lunedì 12 settembre 2011

La propaganda dei banchieri in azione in Libia

Islanda, l'isola che non ci dev'essere

cronachelaiche.it http://www.cronachelaiche.it/2011/09/islanda-l%E2%80%99isola-che-non-ci-deve-essere/
Islanda, l’isola che non ci deve essere

Nelle gelide acque del mare del nord, appena ritemprate dalla corrente del golfo, c’è un’isola di 103.125 km quadrati con 320.136 abitanti (censimento luglio 2010) che ha lo spettrale nome di Islanda (Iceland, terra del ghiaccio). In realtà quest’isola è quasi completamente verdeggiante nonostante le rigide temperature; dicono che il suo nome sia dovuto a uno “scherzetto” dei vichinghi che per camuffare le loro rotte invertirono i nomi dell’Islanda, appunto, e della Groenlandia (Greenland, terra verde), quasi completamente coperta dai ghiacci in ogni stagione.

Negli anni 2008- 2009 l’Islanda attirò su di se l’interesse della cronaca e ogni giorno non c’era telegiornale che non ragguagliasse sulla situazione dell’isola. Di cosa si parlava? Non del fatto che è uno dei pochi paesi al mondo senza un esercito; non della sua peculiarità di usare al 99,9% fonti di energia rinnovabili; non della bellezza dei suoi paesaggi. Bensì del fatto che la crisi economica avesse costretto il paese, alla fine del 2008, a dichiarare bancarotta a causa della dissennata politica economica delle sue banche che avevano offerto rendimenti altissimi a investitori stranieri. La corona islandese perse l’85% del suo valore, e il Fondo monetariinternazionale accordò un prestito di 2,5 miliardi di dollari in cambio della consueta richiesta di misure economiche drastiche volte a costringere il governo islandese a farsi carico del debito bancario spalmandolo sulla popolazione.

Il governo in carica eletto nel 2009 con consultazioni anticipate in seguito alla crisi, era di centrosinistra e criticava le politiche liberiste del precedente governo, tuttavia non aveva gli attributi per opporsi al FMI e alle pressioni di quegli stati, come l’Inghilterra e l’Olanda, che prima avevano rimborsato gli investimenti dei propri cittadini in Islanda, poi chiedevano il conto al governo dell’isola. Perciò accettò di riversare il debito sulla popolazione proponendo una manovra di salvataggio che avrebbe costretto ogni islandese a pagare 100 euro al mese per quindici anni. Il tutto per saldare un debito contratto da privati nei confronti di altri privati.

Fu qui che successe l’irreparabile. Il misfatto che ha portato i nostri mass media nazionali a smettere immediatamente di parlare dell’isola nordica cancellandola dalle carte geografiche. Gli islandesi il debito non l’hanno pagato! Il capo dello Stato si rifiutò, in seguito alle proteste, di firmare l’attuazione del piano di salvataggio e indisse un referendum popolare per la sua accettazione. Questo referendum, svoltosi all’inizio del 2010, si concluse con una schiacciante vittoria di chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini; e questo nonostante le pressioni internazionali del FMI e degli altri paesi creditori che minacciavano di far diventare l’Islanda la “Cuba del nord” se fosse uscita vincente quella linea politica. Una volta vinto il referendum, il debito è stato addossato a chi l’aveva creato, ovvero ai direttori delle banche che con politiche scellerate avevano concesso interessi insostenibili e ai politici che non avevano vigilato sul loro operato.

Ma la rivoluzione sull’isola non si è fermata qui. Visto che c’era, il movimento islandese ha sancito l’indipendenza dalle politiche economiche delle banche con una nuova Costituzione, scritta da un’assemblea costituente di venticinque cittadini (il cui requisito primario era che non dovessero essere iscritti ad alcun partito), a cui chiunque poteva dare il suo contributo. I lavori erano online in tempo reale e tutti gli islandesi potevano dire cosa era di loro gradimento e cosa no. Per la prima volta nella storia la Costituzione di un paese non è stata scritta in stanze chiuse con accordi e intrallazzi politici fra i partiti ma sotto agli occhi di tutti e con il contributo di tutti.

