venerdì 28 novembre 2014

Guido Agnello: "La mia battaglia contro il sistema delle banche"

Guido Agnello: "La mia battaglia contro il sistema delle banche che non aiutano l'impresa" Featured

Scritto da  marsalaviva
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Guido Agnello: "La mia battaglia contro il sistema delle banche che non aiutano l'impresa"

Cosa vuol dire fare impresa, fare l'imprenditore? Quanto, nel corso distruttivo di un'economia stressata e violenta, questo fondamentale ruolo sociale è progressivamente diventato sinonimo di speculazione e speculatore? La verità è che si è perso il vero senso di fare impresa. L'imprenditore è colui che vive di un ego molto particolare, quello di creare. Di avere una buona idea, l'intuizione da cui costruire struttura e capacità produttiva. Qualcosa da tramandare che, piano piano, cresca fino a diventare autonoma perfino da se stesso. L'impresa per un imprenditore, degno di tale nome, è come un figlio o figlia che sia: nasce, cresce ,affronta le difficoltà, matura per poi poter affrontare il mercato trovando la propria strada evolutiva.

Lo speculatore è colui che vede e cerca solo il profitto, quel dio denaro che corrode e corrompe tutto e tutti. Struttura e capacità produttiva, dipendenti e macchinari non sono una diramazione di sé e delle proprie idee, ma meri strumenti per fare profitto, da sacrificare in qualsiasi momento in nome della speculazione finanziaria.

Una cosa è certa nel nostro paese per fare l'imprenditore ci vuole e c'è sempre voluto molto coraggio, perché si è "mosche bianche" in un mondo in cui la logica predominante resta quella speculativa. Massimo profitto minimo sforzo e se c'è da passare sul "cadavere di qualcuno" beh fa parte del gioco...

Ma si sa le idee, anche le migliori, oltre che delle gambe su cui camminare hanno anche necessità di risorse economiche su cui poter poggiare. Un imprenditore che investe del suo, oltre che in capacità, risorse economiche e tempo, può avere bisogno del credito bancario. Ma anche l'accesso al credito è un concetto di cui si è perso il reale significato. Il credito bancario in un sistema economico sano, dovrebbe essere fatto per agevolare la produzione di benessere generale derivante da una vera attività imprenditoriale. Ma è realmente così? Quali sono i presupposti per cui oggi una banca concede credito ad un'azienda? A quali condizioni lo fa? Ma sopratutto quanta libertà ha di revocare quanto prestato in qualsiasi momento? Per non parlare qualora si dovessero "sforare" i così detti tempi di rientro del debito, a che tassi d'interesse può richiedere la cifra prestata?

Il detto comune racchiude tutte le risposte ai molteplici interrogativi: "le banche prestano i soldi a chi già c'è li ha, a chi ha garanzie molto superiori a quanto si chiede e per i tassi d'interesse spesso ci si scontra contro percentuali, che se fossero applicabili al codice penale, si chiamerebbero: usura.

La storia che ci accingiamo a raccontare, trova i propri natali circa 20 anni fa, ma anche questo fa parte del gioco, la giustizia dal punto di vista del tempo non è certo di grande aiuto per chi vorrebbe difendere quantomeno i propri diritti ed eventualmente essere risarcito per un torto subito.

Il protagonista della nostra vicenda che, secondo l'ultima sentenza giudiziaria attesa a breve, potrebbe diventare l'emblema del contendere con il sistema bancario, incarnando l'epica battaglia di Davide contro Golia, è prima di tutto un Palermitano appassionato. Guido Agnello. Noto imprenditore siciliano che dagli anni 70 in poi ha sempre cercato di fare impresa con l'unica cosa che ad oggi nessuno è riuscito a copiarci: la Sicilia, la sua cultura, il proprio stile, valore sociale ed evocativo, uno dei primi a credere nel vero "Made in Sicily". Il tutto con una precisa volontà: quella di poter consegnare al mondo un'immagine nuova, diversa e positiva della propria terra, fuori dagli stereotipi, stringenti sopratutto in quei tremendi anni 90, in cui Sicilia voleva dire solo una cosa: Mafia. Ed ecco che le buone idee camminano... nel 1992, una delle sue storiche aziende, la Paradise, società già leader nel campo della moda, veniva scelta dal Consiglio d'Europa come modello di internazionalizzazione per la promozione del made in Sicily nel mondo. Così come in quegli stessi anni nasceva la Fondazione Palazzo Intelligente, sempre voluta da Guido Agnello e supportata dallo stesso Consiglio d'Europa. Fondazione che si proponeva di integrare il lavoro di operatori ed imprenditori siciliani per la promozione dei propri prodotti sui mercati internazionali con l'ausilio di supporti informatici e telematici. Idea che nei primi anni 90 era certamente da considerarsi pionieristica e che oggi è diventata la base per qualsiasi impresa.

Palermo sarebbe diventata con il progetto "Atelier del patrimonio storico" un centro culturale importante sul quale la Commissione Europea era pronta ad investire, un centro di formazione e informazione che poteva essere lanciato al livello internazionale...e tutti noi palermitani sappiamo quanto ne avrebbe avuto bisogno in quegli anni.

Un'attività imprenditoriale intensa e appassionata che arriva fino ai giorni nostri con due principali obiettivi: Lo sviluppo, valorizzazione e internazionalizzazione dell'artigianato e cultura locale, matrice imprenditoriale che trova uno dei suo tanti epiloghi con la creazione del marchio " La Coppola Storta". Anche qui con un preciso obbiettivo tramutare uno stereotipo negativo in qualcosa di bello e positivo. La Coppola " il copricapo usato per antonomasia dagli uomini d'onore" diventa un oggetto di moda esce dai propri schemi culturali e diventa simbolo positivo di una terra ricca e allegra, come può essere la Sicilia. Ecco che si delinea la storia di un uomo che ha avuto ed ha certamente delle idee e da quelle è riuscito a costruire qualcosa, con ottimi fatturati e innumerevoli riconoscimenti nazionali e internazionali.

Ma ecco che per crescere imprenditorialmente, sviluppare, crederci e generare legittimi profitti, occupazione diretta e indotto arriva il momento che bisogna "bussare" a una BANCA.

Uno degli Istituti Bancari con cui, già dagli albori della propria attività, lavorava Guido Agnello, era la BNL, la gloriosa Banca Nazionale del Lavoro, ma visto il giro d'affari delle proprie aziende certamente non l'unica. Infatti il clima bancario sulle aziende Agnello era molto più che positivo, fidi, scoperture, movimentazioni di liquidità, tutto secondo legge e in pieno rapporto di fiducia e bancabilità. Insomma Agnello era un imprenditore, come si dice in gergo, solvibile e perciò bancabile. Cosa testimoniata proprio dalle innumerevoli movimentazioni che le aziende operavano nei diversi conti, sempre onorate mai contestate, mai nessun intoppo.

Ma veniamo ai fatti: In questa pacifica routine proprio la BNL nel 1994 concede un fido all'imprenditore di 50 milioni di lire. Un'operazione di assoluta periodicità, visto i buoni rapporti con lo stesso. Dove, trattandosi di banche, vale la pena ricordare, buoni rapporti vuol dire che Agnello era considerato un imprenditore affidabile e solvibile. Ma qualcosa all'improvviso cambia. Cambiati i vertici direzionali locali della BNL dall'oggi al domani e senza alcuna motivazione contestuale a Guido Agnello gli viene chiesto il "rientro IMMEDIATO del fido concesso". 50 milioni oggi per domani... L'imprenditore non capisce, ma sa che il sistema bancario è una lobi collegata a stretto giro. Avere problemi con una banca blocca di fatto tutto il sistema creditizio anche con gli altri istituti con cui si hanno rapporti. Così incontrati i nuovi vertici della banca, non senza disappunto, Agnello stabilisce un piano di rientro per i 50 milioni. 20 subito, la restante parte secondo un piano di ammortamento concordato. Tutto sembra andare "per il verso giusto".

