venerdì 5 aprile 2013

LA “RYLE’S LIST” DEI SUPEREVASORI FA TREMARE IL PIANETA


LA “RYLE’S LIST” DEI SUPEREVASORI FA TREMARE IL PIANETA (ALLA RADICE UN SISTEMA MONETARIO FALLITO)

Hanno sottratto al fisco mondiale tra i 21mila e i 32mila miliardi di dollari - I nomi dei superevasori e delle società offshore sono nell’hard disk di un computer - Oligarchi, borghesi, trafficanti: tutti nel calderone - E ora i governi chiedono di sapere chi “stangare”.. 

Fabio Cavalera per il "Corriere della Sera"
paradiso fiscalePARADISO FISCALE
Su il sipario. Ecco la multinazionale dell'imbroglio fiscale. La sua fisionomia, il suo capitale sottratto alle dichiarazioni patrimoniali ufficiali, che secondo lo studio di James S. Henry - l'ex capo economista di McKinsey - ammonterebbe a una cifra compresa fra i 21 mila e i 32 mila miliardi di dollari («pari alla ricchezza prodotta da Stati Uniti e Giappone»), il suo modus operandi, con la mappa dell'evasione mondiale negli ultimi trent'anni, sono in una scatola nera, l'«hard disk» di un computer che Gerard Ryle, direttore del Consorzio Internazionale dei Giornalisti d'Inchiesta (l'Icij di Washington), ha ricevuto per posta qualche tempo fa.
paradisi-fiscaliPARADISI-FISCALI
Vale più di mille miniere d'oro messe insieme: 260 gigabyte, 2,5 milioni di documenti archiviati con i nomi e le attività di 120 mila società offshore, con l'identità dei 130 mila titolari di conti cifrati (per ora 200 italiani, in compagnia ad esempio di Jacques Augier, il tesoriere della campagna elettorale di François Hollande, o di Maria Imelda Marcos, la figlia dell'ex presidente filippino, o della baronessa spagnola Carmen Thyssen-Bornemisza che ha utilizzato i suoi «risparmi occulti» per comperarsi un Van Gogh all'asta, «Il mulino ad acqua a Gennep»), conti cifrati nascosti alle Isole Vergini britanniche, alle isole Cook, alle Cayman, nel Liechtenstein, poi con la ragnatela dei movimenti e delle ricchezze depositate, infine con le banche (citate la Ubs, la Deutsche Bank con 309 società di comodo, la Clariden controllata dal Credit Suisse) che «hanno lavorato aggressivamente per fornire ai propri clienti le compagnie dei paradisi fiscali coperte dal segreto». Centosettanta nazioni coinvolte: le nazioni unite della frode fiscale.
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Gerard Ryle, che investigava sullo scandalo australiano della «Firepower International», si è ritrovato questo tesoro sulla scrivania, ha chiamato a raccolta 86 giornalisti del suo consorzio (46 Paesi, Leo Sisti per l'Italia) e ha messo in piedi un pool di 38 testate sparse per i continenti (dal Washington Post al Guardian e a Le Monde, partner italiano l'Espresso) per leggere quei file e per ricomporre in 15 mesi il mosaico dell'evasione fiscale.
Francois HollandeFRANCOIS HOLLANDE
Così, il risultato è che diventa di dominio pubblico la lista infinita dei furbi, furbetti e furbastri, o presunti tali, che, grazie a migliaia di «maghi consulenti» e di professionisti dei giochi di prestigio illegali in Europa o in America, in Asia o in Oceania, hanno occultato i loro veri patrimoni e ne hanno anonimamente disposto per lo shopping personale (case, barche, quadri).
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Di mezzo, avverte il rapporto del Consorzio dei giornalisti investigativi, c'è un'umanità varia: «Medici e dentisti americani, la middle class della Grecia, i furfanti di Wall Street, despoti, oligarchi, manager, trafficanti d'armi». Oltre a commercianti di diamanti indiani, dirigenti del colosso Gazprom, ultramilionari inglesi, tedeschi e francesi, funzionari dei governi del Canada, dell'Azerbaigian, del Pakistan, delle Filippine, del Venezuela. E naturalmente figure di discreta caratura della politica internazionale, potenze nei loro Paesi.
liechtensteinLIECHTENSTEIN
Adesso, come se si conficcasse uno spillo alla volta per rendere la vicenda più dolorosa, escono a spizzichi e bocconi i nomi. Siamo all'inizio. Fra i 200 italiani, rivela l'Espresso che compaiono Gaetano Terrin («all'epoca commercialista dello studio Tremonti»), Fabio Ghioni, hacker dello scandalo Telecom, i commercialisti Oreste e Carlo Severgnini. Si affiancano a gente come il presidente azero Aliyev, il primo ministro della Georgia Bidzina Ivanishvili, l'ex ministro delle Finanze della Mongolia Sangajav, Olga Shuvalova moglie di Igor Shuvalov (l'ex vice primo ministro russo), l'ex cantante americana Denise Rich, ex moglie di Marc Rich accusato di frode e perdonato da Clinton nell'ultimo giorno di presidenza. La company globale dell'evasione. «Che ci diano i documenti» reclama il ministro delle Finanze di Berlino. Si prepara a bastonare i suoi connazionali dell'offshore?
usa marc richUSA MARC RICH