E oggi? Tutto bene grazie. L’economia è in crescita (+2,5% nel 2011 e previsto un + 3,1% per il 2012), le sirene catastrofiste del FMI sono state azzittite, il welfare non è stato toccato, i servizi sociali neanche e le banche sono state nazionalizzate. L’isola che non c’è… o l’isola che qualcuno non vorrebbe che esistesse? Funzionerebbe tutto ciò in un paese che di abitanti ne ha decine di milioni e non 320mila? Non lo sappiamo, non abbiamo la sfera di cristallo né la pretesa di avere le verità (economiche) assolute. Ma la vera domanda da porsi è: perché non se ne può parlare? Perché i vari Minzolini di turno non danno queste notizie? Un paese che disobbedisce al FMI e torna a crescere economicamente fa cosi tanta paura? O forse fa paura il fatto che, come diceva Alan Moore nel suo “V for Vendetta”, «Non sono i popoli che devono avere paura dei governi ma i governi che devono avere paura dei popoli»?

L’Islanda non è solo il vulcano che blocca i cieli europei con le sue eruzioni, è anche l’esempio che le linee economiche del FMI non sono dogmi e che forse, davvero, un altro mondo è possibile.

Alessandro Chiometti

DEUTSCHE BANK e 11 settembre, TANTA FINANZA E POCO FUTURO

9/11: Deutsche Bank, tanta FINANZA & poco FUTURO...
Cosa stanno facendo il tenente Salerno Sergio, il Maresciallo Gusmai Maurizio ed il maresciallo Liberto Rosario? Sembra una domanda retorica ma non lo è. Nel libro "Banche armate alla guerra", edizioni Fratelli Frilli 2003, nelle pagine 114 e 115 si legge quanto segue: "N.d.A.: Dopo la pubblicazione di questa inchiesta, Marco Saba il 1 agosto 2002 è stato "intervistato" dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della GdF che in quell'occasione gli disse che, se anche fossero state effettuate speculazioni dalla Deutsche Assets Management di Milano, la DeAm, la SIM italiana di Deutsche Bank, siccome avrebbero impiegato un programma internazionale di compravendita titoli, mancava la territorialità italiana per effettuare delle indagini. Inutile ribadire come sia molto sospetta questa versione dato l'impatto globale che hanno avuto gli attentati del 11 settembre. Nessuno vuole indagare. (Tratto da "Torri gemelle: molta Finanza e poco Futuro", luglio 2002)". La territorialità per la GdF non c'è, però possiamo tranquillamente mandare allo sbaraglio i corpi speciali dei carabinieri nell'Iraq radioattivo. Tempo dopo, venni reintervistato da altri ufficiali della GdF, questa volta - mi dissero - inviati dal procuratore Gherardo Colombo. Raccontai l'episodio, l'intero colloquio venne registrato. Qualche giorno dopo, per telefono, mi dissero: "Lei ci fa solo perdere tempo!" Erano il maresciallo Arbus ed il maresciallo Baldinu. Se "qualcuno" avesse veramente voluto sapere chi aveva ordinato gli attacchi dell'11 settembre, sarebbe stato sufficiente risalire, tramite i gestori dei fondi della Deutsche Bank [cominciando da Michele Gessi], a chi aveva dato gli ordini per le speculazioni sui titoli United Airlines e American Airlines !!! "Cherchez l'argent":