Ma ecco che la BNL dopo avere ricevuto, come da accordi, i primi 20 milioni, in baffo all'intesa raggiunta, mette in mora l'imprenditore e avvia il procedimento di ingiunzione di pagamento per l'intera cifra senza neanche calcolare il primo acconto versato. L'imprenditore si sente preso in giro e come si dice in questi casi "strozzato" dalla banca e decide di fare opposizione al decreto ingiuntivo promosso dalla BNL. La banca con i suoi buoni uffici legali, pur acclarando il rispetto degli accordi e il relativo versamento immediato di 20 milioni da parte di Agnello ottiene un decreto provvisoriamente esecutivo per il debito. Ed ecco che l'effetto lobi entra dirompente nella vita imprenditoriale di chi fa impresa. Decreto ingiuntivo, segnalazione in centrale rischi, tutte le banche che avevano rapporti con Agnello si chiudono a riccio chiedendogli l'immediato rientro di tutti gli altri fidi concessi. Di fatto stringendo il cappio messogli al collo dalla BNL.

Da li a breve iniziano a fioccare altri decreti ingiuntivi da parte degli altri istituti bancari con cui Agnello lavorava da sempre, decreti che sommati tra di loro espongono a una cifra a cui è impossibile fare fronte dall'oggi al domani, visto che nell'impresa esiste un piano di ammortamento dei propri debiti e investimenti. Così, il blindato sistema bancario oltre a stringere il cappio da anche un bel "calcio" allo sgabello in cui era in equilibrio, suo malgrado, Guido Agnello. Visto che l'imprenditore ovviamente non poteva fare fronte al rientro di tutte le scoperture contemporaneamente, le Banche non perdono tempo e arriva il pignoramento dei beni dati in garanzia fideussoria per i fidi concessi, sia dello stesso Agnello che della moglie.

Ecco che le banche a pancia piena sono soddisfatte, senza considerare che di fatto senza credito bancario, senza disponibilità dei propri beni, si è voluta impiccare un'impresa che fino a quel momento era stata considerata sana e affidabile. Dove impresa vuol dire, imprenditore, lavoro e lavoratori... ma questo al sistema bancario non è mai interessato e anche oggi la situazione non sembra essere migliorata, basta parlare con qualsiasi "incosciente" che ha deciso di fare impresa nel nostro paese per ricevere la medesima risposta: " le banche ci stanno facendo chiudere".

Ma la storia non finisce qui. Dopo tre anni dall'opposizione fatta al decreto ingiuntivo della BNL che di fatto ha generato l'effetto domino distruggente, il Giudice che aveva in carico l'analisi dell'opposizione fatta dall'imprenditore, da ragione ad Agnello e revoca il decreto ingiuntivo della BNL. Dopo tre anni... il danno è fatto un'azienda non può sopravvivere tre anni in una morsa del genere. Ma ciò che è ancora più grave e che la revoca del decreto ingiuntivo della BNL (non restituisce l'ipoteca) da parte del giudice non bloccò la tragica rutine dei ricorsi e dei contro ricorsi, ed infatti sono dovuti trascorrere ben 13 anni dall'inizio – 1995 2008- prima che si arrivasse ad una sentenza da parte del Tribunale di Palermo divenuta irreversibile in cui viene sancita la grave scorrettezza perpetuata dalla BNL ai danni delle imprese di Guido Agnello.

Agnello non si da per vinto, sa di essere nel giusto, e nel 2012 con l'appoggio dell'Adusbef e della Stampa Estera di Roma, che ha messo gratuitamente a disposizione la propria sede, organizza una conferenza stampa per raccontare la sua storia. In quell'occasione di discussione e dibattito sui rapporti tra impresa e banche partecipa anche il noto avvocato Alfredo Galasso che da quel giorno decide di assistere legalmente Agnello in quella che si presenza senz'altro come una battaglia impari.

Dopo due udienze il giudice assegnato letti gli atti e sciolta la riserva assunta all'udienza del 7 luglio 2014, acclara che: "ritenuto che, alla luce della complessiva documentazione prodotta, la causa è matura per la decisione".

Se da un lato il primo "paletto" sembra essere ben piantato nel terreno dei diritti, dall'altro la giustizia con i sui tempi, per il calcolo dei danni subiti dall'imprenditore e la precisazione delle conclusioni fissa udienza per il 15 giugno 2015, cioè dopo un altro lunghissimo anno. È certamente che tutte le battaglie "epiche" hanno tempi prolissi, ma nella letteratura è una cosa nella vita reale ben altra.

Una vicenda quella di Agnello persa nel tempo ma mai così attuale. Testimonianza dello scollamento tra due fondamentali forze che dovrebbero tenere in piedi il nostro paese. Gli imprenditori, degni di tale nome, e il sistema creditizio. Proprio a quest'ultimo a cui forse, si dovrebbe impedire di mettere una cappio intorno al collo di chi fa impresa e stringerlo a proprio piacimento, oggi il nostro sistema economico definisce e chiarisce molto bene tutte le garanzie di cui gli istituti di credito godono, meno quelle delle persone a cui ad essi si rivolgono... anche quando la giustizia acclara un torto subito. Resta il fatto che nonostante 18 anni d'attesa la prossima sentenza Agenllo - BNL potrebbe segnare una pietra miliare nell'impari battaglia e come lo stesso Agnello dice:

"Si racconta che Davide vinse il gigante Golia armato solo di coraggio e di una fionda, io combatto il gigante bancario armato di perseveranza e prove schiaccianti forte dei miei diritti in più sia io che Davide siamo dalla parte della ragione".

Resta chiaro che ognuna delle parti dovrà dimostrare le proprie ragioni alla prossima conclusiva udienza, dove la BNL, come dichiarato più volte dai propri legalispecifica  che è certa di essere nel giusto. Nel pieno rispetto delle parti e della magistratura l'ultima parola spetta al Giudice.


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il caso

"Le banche mi hanno strangolato
Ma adesso mi risarciscano"

Giovedì 27 Novembre 2014 - 13:58
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Storia dell'imprenditore Guido Agnello, che da vent'anni combatte una battaglia legale contro gli istituti di credito. Il tribunale gli ha già dato ragione una volta. Ma lui non si arrende.


