Nuova indagine sulle banche USA padrone delle commodity
di Mario Lettieri - Paolo Raimondi - 10/12/2014http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=50008
Fonte: Arianna editrice
Le
grandi banche sono state pizzicate a speculare alla grande sulle
commodity, sulle materie prime, sui cereali e su altri prodotti
alimentari.
La Commissione d’Indagine del
Senato americano, diretta dal democratico Carl Levin e dal repubblicano
John McCain, ha pubblicato un dossier di 400 pagine dal titolo “Wall
Street bank involvement with physical commodities” per denunciare con
dovizia di dettagli come le “too big to fail” stiano manipolando,
ovviamente a loro vantaggio, i mercati delle commodity. Naturalmente tutto ciò con riverberi sui mercati internazionali.
Per
due anni la Commissione ha indagato sui casi più eclatanti che
evidenziano come “il massiccio coinvolgimento di Wall Street nelle
commodity mette a rischio la nostra economia, le nostre
imprese e l’integrità dei nostri mercati. Bisogna reintrodurre -
continua la Commissione - la separazione tra banca e commercio per
prevenire che Wall Street utilizzi informazioni non di pubblico dominio a
suo profitto e a spese dell’industria e quindi dei cittadini”. Ciò non
vale soltanto per gli Stati Uniti ma per il mondo intero.
La
Commissione sta procedendo con delle audizioni pubbliche per dimostrare
come alcune banche abbiano fatto aumentare artificialmente i prezzi
delle materie prime e speculato in derivati sulle stesse, sfruttando gli
“effetti provocati” dalle manipolazioni. Il senatore Levin avverte
anche di possibili futuri rischi sistemici per l’economia dovuti al
fatto che le banche sono coinvolte in imprese esposte ad alti rischi di
catastrofi ambientali.
Sono state analizzate
in particolare le attività delle solite maggiori banche americane, tra
cui la Goldman Sachs, la JP Morgan Chase, la Morgan Stanley e la Bank of
America.
La Goldman avrebbe “assunto” il
controllo del mercato dell’alluminio. Nel 2010 ha acquistato la Metro
International Trade Services di Detroit, che gestisce lo stoccaggio
certificato dalla London Metal Exchange, la principale borsa mondiale
dei metalli. Nei suoi magazzini ci sarebbe l’85% di tutto l’alluminio
contrattato alla borsa di Londra per il mercato americano. Trattasi di
1,6 milioni di metri cubi di alluminio pari al 25% dell’interno consumo
annuale in Nord America. La banca ha aumentato la sua proprietà diretta
di alluminio passando da una quantità pari a 100 milioni di dollari a 3 miliardi. Possiede, tra l’altro, anche un’impresa che commercia uranio e due grandi miniere di carbone in Colombia!
Il
meccanismo messo in atto sembra piuttosto semplice. Attraverso varie
manipolazioni e fittizi spostamenti di ingenti quantità da un magazzino
all’altro la Goldman Sachs sarebbe riuscita a determinare ritardi nelle
consegne del metallo alle industrie acquirenti. Invece dei 40 giorni
necessari nel 2010, lo scorso settembre il tempo di consegna è stato di
ben 600 giorni! Ovviamente ciò ha prodotto un aumento sul costo dello stoccaggio,
la cui percentuale su quello totale è passata dal 6% del 2010 al 20% di
oggi. Naturalmente tutto a beneficio di Metro-Goldman. La conseguenza è
stata un’impennata dei prezzi dell’alluminio tanto che molte imprese
colpite hanno denunciato la manipolazione, tra cui la Coca Cola. Sembra
che al “giochetto degli spostamenti” abbiano partecipato anche altre
banche come la Deutsche Bank e l’hedge fund inglese Red Kite,
I
profitti realizzati con l’aumento dei prezzi di stoccaggio per la
Goldman sono stati soltanto una piccola parte del guadagno. Il vero
business lo hanno fatto con le speculazioni sui future dell’alluminio e
con altri derivati costruiti in base alla manipolazione dei prezzi e
alla posizione di monopolio dello stoccaggio.
Da
parte sua la JP Morgan Chase ha ammassato grandi quantità di materie
prime per un valore di mercato di 17,4 miliardi di dollari pari al 12%
del suo capitale di base, il cosiddetto Tier 1. Poiché sono stati
superati abbondantemente i limiti permessi, la banca furbescamente ha
sottostimato di quasi due terzi tale valore prima di rendicontarlo alla
Federal Reserve. E’ arrivata anche a possedere fino al 60%
di tutto il rame negoziato sui mercati mondiali. Nel campo energetico
possiede 25 milioni di barili di petrolio e controlla 19 centri di
immagazzinamento di gas.
La Morgan Stanley
invece controlla 58 milioni di barili di petrolio. Possiede 100
petroliere e circa 8.000 km di oleodotti. E’ padrona di 18 centri di
immagazzinamento di gas. Contemporaneamente sta costruendo la propria
centrale di compressione del gas ed è la fornitrice privilegiata di
carburante per alcune grandi compagnie aeree.
La Bank of America ha 35 centri di stoccaggio di petrolio e 54 di gas.
In
altre parole, all’ombra di una troppo abusata “globalizzazione” che
tutto giustifica, le banche fanno sempre meno gli istituti di credito e,
forti anche dei capitali ottenuti a tassi di favore dal governo, si
mettono in diretta competizione con le imprese che operano nei settori
dell’industria, dell’agricoltura, del commercio, della lavorazione e
dello sfruttamento delle materie prime fino a determinarne i
comportamenti e la stessa sopravvivenza.
Appare chiaro l’intreccio perverso tra banche e organismi di controllo che evidentemente non hanno fatto il loro dovere.
Avviata
l’indagine senatoriale, la Goldman Sachs si è affrettata a licenziare
due suoi importanti operatori coinvolti nelle manipolazione. Si è
scoperto però che prima essi avevano lavorato per la Federal Reserve di
New York. Del resto è noto che l’attuale capo della Fed di New York,
William Dudley, è stato un alto dirigente della Goldman fino al 2005
E’
certamente importante che la Commissione d’Indagine del Senato lavori
su questi casi specifici. In passato la stessa Commissione in verità
aveva denunciato le responsabilità delle grandi banche americane nella
crisi finanziaria globale dei mutui subprime, dei derivati Otc e dei
titoli tossici. Il fatto che, a distanza di anni, si debba ancora
denunciare simili gravi comportamenti, dovrebbe suonare come un vero
allarme sui rischi sistemici di una finanza che purtroppo continua a
ritenersi l’ agnello d’oro” da adorare sempre.
Ci saremmo aspettati che a Brisbane si fosse parlato anche di ciò.