FRODI BANCARIE E RIFORME DELLA SINISTRA: BANCA D’ITALIA AGLI STRANIERI
FRODI BANCARIE E RIFORME DELLA “SINISTRA”:
BANCA D’ITALIA AGLI STRANIERI
Nel
mio precedente articolo, ho evidenziato come la classe dei banchieri, o
meglio dei capitalisti finanziari (improduttivi) è portatrice di un
interesse economico confliggente con quello dei lavoratori e dei
risparmiatori (cioè dei produttori di ricchezza reale), e come essa
storicamente ha sempre lavorato per arricchirsi mediante frodi e usura a
loro danno, nonché per ottenere dalla politica la legittimazione di
tali attività e lo scarico su contribuenti, risparmiatori e lavoratori
dei danni da esse cagionati (ciò non solo in Italia: v. Mario Margiocco,
Il disastro americano, in in Nuova Storia Contemporanea, maggio-giugno 2015).
Quando
si vanta delle sue riforme, l’orgogliosa sinistra “democratica”
stranamente scorda quelle della Banca d’Italia del dicembre 2006 (Prodi)
e del gennaio 2014 (Letta). E fa bene a scordarsene, perché i disastri
di MPS di Banca Popolare dell’Etruria, et cetera, successivi al 2006,
non sarebbero avvenuti se la Banca d’Italia avesse vigilato sulle frodi e
sugli abusi in via di esecuzione da parte del management di quelle
banche. E la “sinistra”, con quelle due riforme – riforme peggiorative
per gli interessi collettivi, migliorative per quelli della classe
finanziaria – aveva donato la Banca d’Italia (il possesso pressoché
totale del suo capitale sociale, quindi dei voti assembleari) ai
banchieri privati, così rendendo molto improbabile che essi vigilassero
su (contro) se stessi (o i propri colleghi) per limitare i loro ingiusti
profitti sui risparmi e sugli investimenti dei cittadini.
Scrivevo in Sbankitalia (2014, 2a
edizione, pagg. 32 ss)“Secondo lo statuto [attuale di Bankitalia] il
potere dei partecipanti riguarda l’approvazione del bilancio e la
nomina del Consiglio Superiore [di Bankitalia]… Il Consiglio Superiore svolge funzioni amministrative, e partecipa con ruolo consultivo (ma vincolante) al processo di nomina del Governatore, che dirige le attività di vigilanza insieme al resto del Direttorio. …
La possibilità di conflitti di interesse è ovvia, nei termini suddetti,
e comporta l’incompatibilità dei partecipanti alla posizione di
partecipanti-elettori del Consiglio Superiore. Pensiamo a tutti i
derivati-spazzatura in cui le banche italiane hanno confezionato i loro
crediti in sofferenza per sbolognarli a risparmiatori abbindolati da
false rassicurazioni, vere e proprie consulenze in conflitto di
interessi, degli impiegati “promotori finanziari” costretti a ingannarli; e ciò stato possibile anche grazie a carenze ed omissioni della
sorveglianza di BdI. Significativo è il fatto che sono state fatte
molte riforme dello statuto della BdI, ma mai una per togliere questa
contraddizione: evidentemente alle banche private partecipanti fa molto
comodo essere giudici di se stesse, e non vogliono rinunciare a questo
aberrante privilegio. Il che dimostra all’atto pratico che i loro
interessi sono in contrasto con quelli della generalità, sicché non
dovrebbero nemmeno essere autorizzate a partecipare, tanto più che,
come si legge nel medesimo passaggio, il Consiglio Superiore ha un
ruolo vincolante nella nomina del Governatore, che è l’organo a cui
competono la vigilanza e la politica monetaria (ormai integrata nel
Sistema Europeo delle Banche Centrali), ossia le funzioni più
schiettamente pubblicistiche e inconciliabili con gli interessi di soci
privati. In passato, a mo’ di foglia di fico, le banche avevano
delegato stabilmente quasi tutti i poteri al Governatore, col risultato
di renderlo inamovibile, come documentato dal grande lavoro e dal grande
tempo che è occorso per scacciare Antonio Fazio, a torto o a ragione.
Inoltre le quote sono molto concentrate: due sole banche, Banca Intesa e
Unicredit, ne detengono più del 50%, il che alimenta il sospetto che
possano condizionare le scelte di via Nazionale.
