giovedì 8 dicembre 2011
Ue, la regia della “crisi”
Ue, la regia della “crisi”
di Emanuele Vandac - 07/12/2011Fonte: Altrenotizie
Come noto, la cosiddetta “crisi del debito” euro è causata dalla speculazione internazionale. A differenza di quanto si vuole far credere, il problema non è finanziario, ma politico: nel corso degli ultimi tre anni, i Paesi dell’Area euro hanno dimostrato di non essere in grado di agire di concerto, tanto per impreparazione che per opportunismo politico dettato da problemi domestici.
Una “crisi” che viene da lontano, dunque, e che sfrutta le debolezze intrinseche del sistema Europa per riorganizzare il continente nel modo desiderato dagli Stati Uniti. Per dirne una: che i due uomini della provvidenza siano entrambi italiani e che entrambi si chiamino Mario è un fatto casuale. Che siano o siano stati entrambi alle dipendenze della Goldman Sachs no.
Si sa, situazioni di emergenza richiedono soluzioni estreme: solo facendo appello a un’emergenza - che esiste solo nelle sale cambi delle banche e dei fondi che hanno scatenato la “crisi” - si poteva giustificare la sconvolgente scelta di Germania e Francia di auto-costituirsi in direttorio permanente a baluardo della salvezza dell’euro.
Viene così evocato un altro spettro che per qualche decennio era rimasto chiuso dentro un armadio: l’antica e a quanto pare mai sopita brama germanica di dominare il continente e di imporre a tutti gli altri, i più deboli, i meno organizzati, gli “inferiori”, le sue proprie regole. La specialità di questo gioco demenziale consiste nello spingere i paesi recalcitranti e o politicamente deboli verso il precipizio della dissoluzione della moneta unica al fine di estorcere loro le misure desiderate: ci si augura vivamente che nell’equazione trovi posto anche la considerazione del rischio calcolato che anche chi spinge finisca nel burrone.
Quella di Sarkozy, invece, è semplicemente la brama di un uomo malato digrandeur, desideroso di far bella figura facendosi vedere quanto più possibile in giro con il primo della classe, nella speranza che quest’ultimo lo aiuti durante il compito in classe. In Italia, intanto, viene installato un “tecnico” che ridà fiducia ai mercati facendo una manovra che più italiana non avrebbe potuto essere: una bordata impressionante di tasse, strappate dalle tasche dei soliti noti tra patetismi d’accatto ed evocazioni mesmeriche. Una manovra “facile” in modo imbarazzante, e per giunta svincolata da fastidiose ricadute elettorali; il tutto per dire che, sarà pure un governo “tecnico”, ma gli interessi tutelati, come quelli colpiti, sono sempre gli stessi.
L’Europa, per la verità, ha disperato bisogno di una Banca Centrale Europea che possa sostenere in caso di necessità i governi: come ha fatto, guarda caso, la Federal Reserve. Questo è l’unico caso in cui l’indebita e irritante pressione americana sui governi europei potrebbe effettivamente portare a qualcosa di utile per gli europei. Non appena insediato a Francoforte, l’ex uomo della Goldman Sachs, infatti, ha fatto capire che la BCE è pronta a continuare e perfino a rafforzare gli acquisti di titoli italiani e spagnoli, purché i paesi dell’Eurozona prendano impegni seri e formali in tema di disciplina fiscale.
L’apertura di Draghi arriva, guarda caso, appena qualche giorno prima dell’euro summit dell’8 e 9 dicembre. Il duo Merkel-Sarkozy ha deciso che prenderà decisioni (per lo meno) per gli altri 17 paesi dell’area euro, se non anche per gli altri 10: per questo i due si sono incontrati ieri a Parigi con l’obiettivo di stendere il piano definitivo da lanciare ufficialmente mercoledì. A valle di un colloquio di due ore, si sono fatti immortalare nell’ormai consueta conferenza stampa comune nella quale, tanto per cambiare, hanno fatto sapere di essere d’accordo su tutto.
Il risultato del tête-à-tête è una modifica dei trattati, sulla quale il dinamico duo va avanti a tutta birra, a dispetto della contrarietà di alcuni paesi quali Gran Bretagna, Irlanda e Olanda, che fieramente avversano l’idea, sapendo che ci sono ottime probabilità di perdere i referendum che tassativamente dovrebbero ratificare i cambiamenti (e questo la dice lunga sul curioso significato che sta assumendo la parola “democrazia” nel nostro continente). Questa la bozza che hanno in mente: il nuovo trattato dovrebbe prevedere sanzioni automatiche in caso di sforamento dei limiti di deficit; secondo Reuters una “supermaggioranza” di stati, però, potrebbe immunizzare il paese spendaccione dalla giusta punizione.