Italia a 5 Stelle e lo spread non sale !


Sì al riacquisto della sovranità monetaria!

In Italia la crisi politica continua. Le elezioni del febbraio scorso hanno prodotto un piccolo terremoto nelle istituzioni italiane e anche in quelle europee, terremoto che ancora non si è arrestato. La situazione non è per niente rosea. Nonostante ciò, una cosa mi sembra molto, molto strana: il fatto che lo spread continua a essere 'ragionevole'. Come mai? Non dovrebbe salire alle stelle, data la situazione politica italiana?
Lo abbiamo visto in molte occasioni: non appena l'Italia traballava per qualche scandalo, ecco che lo spread faceva da termometro di questa instabilità. Tutti abbiamo imparato a conoscerlo con questa funzione..
Invece in questo periodo, che dovrebbe essere ben registrato dallo spread con un suo aumento a vette spaventose, vediamo che lo spread non sale, ma anzi, inspiegabilmente discende (e questo, dunque, indica che la fiducia nel nostro paese i n s p i e g a b i l m e n t e aumenta, malgrado la grave crisi!!!).

Ma è veramente inspiegabile ciò? Io direi di no. Sappiamo tutti che la bomba a 5 stelle ha sconvolto i piani dei politici italiani ed europei. E' un fenomeno di portata epocale che rischia di innescare un processo a catena negli altri paesi europei, facendo emergere la possibilità di un rovesciamento delle ormai instabilissime basi dell'Unione Europea.
Ecco. Il punto è proprio questo: lo spread basso di questo periodo è in sostanza un meccanismo messo in atto dall'alta finanza per contenere il fenomeno 5 stelle: se lo spread aumentasse, aumenterebbe la credibilità del Movimento (cioè aumenterebbero i voti in suo favore). E questo è uno dei grandi spauracchi da evitare. L'alta finanza è intrinsecamente connessa con la gli alti vertici della politica, anzi, le due cose fanno un tutt'uno in modo indissolubile. Entrambi non vogliono che l'ordine precostituito si rovesci. Sono i reazionari e i conservatori che non vogliono il cambiamento, perché stanno bene così. Arginano poi i fenomeni di rivolta e di scontento con tecniche raffinate, con un astuto controllo dell'informazione, con la compravendita di favori e con imbarazzanti compromessi sconosciuti ai più. Loro non subiscono minimamente la crisi: quello che sentono è la volontà però di fare in modo che questa crisi giri come sempre a loro favore. Loro hanno il controllo del sistema, e tramite questo controllo si permettono di gestire la crisi in modo da ottenere comunque un tornaconto personale.
Purtroppo noi facciamo parte di questo sistema da quando abbiamo deciso di cedere un diritto a mio avviso fondamentale di uno stato: abbiamo ceduto la nostra sovranità monetaria, l'abbiamo venduta ai nuovi invasori moderni, quelli che (per ora) non fanno guerre con le armi, ma solo con il denaro e con un'accurata strategia economica. Abbiamo fatto il grossissimo e assurdo errore di cedere la sovranità monetaria, di farci invadere dall'euro.
Ma andiamo più nel particolare: senza una qualsivoglia consultazione popolare per una questione tanto importante, il governo italiano di allora scelse di abolire la lira, moneta debole del continente al pari della peseta e della dracma, in favore dell'euro. L'euro fu però il risultato della media delle valute nazionali che lo assunsero: il marco tedesco era la moneta più forte, la lira (come abbiamo detto) una delle monete più deboli. La media ha fatto sì che il marco, che valeva 100, con l'euro (che vale 75, in base appunto al calcolo della media delle valute che passano all'euro) si trovasse nella condizione di svalutare la propria moneta: ciò ha reso la Germania (già forte di un'economia di gran lunga molto più solida della nostra) il paese più competitivo in assoluto nel sistema euro e uno dei più forti nel mondo. Infatti, come stiamo vedendo tutti, è l'unico paese che, per ora, non avverte la crisi, o la avverte solo in parte perché in netta minoranza rispetto ai paesi europei che invece dalla