, trattandosi di quasi tutti sessantenni), dall’alto delle venerande età tutti riguardanti. Squadra che non contempla un vero giovane, giacché s’ha da ritenere che “i professori”, capeggiati da un consumato e maturissimo “professore”, non hanno avuto alcuna considerazione e stima per chi ha età inferiore ai 39 anni, da poco compiuti, per mero esempio, da tal Benito Mussolini il 30 ottobre 1922, quando il re del tempo gli conferì incarico per un democraticissimo governo, che aveva nel partito del “leader” appena 36 deputati su 420 totali, ma che fu approvato da sonora maggioranza dei deputati del parlamento, senza il “suggerimento e la raccomandazione dei mercati esteri o della banca centrale del tempo”.
Ma non va trascurato il pettegolezzo, riportato dalle agenzie stampa il 15 novembre 2011, della dichiarazione di Giacomo Vaciago, per avvalorare la serietà delle basi proposte da Monti, che il “professore stava preparando il programma di governo da quattro mesi”, che riporta a luglio l’inizio delle determinazioni “mondiali” della “dimissione/dismissione dal potere di Berlusconi” e dall’automatico avvicendamento con lo “uomo della provvidenza monetaria globalista”.
10 = Improprietà linguistica da parte del “prof. Monti”
Col monotono timbro di voce preannunciato dall’arguto comico Maurizio Crozza nello spettacolo Italialand, il professore Monti – inspiegabilmente “promosso senatore a vita” per nessun merito culturale e artistico esplicato nella carriera, a vera illustrazione della Patria – nella sua esposizione “programmatica” – squisitamente finanziaria, e mai tangente lo stato depressivo ed angosciato dei cittadini e la riedificazione morale dello Stato e del popolo - al parlamento italiano, elargendo improprie terminologie sottratte alla lingua inglese e al vernacolo americano (come se si fosse trovato ad esporre sue notizie ad un cenacolo di suoi accoliti), a totale danno della comprensione da parte dei cittadini tutti – tecnica tipica degli economisti, che celano la chiarezza per apparire attendibili ed autorevoli -, ha mostrato nessuna conoscenza filologica della parola italianissima “corporativo”. Infatti, inserendola nel programma prospettato al Senato della repubblica – nel quale possono abbondare i comunque “diplomati e laureati” come abbondano gli incolti in filologìa e in pratica della corretta lingua italiana e relativi termini appropriati – quella espressione fu sparata a proposito degli interessi soggettivi di “corpo” riguardanti ordini professionali, conventicole o strutture analoghe. Certamente, l’alone “dotto” del colorito ed ameno predecessore Berlusconi (esperto soprattutto in storia romana, a proposito di Romolo e … Remolo, che esibì nella antica esperienza di intrattenitore su navi da crociera) ha lasciato profonda traccia, dalla quale è impossibile distaccarsi. E lo spasso aumenta al considerare che la “prestigiosa università” Bocconi ha annoverato il “nostro” quale rettore per anni, oltre che “docente”.
11 = “Smemorato”, “ignorante”, o … “mistificatore” ?
Ma “docente”, il prof. Monti, nella scienza, l’economia, che, nei fatti, non ne indovina una, almeno in Italia, dal 27 aprile 1945, da quando interruppe il mai più ripetuto gigantesco ruolo di Ministro delle Finanze della Repubblica Italiana, Sociale (perché realmente sensibile alla socialità ed ai problemi dei cittadini tutti), il professore (della università di Napoli!) Domenico Pellegrini Giampietro. Unico, nella storia umana, che, in piena guerra e sotto i bombardamenti distruttori (procurati scientemente dagli Alleati che l’Italia intesero dominare ed abbattere),e in danno della Penisola e dei cittadini, non infierì su di essi con inopportune tassazioni, ma “seppe utilizzare” le enormi liquidità monetarie e la “statica” riserva aurea custodite – in servizio di tesoreria statale - dalla Banca d’Italia s.p.a. a totale disponibilità e favore dello Stato, rendendo utile di bilancio di 20,9 miliardi di lire, pur avendo entrate ordinarie di 50,4 miliardi e spese per 359,6 miliardi. Bilancio riconosciuto anche dalla commissione ispettiva senatoriale degli USA presieduta dal sen. Winkersham, che così certificò pubblicamente il 25 agosto 1945, anche sulla stampa italiana. Ma, certo, questo dato fondamentale, è volutamente ignorato dagli economisti odierni, per non far risaltare la incapacità dei ministri successivi al Pellegrini Giampietro, e la “calcolata negligenza”, in spirito di palese falsità, degli storici della scienza economica e dei fenomeni monetari. A chi intendesse confutare questa affermazione, indirizzo la consultazione (da me disponibile, o effettuabile sia presso l’ufficio storico della Banca d’Italia, sia presso l’Archivio Centrale dello Stato) della “Gazzetta Ufficiale d’Italia” (si noti la specificazione! Non del “regno d’Italia”! Regno in quel tempo non esistente di fatto e di diritto, a causa della “Resa senza condizioni” sottoscritta nel settembre 1943 dal “formale governo Badoglio incaricato dal re, che simulava d’esser capo dello Stato italiano,” e dai nemici dell’Italia, gli Alleati – USA, Gran Bretagna, Francia, URSS – [si consulti, al proposito, il prezioso volume composto, in “seconda edizione riveduta e aumentata” del nonagenario prof. Elio Lodolini “DAL GOVERNO BADOGLIO ALLA REPUBBLICA ITALIANA – Saggio di storia costituzionale del “quinquennio rivoluzionario” 25 luglio 1943 – 1° gennaio 1948 – (con aggiornamento al 2011)”, ediz. Associazione Culturale Italia Storica, Genova, maggio 2011, analitico e fornito di inoppugnabili citazioni di leggi e decreti]), anno 85°- Numero 159 – parte prima –, di Lunedì 10 luglio 1944 – XXII - che pubblicò a pag. 1050 il “DECRETO MINISTERIALE 28 giugno 1944 – XXII, n. 400, emesso dal Ministro delle Finanze, a firma : Pellegrini, e vistato dal Guardasigilli Pisenti, registrato alla Corte dei Conti il 1 luglio 1944-XXII, Atti ministeriali di governo, Registro 3, Foglio 132. Con questo Decreto, dal titolo “Nomina dell’Avvocato Giovanni Orgera a Commissario Straordinario della Banca d’Italia”, si sciolsero il Consiglio Superiore e il relativo comitato della Banca d’Italia e si sospesero “le funzioni delle assemblee generali dei partecipanti”, accollando, nel contempo, al “Commissario straordinario per l’Amministrazione della Banca d’Italia, nominato dal Ministro, tutti i poteri del Consiglio Superiore, del Comitato del Consiglio stesso, del Governatore, e del Direttore Generale”, di fatto ponendo la già “società di partecipanti” al totale servizio ed inglobamento dello Stato.