Ma gli arzigogoli barocchi per cui gli europei vanno famosi (e per i quali potrebbero rimetterci le penne vien da aggiungere) non finiscono qui. Per compiacere Monsieur, sembra che sarà pure prevista una clausola secondo cui la Corte di Giustizia europea potrebbe essere chiamata a valutare (udite udite!) se i nuovi vincoli di bilancio sono riflessi correttamente nelle legislazioni nazionali degli Stati membri, anche se essa non sarà in grado di rigettare le leggi di bilancio.
La disciplina di bilancio, inoltre, diverrà un dogma di fede da scrivere a chiare lettere nelle costituzioni di tutti gli eurostati. In poche parole, molto rumore per nulla, o quasi. La speranza è che questo topolino partorito dalla montagna possa convincere il sig. Draghi ad aprire i cordoni della borsa o, per meglio dire, far partire le rotative che stampano le variopinte banconote europee. I due capoclasse hanno concluso con il loro convinto nyet sugli eurobond, non sia mai che un debito tedesco possa essere mai confuso con un debito italiano o spagnolo!
Che la preoccupazione americana sia alta si capisce dal fatto che Timothy Geithner, autoinvitatosi, sarà domani in Europa, a dare una mano, alla maniera americana, of course (è la quarta visita da settembre). Incontrerà, in Germania, i boss della BCE e il ministro delle finanze tedesco: non è necessario essere maghi per indovinare che si parlerà diquantitative easing, beninteso nell’esclusivo interesse degli europei.
E se ci fossero dubbi su quanto a Washington siano preoccupati e vogliosi di rendersi utili in tema di riforme europee, arriva anche Standards & Poors’: proprio mentre i due capi europei discutevano, la rating agency ha fatto sapere ai mercati di essere pronta ad abbassare il rating di 15 stati: da ieri sono a rischio di un downgrade di un notch Austria, Belgio, Finlandia, Germania, Olanda e Lussemburgo; non che cambi molto le cose, ma anche Estonia, Francia, Irlanda, Italia, Malta, Portogallo, Slovacchia, Slovenia and Spagna rischiano un declassamento di ben due livelli.
Poiché, come dice Paul Donovan, un capo della ricerca di UBS Londra, “le azioni dei governi europei negli ultimi tre anni hanno dimostrato l’incapacità di agire collegialmente, la mossa di S&P’s potrebbe rendere più desiderabile una soluzione che ‘blindi’ Francia e Germania”. Il timing dell’agenzia di rating è sospetto, così come fanno pensare le altre circostanze sopra accennate: la Goldman Sachs al governo dell’Italia e della moneta europea e le insistenti visite di Geithner. Proprio niente di casuale.
Riserva frazionaria per DUMMIES
Riserva frazionaria per DUMMIES
di Francesco Carbone - 07/12/2011Fonte: Luogo Comune
Poniamo che di questi tempi vi venga in testa un'idea del tutto balorda: decidete di andare in banca a ritirare gran parte dei soldi che riposano sul vostro conto corrente. Non so, forse, stupidamente, siete convinti che essi possano stare più al sicuro da qualche altra parte. Forse, spaventati da trasmissioni demenziali che propongono il divieto di usare il contante, avete pensato che sarebbe meglio darsi una mossa e prelevarne una parte finchè si è in tempo. In fondo non importa la ragione, voi semplicemente avete avuto questa balzana idea di andare in banca a prelevare parte dei vostri soldi in contante. Entrate dopo aver svuotato almeno due volte le tasche nel portaoggetti, vi presentate allo sportello e reclamate il vostro ammontare costituito da almeno quattro cifre. Per ammontari più modesti non perdete neanche tempo, ricordatevi che c'è sempre a disposizione il bancomat, meraviglia del progresso e frutto dell'ingegno imprenditoriale, il quale vi offre il vantaggio di non costringervi a svuotare le tasche prima di unirvi agli altri clienti con il numerino in mano e in attesa di essere serviti. Lo sportellista di banca, piuttosto allarmato soprattutto nel caso in cui l'ammontare richiesto sia non di quattro, ma addirittura di cinque cifre, chiama subito il direttore ... ... che arriva ansimando e comincia: la legge di qua, le disposizioni di là, la circolare di sopra, per l'antiriciclaggio di