, Economia
PALERMO - “Sono vent'anni che resisto. Sempre in piedi, nonostante le avversità. E adesso dalla banca che quelle avversità me le ha provocate, la Bnl, voglio un risarcimento”. Guido Agnello ha 65 anni, una buona parte dei quali trascorsi a esportare il marchio Sicilia nel mondo. Un nome su tutti: “Coppola storta”, il brand che ha modernizzato il tipico copricapo siciliano e che ancora oggi, oltre vent'anni dopo essere nato, solca con ottimi risultati i mari dell'export. Agnello, però, ha anche dedicato i suoi ultimi vent'anni a una battaglia legale che può assurgere a simbolo delle difficoltà che un imprenditore può incontrare. Una storia di credito e di rubinetti che si chiudono. Di improvvise richieste di rientro. Di kafkiane vicende legali.
Questa storia inizia nel 1995. Agnello ha un'esposizione da 70 milioni di lire nei confronti della Bnl, che all'improvviso gli chiede di rientrare. L'imprenditore palermitano versa subito venti milioni e accetta un piano di rientro rateizzato, ma qualche settimana dopo arriva una sorpresa: un decreto ingiuntivo della banca per tutta la somma. Non i 50 milioni rimanenti, ma tutti e 70, come se il primo versamento non fosse mai esistito. Inizia la guerra legale.
La prima battaglia si celebra al tribunale di Palermo. Nel 1998 i giudici danno ragione ad Agnello: “Non risulta prodotto alcun documento che dimostri la consistenza del debito nei confronti della Bnl”, scrivono nella sentenza. Nel frattempo, però, la Bnl ha segnalato il caso di Agnello alla “Centrale dei rischi”, l'istituzione che vigila sui cattivi debitori. Tutte le altre banche chiudono i rubinetti, e anzi chiedono ad Agnello di rientrare dalle esposizioni.
Ma la storia non finisce qui. Quando, dopo tre anni, il giudice revoca il decreto ingiuntivo, l'ipoteca non viene restituita. E i ricorsi e i controricorsi continuano. Fino al 2008, quando la sentenza del tribunale di Palermo che dà ragione ad Agnello diventa definitiva. Agnello, a quel punto, con l'appoggio dell'Adusbef e della Stampa estera di Roma, rende pubblica la sua storia. A quell'incontro nella sede romana dell'associazione Stampa estera partecipa l'avvocato Alfredo Galasso, che decide di assistere Agnello.
A quel punto l'imprenditore rilancia. E affidandosi a Galasso, chiede un risarcimento dei danni che sostiene di avere subito da questa vicenda. Il giudice deciderà il 15 giugno 2015, cioè fra un altro anno. E Bnl, contattata dalla redazione, preferisce non entrare nel merito, limitandosi a specificare di essere “certa che il tribunale di Palermo deciderà di non accogliere la richiesta di risarcimento dei danni”, come scrive Andrea Fioretti, il legale che assiste l'istituto in questa vicenda. Ma Agnello non ci sta: “Le banche – dice – hanno cercato di strangolarmi. Ma io ho le spalle larghe, resisto, vado avanti”. Come da vent'anni a questa parte. Nonostante le avversità.  

Inchiesta parlamentare su banche, derivati e poteri forti


Banche, derivati e poteri forti
La Camera apre un’inchiesta

Banche, derivati e poteri forti <br /> La Camera apre un’inchiesta
I poteri forti non perdono mai e non ci sono governi capaci di opporsi, malgrado le prove provate dei danni enormi che possono aver creato. Come nel caso dei derivati e delle primarie banche finanziarie che li hanno messi sul mercato e che da tempo sono messe sotto accusa in Italia e in altre parti del mondo e in particolare negli Stati Uniti. Anche in Sicilia si continua ad indagare su operazioni sospette di aver creato un danno ad Enti pubblici locali e alla Regione.
Di fronte alla protesta dilagante da parte delle maggiori istituzioni italiane e in particolare di Adusbef (associazione nazionale a difesa dei consumatori e degli utenti, specializzata nei settori bancario, finanziario ed assicurativo; membro della Federazione Utenti Bancari Europei) e della Federconsumatori, la Commissione Finanze di Montecitorio, su proposta del senatore Giovanni Paglia di SEL, ha deciso di “arrivare a un rapporto finale che offrirà, dopo quattro mesi di indagini, una vera e propria radiografia della reale situazione esistente in Italia rispetto ai derivati”, come dichiarato dal Presidente della Commissione, Daniele Capezzone di Forza Italia.
L’inchiesta interesserà tra gli altri, lo stesso Ministero dell’Economia, la Banca d’Italia, la Cassa depositi e prestiti, la Consob, la Corte dei conti, l’Associazione bancaria italiana, le principali banche e intermediari finanziari e naturalmente la conferenza delle Regioni e in particolare le Regioni che hanno dei contenziosi in corso, come la Sicilia, l’ANCI ed esperti della materia.
Tutto bene quindi? Una volta tanto si riuscirà a mettere al palo coloro che hanno speculato sui derivati creando dei danni considerevoli? Non facciamo ridere i polli. Anche in questo caso, si è deciso di fare la Commissione dopo che i polli più importanti era stati accuratamente messi fuori dal pollaio con ampia promessa di lauto e duraturo foraggiamento.
Infatti, nei giorni scorsi ha superato l’esame della commissione Bilancio della Camera, l’articolo 33 della legge di stabilità, relativo alla norma sugli “accordi di garanzia in relazione alle operazioni in strumenti derivati”, caldeggiata dal Ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan ­­­e dalla responsabile della direzione Debito pubblico Maria Cannata. Grazie a questa norma, Deutsche Bank, Jp Morgan, Morgan Stanley e le altre banche che negli anni ’90 hanno sottoscritto derivati con lo Stato, siano riconosciuti come creditori privilegiati dell’Italia. Cosa vuol dire? Semplicisssimo: in caso di crisi del debito, tali istituzioni verranno rimborsati per primi, mentre i risparmiatori italiani e gli altri saranno rimborsati con le briciole, semprecché ne siano rimaste!
Non c’è da meravigliarsi quando a capo del “Governo del popolo” ci si mette uno dei capi del governo delle banche. Qui non si tratta di “denigrare” Matteo Renzi e la sua squadra ma di fotografare una realtà che poco alla volta i cittadini italiani stanno imparando a conoscere a proprie spese e che rimane sul loro groppone . Ci si lamenta che Renzi abbia perso il 20% dei consensi e che i nostri concittadini emiliani romagnoli, una volta i primi della classe nella partecipazione democratica alle consutazioni elettorali, oggi si siano rifiutati in larga maggioranza ad esprimere il loro voto.
Fino a quando avremo un Governo del “Ghe pensi mi” e che favorisce il governo delle banche a livello locale ed europeo, è il minimo che ci si possa aspettare. E naturalmente la Commissione europea di Jean-Claude Junker approva.
di

Dopo il LIBOR, le banche continuano con la manipolazione

Dopo il LIBOR, le banche continuano con la manipolazione dei mercati
di Mario Lettieri - Paolo Raimondi - 26/11/2014
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=49869
Fonte: Arianna editrice