crisi sono spolpati vivi (in un sistema il marcio prima o poi contamina anche il sano...). La lira italiana invece valeva 50: se l'euro, risultato dalla media delle valute, vale 75, ci accorgiamo subito come l'Italia (al pari della Spagna e della Grecia) sia partita subito notevolmente svantaggiata rispetto alla Germania. Infatti le statistiche e i dati matematici dimostrano che, non appena l'Italia è entrata nell'euro, la sua economia, dopo un breve periodo di stagnazione, è caduta nella spirale terribile della recessione, e lo stesso vale per quei paesi che avevano una moneta di valore inferiore a quella dell'euro (appunto, Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda).
Ci accorgiamo così che il sistema euro è stato un altro meccanismo messo in atto dalle nazioni monetariamente ed economicamente "forti", in primis la Germania, per attuare un piano di "invasione" e di dominio economico sugli stati monetariamente ed economicamente "deboli": in pratica, noi poveracci Italiani abbiamo detto coglionescamente sì affinché venissimo spolpati vivi, cosa che oggi si è acuita vistosamente. 
Con le politiche di austerità, e le mostruose balle della necessità di contenere le spese e aumentare le tasse, ci hanno indotto più velocemente a quello che miravano: ovvero l' i m p o v e r i m e n t o di tutti gli Italiani (e con noi i Greci, gli Spagnoli ecc...). Noi dobbiamo diventare poveri, secondo i loschi piani degli alti vertici della politica e della finanza europea, per diventare un paese del terzo mondo, con un settore industriale pressoché inesistente, e un grande mercato di forza-lavoro a basso bassissimo prezzo disposta a essere sfruttata dalle nazioni "forti". Ecco la verità. 
Tant'è che molti imprenditori si suicidano, moltissime aziende e attività chiudono e moltissimi giovani emigrano all'estero come fecero i nostri nonni. Per non parlare del nostro inesistente peso a livello di politica estera: il peso inesistente in questo campo riflette il nostro peso inesistente in campo economico. Dunque l'Italia è diventato in effetti un paese del terzo mondo.
Chi non si accorge di tutto ciò - scusate la franchezza - o è perché vive in un mondo ovattato, o  è perchè non si informa a dovere (e per una situazione terribile come quella contemporanea, con ben due generazioni di giovani, tra cui la mia, letteralmente rovinate e senza futuro). Invito tutti pertanto a informarsi su internet, su siti di informazione alternativa e di contro informazione, e mi permetto di dare un consiglio: non vi fidate delle grosse testate giornalistiche e dei grossi giornali (RepubblicaCorriere della seraecc...): sono tutti assolutamente asserviti al potere e le loro informazioni sono a dir poco vendute. Al limite, mi sento di consigliarvi di leggere Il Fatto Quotidianoche è l'unico giornale a non prendere contributi statali, e che dunque pare il giornale un po' più estraneo ai giochi di potere e dunque più "affidabile". 
Ma l'importante è avere sempre un occhio critico e leggere più fonti possibili, non farsi bastare le quattro cazzate sparate dagli pseudogiornalisti dei tg.

Savona: sudditi di poteri non facilmente individuabili...


Se non cambia in profondità diventa una trappola

Populismo

Populismo
di Alain de Benoist - 18/01/2013

Fonte: insorgente 
Populismo

Come il “comunitarismo”, il “populismo” è diventato oggi una parola per nascondere di tutto. Ne è prova il fatto che personaggi molto differenti tra loro come Nicolas Sarkosy, Ségolène Royl, Georges Marchais, Jean –Luc Mélenchon, Bernard Tapie, José Bové, Marine Le Pen, Christophe Blocher, Jörg Haider, Geert Wlider, Silvio Berlusconi, ma anche Mao Zedong, Mussolini, Juan Peron, Getùlio Vargas, Fidel castro, il colonnello Gedhafi, Umberto Bossi, Ahmed Ahmadinejad, Luis Inàcio”Lula” da Silva o Hugo Chàvez si sono visti attribuire questa etichetta. “La parola è dovunque, la sua definizione da nessuna parte” diceva qualche mese fa lo storico Phlippe Roger.