sotto, però ci voleva il preavviso... bla bla bla.. insomma per farla breve è chiaro che il vostro malloppo non ve lo sganciano volentieri. Leggendo alcune esperienze pubblicate sul web, qualche cliente più esuberante a questo punto si incazza pure alzando la voce e dicendo: «Ma stiamo scherzando?? Quei soldi sono miei, ho diritto a riaverli»! A tal punto i casi sono due: o sganceranno quanto richiesto con evidente malumore, intimoriti soprattutto dagli schiamazzi che state facendo, oppure, rivelandosi ben più tosti e ostinati di quanto aveste creduto in prima battuta, vi convinceranno a ritornare un altro giorno. In questo secondo caso, quando tornerete qualche giorno dopo potrete finalmente mettere le mani sul conquibus tanto a lungo trattenuto. Contenete però la vostra gioia, soprattutto nel caso in cui l'ammontare prelevato superi abbondantemente i venti o trentamila euro. La possibile visita di cortesia della Guardia di Finanza a casa vostra potrebbe infatti suscitare qualche perplessità e abbattere la vostra soddisfazione. Benché pare pongano solo qualche innocua domanda sulle ragioni della detestabile azione appena commessa, la sensazione di sentirsi implicitamente considerati al livello di uno sporco evasore, di un pericoloso bandito, di un esecrabile spacciatore, ai più non risulta affatto gradita. In ogni caso, dopo aver portato a termine con successo la vostra balorda azione di ritirare il contante dalla banca, prendetevi qualche secondo e fate lavorare il cervello, fermatevi cioé a riflettere e ponetevi la seguente domanda: DI CHI ERANO VERAMENTE QUEI SOLDI che figuravano a saldo del vostro conto corrente e che siete andati a reclamare con tanta tracotanza?? Sembra una domanda stupida, e invece si tratta di una delle domande più importanti del mondo. Ponendoci questa domanda, infatti, caschiamo diritti di fronte all'INGHIPPO giuridico più eclatante e ben celato di tutti i tempi che tanti disastri sociali ed economici ha creato negli ultimi secoli. Ripetiamo bene la domanda: DI CHI SONO VERAMENTE QUEI SOLDI che figurano sul vostro conto corrente?? Vediamo cosa recita la legge, cioè l'articolo 1834 del codice di civile: "Nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante, con l’osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi" ATTENZIONE alle sfumature: la banca ne acquisisce la proprietà! Cioè quei soldi SONO per legge DELLA BANCA che è tenuta a restituirli a RICHIESTA DEL DEPOSITANTE (?!?depositante???!!) con l’osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi (avevano ragione sul preavviso, avevano ragione loro!). In altre parole, questi soldi finchè non vi presentate a riprenderli e finchè effettivamente non ve li consegnano in mano, SONO di PROPRIETA' della banca benchè risultino apparentemente VOSTRI nel VOSTRO saldo di conto corrente. E qua nella testa dei meno distratti sorge spontanea una bella domanda. Nel momento in cui la banca era DIVENTATA PROPRIETARIA dei VOSTRI soldi che avevate versate sul VOSTRO conto corrente, cosa diavolo ci aveva fatto? Li aveva messi da parte per custodirli, o li aveva usati per svolgere i propri affari? Formuliamo la domanda in altra maniera. Quei soldi presenti sul vostro conto corrente sono davvero a vostra disposizione (con l'osservanza del periodi di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi) o sono stati prestati dalla banca a qualcun altro. E in tal caso, per quanto tempo li ha prestati? Suvvia! Siate onesti! Se non siete proprio degli ingenuotti degni di un quadro naif, non potrete che dare la risposta giusta! Ovvio che quei soldi la banca li ha prestati a qualcuno! Altrimenti come farebbe la banca a pagarvi gli interessi (peraltro ormai ridicoli) sulle giacenze di conto corrente? Ma allora, perchè avete schiamazzato dentro la banca reclamando i soldi all'istante! Stando così le cose, VOI non siete un DEPOSITANTE. VOI quei soldi li avete PRESTATI alla banca, non li avete DEPOSITATI in banca. Riprendo dalle lezioni di Huerta de Soto: "Se qualcuno venisse da noi e ci dicesse: «deposita i soldi presso di me, te li custodisco per bene, te li