Affinché non sembri artificiosa la mia citazione, rinvìo al volume, da me da tempo pubblicato, “EZRA POUND E LA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA”, ediz. Pagine, Roma, 2009, attualmente esaurita, e “piratata con seconda edizione non autorizzata dall’autore”, nel quale nelle pagine 102 e 138, almeno, indicai, se pur in sintesi, il fatto storico. Oltre che altri, antichi e numerosi saggi, nei quali ho ribadito l’accadimento.
12 = Note sul ruolo della Banca d’Italia e della B.C.E.
Chiarisco, comunque, il concetto. La Banca d’Italia ha, dalla costituzione, forma di società con azionisti un tempo “particolari” (Casse di Risparmio e Banche popolari a carattere locale più tutti gli Istituti previdenziali sociali dello Stato), che vengono ufficialmente definiti “partecipanti”, perché in percentuale al capitale nominale (di € 156.000) ad essa attribuito dal tempo del Fascismo. Inquadrata nella grande e basilare Legge bancaria del 1936, dettata dal regime fascista e proprio da Mussolini ispirata (e va citato il maggiore redattore di quella Legge, Donato Menichella, funzionario in quel tempo della Banca, poi – pur sanzionato e censurato immeritatamente per la attività svolta durante il regime Fascista nella foga epurativa –nel dopoguerra scelto giustamente, per meriti, a Governatore, ed appena insediato si dimezzò lo stipendio, tagliò gli eccessi di spesa, e condusse il governo della Banca centrale come mai più accadde dopo), che pose ordine nel sistema delle aziende del settore, aveva – formalmente e di fatto – autonomia dallo Stato, cui forniva “servizio di tesoreria” secondo regole precise, per le quali allo stato avrebbe dovuto “prestare denaro” in casi di necessità. In pratica una “azienda esterna allo Stato”, ma ad esso collegata. Come tale, assoggettata alla regola di redazione di bilancio, con relativo utile da tassarsi a favore dello Stato. L’azione, per decreto, del Ministro delle Finanze della Repubblica Sociale Italiana, fece assumere direttamente allo Stato le attività della Banca d’Italia che, da eventuale creditrice e “depositaria di liquidità e riserve”, fu costretta a branca dello Stato e, per ciò, obbligata a rendere disponibile allo Stato – senza obbligo di lucro per essa! – tutte le necessità correnti e straordinarie dello Stato. In pratica, l’ipotetico “debito pubblico” dello Stato – e l’indebitamento conseguente dei cittadini – svanì automaticamente.
Rendo attuale il concetto. Se la Banca d’Italia s.p.a., e la sua sovrastante e “contenente odierna” B.C.E. – Banca Centrale Europea – “emittenti di denaro” senza riserve di garanzia, e, di conseguenza, nominali creditrici (creditrici di cosa, se ciò che dalle due succitate viene fornito è solo “carta” ?) della Repubblica Italiana, sia per la emissione che per i prestiti anticipati nel tempo, vedessero “annullati i vantati crediti” (perché fatti risultare da antichi “bilanci di addebito, sempre NON CHIARI”, e dei quali non si conosce la genesi! E va ricordato il magistero di Giacinto Auriti, che pretese sempre di conoscere il nome del creditore e la natura del credito da questo vantato! ), oggi i cittadini italiani non sarebbero vessati dal sistema bancario mondiale con l’angosciante problema dell’infinito “debito pubblico”, che ogni giorno si incrementa, a causa dei tassi di interesse da quel sistema pretesi ed ottenuti, all’infinito!