OCCUPIAMO LE BORSE DI TUTTO IL MONDO


APPELLO: OCCUPIAMO LE BORSE DI TUTTO IL MONDO

CARTELLE ESATTORIALI INVIATE PER POSTA: SONO INESISTENTI


CARTELLE ESATTORIALI INVIATE PER POSTA: SONO INESISTENTI

by Claudio Rossini on Monday, September 12, 2011 at 10:49am


CARTELLE ESATTORIALI INVIATE PER POSTA: SONO INESISTENTI

Ennesima pronuncia dei giudici tributari di Lecce in merito alla “giuridica inesistenza” delle cartelle esattoriali spedite semplicemente per posta da Equitalia.
Infatti, una recentissima sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce (Sent. CTP di Lecce n.197/05/11 liberamente visibile su www.studiolegalesances.it – Sez. Documenti), si allinea ad altre precedenti pronunce emesse sempre dalla stessa Commissione di Lecce (si veda sempre sul sito la sent. CTP di Lecce n.909/05/09 e la sent. CTP di Lecce n.436/02/10) o da altre Commissioni italiane (ad esempio la Sent. CTR di Milano n.61/22/10) secondo le quali risulta addirittura “inesistente” la notifica della cartella inviata a mezzo posta direttamente dai dipendenti di Equitalia e senza l’ausilio dei soggetti puntualmente individuati dalla legge (art.26, comma 1, DPR n.602/73), ossia:
1) gli Ufficiali della riscossione;
2) gli Agenti della Polizia Municipale;
3) i Messi Comunali, previa convenzione tra Comune e Concessionario;
4) altri soggetti abilitati dal Concessionario nelle forme previste dalla legge.
La Commissione Tributaria di Lecce, infatti, ha già chiarito in precedenti occasioni che la notifica degli atti ad opera del concessionario della riscossione non può essere simile a quella dell’Agenzia delle Entrate, dove invece è ammesso l’invio “diretto” (ossia senza intermediari) dei propri atti per posta.
Ciò deriva dal fatto che per l’Amministrazione finanziaria si applica la legge n.890/82 (intitolata “Notificazione degli atti a mezzo posta …”).
Infatti, l’art. 14 della predetta legge prevede “la notifica degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente anche a mezzo della posta DIRETTAMENTEdagli uffici finanziari”.
Detta previsione, però, è chiaramente riservata agli uffici che esercitano potestà impositiva, con esclusione degli agenti della riscossione che sono preposti solo alla fase riscossiva.
Inoltre, occorre evidenziare che mentre con l’originario testo dell’art. 26 del DPR n. 602/73, comma 1, (disposizione relativa alla notifica delle cartelle) era stabilito che la notificazione potesse essere eseguita “anche mediante invio, da parte dell’esattore, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento” (articolo in vigore dal 1/01/1974 al 30/06/1999) la disposizione è sensibilmente variata con l’avvento della riforma della riscossione mediante ruolo (ossia con l’introduzione del Dlgs n.46/99 e del Dlgs n.112/99).
L’attuale articolo 26, come appunto sostituito dall’art. 12 del Dlgs n.46/99, ora dispone che “la cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento”.
Disposizione quest’ultima che, a differenza della formulazione precedente, non contempla l’espressione “DA PARTE DELL’ESATTORE” che è invece sostanzialmente rimasta nell’art. 14 della legge n.890/82 laddove viene concesso agli uffici finanziari il potere di notificare “a mezzo posta direttamente” gli atti di loro spettanza.
Tale differenza deriva da una precisa scelta del legislatore, il quale ha previsto la possibilità che il funzionario pubblico (e quindi solo l’Amministrazione finanziaria) possa sostituire l’organo della notificazione in virtù della sua particolare qualità.
Ben diverso è invece il discorso per il concessionario, in quanto trattasi di società commerciale di diritto privato. A riprova di ciò, infatti, l’art. 26 del DPR n.602/73, nella vigente formulazione, esordisce affidando a soggetti specifici la funzione della notificazione delle cartelle, in primo luogo agli ufficiali della riscossione.
Proprio per tale motivo, i giudici di Lecce nella sentenza in oggetto chiariscono che la cartella inviata per posta è illegittima poiché  “… l’art. 26 … nella formulazione successiva alla riforma della riscossione mediante ruolo (DLgs 46/99 e Dlgs 112/99) ha riservato agli uffici che esercitano potestà impositiva (e quindi solo all’Agenzia delle Entrate) la possibilità di notificare avvisi e altri atti anche a mezzo posta …” (sent. CTP di Lecce n.197/05/11).
Pertanto, qualora dovesse risultare – come nel caso in oggetto – l’invio delle cartelle per posta direttamente da parte del concessionario (attraverso suoi dipendenti sprovvisti dei requisiti previsti dalla legge) gli atti sono da ritenersi INESISTENTI
Sarà dunque onere del Concessionario della riscossione produrre in giudizio oltre alla ricevuta di ritorno della raccomandata anche la cartella di pagamento e la relativa relata di notifica debitamente compilata.
Solo in questo modo egli potrà provare al contribuente la corretta notifica (attraverso, dunque, la relata di notifica insieme alla raccomandata) e il corretto contenuto della pretesa creditoria (con la produzione in giudizio della cartella).

Borse Ue in discesa. Giù Milano con banche


12/09/2011 9.31

Borse Ue in discesa. Giù Milano con banche

(Teleborsa) - Roma, 12 set - Partenza in forte ribasso per le principali borse europee, che estendono il calo di venerdì, innescato dalle dimissioni a sorpresa del membro tedesco del board della Bce, Jurgen Stark, in contrasto con le politiche di salvataggio dei Paesi periferici dell'Eurozona varate dall'Eurotower con il programma di acquisto di titoli di Stato. Sui listini azionari europei, pesano anche le voci di un possibile default della Grecia, circolate in questo fine settimana.