lascio sempre a completa disposizione e in più ti pago anche gli interessi», senza dubbio ci suonerebbe come un ottimo affare. Ma per credere che sia tutto vero bisognerebbe essere degli idioti. E' ovvio che c’è l’inganno, che c’è il trucco. Eppure sono proprio gli stessi termini che ci propone il banchiere e che accettiamo nel contratto di conto corrente". Capito il trucco? Ci chiamano depositanti, la legge stessa ci definiscedepositanti, ma in realtà noi siamo dei prestatori, siamo dei mutuanti!!! Quindi se la banca questi soldi a sua volta li ha prestati a qualcuno (e non li ha prestati certo per 3-4 giorni o per una settimana), come diavolo fa a poterli restituire così, su due piedi, su improvvisa richiesta, o a distanza di qualche giorno, a chiunque si presenti in banca per ritirarli?? Ohibò. Signori, forse state cominciando ad avere qualche legittimo sospetto che fa sorgere altre domande. Forse a questo punto vi chiederete anche, ma quando paghiamo o preleviamo con il bancomat una cifra inferiore, non vale lo stesso ragionamento? Come facciamo a disporre di una cifra che in realtà è di PROPRIETA' della banca e nel frattempo è stata prestata a qualcun altro magari per un periodo di tempo di due o tre anni? Ma che razza di magia è questa? Insomma se questi euro li abbiamo prestati alla banca, e la banca li ha prestati a qualcun altro, essi sono quindi in mano o nel conto corrente ANCHE di qualcun altro. Come fanno quindi gli stessi dannati euro ad essere a vostra disposizione anche sul vostro conto corrente? Ancora una volta, quindi, chiediamoci: DI CHI SONO VERAMENTE QUESTI SOLDI?? Chi è il vero proprietario di questi fantomatici soldi? VOI, LA BANCA o il SOGGETTO TERZO al quale sono stati prestati? Il bello, o il brutto, vedete voi, è che la banca quegli stessi soldi li ha prestati non a uno solo, ma ad altri nove soggetti ciascuno dei quali, proprio come fate voi li tiene su un conto corrente ed esattamente come voi pensa di essere il legittimo proprietario e pensa di disporne liberalmente (almeno fino alla scadenza del termine convenuto dal prestito concesso dalla banca). QUINDI LA RISPOSTA QUALE E'? CHI HA IL PIENO DIRITTO DI PROPRIETA' SU QUESTI SOLDI? SONO DIECI SOGGETTI TUTTI CONTEMPORANEAMENTE? E' possibile mai questa assurdità?? AHIME'... signori, questa assurdità è possibile: questa magia non è niente altro che la riserva frazionaria. Un paradosso frutto di un aborto giuridico creato appositamente per concedere al banchiere un privilegio unico ed estremamente potente. La riserva frazionaria è anche la ragione per cui da che mondo è mondo si verificano forti cicli economici, accompagnati da devastanti crisi bancarie e sistemiche. Non sono gli speculatori, non sono i terremoti, non sono i commercianti o gli evasori, non sono la globalizzazione. i CDS, gli spread, lo short selling, o qualche altra diavoleria. E' la riserva frazionaria! Con la Tragedia dell'Euro, con la crisi del Dollaro, con la crisi globale di questo III millennio siamo solo davanti al peggior ciclo e alla peggiore crisi di tutti i tempi. L'immensa forza devastatrice che questa crisi porta con sé e di cui abbiamo appena visto una prima leggera manifestazione nel 2008 e una seconda ancora leggera in questi ultimi mesi, è resa possibile dall'intervento sistematico delle banche centrali che per quasi 100 anni hanno posticipato il giorno della resa dei conti: quello in cui i 10 presunti proprietari della stessa cifra di denaro si presenteranno allo stesso sportello per richiedere lo stesso ammontare di denaro. Ammontare di denaro, tuttavia, che non è più niente, solo un numero, al più un pezzo di carta colorato riproducibile a volontà dalla banca centrale. Però, quella riproduzione fisica a volontà, necessaria per soddisfare solo la metà di quei 10 proprietari, avrebbe conseguenze devastanti. Non a caso, con la scusa di fare la guerra a quegli appestati meglio noti come evasori fiscali, da qualche tempo è partita la campagna mediatica mirata a vietare, tassare, o abolire il contante. E' infatti togliendo alla gente l'ultima pretesa di rivalere la