Cinque grandi banche internazionali dovranno pagare all’agenzia di controllo americana Commodity Futures Trading Commission (CFTC), all’inglese Financial Conduct Authority (FCA) e all’agenzia di controllo svizzera Finma ben 4,3 miliardi di dollari di multa per aver manipolato per anni, almeno dal 2009 fino alla fine del 2013, i cosiddetti tassi Forex. Naturalmente la notizia sta suscitando grande sensazione
Ovviamente sono le “too big to fail”, 2 banche americane, la Citibank e la Jp Morgan Chase, due inglesi, l’HSBC Bank e la Royal Bank of Scotland, e la svizzera UBS. Inoltre c’è per l’inglese Barclays Bank un’indagine aperta.
Esse hanno manipolato i tassi di cambio usati come riferimento di base per stabilire i valori delle differenti monete e anche i tassi di cambio tra le stesse.
In una sorta di cabina di regia, usando nomi in codice da loggia segreta, gli operatori bancari incaricati si scambiavano anche informazioni riservatissime relative ad operazioni monetarie fatte dai loro clienti. Il tutto a beneficio naturalmente degli interventi fatti poi dalle banche stesse sui mercati dei cambi.
Purtroppo tutti gli operatori mondiali sono stati perciò costretti a basarsi su tassi di cambio manipolati nella stipula dei propri contratti. Di conseguenza l’integrità del sistema finanziario e monetario internazionale e la fiducia degli operatori sono state ancora una volta inficiate da una “corruzione sistemica”.
Come è noto ogni giorno il mercato Forex tratta circa 5,3 trilioni di dollari in varie forme di derivati, di cui il 40% alla City di Londra. Per comprendere le potenziali dimensioni della truffa si consideri che una piccolissima variazione dello 0,01% applicata su tutto l’ammontare sarebbe pari a 530 milioni di dollari. Al giorno!
Si parla di una multa esemplare. Le autorità di controllo sono soddisfatte e parlano di una moralizzazione definitiva del sistema. Si sentono forti le indignazioni di chi opera nel settore, perfino delle stesse banche condannate per la truffa. Ma non è così.
In realtà tutto ciò serve a coprire responsabilità e complicità. Non si sottolinea, per esempio, che  il semplice fatto di pagare le multe cancella anche tutte le responsabilità penali. Quindi nessuno sarà condannato e nessuno finirà in galera per truffa.
La speculazione e simili frodi nei fatti sarebbero considerate al di sopra della legge. Se ciò avvenisse anche in altri campi criminali, tutti i mafiosi potrebbero essere liberi, perché ben disposti a pagare una “tangente allo Stato” in cambio dell’assoluta impunità.
Non si evidenzia bene anche il fatto che le banche coinvolte nella truffa Forex sono le stesse che, con altre, hanno partecipato alla manipolazione del tasso LIBOR, quel tasso di interesse di riferimento per tutte le operazioni finanziarie mondiali, di cui abbiamo scritto in passato su questo giornale. Anzi, tra queste, alcune hanno continuato a manipolare il Forex nonostante fossero state avvertite dalle autorità di controllo circa le indagine a loro carico per la truffa LIBOR! Il loro agire non è un atto di stupidità ma una provocatoria manifestazione di arroganza del potere di chi sa di essere intoccabile, di essere “too big to jail”, troppo grande per finire in galera.
Purtroppo la Commodity Futures Trading Commission incassa la multa, limitandosi ad invitare le banche “ a cessare e desistere da altre violazioni e a intraprendere passi specifici per rafforzare i controlli interni, le procedure e la supervisione dei propri operatori finanziari Forex”. Da parte loro, gli stessi grandi manager delle banche, si dichiarano esterrefatti e sorpresi per i comportamenti corrotti dei loro traders, alcuni dei quali verranno rimossi. Naturalmente si ricorrerà al classico “promeveatur ut amoveatur”.
Questi fatti ci dicono, ancora una volta, che nel sistema finanziario internazionale regna sovrana la manipolazione sistemica, la corruzione e la speculazione. Dal 2007-8 si parla di nuove regole stringenti e di riforme del sistema. A 6 anni di distanza ci si limita ancora a rincorrere truffatori e corruttori. Ci sembra un po’ poco se vogliamo evitare di essere di nuovo sorpresi da altri crac di dimensioni planetarie.
Purtroppo anche a Brisbane il G20 non ha adottato in merito qualche decisione incisiva e significativa.

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giovedì 27 novembre 2014

Rinviati a giudizio per truffa Bazoli,Passera e Gorno Tempini

Derivati, a giudizio per truffa Bazoli,Passera, Gorno Tempini

Pm Trani cita per truffa ex vertici Intesa-San Paolo

(ANSA) - TRANI, 26 NOV - Per concorso in truffa, il pm di Trani ha citato in giudizio gli ex vertici di Banca Intesa e Banca Caboto (ora gruppo Intesa-San Paolo). Ai 15 imputati viene contestata la negoziazione di prodotti derivati 'swap' ritenuti truffaldini. Tra gli imputati Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Banca Intesa-San Paolo ed ex presidente del Cda, l'ex ministro Corrado Passera, AD sino al 2011, e Giovanni Gorno Tempini, ex AD di Banca Caboto, oggi AD di Cassa depositi e prestiti.

martedì 25 novembre 2014

Intervento di Carlo Sibilia in Mediobanca, censurato (video)


CARLO SIBILIA A MEDIOBANCA by kingsize3000

La cultura in banca favorisce la disonestà

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Scienza

La cultura in banca favorisce la disonestà

Secondo uno studio, chi lavora in un'azienda di credito è onesto come le altre persone. Ma non appena riflette sulla sua professione comincia a imbrogliare

L’onestà è una dote individuale? O ci sono professioni e ambienti che portano anche le persone oneste a comportarsi in modo scorretto? Uno studio che ha coinvolto un gruppo di impiegati di banca sembra dare ragione alla seconda ipotesi. Anche se normalmente i bancari sono tanto onesti quanto le altre persone, nel momento in cui sono portati a riflettere sul loro ruolo, imbrogliano un po’ di più. Come se scattasse la consapevolezza di appartenere a un ambiente che in qualche modo legittima la disonestà.
Che il mondo delle banche e della finanza sia fatto per approfittare della gente è un pensiero tanto diffuso da risultare quasi un luogo comune. È anche l’opinione comune di molti esperti che la cultura oggi prevalente in quegli ambienti induca i singoli lavoratori a mettere in secondo piano le regole della correttezza, ma prima di questo studio non c’erano prove “empiriche” che davvero questo accada nella realtà.
 Per condurre il singolare esperimento descritto sulla rivista Nature, tre ricercatori del dipartimento di economia dell’Università di Zurigo hanno reclutato 128 impiegati di un grande gruppo bancario internazionale e li hanno divisi in due gruppi. I lavoratori di entrambi i gruppi sono stati sottoposti al compito di lanciare dieci volte una moneta sapendo in anticipo quando il risultato testa o croce avrebbe fatto vincere venti dollari. È stato poi chiesto loro di comunicare i risultati per riscuotere la vincita. Prima di eseguire i lanci, i membri di uno dei due gruppi erano stati sottoposti a un questionario con domande generiche sulla loro vita, del tipo “quante ore hai guardato la televisione la settimana scorsa?”. Gli impiegati nell’altro gruppo avevano invece risposto a domande legate direttamente alla loro figura professionale, come “che ruolo ricopri nella tua banca?”.
Questo genere di domande è fatto apposta per stimolare una riflessione sulla identità professionale prima di eseguire il compito. Un approccio ispirato dalla teoria secondo la quale, come individui, abbiamo multiple identità sociali - basate sul sesso, l’origine etnica, la professione – ciascuna associata con norme che dettano i comportamenti ammissibili. Se è vero che la cultura delle banche favorisce la disonestà allora, nel momento in cui diventa predominante l’identità della professione di bancario, una persona dovrebbe comportarsi in modo disonesto. Anche se può apparire incredibile, questo è proprio quello che è accaduto nell’esperimento: mentre gli impiegati cui sono state fatte le domande generiche si sono comportati come la media delle persone, riportando in maniera onesta i risultati del lancio di monete, quelli del gruppo che aveva riflettuto su se stesso come impiegato di banca hanno imbrogliato più spesso, riportando un numero di lanci vincenti superiore a quello atteso: quasi il 60 per cento di risultati vincenti, che è ben al di sopra del 50 per cento ottenibile per caso. La percentuale di impiegati che ha imbrogliato è stata del 26 per cento, in pratica uno su quattro, e quella di risultati non riportati in modo veritiero del 16 per cento.