13 = L’esempio della Repubblica Argentina
La Repubblica Argentina, per esempio, costretta da una serie di governanti legati e dipendenti, per loro interessi personali, dai mega banchieri internazionali, fu indotta al fallimento. Ma la avvedutezza della attuale, e di recente confermata, Presidente Cristina Fernández de Kirchner (del partito peronista, con forti connotazioni sociali), che proseguì integralmente, in pieno spirito “sociale”, l’opera intrapresa dal 2003 da, Néstor Kirchner, il marito, eletto da plebiscito popolare Presidente della repubblica, e poi immaturamente scomparso. Questi operò sul gigantesco debito, fatto salire dai governanti predecessori a regime di “fallimento”, subendolo con riserva, ma, nel contempo, imponendo un taglio quasi totale del 75% di esso nei confronti di tutti i creditori (essenzialmente le mega banche apolidi, che, nei rispettivi “paesi di base teorica”, riuscirono ad ottenere sentenze favorevoli dalle interessatissime ed “ubbidienti” magistrature delle aree di loro base nominale). Inoltre ripianò, imponendo proprie condizioni, il debito statale anche verso il famigerato Fondo Monetario Internazionale, al quale impedì – imitato poi dalla moglie, divenuta a sua volta Presidente – ingerenze e “controlli ispettivi” in Argentina. Ricontrattò con tutti i fornitori di servizi e nazionalizzò alcune industrie in precedenza “privatizzate” dai governanti (come è accaduto in Italia) di turno, tutti “rispettosi delle imposizioni dettate oltre confine”. Così che oggi la Repubblica Argentina vive, e gode, una fase di alto sviluppo sociale nell’ambito di una vera stabilità politica. Esempio inconcepibile per i politici italiani di tutte le fazioni, e, maggiormente, per i personaggi della millantata “nuova onda” (ma in verità antica e decrepita, perché, comunque, legata a figure di apparentemente “non politici”, e “formalmente” tecnici, ma legatissimi ed incombenti sulla politica tutta) introdotti da Mario Monti.
14 = Tutti gli uomini del Monti
Col “pacato e sobrio” – ma tremendamente e freddamente monotono, di tonalità automatica, come le letture di Ciampi, Fazio e Draghi ammannite ogni 31 maggio alle Assemblee dei partecipanti di Banca d’Italia – linguaggio presentato in parlamento dal neo incaricato capo del governo Mario Monti, si sono anche “mostrati” i “suoi uomini”. La stampa di regime (salvo voci isolate!) li ha gabbati per “neofiti della politica”, dimenticando – o dando da intendere agli accidiosi “assorbenti” tivù, radio e giornali – che tutti i “magnifici 17 personaggi” (cabala! chissà cosa significherà) mostrati il 17 novembre hanno sempre avuto a che fare con la politica spiccia, sia per attivismo, che per contiguità, che per dipendenza diretta, che per indole, che per storia.
I 17 “uomini nuovi del Monti” figurano “tecnici”. E, per chi ha raggiunto e superato l’età naturale del pensionamento, c’è da chiedersi se un normale professionista, o funzionario, od anche impiegato ed operaio, non possa ritenersi “tecnico” a fronte della seria esperienza accumulata in oltre 40 anni di attività.
E qualcuno, nel parlamento italiano, ha avuto l’ardire di indicare “eccellenze” questi “moschettieri del denaro e della arroganza”. Eccellenze di certo, ma partorite dal regime nel quale sono nati, allevati, istruiti. Coi risultati personali che, da stolti di facile palato, vengono ritenuti prestigiosi, da “eccellenze” forse anche invidiate (l’invidia è la proprietà degli incapaci e dei poveri di spirito!).
15 = Elenco dei ministri, confratelli nel gabinetto Monti
Mario Monti al ministero della Economia e Tesoro; Giulio Terzi di Sant’Agata agli “Esterni”; Anna Maria Cancellieri agli Interni; Paola Severini alla Giustizia; Gianpaolo Di Paola alla Difesa (che, di fatto, è “Guerra”, essendo l’Italia difesa dalla NATO, ed usando i militari per operazioni “belliche, con armi da guerra, che porterebbero la pace”solo mediante le armi); Renato Balduzzi alla Salute; Corrado Clini allo Ambiente; Francesco Profumo alla Pubblica Istruzione (da non confondersi con il più noto Alessandro Profumo, profumatamente strapagatosi in milioni di euri alla guida di Unicredit, che riuscì a condurre alla bancarotta, personaggio, comunque, nel giro dei bankieri-usurai, ed ispiratore di partiti politici soprattutto di aree di centro e sinistra, senza disdegnare la destra. Ma il Francesco Profumo, pur operando nella docenza universitaria, ha mani e sedere in consigli di amministrazione di banche, dato notissimo agli studenti che, subito, lo hanno contestato in piazza); Lorenzo Ornaghi ai Beni Culturali; Mario Catania all’Agricoltura; Corrado Passera allo “Sviluppo economico + Infrastrutture + Trasporti + Comunicazioni ?”; Enzo Moavero Milanesi agli Affari Europei; Piero Gnudi al Turismo e Sport; Fabrizio Barca alla Coesione territoriale (che non è la “disgregazione del territorio e ambiente”, ma tutt’altro, se non peggio!); Piero Giarda ai Rapporti col parlamento; Andrea Riccardi alla Cooperazione internazionale; Antonio Catricalà è sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
16 = L’esempio Corrado Passera