proprietà del denaro su qualcosa di fisico, cioé smaterializzando al 100% il denaro, che l'aborto giuridico sottostante alla riserva frazionaria potrebbe essere tenuto nascosto ancora a lungo, mentre gli inevitabili effetti negativi ad esso collegati potrebbero essere posticipati ancora per qualche anno. La sostanza tuttavia non cambia, il problema sotto c'è, si è stratificato per cento anni, oggi è enorme, la sua risoluzione sarà dolorosissima, e continuando a posticiparla con qualche escamotage tipo tassare o vietare il contante non si farà che aggravarla ancora. Quindi se ancora non l'avete capito, questa crisi, questa enorme crisi non è niente altro che il risultato di una TRAGEDIA GIURIDICA. Al fine di privilegiare l'attività bancaria rispetto a ogni altra attività commerciale, per motivi ben noti a chi del tutto idiota non è, la legislazione sul contratto di deposito bancario ha lasciato una ampia e drammatica zona di grigio sulla proprietà del denaro che si muove attraverso il sistema bancario. Se ogni conflitto, problema, crisi, è sempre riconducibile ad una cattiva definizione dei diritti di proprietà, la proprietà sul denaro bancario rimane totalmente indefinita e confusa a causa di un contratto che non costituisce né un deposito né un prestito ma vuole essere entrambe le cose allo stesso tempo. Questo è l'errore più tragico di tutti che sta a monte di qualunque problema economico del passato e del presente. Se volete saperne di più e ancora non l'avete fatto, leggetevi uno in fila all'altro “Cosa è il Denaro e La Tragedia dell'Euro, sono testi alla portata di tutti che dovrebbero essere letti da tutti già in età scolare. I principi e i concetti in essi contenuti dovrebbero essere noti a tutti coloro che hanno un conto in banca; dovrebbero fare parte della cultura di ogni indignato che si rispetti e che vuole evitare di tirarsi solo la zappa sui piedi; purtroppo, all'alba del terzo millennio, sono principi e concetti che neanche una persona su centomila conosce o sospetta minimamente. Francesco Carbone |
«Salva Italia»? Salvabanche
«Salva Italia»? Salvabanche
di Leonardo Mazzei - 07/12/2011Fonte: antimperialista
L'omino della Trilateral lo ha implorato: lo si deve chiamare «Salva Italia». Ma il suo decreto passerà alla storia più prosaicamente come «Salvabanche». Per uno che è stato messo lì proprio per questo non è poi così disdicevole. Che poi le salvi veramente è tutto da vedere, diciamo che si sta impegnando. Tuttavia è questa la sostanza che va afferrata. Il decreto della domenica sera non salverà né l'Italia, né l'euro, tanto meno le condizioni di vita degli italiani. Di certo non quelle del popolo lavoratore. Cercherà invece di dissetare i vampiri della City e di Wall Street, i sadici banchieri di Francoforte, i quasi coniugi Merkozy.
E darà un po' di respiro, non sappiamo per quanto, alle grandi banche del Belpaese, più o meno tutte con l'acqua alla gola, a partire da quella Banca Intesa che ha «prestato» al governo il signor Passera e la signora Fornero. A proposito del famoso conflitto d'interessi tanto evocato, ma oggi dimenticato, dagli antiberlusconiani alla Scalfari...
Da domenica sera anche i più duri di comprendonio dovrebbero avere inteso alcune cosette. Primo, che il governo Monti è il governo più classista ed antipopolare della storia repubblicana. Secondo, che la sbandierata «equità» altro non era che una scadente mercanzia propagandistica ad uso dei gonzi. Terzo, che il massacro sociale iniziato con le manovre d'estate ha compiuto un decisivo salto di qualità. Quarto, che il disastro che si dice di voler evitare è in realtà già iniziato. La luna di miele del commissario Monti volge già al termine. Le sue carte sono ormai scoperte, ma questo non vuol dire che la stagione degli inganni sia finita. Anzi, il dibattito parlamentare alle porte ce ne offrirà un campionario vasto quanto non appassionante. «Noi siamo per correggerla un pochino», questa la frase più ardita del noto smacchiatore di leopardi di Piacenza. Un vero monumento alla specchiata qualità del politicantume attualmente in commercio.