Tutti gli scandali degli ultimi anni hanno contribuito alla cattiva reputazione del settore finanziario, ma per gli specialisti che studiano l’argomento non è ben chiaro se la presunta disonestà derivi da un effetto di selezione, vale a dire dal fatto che un ambiente come quello delle banche finisce per attrarre persone meno oneste in partenza, oppure dagli incentivi, e cioè che sia la cultura tipica del mondo degli affari a indebolire le norme morali di persone che normalmente sarebbero oneste. Lo studio sembra dare ragione proprio a questa seconda ipotesi. L’aumentata disonestà degli impiegati di banca sembrerebbe indotta dalla cultura specifica del settore bancario. Si tratta, secondo Marie Claire Villeval, economista dell’Università di Lione che ha scritto un commento allo studio, non tanto di regole o incentivi di una singola impresa, ma di un insieme complesso di “norme, valori, visioni, aspettative e abitudini”. Perché la società riacquisti fiducia nelle banche, secondo gli autori dello studio, è necessario che diventi dominante in quegli ambienti una cultura che premia e valorizza l’onestà, a partire magari dall’equivalente “bancario” del giuramento di Ippocrate per i medici.

venerdì 21 novembre 2014

Mps, la Consob multa Kpmg: "Violati i principi di revisione contabile"

21/11/2014

B. Mps, la Consob multa Kpmg (450 mila euro). "Violati i principi di revisione contabile"

 http://www.italiaoggi.it/news/dettaglio_news.asp?id=201411211143387257&chkAgenzie=ITALIAOGGI&sez=news

B. Mps, la Consob multa Kpmg (450 mila euro). "Violati i principi di revisione contabile"

La Consob ha elevato una sanzione amministrativa pecuniaria da 450 mila euro nei confronti di Kpmg per aver violato i principi di revisione contabile.
I rilievi mossi dalla Commissione di vigilanza presieduta da Giuseppe Vegas, si legge nella delibera 19042 datata 26 settembre 2014 ma resa nota al mercato soltanto questa mattina, sono relativi ai lavori di revisione di Kpmg sui bilanci d'esercizio e consolidato di Mps nel 2008 e nel 2009. L'authority, in particolare, ha rilevato come la società di revisione rilasciò il proprio benestare ai bilanci dell'istituto di credito senese "senza rilievi", dando origine a "irregolarità inerenti all'attività di revisione" per quanto riguarda le verifiche svolte sulla rappresentazione dell'operazione Santorini, il Fresh 2009, alcuni canoni di usufrutto pagati a JpMorgan e la ristrutturazione del derivato Alexandria con il repo Btp Nomura.

martedì 18 novembre 2014

Il ruolo del risparmio e della moneta nel disegno costituzionale

Il ruolo del risparmio e della moneta nel disegno costituzionale.



Il ruolo del risparmio e della moneta nel disegno costituzionale: una storia di abrogazione tacita tra criteri di convergenza post Maastricht e pareggio di bilancio.


L’art. 47 primo comma Cost. dispone: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio, in tutte le sue forme, disciplina coordina e controlla il credito
Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del paese”.
Il tema del risparmio è costantemente dimenticato nel nostro ordinamento, benché sia un diritto costituzionalmente tutelato. La definizione di risparmio, peraltro, è assai semplice: trattasi di quella parte del reddito non utilizzata e quindi accantonata da ogni cittadino.
Nel nostro paese, nel nome di una falsa emergenza di cassa in realtà causata, come si dirà meglio infra, dalla perdita di sovranità monetaria ed economica, il risparmio viene oggi pesantemente aggredito, sia attraverso una sostanziale tassazione che lo comprime in tutte le sue forme (basti ad esempio pensare alla tassazione sulla casa, per definizione il bene rifugio degli italiani), sia (soprattutto) per tramite la messa al bando delle politiche di deficit nazionale.

PATTI CHIARI, UN SITO CHE INGANNAVA UTENTI-RISPARMIATORI

BANCHE: ABI METTE IN LIQUIDAZIONE PATTI CHIARI, UN SITO CHE INGANNAVA UTENTI-RISPARMIATORI. SODDISFATTE ADUSBEF E FEDERCONSUMATORI, CHE NE AVEVANO CHIESTO DA TEMPO LA LIQUIDAZIONE COATTA.

Patti Chiari 1 e 2, un costosissimo sito di informazione predisposto dall’Abi, Associazione bancaria italiana allegramente finanziato dalle banche per reclamizzare con la massima affidabilità, ossia la bollinatura della tripla “A” alcuni rischiosissimi bond quali Lehman Brothers ed altri 57 titoli tossici di istituti di credito già falliti o salvati da interventi pubblici, viene finalmente messo in liquidazione, nonostante l’operazione gattopardesca e camaleontica di restyling, denominata Patti Chiari 2 presieduta dal prof. Filippo Cavazzuti, reclamizzata dalla conferenza stampa del 27 aprile 2009 a Milano, che oltre a coinvolgere 13 associazioni di consumatori nel protocollo di intesa con l’Abi-Patti Chiari, tutte iscritte al CNCU (Consiglio Nazionale Consumatori Utenti), istituiva un pomposo comitato di Consultazione, presieduto dal Prof. Pippo Ranci, con il Prof Guido Alpa, gli avv.Ettore Battelli e Luciano Fanti, il dottor Stefano Godano ed il dottor Giustino Trincia; il prof. Paolo Legrenzi, l’avv. Maria Stella Anastasi,i prof. Marco Gambaro, Paolo Onofri, Lorenzo Sacconi, la dott.ssa Anna Vizzari.
Adusbef e Federconsumatori, che dopo aver denunciato un sito ‘fraudolento’ istituito dall’Abi e finanziato dalle banche per ricostruire la reputazione perduta dopo la lunga catena di scandali e crack finanziari ed industriali che avevano disseminato 1 milione di vittime del risparmio tradito, si erano rifiutate di essere complici di un’intesa contro i diritti di risparmiatori utenti, chiedendo all’Abi di mettere mano al portafogli utilizzando le risorse, non per prezzolare i consensi, ma per risarcire le decine di migliaia di vittime di Patti Chiari, truffate da un sito che reclamizzava come affidabili gli investimenti con sottostante Lehman Brothers ed altri 57 titoli tossici, pubblicizzandoli con la massima affidabilità fino 15 settembre 2008,ossia due giorni dopo il fallimento, avevano chiesto lo scioglimento di Patti Chiari 1 e 2.
Con 4 anni di ritardo l’Abi mette in liquidazione il portale Pattichiari.it. nato nel 2003 per migliorare la reputazione degli istituti di credito crollata ai minimi dopo i tanti casi – crac Cirio, Parmalat e Tango bond in testa – di risparmio tradito, come emerge da una comunicazione pubblicata sul sito: “Il consorzio PattiChiari ha per oggetto la gestione ad esaurimento delle attività nonché l’esercizio di servizi ad esse connessi”.
La credibilità di Patti Chiari, criticata già nell’atto della sua nascita da associazioni che si battono per la tutela dei diritti di utenti-risparmiatori-investitori, Adusbef in testa, viene irrimediabilmente minata per la a lunedì 15 settembre 2008: mentre nella mattinata la Lehman Brothers dichiara il fallimento, sul portale Pattichiari.it ancora nel primo pomeriggio venivano propagandati come sicuri ed affidabili i 14 titoli emessi dalla banca, con i bond Lehman segnalati, con un rating A+, nella lista “Obbligazioni a basso rischio e a basso rendimento” stilata periodicamente dal consorzio, procurando così un gravissimo danno a decine di migliaia di risparmiatori, il cui sito giudicava come ad alto rischio i titoli di stato italiani come i BTP.
Solo il 28 ottobre 2008 Patti Chiari decide di sospendere il servizio e quindi la pubblicazione delle “Obbligazioni a basso rischio e a basso rendimento”, per rilanciare con la complicità di accademici ed associazioni di consumatori Patti Chiari 2, al quale aderiva l’82% degli istituti bancari italiani, il cui destino era già stato segnato sia dalle denunce di inaffidabilità e di citazioni nei Tribunali nelle cause risarcitorie sui bond Lehman, che dalla conseguente defezione di 50 banche dal Consorzio, con il colpo di grazia finale inferto dall’Antitrust che segnalava l’esigenza di aumentare: “tasso di mobilità della clientela, introducendo un termine massimo di 15 giorni per il trasferimento del conto corrente e prevedendo un risarcimento al cliente in caso di ritardi addebitati alla banca”, auspicando anche lo sviluppo di motori di ricerca indipendenti dalle banche “che consentano al consumatore un più agevole confronto tra i servizi bancari offerti dai diversi operatori”.
Adusbef e Federconsumatori, soddisfatte dalla pur tardiva decisione, stigmatizzano i comportamenti collusivi che hanno prodotti danni enormi a tanti risparmiatori ingannati e raggirati dall’Abi e dalle banche.