Facile riferirci al Corrado Passera, “gentiluomo capo banca” che gode di reddito formale denunciato al fisco italiano di € 3.900.000 (reddito corrispostogli da compiacenti complici nei vertici bancari, a tutto danno degli azionisti e dei clienti della sua mega banca, vessati da tale non ragionevole ed inumano “salasso”). “Gentiluomo di cappa e spada” sia per trascorsi liceali in scuola gesuita (Montini docet!), sia per piena soddisfatta accettazione e gradimento certificati dal Bagnasco cardinale di Santa Romana Ecclesia, che è cittadino italiano quando si impegna nella Conferenza Episcopale Italiana - per conto della quale opera e pontifica -, sia quando usa il “debito” passaporto dello Stato Vaticano, per viaggiare ovunque. Passera che mai ebbe rapporti ufficiali con la politica, ma a questa – in buona sostanza di ambiente e clima democristiano - concesse linee di credito a gestori e bande partitiche. Come è avvenuto anche di recente, per finanziamenti miliardari industriali al gruppo NTV, che col Montezemolo (anima monetaria del così detto “terzo polo”) sta pencolando nello agone delle fazioni. E, sulla scia di così pesante influenza bancaria, urla vendetta la proposta sparata - che certamente sarà concretata in termini brevi di tempo futuri - di condurre tutte le transazioni, a partire dai pagamenti di entità modesta, al “forzoso” uso del bancomat, che è tessera di pagamento non comune, perché non concessa a chi non intenda avere rapporti con le banche, proprio a causa del suo alto costo di gestione, delle esorbitanti spese che la banca accolla per ogni servizio (e di ciò tratterò nel prossimo capoverso), e a causa della rarefatta difficoltà nel suo rilascio. Ovvio che il prospettato sistema di “pagamento” gratificherebbe ancora più il dominio delle banche e la loro ingerenza nella privatezza e riserbo degli individui, così facilmente controllati in ogni consumo, e, di conseguenza, censurabile – a discrezione di qualsiasi impiegatuccio di banca – in ogni scelta. E, per ciò, “indirizzabile e suggeribile” con plagiaria persuasione, a qualsiasi atto quotidiano.
A questo punto rappresento il mio ormai antico rilievo : perché mai ogni transazione monetaria deve essere accompagnata da scontrino fiscale o fattura, mentre tutte le aziende bancarie MAI emisero scontrino fiscale e/o fattura per ogni operazione da loro effettuata sia su addebiti per spese, sia su interessi e rimborsi per mutui, sia per commissioni da loro ottenute, o qualsiasi introito relativo alla loro attività? Ho la certezza che se ciò avvenisse, cioè : se le aziende bancarie tutte rilasciassero fatture e scontrini fiscali per i loro introiti, TUTTI i cittadini italiani potrebbero essere sollevati da qualsiasi tassazione loro imposta! Mi sappia contestare o confutare il signor Monti, esperto “professore di economia”, su questa base!
La “eccellenza” del signor Corrado Passera, inoltre, mai sentì il cristiano “dovere” (ammesso che esista tale sentimento, soprattutto per chi “maneggia denaro” e di denaro specula, e vive in ambiti chiusi, lontano dalle realtà quotidiane, solo mirando a trarre profitti macroscopici, a detrimento altrui) di non appropriarsi di denaro, conseguito o contrattato con suoi “complici”, in tale enorme ed “immorale” quantità! Se il personaggio accampa “diritti ottenuti” per “logiche di mercato”, non potrà accreditare a queste l’eccessivo ed “ indebito arricchimento ” che, sotto l’identico profilo, potrebbe accampare un vile scippatore di vecchiette, “ costretto dalla logica di mercato ” alla sua ignobile attività per poter esser considerato “ cliente ragguardevole in banca ”, in forza della sua “ scaltrezza e violenta destrezza ”.
Se il fine giustifica i mezzi, chi conquista emolumenti – anche in campo privato – di quantità non comune (salvo la vincita macroscopica fortuita mediante lotteria) ha il dovere morale di rendere conto a chiunque di ciò che ha introitato. Ciò anche se la Costituzione della Repubblica Italiana non annovera uno specifico articolo che obblighi a rendiconto chiunque sia al servizio dello Stato, o nello Stato rivesta qualsiasi carica.
17 = Enrico Letta, “uomo di Monti”, boss “cattolico” nel PD : catto-comunismo a servizio degli usurai
Citato in questa analisi più volte (Trilateral, scuola dai gesuiti, Aspen Institute, nipote del Gianni per discendenza da un prefetto massone), Enrico Letta è “stella polare” nel partitone (facilmente trasformista) di maggiore consenso tra gli elettori italiani, che mostrano di rinunciare ad ogni discernimento, rassegnati, come sono, nella “dipendenza” narcotica ordita su un generico “anti”,eternamente sempre servile verso i gestori del denaro. Un po’ come i vecchi comunisti trinariciuti, gli affezionati al PD non si avvedono (o, narcotizzati, non vogliono avvedersi) che il partito opera in funzione dell’alta finanza globalista, la stessa che ai tempi del Pci serviva la Mosca dei banchieri occidentali posti al timone dell’Urss soprattutto nel tempo della “guerra fredda”. Il Letta Enrico ha “dovuto” ostentare in pieno parlamento la sua “devozione” al Monti vergando un biglietto di “piena disponibilità”, spedito dal suo scranno e fatto recapitare ufficialmente da un commesso al “presidente del Consiglio” nella cadrega ufficiale. Il rito liturgico delle varie confraternite di stretta appartenenza pretende – come nelle funzioni nei templi massonici – osservanze, anche se ciò potrebbe far storcere il naso ai distratti elettori, i quali sono sempre costretti e propensi a dimenticare velocemente. E la palese osservanza, ma ostentata nella ufficialità, è atto di dovere.