Mentre Monti salvava le banche - pardon, l'Italia - la signora «equità», al secolo Elsa Fornero, piangeva sul blocco, da lei stessa appena approvato, all'adeguamento delle pensioni all'inflazione, aggiudicandosi in tal modo l'edizione 2011 del Coccodrillo d'oro. Non risulta peraltro, dalle attente cronache giornalistiche, che la suddetta signora abbia avuto qualcosa da obiettare sulla cancellazione del modesto incremento alla aliquota Irpef della fascia più ricca, una misura data per certa fino alla domenica pomeriggio...
Ma veniamo alla sostanza del decreto. Secondo le cifre ufficiali si tratterebbe di un intervento da 30 miliardi, 20 dei quali destinati alla riduzione del deficit statale, 10 a non meglio precisate misure per la mitica «crescita». Molte sono le misure odiose e classiste, dall'aumento dell'IVA di ben due punti e mezzo, alla reintroduzione dell'Ici sulla prima casa, al taglio agli Enti locali che si riverserà inevitabilmente su sanità e trasporti. Ma il vero simbolo del massacro sociale compiuto è quello contenuto nel capitolo pensioni.
Avevamo scritto - passando per esagerati, secondo alcuni - che la ministra Fornero sognava una sorta di Soluzione finale per le pensioni dei lavoratori italiani. Ci chiedevamo piuttosto in quale misura il governo avrebbe accolto quel sogno. Ora lo sappiamo: in maniera pressoché integrale. Passaggio per tutti al contributivo, eliminazione delle pensioni di anzianità, superamento di gran carriera della soglia dei 40 anni, soglia minima per la pensione di vecchiaia a 66 anni (per gli uomini dal 2012, per le donne dal 2018), blocco delle rivalutazioni delle pensioni in essere sopra i 935 euro mensili. E chi più ne ha più ne metta.
Non si tratta della solita controriforma, quanto piuttosto della mazzata finale alla pensione come momento di diritto sacrosanto all'ozio o, se si preferisce, al riposo. Il meccanismo di indicizzazione alla longevità, insieme a quello dei disincentivi spinge ormai verso la soglia dei 70 anni. Uno scenario da incubo, inimmaginabile anche solo qualche mese fa.
Uno scenario che ora ha preso forma grazie al «governo dei professori», insediato dal golpista Napolitano, il noto «My favourite communist» di Henry Kissinger, fondatore di quella Trilateral che aveva come presidente europeo, fino al fatidico 13 novembre scorso, proprio l'ineffabile Mario Monti. E dite voi se non siamo alla quadratura del cerchio...
Ma torniamo per un attimo alle pensioni, perché sicuramente qualcuno ci accuserà di nuovo di esagerare. Purtroppo non è così. La controriforma Dini aveva diviso i lavoratori italiani in due fasce: i giovani, ai quali si imponeva il più svantaggioso sistema contributivo, ma assicurandogli che lo avrebbero vantaggiosamente integrato con la previdenza complementare; i meno giovani, ai quali si sottraevano di colpo 5 anni di pensione, ma con la promessa di mantenere il più conveniente sistema retributivo.
Mentre le garanzie per i più giovani si sono volatilizzate da tempo - a proposito, è piuttosto illuminante che alcuni Fondi pensione integrativi abbiano sospeso nelle ultime settimane le periodiche comunicazioni sul loro andamento, evidentemente falcidiato dalla debacle dei mercati finanziari - con la Soluzione finale della professoressa Fornero anche i «meno giovani» del 1995 sono ormai sistemati.
Chi sperava di andare in pensione dopo 40 anni di lavoro (pensate un po' che privilegiati!), aveva già visto spostarsi la lancetta di un anno con la truffa delle «finestre». Ora l'asticella è salita a 42 anni (per le donne 41), ai quali si deve aggiungere un mese all'anno a partire dal 2012. Ma non basta, anche queste soglie sono soggette alla revisione periodica in base all'aspettativa di vita. La conseguenza pratica, giusto per fare un esempio, è che un lavoratore oggi quarantasettenne maturerà il diritto alla pensione (definita, pensate un po', «anticipata») con circa 45 anni di contributi. Alla faccia dell'anticipo! E poi, con quale pensione? Una pensione decurtata dal contributivo ed ulteriormente tagliata dai meccanismi disincentivanti (un 2% annuo per gli anni mancanti alla soglia di vecchiaia).