Elio Lannutti (Adusbef) - Rosario Trefiletti (Federconsumatori)
Roma, 17.11.2014

Wall Street, l'attacco finale all'euro: il piano di Natale

Wall Street, l'attacco finale all'euro: il piano di Natale

Pubblicato su 18 Novembre 2014 da frontediliberazionedaibanchieri in ECONOMIA
 
«Gli stress test sono una porcata: tutto finto». La confidenza-confessione, complice un ottimo Brunello di Montalcino, è di uno che conta molto nel board di controllo dei cosiddetti protocolli di Basilea arrivato a Siena per sbirciare i conti di Mps. Se metteranno - e le metteranno - le mani nei vostri conti correnti sapete chi ringraziare: la finanza americana. Non è, peraltro, un mistero che a Wall Street temono la nascita di una vera unione bancaria europea. Se ci fosse la Bce potrebbe governare direttamente le ristrutturazioni bancarie ma soprattutto si spezzerebbe il legame incestuoso tra debito degli Stati e sistema bancario che è la vera ragione della stagnazione perdurante nell’Eurozona, ma che è anche la riserva di caccia dei Fondi speculativi.
Sull’unione bancaria Mario Draghi si è molto speso, ma poco ha incassato. E - secondo il nostro interlocutore - la finanza americana che lo tiene al guinzaglio gli ha consigliato di stare buono perché sta per lanciare l’offensiva bis contro l’euro. La prova regina non c’è, ma se Soros scommette un miliardo di euro sul ribasso dell’indice di Milano, se Carl Icahn veterano di Wall Street mette nel mirino i fondi obbligazionari italiani qualcosa che si muove di certo c’è. La «porcata» sta nel fatto che negli stress test il peso dei derivati e in particolare dei Cds (credit default swap) è assai ridotto rispetto alla valutazione dei cosiddetti incagli (crediti in sofferenza o inesigibili) per cui paradossalmente le banche commerciali sono penalizzate rispetto alle banche finanziarie. Con un’aggiunta di non poco conto che ha salvato le Landsbank tedesche (i cui bilanci continuano a non tornare, ma non si può dire). Negli stress test sono stati pesati diversamente i titoli di Stato. Mentre le banche tedesche li valutano a scadenza, le banche italiane li detengono al prezzo corrente. Nel caso delle banche tedesche i titoli vanno a patrimonio migliorando il rapporto ricchezza posseduta/credito concesso, per le banche italiane il rischio Paese viene calcolato come una perdita.
Perché accade? Stando a questo nostro interlocutore lo scenario è semplice e leggibilissimo. Basta considerare come Usa e Cina stiano in questi ultimi mesi tubando. La ragione starebbe in uno studio non troppo segreto che circola nei piani altissimi della finanza secondo il quale l’euro è ingombrante nell’ordine mondiale. E si sta per scatenare l’offensiva bis. A Wall Street aspettano solo il momento buono. La Germania lo sa e non si fida di Mario Draghi convinta che il capo della Bce voglia drenare ricchezza dagli Stati forti europei per poi sancire la fine della moneta unica e offrire un piatto ancora più ricco ai suoi referenti d’oltreoceano (in intesa con i cinesi). La posizione tedesca quindi è: il debito europeo non si potrà mai mettere in comune. E la Germania sta cercando di indurci a costruire trincee. Insomma il rigorismo tedesco ci darebbe una mano. L’ordine sarebbe: diventate più poveri, ma salvatevi altrimenti sarà la vostra fine e la fine dell’euro. Non a caso i tedeschi sono già pronti a riadottare il Marco anche se sarebbero costretti a una rivalutazione che penalizzerebbe il loro export proprio nel momento in cui anche la loro economia si sta incagliando.
Questo è il momento in cui la finanza americana sta decidendo di lanciare l’offensiva. Ma prima ha bisogno di preparare il terreno. Gli stress test sarebbero serviti a costringere le banche a drenare quanta più ricchezza possibile per essere prede più grasse. Gli italiani e le imprese italiane sono pesci di un acquario e il denaro, la liquidità, è la loro acqua. Peccato che a questo acquario siano applicate due idrovore: il fisco e il sistema bancario che continuamente lo svuotano. Mario Draghi avrebbe il compito di versare acqua europea in questa vasca e al contempo di far girare al massimo (attraverso gli stress test) la pompa bancaria per risucchiarla mentre la richiesta di maggiori entrate fiscali servirebbe da aggregatore della ricchezza privata in modo da apparecchiare per i «grassi gatti» della finanza un buon piatto di pesce italiano morto per asfissia. Il pranzo dovrebbe essere servito tra Natale e Capodanno. È quello il momento in cui si scatenerà la nuova offensiva contro l’Italia con lo scopo da una parte di mettere le mani sullo stock di ricchezza privata degli italiani (la più alta del mondo) e in questa direzione vanno i continui inviti a mettere le patrimoniali e la misura di salvaguardia secondo la quale se le banche falliscono pagano i correntisti, e dall’altra di azzerare l’euro.
di Carlo Cambi
Tratto da:http://www.liberoquotidiano.it
Wall Street, l'attacco finale all'euro: il piano di Natale

BOLKESTEIN: L'EURO E' FALLITO

lunedì 17 novembre 2014

venerdì 14 novembre 2014

Tassare i patrimoni “sommersi” delle banche

Tassare i patrimoni “sommersi” delle banche: il piano di Nino Galloni per rilanciare l'economia

 http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=6&pg=9400

Tassare i patrimoni “sommersi” delle banche: il piano di Nino Galloni per rilanciare l'economia
 

"Condizione essenziale: ripristinare la sovranità monetaria in capo agli Stati" 

di Francesca Morandi

 
L’economista Antonino Galloni indica una via alternativa alla politica di austerità: “Con il mio piano 50% in meno di pressione fiscale dell’intero sistema”. “Per rilanciare veramente l’economia italiana è possibile tassare le enormi ricchezze che le banche detengono senza metterle in attivo di bilancio. Si otterrebbero così massicci flussi di denaro che affluirebbero nelle casse dello Stato che potrebbe utilizzarli per dimezzare la pressione fiscale dell’intero sistema”.

Lo afferma l’economista Antonino Galloni, già direttore generale al ministero del Lavoro e funzionario presso il ministero del Bilancio, che nel suo ultimo libro “Il futuro della Banca”, (edizioni Eurilink, tradotto anche in inglese “The future of banking”) delinea una teoria bancaria e finanziaria rivoluzionaria, che offre un’alternativa alle attuali politiche di austerità, i cui costi sociali sono altissimi e gli effetti ben poco utili a fronte di crescenti masse di disoccupati e una produzione ai minimi storici. “E’ in atto un attacco ai soldi, alla liquidità dei privati, ma anche alle loro proprietà - spiega Galloni, oggi membro del Collegio dei Sindaci dell’INPS.  Basta osservare come il valore degli immobili sia sceso a tal punto che valga meno del mutuo che tanti cittadini stanno pagando. Oggi coloro che si sono indebitati per comprare una casa non hanno neppure la possibilità di vendere il proprio immobile senza svenderlo. Lo stesso accadrà, se non si cambia strada, per i patrimoni pubblici”. 
 