18 = Spruzzate di “tutto”, buone per i potenti
Dalla vecchia democrazia cristiana allo stravecchio partito comunista, alle frattaglie massoniche dei “partitini” degli anni ’50 e ’60, alla destra missista e dipendente, allo spirito sessantottino, in senso partitico tutto è condensato nella squadra monticiana. Formale il “rispetto” della asetticità che Monti rappresenterebbe nei 67 anni di militanza in affari e governo. Egli ha tenuto – con tremula fermezza - ad allontanare da sé la diceria di rappresentare il mondo internazionale degli affari, del quale fino ad alcuni istanti prima dell’incarico ricevuto dal Quirinale era in carica, perfino con la attribuzione di “member of Moody’s Senior European Advisory Council”, non calunniosamente propalata nei canali internet ancora il 18 novembre 2011. E Moody’s è la privatissima agenzia di stima delle posizioni economiche, finanziarie e monetarie, di base statunitense, che attribuisce apprezzamenti agli Stati ed alle mega-aziende, determinandone anche la defunzione.
Fondamentale è stato l’assenso ed apprezzamento conferito pubblicamente dal cittadino italiano Angelo Bagnasco, presidente della C.E.I. perché prete, e, passaporto vaticano, cardinale di Santa Romana Ecclesia. 4 osservanti e dichiarati attivi membri delle organizzazioni religiose cattoliche su 17 membri del governo italiano sono garanzia minima. Per contro, la sponda vetero comunista ne manifesterebbe solo 2. Il resto è rappresentanza formale della burocrazia. Ma il totale è, in chiave inoppugnabile, emanazione e garanzia per il sovranazionale mondo delle banche e del denaro, che ha creato la crisi mondiale vigente, e quella italiana in particolare.
Se si vuole celiare, si può soffermare l’attenzione alla attività incalzante del diplomatico di carriera preposto agli Affari Esterni, che nella ventennale presenza negli Stati Uniti d’America (inclusa la missione presso le Nazioni Unite) riuscì anche ad unire l’esperienza prestigiosa di ambasciatore d’Italia in Israele, nel quale triennio ebbe l’occasione della famosa visita con zucchetto in testa del maturo Gianfranco Fini (il termine Finì – con l’accento sulla “i” – fu coniato “per tabulas” da chi scrive nel 1995!) sulla “via di Damasco”. Via damascata che ha condotto il “brillante giovinotto pescatore subacqueo” alla sinecura di Montecitorio e, certamente, ad avvenire più “lucroso”. Con l’intermezzo della “sceneggiata” di distacco dal benefattore Berlusconi, per motivi di “campanilismo calcistico” (i calci si riferivano alle operazioni di scalata al potere!).
19 = Futuro per gli italiani ? “Lacrime e sangue?”
I “programmi elettorali”, come quelli di governo”, sono parole! I fatti che seguono sono stati sempre, in 66 anni di regime vigente, opposti alle promesse. Anche se a qualche neofita del potere scappa di esprimere la propria “vera intenzione”, come è accaduto, di introdurre in Italia l’energìa prodotta mediante il nucleare, ma abbandonata a furore di referendum popolare. E, senza mezzi termini, con tale dichiarazione (gabbata per opinione) si ribadisce il nessun concetto che, chi gestisce il potere, ha delle speranze del popolo tutto. Speranze di maggioranze, che, notoriamente, in democrazia non hanno diritto di cittadinanza. Così come si è confermato ufficialmente che la “ipotesi di tassazione dei patrimoni alti” mai verrà considerata, giacché tutti coloro che hanno fin’oggi “dato” dovranno continuare – con diligenza maggiore – a dare. Anche se viventi sotto la soglia dell’indigenza chiaramente indicata in € 15.000 annui.
20 = Perché maggioranza assoluta in parlamento per Monti?
Appare come un mistero!
Il “dimissionario” Berlusconi, negli sproloqui consueti reiterati anche mentre saliva e scendeva dal Quirinale per mostrare di continuare o non continuare nel governo (senza che alcuno lo avesse sfiduciato ufficialmente!), aveva promesso di rendere duro il futuro a chiunque. Per contro, il “suo” partito, a cominciare da lui, ha assicurato e conferito la totale approvazione parlamentare a Monti e governo. Simultaneamente imitato dagli atavici suoi “nemici” del PD, e dal minacciante Antonio Di Pietro, capo della Italia dei Valori, che dimenticò in un lampo – Alzheimer incipiente? – del reale calibro di “valori bancari e monetari” rappresentato dalla compagine di Monti tutta, oltre che dal suo capo in particolare. Maggioranza “bulgara” per Monti, ottenuta da Senato (281 favorevoli e 25 contrari sul limite minimo di 154) e Camera dei deputati (556 favorevoli e 61 contrari per 309 necessari per la maggioranza). Solo la Lega Nord si è opposta, con l’aggregazione di Domenico Scilipoti, che, argutamente, ha agghindato a lutto – fascia nera sul braccio – il suo abito.
Governo tecnico?