Il combinato disposto di questi meccanismi è appunto la fine della pensione, intesa come periodo della vita da dedicare al riposo, all'ozio, alla famiglia, a quel che ognuno vuole, avendo un minimo di sicurezza economica. La Soluzione finale del governo Monti cancella sia il tempo della pensione, sempre più lontano, sempre più incerto, sia la sicurezza del suo importo. Una fine che segna anche simbolicamente la morte del cosiddetto Welfare State, giusto a proposito di simboli dell'Europa (e delle conquiste del movimento operaio europeo) che se ne vanno nel tritacarne del capitalismo casinò e della follia della moneta unica.
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Ora molti si chiedono se questo massacro servirà a salvare l'euro. La risposta è no, non servirà. Il vertice europeo di giovedì sembra incanalato sulla solita strada: molto fumo, nessun arrosto. L'attivismo del duo Merkel-Sarkozy non sta a significare lo sforzo di salvare la moneta unica, quanto piuttosto la volontà di salvaguardare, nello sfascio alle porte, i rispettivi interessi nazionali. Interessi da imporre, grazie a questo duopolio, agli altri paesi, tra i quali ovviamente l'italietta appena messa nelle mani del liquidatore fallimentare Mario Monti.
Se ancora le classi dirigenti europee credessero veramente alla possibilità di evitare il naufragio dell'euro, ben altre misure si sarebbero imposte. Nella UE si sarebbe accelerato sulla riscrittura dei trattati, mentre invece sono stati accantonati anche i ben più modesti eurobond, facendo della Bce una vera banca centrale in grado di far fronte alle turbolenze dei mercati finanziari; in Italia - in questo momento l'epicentro della crisi - si sarebbe messa mano ad una mega-patrimoniale di cui invece non c'è neppure l'ombra.
Difficile credere che i decisori di cui sopra credano davvero a quel che giurano di credere. Ma allora, ci si chiederà, perché insistono sulla strada dei sacrifici, che qualcuno continua a chiamare con un insopportabile eufemismo «austerità»? Semplice, per due motivi. Il primo è che vogliono garantire con ogni mezzo - fosse pure l'affamamento di interi popoli - gli strozzini che hanno in mano i titoli del debito statale. Il secondo, ovviamente collegato al primo, è che mentre sono disposti a sacrificare la vita di milioni di persone, non intendono sacrificare nessuna banca.
Mentre parlano di «crescita», sanno benissimo di stare conducendo l'eurozona, e l'Italia in particolare, in una recessione paurosa di cui già si vedono i primi sintomi. Disoccupazione, chiusura di attività produttive, impoverimento generale sono la prospettiva dei prossimi anni. Ed a proposito di disoccupazione, ma davvero non si trova proprio nessun economista sfaccendato che ne calcoli all'ingrosso l'aumento generato dal mancato turn over prodotto dal blocco dell'accesso alla pensione?
Sanno benissimo quel che stanno facendo, ma non possono fare altro, dato che quella è la loro mission. Se parliamo di decreto salvabanche non è però solo per queste considerazioni. E' anche perché il decreto contiene un preciso capitolo sulle garanzie che lo Stato darà al debito bancario. In pratica lo Stato si farà garante delle emissioni obbligazionarie delle banche italiane, secondo un indirizzo europeo che sembrava però dovesse realizzarsi con «uno schema mutualistico all'interno della UE», per dirla con le parole del Sole 24 Ore. Ma anche in questo caso, come per gli eurobond, come per il fondo EFSF, la mitica «solidarietà» europea si è rivelata assai poco solidale...
Perché queste garanzie siano così impellenti è presto detto. Su scala globale il 2012 sarà l'Annus Horribilis della finanza mondiale. Ben 12mila miliardi di euro di titoli del debito (statale, bancario, e aziendale in genere) andranno in scadenza. Circa il 70% in più del 2011, anno in cui le difficoltà del rifinanziamento sono già emerse in tutta evidenza. In testa alla graduatoria dei cacciatori di capitali (preferibilmente a buon prezzo) gli Stati Uniti e il Giappone, mentre in Europa l'Italia farà la parte del leone.
Ma non ci sono solo i debiti statali. Ci sono anche quelli privati. E qui sono le banche ad essere affamate. Si pensi al caso già citato di Banca Intesa, il cui ex ad dice di aver sacrificato il suo mega-stipendio per salvare il paese, entrando a far parte del governo Monti. Nel 2012 Banca Intesa avrà in scadenza titoli per ben 24 miliardi: chi glieli riacquisterà? Ed, eventualmente, a quale prezzo? Domande da incubo, alle quali il prode gladiatore della Trilateral, ovviamente con il disinteressato apporto del «tecnico» Passera (che, detto tra parentesi, qualcuno vorrebbe come futuro candidato premier del centrosinistra) ha risposto con il decreto di domenica sera. E a questo punto si sarà capito per quale motivo va rinominato come decreto salvabanche.