 
- Professor Galloni, negli ultimi anni abbiamo assistito ai fallimenti delle banche, primo fra tutti il crac della Lehman Brothers nel 2008, anno in cui è iniziata la crisi finanziaria globale. Oggi, invece, lei afferma che le banche possiedono ricchezze “nascoste”. Ci spieghi…
 
E’ una bugia affermare che i soldi per la ripresa economica non ci sono. In realtà è in atto una corsa volta ad accaparrarsi i soldi, la liquidità dei privati che oggi va verso le banche internazionali che la usano anche per attività speculative. Tali attività possono portare enormi guadagni, di cui beneficiano gli istituti di credito, ma anche enormi perdite, che, con il sistema attuale, ricadono su Stati e cittadini. Bisogna cambiare questo sistema, così come le politiche di austerità e le spending review che peggiorano i conti dello Stato anziché migliorarli”.
 
 
- Vuole dire che la banche stanno sottraendo soldi ai cittadini?  
 
“Negli ultimi decenni le banche hanno creduto di guadagnare di più attraverso l’attività finanziaria piuttosto che tramite quella creditizia, finalizzata ad alimentare l’economia reale. Ne è seguita una moltiplicazione degli strumenti finanziari che ha portato ad abusi e ha prodotto crediti inesegibili e indebitamento elevato. Nella sua funzione creditizia la banca non fornisce soldi veri, ma indebita i suoi clienti, e, al contempo, si incredita. Tuttavia, nei meccanismi di bilancio accade qualcosa di anomalo. Le banche, infatti, segnano i depositi e i conti correnti al passivo. Ma questo è assurdo, le banche non registrano in contabilità la voragine di attivo determinata da un enorme margine operativo lordo tra gli impieghi con i loro interessi - da una parte - ed i soli costi di funzionamento con gli interessi sui depositi, dall’altra. Il margine operativo sarebbe superiore al 90%. Una quantità impressionante di denaro non tassato”.

 
- Com’è possibile una tale anomalia?
 
“Tutto fa pensare a un meccanismo fatto per occultare il reale funzionamento delle banche stesse. E’ come se il gestore di un garage iscrivesse al passivo le automobili parcheggiate… è assurdo! Oggi la banca registra il prestito di denaro come passivo ma nel mio sistema deve figurare come “mancato arricchimento”, e quindi nell’attivo della bilancia contabile”. 
 
 
- E’ dunque possibile tassare questo patrimonio bancario con una legge dello Stato che imponga alle banche di registrare in bilancio quell’attivo enorme oggi invisibile? 
 
“Sì. E’ necessario, innanzitutto, il ripristino della netta separazione tra gli istituti di credito e i soggetti che operano sui mercati speculativi. Le banche devono poi accettare il pagamento di tasse sulla differenza tra crediti non in sofferenza e costi di funzionamento, al netto degli interessi. Ho calcolato che un’aliquota compresa tra il 20 e il 25% consentirebbe di dimezzare la pressione fiscale dell’intero sistema. Con vantaggi evidenti per imprese e cittadini”. 

 
- Vuole dire che decine di miliardi di euro affluirebbero nelle casse pubbliche e lo Stato potrebbe utilizzarli per abbassare le tasse?
 
“Sì. Ma non solo. Nel mio studio affermo l’urgenza di cambiamento dell’attuale modello economico che deve avere come base fondante la massimizzazione della produzione interna e non le esportazioni. Ribaltando la concezione del commercio internazionale bisogna passare dalla logica attuale che dà priorità alle esportazioni a quella che pone alla base la domanda interna”. 
 
 
- Significherebbe concentrare le risorse nelle mani di cittadini e imprese nazionali?
 
”Sì. Auspicherei poi lo sviluppo a livello globale di nuove istituzioni finanziarie con rapporti più equi con quelle esistenti, facenti capo agli Usa e ai loro più stretti alleati”. 

 
- Ma oggi l’Europa sta andando nella direzione opposta,  verso l’Unione Bancaria Europea (UBE), che lei considera anti-democratica e dannosa.  Ce ne parli…
 
“L’Unione Bancaria Europa si basa sul principio del “bail in”, il prelievo forzoso. In base al funzionamento dell’Unione Bancaria Europea in futuro le perdite conseguenti a default bancari saranno sostenute dai finanziatori privati e non dagli Stati che non potranno operare salvataggi a carico delle casse pubbliche. Le conseguenze più rilevanti colpiranno invece gli obbligazionisti e i correntisti, e quindi, i privati cittadini. Se oggi i conti garantiti sono quelli al di sotto dei 100mila euro, in futuro questa soglia potrebbe scendere a 50mila euro. Basterebbe una legge europea”. 
 
 
- Un sistema quasi “poliziesco” che farebbe ricadere ancor più di oggi, tutti i rischi sui cittadini privati?
 
“Gli stessi banchieri hanno interesse a una diversa evoluzione del sistema bancario perché con l’Unione Bancaria Europea le banche, fino a qualche anno fa principali dominatrici della finanza e dell’economia, si troveranno alla mercé dei centri della grande speculazione internazionale, da Wall Street all’Arabia Saudita. Il progetto di UBE completerebbe il controllo dei flussi di liquidità a favore delle grandi concentrazioni finanziarie. L’opinione pubblica deve essere consapevole di questi meccanismi che si ripercuotono sui loro averi, ma anche i banchieri sono coinvolti in questa evoluzione dei sistemi creditizi e finanziari globali e non sempre essi sono consapevoli di come moneta e finanzia siano usati in maniera distorta. L’evoluzione del sistema attuale potrebbe portare alla chiusura di molte banche nazionali. Obiettivo della mia teoria è inoltre proporre l’utilizzo dei mezzi monetari e finanziari al servizio di una comunità per favorirne lo sviluppo”. 
 
 
- Per attuare la totalità di questi cambiamenti rivoluzionari è necessario che l’Italia esca dall’euro?
 
Sì, ripristinare la sovranità monetaria in capo agli Stati è una condizione essenziale e auspicabile. La governance della politica sull’economia è un principio indispensabile perché introduce regole e etica nel libero mercato”.

mercoledì 12 novembre 2014

Banche, super multa a 5 big per manipolazione

Banche, super multa a 5 big per manipolazione dei cambi

Inflitte da autorità Usa-Gb-Svizzera sanzioni per complessivi 3,3 miliardi di dollari

Le autorità di vigilanza in Usa. Gran Bretagna e Svizzera hanno emesso a carico di 5 grandi banche mondiali (Citigroup, Jp Morgan, Royal Bank of Scotland, Hsbc e Ubs) sanzioni per complessivi 3,3 miliardi di dollari in merito allo scandalo sulla manipolazione del mercato dei cambi emerso lo scorso anno.

In particolare le sanzioni sono frutto di patteggiamenti fra le banche coinvolte e le autorità di vigilanza. Ubs dovrà pagare circa 800 milioni di dollari, Citigroup 668 milioni, Jp Morgan 662 milioni, Royal Bank of Scotland 634 e Hsbc 618 milioni. Secondo le indagini i trader delle grandi banche avevano costituito una sorta di 'cartello' occulto e si scambiavano le informazioni riservate attraverso delle chat room per manipolare a loro piacimento il mercato delle valute, che movimenta ogni giorno 5300 miliardi di dollari, e in particolare gli indici sui tassi dei cambi utilizzati dai fondi e derivati. "Nel mondo privati e aziende contano su questi tassi per i loro contratti finanziari - ha spiegato l'autorità di vigilanza Usa Cftc - basandosi sulla fiducia nella fondamentale integrità di questi indici. Il mercato funziona solo se si ha fiducia che il processo di costituzione di questi indici è equo, non corrotto dalla manipolazione di alcune delle principali banche al mondo".

lunedì 10 novembre 2014

Il lavoro rinasce con moneta sovrana

Macché patrimoniale, il lavoro rinasce con moneta sovrana

http://www.libreidee.org/2014/11/macche-patrimoniale-il-lavoro-rinasce-con-moneta-sovrana/