Si ha la sensazione che tale unanimità di consensi sia “dovuta”, come accadde al “salvatore della patria” (“p” minuscola!) Ciampi – del quale ha dottamente fornito dati l’alto magistrato in pensione Bruno Tarquini, nel volume “LA BANCA, LA MONETA E L’USURA”, ediz. Controcorrente, Napoli, 2002 -, al massiccio valore monetario rappresentato da Monti, e dalla sua compagine, per far sopravvivere il teatrino di marionette della politichetta italiana, composto da una cinquantina di partitini e partitoni, tutti indifferenti alla salute dei cittadini, che nulla di nuovo e di edificante – in linea con 66 anni di regime – otterranno dal presente formale “governo di tecnici”, uomini della alta plutocrazia, tutti dotati di “redditi denunciati” superiori ad € 400.000 annui, oltre i privilegi accumulati nella loro non breve esistenza, grazie ed in forza di coloro che, ora, per la forma, fingono di avvicendare.
AFFIDERESTI TU, LETTORE, IL TUO PORTAMONETE A MARIO MONTI?
Il ruolo di “Goldman Sachs”
Chieti, 28 Novembre ’11, Lunedì, S. Giacomo - Anno XXX n. 404 - www.abruzzopress.info - abruzzopress@yahoo.it - Tr. Ch 1/81 Nuovo ABRUZZOpress >>>Nazionale
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Ap – Retroscena
Affideresti il tuo portafoglio a Mario Monti? / 2
Il ruolo di “Goldman Sachs” nei problemi mondiali
di Antonio Pantano
Tralascio il “cursus honorum” di Mario Monti. Passo subito alla di lui cooptazione nella “fondamentale” banca di affari – con poteri mondiali e ruoli sovra nazionali – Goldman Sachs, chiarendo il ruolo di questa nei “problemi” mondiali, dalla stessa “sovrintesi”. Se ne occupò il 15 novembre 2011 Virginia Di Leo in “Osservatorio Sicilia” pubblicando, col titolo «La waterloo politica italiana. Uomini Goldman Sachs innescano la crisi, uomini Goldman Sachs si propongono per risolverla…», una analisi dettagliata. Quella Goldman Sachs cui il film “Inside Job” del 2010 (presentato ai festival di Cannes e Roma e gratificato con un “Oscar”) del regista Charles Ferguson, che lo sceneggiò con Chad Beck e Adam Bolt, si dedicò per spiegare la mega crisi finanziaria determinata negli USA nel 2008.
Goldman Sachs, fondata nel 1869 dopo la guerra civile americana, assunse ruolo non comune nella e per la crisi del 1929, forte del suo peso ebraico (le affiliazioni religiose, come le origini etniche negli USA hanno fondamentale importanza – il gangsterismo, per esempio, è sovente prerogativa di siciliani, calabresi, ebrei, irlandesi, cinesi, polacchi), per allearsi anche col sistema bancario gestito dal “conglomerato” dell’acciaio e degli armamenti del gruppo Morgan (protestante, ma “furfante scaltro tale da surclassare cento affaristi ebrei associati”, come osservò Ezra Pound negli anni ’30 del XX secolo). E la Golman Sachs stessa ebbe sviluppo universale dopo Bretton Woods, sulla trama del “nuovo assetto mondiale” colà fissato per tempi indefiniti a partire dalla seconda guerra mondiale, per fissare la spartizione del potere tra USA ed URSS, fino a che a questa entità, additata come “comunista”, fu “concesso di esistere”. Nel ruolo conquistato dagli USA a Bretton Woods (convegno durato 22 giorni nel luglio 1944, sovrinteso dal “santone della scienza economica” John M. Keynes, il britannico definito “Bukow” da Pound con salace ironia) Goldman Sachs assunse funzione di “consulente di governi” sia in occidente che in oriente, con radice e spirito “liberista” per le privatizzazioni, ma si dedicò anche ad “acquisizioni industriali” ed al controllo di “materie prime”, determinando l’andazzo delle banche minori – dalla stessa sovrintese e sorvegliate – ad assorbire e guidare direttamente le attività produttive, al fine scoperto di controllare i flussi monetari e gestire e condizionare le tendenze ed i consumi dei popoli. Sul finire degli anni ’80 gestì anche la scalata nelle borse di Microsoft e General Electric. Criterio base fu di determinare flussi di alti e bassi nelle quotazioni delle borse internazionali, così che, per esempio, il titolo “Abacus 2007-AC1” fu ragione di inchiesta da parte della SEC, Securities and Exchange Commission, la accidiosa, ma pur sempre vegetante, commissione statale USA di controllo sulle borse, che condusse il 16 aprile 2010 alla incriminazione di Goldman Sachs. Con la logica conseguenza del naufragio al ribasso nelle borse mondiali di valanghe di titoli, “sventura” che stiamo ancor ora vivendo e che è, in apparenza, inarrestabile.
Come accadde tutto ciò, se non con la complicità di uomini di Goldman Sachs imposti nel potere politico?
Ricorda Virginia Di Leo: «Durante l’amministrazione Clinton l’ex direttore generale della Goldman Sachs, Robert Rubin, divenne sottosegretario al Tesoro. Nel 2004, Henry Paulson, amministratore delegato dalla Goldman, fece approvare alla Commissione dei Titoli e Scambi un aumento dei limiti sul rapporto di indebitamento, permettendo alle banche d’investimento di avere ulteriori prestiti (statali, cioè denaro dei cittadini americani, al minimo, e di coloro che degli USA sono debitori, nota mia) da utilizzare per manovre di speculazione. Nel 2005 Raghuram Rajan, capo economista del Fondo Monetario Internazionale (2003-2007), pubblicò un rapporto in cui annunciava il rischio che le società finanziarie, assumendo grandi rischi per realizzare enormi profitti a breve termine, avrebbero potuto far collassare il sistema economico.