Ieri, lunedì, la Borsa di Milano ha fatto segnare un +2,9%, ovviamente tra gli osanna dei repubblichini di Repubblica, che hanno visto in questo (peraltro modestissimo) dato la riprova della bontà della Montinomics. Se i repubblichini - che definiamo tali, tanto per il contributo instancabile che hanno assicurato alla Seconda Repubblica bipolare e maggioritaria (appunto una repubblichetta nelle mani di lorsignori), quanto per il loro appoggio incondizionato alle pretese della Germania - avessero guardato gli indici delle singole società quotate avrebbero visto che la crescita è tutta da attribuirsi al traino dei titoli bancari, così beneficiati dal decreto domenicale.
Lo Stato sarebbe davvero in grado di garantire i debiti nel caso del crac di una grossa banca nazionale? Ne dubitiamo, ma qualora avvenisse, altro non sarebbe che una gigantesca trasformazione di un debito privato in un debito pubblico, da scaricare nuovamente sul popolo lavoratore di questo disgraziato Paese. E con questo chiudiamo, sperando che si sia capito che quando si parla di «governo unico delle banche» si opera sì una semplificazione, visto che le banche altro non sono che il luogo centrale della forma che il capitalismo reale ha assunto nel suo sviluppo plurisecolare, ma si tratta di una semplificazione che tratteggia assai bene la sostanza di quel che sta avvenendo. Non un semplice slogan, dunque, ma una fotografia assai attendibile della realtà.
USA e BCE: la vera "mission"
USA e BCE: la vera missione dell'agente Tim Geithner
di Federico Zamboni - 07/12/2011Fonte: il ribelle
Nelle linee generali la notizia è di dominio pubblico, e non potrebbe essere diversamente, ma dell’aspetto decisivo parlano solo in pochi. E quei pochi, per di più, senza chiarirne le effettive implicazioni La notizia è che Tim Geithner, ex presidente della Federal Reserve di New York e attuale ministro del Tesoro statunitense, è arrivato in Europa per sollecitare la Ue a procedere senza incertezze, e con la massima rapidità, ad assumere le misure necessarie al consolidamento dell’Euro.USA Le linee guida sono note: da un lato il contenimento obbligatorio della spesa pubblica, in modo da indirizzare quante più risorse possibili al pagamento dei debiti pregressi, nonché di quelli nuovi che si rendono necessari per rimpiazzare quelli vecchi che giungono a scadenza; dall’altro, appunto col pretesto di un coordinamento (e di una sorveglianza) a livello continentale, l’imposizione di una governance ristretta che riduca al minimo la sovranità nazionale, fino a sopprimerla, di fatto, quantomeno nelle questioni di politica economica. La parte molto meno nota è quella che riguarda il futuro ruolo della Bce. Come scrive il Sole 24 Ore, a firma del suo corrispondente dagli USA Mario Platero, Geithner «chiederà che Bruxelles traduca in azione gli impegni del 26 ottobre e che la Bce diventi prestatore di ultima istanza». L’intento, quindi, è che la Banca Centrale Europa si faccia carico di garantire la solvibilità di alcune categorie di creditori, tra cui gli Stati a rischio default. Una prospettiva che ovviamente non entusiasma la Germania, il cui ruolo di principale sottoscrittore del capitale Bce si trasformerebbe in un fardello enorme. Il punto è proprio questo: togliere risorse al sistema-Paese tedesco, imponendo tassi più elevati sul debito pubblico e rallentandone l’economia, ai fini di un duplice risultato. Primo, cancellare qualsiasi tentazione di egemonia continentale, o comunque di uscita dalla Ue come è strutturata attualmente. Secondo, ridimensionarne l’ingombrante presenza sui mercati internazionali, liberando un po’ di spazio a vantaggio degli USA. Washington – o piuttosto il potere finanziario che utilizza gli Stati Uniti come paravento, e come braccio operativo per agire in quegli ambiti diplomatici e militari che, almeno per ora, continuano a essere riservati alle nazioni – ha assoluto bisogno di un’Europa schiava delle sue esigenze. E asservire definitivamente anche la Germania diventa una priorità assoluta. Federico Zamboni |
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