I rinnovati timori sulla delicata situazione della Zona Euro penalizzano ancora la valuta unica, che abbandona anche quota 1,36 dollari. Il cross eur/usd infatti è arrivato a toccare nella notte il minimo a 1,35 dollari. L'euro perde terreno anche contro lo yen ed il franco svizzero.

Sulle prime rilevazioni, Parigi perde oltre 3 punti percentuali, mentre Francoforte e Londra arretrano del 2% circa. In rosso anche la borsa di Milano dopo il bagno di sangue di venerdì, con altri 15 miliardi di capitalizzazione bruciati in poche ore. L'indice FTSE MIB cede il 3,30% a 13.550,23 punti mentre il FTSE All Share scivola del 3,07% a 14.456,78 punti. Grande attesa per le aste che verranno indette a partire da questa mattina, mentre si allarga il differenziale tra titoli di Stato italiani e tedeschi a 10 anni a 380 punti base.

Bancari in caduta in tutta Europa, con i titoli delle principali banche francesi in netto calo su voci di un possibile downgrade da parte di Moody's. A Piazza Affari sotto la lente oggi la Popolare Milano alla vigilia delle riunioni del Cda e del Comitato Esecutivo. Forte la discesa di Unicredit e Intesa Sanpaolo, quest'ultima tornata nuovamente sotto quota 1 euro. Rimbalza Mediolanum che venerdì guidava il ribasso dei finanziari.

Giù gli industriali specie il settore dell'auto, con le due Fiat assieme ad Exor.

Nel lusso, timido spunto positivo di Bulgari. Vendite su Safilo che ha appena annunciato di non aver rinnovato il contratto di licenza per la produzione e distribuzione di occhiali a marchio Nine West, le cui collezioni sono vendute principalmente negli Stati Uniti.

Spenta l'energia con Eni che scivola in linea con l'intero settore oil europeo. Il gruppo del cane a 6 zampe ha ufficializzato venerdì il lancio di un bond a sei anni destinato al pubblico retail per un valore complessivo massimo di 1 miliardo di euro.

Sul listino completo milanese, positiva la Juventus FC dopo la vittoria per 4-1 sul Parma.

Banche e governi: loro sbagliano


Banche e governi: loro sbagliano. Noi paghiamo
di Marcello Foa - 11/09/2011

Fonte: il giornale


http://sovranidade.org/wp-content/uploads/2010/08/banchieri.jpg

Segnale molto inquietante: come già avvenuto nel 2008 le banche non si fidano più le une delle altre, dunque stanno riducendo lo scambio interbancario; il che significa che viene a mancare la liquidità all’economia reale. Parola di banchiere, in via confidenziale. Il fenomeno è solo agli inizi, ma è molto preoccupante perché se non viene arginato subito porta dritto alla recessione e al fallimento di aziende e forse di molte delle stesse banche, riproponendo quel rischio sistemico che a parole tutti dicevano di non voler più ammettere. E invece…

Invece nel 2008 il problema non è stato risolto alla fonte, ma i governi occidentali e istituzioni com il Financial Stability Forum di Mario Draghi si sono limitati a turare le falle e a operazione cosmetiche o a varare norme rigide e assurde, come il nuovo di Basilea 3. Con un’aggravante: proprio per salvare le banche più grandi e indebitate e tentare di sostenere l’economia i governi occidentali hanno portato l’indebitamento pubblico alle stelle e ora sono più malconci di prima, perché aggiungono gli errori di oggi a quelli commessi nei decenni scorsi e scaricati sulle generazioni future. Mi chiedo: ma i famosi e strombazzati stress test sulle banche non avevano rassicurato gli Usa e l’Europa sullo stato di salute degli istituti bancari? Chi li ha condotti? Chi li ha firmati? Chi oggi ne risponde? La risposta è ovvia: nessuno.

In questo strano mondo c’è chi non sbaglia mai per le proprie colpe e chi paga sempre per le colpe degli altri… Voi da che parte vi trovate?