Nella prima metà del 2006 la Goldman Sachs vendette 3,1 miliardi di dollari di Cdo (Collateralized debt obbligation, cioé “titoli particolari” emessi da società veicolo e garantiti da obbligazioni di debito tra le obbligazioni e prestiti, in una serie di scatole cinesi di scarsa affidabilità vertenti su “scommesse per il futuro”, ma consuete nel “paradiso affaristico liberista speculativo americano” – n.d.r.) e in quel periodo l’amministratore delegato era proprio Henry Paulson. Il 30 maggio 2006 George Bush lo nominò segretario del Tesoro e fu costretto a vendere le sue azioni della Goldman, intascando 485 milioni di dollari (e grazie a una legge di Bush padre non pagò nessuna tassa). Nell’aprile del 2010 i dirigenti della Goldman Sachs furono costretti a testimoniare al Congresso americano: Daniel Sparks, ex capo reparto mutui della Goldman (2006-2008) dovette riferire su alcune email in cui definiva certe transazioni “affari di merda”. Fabrice Tourre, direttore esecutivo prodotti strutturati della Goldman Sachs vendeva azioni che definiva “cacca”. Llyod Blankfein, presidente di Goldman, e David Viniar, vicepresidente esecutivo, sotto le pressanti domande del senatore Carl Levin, furono costretti ad ammettere che sapevano di vendere spazzatura. Purtroppo anche il Presidente degli Stati Uniti di America, Barack Obama, ha confermato il potere mefistofelico della banca d’affari.»
Completò Virginia Di Leo: «Il nuovo presidente della Federal Reserve Bank di New York (principale azionista della Fed) è William Dudley, ex capo economista della Goldman (che nel 2004 lodava i derivati). Capo del personale del dipartimento del Tesoro è Mark Patterson, ex lobbista della Goldman Sachs. A capo della CFCT si è insediato Gary Gensler, ex dirigente della Goldman Sachs che aiutò ad abolire la regolarizzazione dei derivati. Anche in Europa la Goldman manovra spregiudicatamente da tempo. Nel 1999 la Grecia non aveva i numeri per entrare nell’euro. Quindi la Goldman truccò i bilanci. Su PressEurope Gabriele Crescente scrive: “Nel 2000 Goldman Sachs International, la filiale britannica della banca d’affari americana, vende al governo socialista di Costas Simitis uno “swap” in valuta che permette alla Grecia di proteggersi dagli effetti di cambio, trasformando in euro il debito inizialmente emesso in dollari. Lo stratagemma consente ad Atene di iscrivere il ‘nuovo’ debito in euro ed escluderlo dal bilancio facendolo momentaneamente sparire. E così Goldman Sachs intasca la sua sostanziosa commissione e alimenta una volta di più la sua reputazione di ottimo amministratore del debito sovrano.»
Così la Di Leo, durante i passi esplorativi di Monti in vista dell’incarico di Governo.
A.P.
(Continua)
Prossimo numero: 3 – Goldman Sachs globale
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Lino Manocchia, Linoman98@aol.com Enza Evangelista, enza@evangelistaliquori.com Alessandra Nigro, alessandra.nigro@gmail.com
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La truffa della Germania contro le banche italiane
La truffa della Germania contro le banche italiane
Cos’è il mark-to-market imposto alle banche italiane e perché farà crollare i mercati
DI: Vince Boccione
Con questo articolo voglio cercare di spiegare a tutti in parole semplici e con esempi chiari come funziona il metodo contabile mark-to-market che farà affondare gran parte delle banche italiane.
La Merkel e Sarkozy complottano e progettano di conquistare l’Europa annientando stati come la Spagna e l’Italia. Sì ma come fare in modo che il popolo di tutti gli stati europei non si accorga di nulla? Molto semplice. Utilizzando un’arma contabile tanto distruttiva quanto legale: il mark-to-market. Costringono l’EBA (European Banking Authority) a obbligare tutte le banche europee a contabilizzare I debiti sovrani degli stati membri, come i buoni del Tesoro italiani o greci, al valore di mercato (o fair value) degli stessi titoli e non più secondo il costo a cui erano stati acquistati (hold to maturity). Questa tecnica contabile è assolutamente non verietiera e costringe le banche italiane a registrare perdite inesistenti e cercare nuovi fondi per ricapitalizzarsi.
Ma vediamo in pratica cosa vuol dire contabilizzare il debito sovrano al mark-to-market.
Supponiamo che la Banca X compra nel 2010 un titolo di stato italiano zero coupon (per semplificare I calcoli) ad un prezzo di 80€ con scadenza 5 anni. La peculiarità di uno zero coupon è quella che nel 2015 alla scadenza lo stato Italiano ripagherà alla Banca X €100. La banca otterrà quindi un rendimento del 25% (20/80) in 5 anni o del 5% annuo.