Ma
la prova più eclatante dell’incompatibilità dei partecipanti privati
con le finalità della BdI come Istituto pubblico, a causa dei loro
interessi di parte, divergenti da quelli collettivi, è data dalla
relazione riservata, qui in appendice, sull’aggiornamento del valore
delle quote, fatta evidentemente da un organo centrale della banca ai
partecipanti, e in cui si istiga a boicottare l’attuazione di una
legge dello Stato – la 262/2005 – in quanto disponente la
nazionalizzazione della proprietà della BdI2.
In sostanza, sono questi soci, questi imprenditori privati, a farsi e a
disfarsi le regole, statutarie e non, e a bloccare la volontà persino
del legislatore. Chissà perché i Radicali non promuovono qualche
referendum abrogativo contro la riforma privatizzante del 2006…
Banchieri
e finanzieri italiani e di tutta l’area occidentale, detentori del
potere monetario e creditizio, col loro seguito di economisti in
carriera e di istituzioni controllate come l’UE, la BCE, il FMI, si
oppongono alla nazionalizzazione delle banche centrali di emissione e
ad ogni potere pubblico di direzione su di esse, affermando che le
banche centrali debbano essere indipendenti dalla politica, perché i
politici userebbero male il potere monetario, demagogicamente. Quindi è
meglio che resti in mano ai banchieri e ai finanzieri. Che vedono più
lontano e che perseguono la stabilità di lungo termine.
Questa
tesi, oltre ad essere interessata, è smentita dai fatti, poiché le
banche centrali “indipendenti” dalla politica, cioè dai parlamenti e
dai governi, come la BdI, la Fed, la BCE, e molte altre, hanno usato il
loro potere in modo utile a coloro che le gestiscono, ma rovinoso per
la collettività. E non hanno perseguito interessi e stabilità di lungo
termine, ma interessi di brevissimo termine. Esse sono responsabili per
complicità, omertà ed omissione delle pratiche bancarie fraudolente
(derivati, cartolarizzazioni, bolle) che hanno prodotto la presente
serie di crisi, con tutte le sue devastazioni e sofferenze per
l’economia reale e le nazioni, e con tutti gli enormi profitti per i
banchieri e i finanzieri. L’assetto
della Banca d’Italia – BdI – nel 2013 presentava molti tratti
manifestamente inaccettabili dal punto di vista della logica, del
conflitto di interessi, della costituzionalità, del comportamento
concreto nel caso MPS-Antonveneta, in cui, giusta o sbagliata, la
percezione prevalente, al di là delle giustificazioni elargite da
Draghi (governatore al tempo dei fatti) e altri, è che essa, come organo
di sorveglianza (e così pure il Ministro e la Consob) avevano davanti
agli occhi tutti gli elementi per accorgersi di ciò che i vertici di MPS
stavano facendo (ossia comperare con anomale e sospette fretta e
modalità di pagamento congiunte a un’incredibile omissione di controlli
contabili (due diligence) una banca che aveva avuto dianzi diversi
passaggi di mano più che sospetti con strani rincari.”
04.01.16 Marco Della Luna
P.S. A queste considerazioni va però aggiunta una nuova dimensione: il tornaconto dei finanzieri stranieri, i quali, dopo
che dagli ’90, agevolati dalla violazione della vecchia norma
statutaria di Bankitalia, che prescriveva che la maggioranza delle sue
quote fossero in mano pubblica, nonché dalla privatizzazione delle tre
banche dell’Iri (pure opera della “sinistra”), controllano Bankitalia
attraverso partecipazioni indirette, approfittandone per operazioni
lucrative a danno degli Italiani, e che ora, grazie alle ultime riforme
della sinistra,
si sono definitivamente impadroniti della nostra banca centrale.
Insomma, si conferma la destinazione dell’Italia a fungere da colonia di
sfruttamento per il capitalismo finanziario straniero, che si appoggia a
collaborazionisti interni, sia nella politica che nell’alta
burocrazia. Denuncia il dr Alessandro Govoni nel seguente comunicato del 31.12.15:
Bankitalia Spa controllata al voto dal 1992 da Jp Morgan , State Street, Vanguard , BlackRock, Northern Trust , BNP Paribas ?
Sono
stati analizzati gli azionisti rappresentati al voto da Cardarelli
Angelo in Unicredit che è il delegato al voto di n. 1,8 miliardi di
azioni di Unicredit e non di 1,8 milioni di azioni, come da allegati a
comprova.