Marcello Foa, a lungo firma de Il Giornale, ora dirige il gruppo editoriale svizzero TImedia ed è docente di Comunicazione e Giornalismo. Il Cuore del mondo è diventato un blog indipendente ospitato da ilgiornale.it

La finanza anglosassone detta la finanziaria


La finanza anglosassone detta la nuova manovra finanziaria
di Federico Dal Cortivo - 11/09/2011

Fonte: europeanphoenix 





 
Alla fine hanno prevalso i cosiddetti “poteri  forti”, che forti lo sono davvero, come la Bce, la Ue e il Fmi, che hanno imposto all’Italia misure economiche draconiane, in nome della “stabilità dei mercati”, che non sono altro che le banche e la grande finanza speculativa e di carta. Se qualcuno pensava che la Grecia fosse lontana, dovrà a breve ricredersi perché l’attacco a cui è sottoposta l’Italia è del tutto simile a quello che ha colpito e distrutto l’economia ellenica e quello che le restava di Stato sociale, e che investe la Spagna, il Portogallo e poi a salire se non interverranno rivolgimenti non previsti dagli gnomi finanziari.
Wall  Street e la City hanno deciso di far pagare all’Europa il fallimento dell’economia statunitense e sfilare quello che resta di sovranità nazionale agli stati più deboli, chiamati con il termine dispregiativo dagli anglosassoni “pigs”.
Le misure imposte sono sempre le stesse quando in campo entra la grande finanza usuraia , lo si è visto in tempi non lontani in America Latina, dove invece ora le cose marciano in senso contrario: riduzione delle pensioni, taglio dei salari, privatizzazioni selvagge, riduzione degli stanziamenti per le scuole e università pubbliche, precarizzazione del lavoro, aumento della disoccupazione ecc. Un programma tanto caro alle oligarchie internazionali e nazionali.
Cose che si stanno verificando puntualmente e che il Parlamento italiano, tutto, nessuno  escluso avvalla, con la complicità di un Capo dello Stato come Giorgio Napolitano che da comunista pentito si è convertito al peggior liberismo di marca calvinista-protestante.
Nel mondo del lavoro, che già era ridotto ai minimi termini nel campo delle tutele dalle varie Leggi Treu e Biagi, la scure imposta da Draghi e soci di Francoforte ha fatto partorire a Sacconi e compagni di governo l’art. 8 del Decreto sulla manovra finanziaria, che contiene in se una serie di stravolgimenti a danno dei lavoratori che se andranno a buon fine decreteranno la morte dei diritti e delle conquiste sociali che hanno caratterizzato il mondo del lavoro italiano dagli anni “30 agli anni “70, e di quello che è rimasto di Stato sociale oramai ridotto a brandelli dai vari governi di centro sinistra e centro destra.
Dopo il famigerato accordo sui contratti del 2009, dove la valenza negativa di quest’accordo è palese e ci viene anche dalla lettura del punto 16 dello stesso, dove compare la possibilità di “deroghe in peggio del CCNL” sia per la parte normativa, sia salariale durante la trattativa di secondo livello, ora si è pensato bene di aggirare tutti i rimanenti  ostacoli costituiti dalle norme di Legge come ad esempio lo Statuto dei Lavoratori, e colpire da tergo l’Art 18, l’orario di lavoro, il controllo a distanza, l’uso di vigilantes per controllare i lavoratori, anche in questo caso, mediante accordi separati tra imprese e sindacati maggiormente rappresentativi. Si potranno poi cambiar le pause, gli inquadramenti, assumere giovani con contratti al ribasso ecc. E‘ facile intuire che in base alla duttilità dei vari sindacati, “e qui ora entra in ballo al 110% la coerenza e la capacità delle varie organizzazioni di tutelare realmente i lavoratori, si vedrà nei fatti chi realmente difenderà i dipendenti sul posto di lavoro”, e dai ricatti datoriali fatti sul tema occupazionale del tipo "licenzio 20 se non firmate l’accordo sull’aumento dell’orario o sul dimezzamento delle pause",  le aziende cercheranno accordi capestro per applicare norme peggiorative per i lavoratori. Ora è necessaria in Italia e non solo, una reazione decisa soprattutto dei giovani che sembrano non capire che sono le principali vittime di tutto ciò, ma anche dell’intera Nazione che si vede scippata del proprio futuro dai “camerieri dell’alta finanza”, che siedono a Montecitorio. E’ necessario sbarrare il passo ai Draghi & C., che in nome della “stabilità”, la loro, impongono lacrime e sangue ai popoli.