Quanto vale la banca X nel 2010 che detiene solo 1 titolo di Stato Italiano? Varrà 80€, il prezzo d’acquisto iniziale. Secondo il metodo tradizione del costo storico o hold to maturity, la banca fino al 2015 varrà sempre 80€
Come è possibile che i rendimenti oscillano quotidianamente (ultimamente più salgono che scendono) se l’Italia ha scelto ex ante di dare alla Banca X 100€ nel 2015 in cambio di 80€ nel 2010? Molto semplice, tutti i titoli di stato vengono scambiati in un mercato secondario ad un prezzo che oscilla in base alla domanda e offerta. Questo fa’ si che gli investitori e il mercato stabiliscono quale sia il giusto rendimento di un titolo di Stato commisurato al rischio che attribuiscono a esso. Lo Stato dovrà tener conto del rendimento solo nelle future emissioni di titoli, in quanto se immette sul mercato titoli con un rendimento inferiore alla percezione di rischio degli investitori, questi rimarranno invenduti. Nulla cambia per i titoli finora emessi.
Il mercato secondario dei titoli funziona in questo modo: E’ come se io compro un iphone dalla Apple e poi decido di rivenderlo su Ebay ma al prezzo corrente di mercato, cioè vedrò a che prezzo gli altri stanno vendendo lo stesso iphone e mi adeguerò al riguardo.
Il metodo mark to market che l’EBA e la Germania sta imponendo alle banche europee, prevede che la banca X deve registrare nel suo attivo contabile non più 80€ ma il prezzo che questo mercato secondario (Ebay nell’esempio dell’iphone) stabilisce.
Nel 2011 in questa sorta di Ebay dei titoli di stato, lo strumento che la banca X aveva comprato a 80€ viene venduto a 70€ facendo salire quindi il rendimento all 8.6% annuo (100-70)/70 per ottenere il rendimenti in 5 anni e dividend tutto per 5 per ottenere il rendimento annuale. Quindi quando sentiamo che I rendimenti dei titoli salgono, I loro prezzi scendono perché lo Stato a scadenza rimborserà sempre 100€
Quindi la banca X, siccome è stata costretta dall’EBA a registrate I titoli di debiti sovrani al mark-to-market, varrà nel 2011 70€ e sarà costretta registrare una perdita inesistente di 10€. Questa perdita è assolutamente inesistente perchè alla banca X non è cambiato assolutamente nulla in quanto nel 2015 riceverà I 100€ dallo stato italiano.
E’ come se io compro un iphone dalla Apple a €500 per usarlo e non per rivenderlo. Poi mi accorgo che su Ebay il prezzo dell’iphone è di 400€ e qualcuno mi obbliga a pagare altri 100€ per coprire la perdita di valore. In realtà io ci ho perso qualcosa? Assolutamente no se la mia finalità è quella di averlo acquistato per usarlo.
La stessa cosa accade alla Banca X che è costretta a ricapitalizzarsi cioè trovare liquidi per compensare la perdita.
Applicando lo stesso esempio alle banche Europee:
Dobbiamo tenere in considerazione che:
- - I rendimenti dei titoli di stato tedeschi e francesi sono scesi, quindi I loro prezzi sono saliti
- - I rendimenti dei titoli di stato italiani, greci e spagnoli sono saliti, quindi I loro prezzi sono scesi
- - Le banche detengono in portafoglio principalmente titoli del proprio Stato
Quindi costringendo tutte le banche a contabilizzare I titoli di debito sovrano al mark-to-market le banche italiane e spagnole hanno dovuto svalutare I loro titoli perchè I prezzi sono scesi (e I rendimenti aumentati), e hanno dovuto registrare delle perdite che in qualche modo devono finanziare. Le banche tedesche (e francesi) siccome detengono portafogli di titoli in prevalenza con titoli tedeschi che sono saliti di prezzo in quanto I rendimenti sono scesi, hanno registrato degli utili inesistenti per compensare le perdite subite dall’avere in portafoglio buoni del Tesoro greci.
Morale della favola:
L’EBA ha riscontrato che le banche italiane a seguito dell’utilizzo di questo metodo sfalsato, hanno riscontrato perdite inesistenti per 14.7 Miliardi di € che le banche dovranno trovare ricapitalizzandosi per evitare il fallimento. In parole povere vorrà dire che taglieranno posti di lavoro, concederanno meno finanziamenti ai cittadini Italiani, innescheranno un crollo di tutte le borse o in un ipotesi non troppo remota verranno acquistate da banche Tedesche e Francesi ad un prezzo basso a causa di una perdita inesistente… perchè alla fine di tutto ciò lo stato Italiano a scadenza pagherà sempre alla Banca X 100€
Tutto ciò avrà conseguenze catastrofiche sui nostri mercati. Premesso che il crollo dei listini dell’ultimo anno è sempre stato causato da forti perdite dei titoli bancari.
Analizziamo in una sequenza logica quello che accadrà sui nostri mercati:
1. 1) Le banche contabilizzano I loto titoli dei debiti sovrani al mark-to-market
2. 2) Visto che I rendimenti italiani sono saliti e I loro prezzi scesi, sono costrette a svalutare e diminuire il loro attivo
3. 3) Per ottenere il pareggio di bilancio sono costrette a riportare delle perdite inesistenti
4. 4) Se l’attivo della banca si sgonfia, diminuisce quindi il suo valore totale
5. 5) Diminuendo il valore, crollerà il prezzo delle azioni di quella banca
6. 6) Ciò innescherà il crollo di tutto il mercato azionario
7. 7) Si innescherà una spirale perversa che farà aumentare ancora I tassi d’interesse dei titoli di stato italiani (Bot,Btp,Ctz)
8. 8) Vedi punto 2
Dimenticavo…. Chi è il president dell’EBA? Andrea Enria … ovviamente un italiano.
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