Sono
1991 azionisti che lo studio legale di Milano Cardarelli Angelo
rappresenta al voto, tutti banche o fondi stranieri , ma concentrati in
Jp Morgan , State Street, Vanguard , BlackRock, Northern Trust , BNP
Paribas. Pertanto 1,8 miliardi di di azioni su 3,5 miliardi di azioni
di Unicredit sono in mano a queste entità .
Gli
stessi hanno la maggioranza azionaria anche in Intesa , Carisbo ,
Carige e BNL attraverso delegati che apparirebbero nel Verbale di
Approvazione del Bilancio persone fisiche in realtà studi legali . In
Intesa il delegato al voto è Trevisan Gilulio, anch’esso uno studio
legale di Milano.
Unicredit,
Intesa , Carsibo , Carige e BNL detengono la maggioranza azionaria di
Bankitalia si presume dal 1992, pertanto se assicurazioni Generali ed
Inps fossero state rappresentate al voto, dal 1992 ad oggi, da una tra
Unicredit, Intesa , Carisbo , Carige e BNL (lo Statuto di Bankitalia
lo consente) 265 voti su 529 di Bankitalia Spa, quindi la maggioranza di
voto in Bankitalia Spa sarebbe detenuta indirettamente da Jp Morgan ,
State Street, Vanguard , BlackRock, Northern Trust , BNP Paribas, si
presume dal 1992.
Secondo
l’art 47 della Costituzione “la Repubblica controlla il credito” e NON
banche , fondi e trust stranieri controllano il credito , potendosi
integrare l’ attentato alla Costituzione dello Stato (notizia di
ipotizzato reato)..
Ma
Jp Morgan , State Street, Vanguard , BlackRock, Northern Trust , BNP
Paribas non sono gli stessi azionisti delle agenzie di rating ?
In
aggiunta a quanto sopra , in Unicredit , altre banche, i fondi e
trust stranieri quali Aabar Luxembourg S.a.r.l., PGFF Luxembourg
S.a.r.l, Central Bank of Lybia, Capital Research and Management Company,
detengono un altro circa complessivamente 15% (oltre 1 miliardo di
azioni) del suo capitale azionario . L’italianissima Unicredit in
realtà pertanto è per oltre il 70% di proprietà straniera.
Ma
perchè banche e fondi stranieri vollero entrare nel capitale delle
nostre banche nel 1992, controllando al contempo Banca d’Italia ?
Per poter partecipare e godere di tre colossali nuovi business che hanno avuto inizio in Italia proprio dal 1992 :
1)
dal lato delle quote interessi per poter incassare dalla clientela
(famiglie , imprese ed enti locali italiani ) quanto più possibile
eludendo le norme sull’usura attraverso la distorsione informativa di
Bankitalia sulla formula del tasso da applicare
2)da
lato quote capitali in quanto anch’esse per effetto del d.lgs n. 481
del 14 Dicembre 1992 sono diventate guadagno puro per la banca in Italia
avendo da tale data le banche operanti in Italia iniziato a creare i
prestiti elettronicamente con un semplice clik di accredito sul conto
corrente del cliente , senza ossia più prendere i soldi prestati dalle
proprie riserve di banca.
3)da lato dei contratti derivati sul tasso del tipo banca vince se tasso cala piazzati
a famiglie , imprese , enti locali e Tesoro italiani in uno scenario
preordinato di tassi al ribasso, pre-ordinato dallo stesso Governatore
di Banca d’Italia e della BCE a partire dall’entrata in vigore della L.
n. 82 del 7 Febbraio 1992 che ha conferito appunto al Governatore della
Banca Centrale il potere esclusivo di
variare di sua autonoma iniziativa il tasso (ufficiale di sconto) ed
egli lo ha variato sempre al ribasso, dal 15% di Settembre 1992 ad oggi
che è (il TUR) lo 0,05%, cosi’ arrecando centinaia di miliardi di euro
di perdite a famiglie, imprese , enti locali e Tesoro italiani (notizia
di ipotizzato reato) sui derivati sul tasso del tipo banca vince se
tasso cala da essi contratti , perdite che hanno costituito incassi
veri e propri per le banche, fondi e trust stranieri sopra menzionati compartecipati tra loro in questo immenso business ai danni dei cittadini italiani .
Il
grande business del 1992 non fu pertanto di certo gli appalti, ma la
conquista del capitale azionario delle tre banche dell’IRI (Comit,
Credito Italiano e Banco Roma , oggi corrispondenti esattamente ad
Intesa , Unicredit, Carisbo e Carige) per poi poter godere di questi tre
immensi guadagni dal 1992 ai danni dei cittadini italiani .