Finanziare la spesa pubblica con le tasse, magari una patrimoniale? Sbagliato due volte. Primo, perché i grandi patrimoni sono finanziari, dunque volatili e sfuggenti. E soprattutto perché chiedere altre tasse significa rassegnarsi al sistema-truffa dell’emissione privatizzata del denaro: per uscire dalla crisi, infatti, basterebbero iniezioni di valuta sovrana a sostegno dell’economia reale, cioè posti di lavoro. Possibile che la sinistra sindacale non lo capisca? Purtroppo sì. Perché «il sindacato e gran parte della sinistra non hanno le basi culturali o la libertà di azione necessarie per poter imporre al dibattito pubblico, politico, sindacale, parlamentare, di trattare i veri temi nodali». Ovvero: «Come viene creato il denaro, da chi, a vantaggio di chi, con che diritto, con quali profitti, con quale tassazione su questi profitti». L’uscita dal tunnel è una sola: «Creazione di denaro direttamente da parte dello Stato, senza che lo Stato lo debba comperare dando in cambio titoli pubblici, cioè indebitandosi». Questo dovrebbero chiedere, Landini e Camusso, e con loro i quasi 5 milioni di italiani iscritti alla Cgil.
Secondo Marco Della Luna, il pericolo è lo strapotere del capitale finanziario, cresciuto fino a 15 volte l’economia reale. Come? In due modi: autorizzando le banche a compiere azioni di pirateria speculativa e, prima ancora, concedendo ai mercati finanziari di ricattare gli Stati mediante l’acquisto del debito pubblico, nel momento in cui – in Italia dagli anni ‘80 – si è vietato alla banca centrale di continuare a finanziare il governo, cioè i cittadini, emettendo moneta a costo zero. Ora, con l’euro, siamo all’incubo elevato a sistema. A tutto questo siamo giunti con l’inganno: «Celare all’opinione pubblica questi semplici termini del problema, fare in modo che non capisca o fraintenda ciò che si sta facendo, così da prevenire resistenze organizzate e poter continuare in questo processo di accaparramento della ricchezza, è un bisogno primario delle classi dominanti che lo hanno costruito e ne stanno beneficiando». Il nuovo compito della politica? Assicurarsi che le pecore siano tosate all’infinito, senza protestare.
Menzogne, disinformazione, minaccia, psicologia sociale della paura: «I mezzi a disposizione di una classe dominante per far accettare alle classi inferiori le crescenti diseguaglianze di ricchezza e di diritti sono molteplici». Primo: «Nascondere le diseguaglianze o le loro cause», e poi «farle sentire giustificate (dal merito, dalle leggi del mercato, dalla competitività, dalle capacità». Se non basta, si può «reprimere la protesta sociale attraverso strumenti giuridici e polizieschi». E poi «indurre paura, allarme, conflitti (shock economy, divide et impera». Si arriva così a «impiantare un paradigma divide-et-impera, in cui ognuno è imprenditore di se stesso e in competizione con gli altri», un ambiente nel quale «non può nascere consapevolezza di classe e di conflitto». Si tratta di «abituare la gente, gradualmente, a nuove condizioni peggiorative». Il nuovo standard, la diseguaglianza “fisiologica”, «ha già prodotto riforme che la sanciscono e recepiscono anche sul piano formale e giuridico in termini di sottoposizione, mediante trattati internazionali e riforme interne, dalla sfera politica, pubblica, partecipativa a quella finanziaria, privata, capitalistica».
Estinto l’interesse pubblico, resta solo quello affaristico privato. Un risultato politico epocale, al quale si è arrivati grazie a una poderosa pedagogia della menzogna, attraverso cui depistare l’opinione pubblica dalle vere cause della crisi. L’economia reale soffre per mancanza di credito e liquidità? Anziché emettere l’ossigeno della valuta, le autorità monetarie hanno inculcato la fobia delle bolle finanziarie come alibi per chiudere i rubinetti. I soldi – tanti, a tassi bassissimi – li hanno dati solo alle banche, per le speculazioni finanziarie e l’acquisto di derivati. E’ lo schema del “quantitative easing” angloamericano e della Ltro, “long term refinancing operation”, della Bce. «Il risultato voluto era prevedibile, previsto, ed è puntualmente arrivato: praticamente pochi o nulli benefici per l’economia reale». Tutti colpevoli, dai ministri delle finanze al Fmi, dai banchieri centrali all’Ue: perché si rifiutano di creare moneta destinata all’economia produttiva? «Ovvio: perché quest’operazione da un lato avrebbe successo, farebbe ripartire l’economia, e si capirebbe che tutto gira intorno a chi ha il potere esclusivo di creare moneta». Il sostegno monetario all’economia reale toglierebbe ai banchieri «il loro potere monopolistico sulle società, smascherando al contempo il loro comportamento essenzialmente distorsivo, antisociale e parassitario».
Questo è il disastro da cui discende la cosiddetta crisi. E invece «si è raccontato alla gente che è la spesa pubblica, la spesa per il settore pubblico, ciò che costituisce il problema, il male dell’economia, e che quindi bisogna tagliare servizi pubblici, privatizzare, vendere i beni collettivi, licenziare i pubblici dipendenti, aumentare le tasse cioè fare la cosiddetta austerità, nascondendo così la vera causa del dissesto dei conti pubblici». In realtà sono stati i banchieri che «hanno usato i conti pubblici, cioè i governi, per chiudere i buchi da loro stessi scavati a fini di profitto privato». In Italia è successo col Monte dei Paschi di Siena. Ma la tragedia a monte è la progressiva scarsità di moneta a partire dal 1981, storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia. Da allora, «i detentori del debito pubblico italiano sono principalmente soggetti finanziari». Nuove tasse? Ci provò Monti, tagliando le gambe al settore immobiliare provocandone il crollo, determinante per la cronicizzazione della recessione. E oggi sono i sindacati che chiedono altre tasse per uscire dal tunnel?
L’atteggiamento della sinistra sindacale, benché giustamente motivato dalla rabbia sociale contro le palesi diseguaglianze alimentate dal governo Renzi, non aiuta a risolvere il problema. «Tutto questo insieme di menzogne e di false rappresentazioni della realtà, somministrato in modo martellante al popolo, serve a fargli accettare una politica tributaria e finanziaria che consente di trasferire sempre più denaro dal contribuente e dalla spesa per la società alle tasche di banchieri e finanzieri attraverso sia gli interessi sul debito pubblico, che gli aiuti di Stato alle banche, che gli stanziamenti multimiliardari in favore di organismi di sostegno alle banche come il Mes», conclude Della Luna. «In sostanza, quindi, lo schema politico è il seguente: compiere operazioni che generano profitto e instabilità; alimentare l’instabilità e usarla per creare allarme sociale; dare di questa situazione una falsa spiegazione alla gente, che la disponga ad accettare non solo i peggioramenti avvenuti, ma anche ulteriori sacrifici in termini sia economici che di diritti anche politici, come necessari per evitare il disastro; usare questi sacrifici per arricchirsi ulteriormente». Ecco perché l’oligarchia si oppone all’unica possibile soluzione democratica: libera emissione di moneta pubblica per sostenere il sistema economico, aziende e posti di lavoro.


Finanziare la spesa pubblica con le tasse, magari una patrimoniale? Sbagliato due volte, protesta Marco Della Luna. Primo, perché i grandi patrimoni sono finanziari, dunque volatili e sfuggenti. E soprattutto perché chiedere altre tasse significa rassegnarsi al sistema-truffa dell’emissione privatizzata del denaro: per uscire dalla crisi, infatti, basterebbero iniezioni di valuta sovrana a sostegno dell’economia reale, cioè posti di lavoro. Possibile che la sinistra sindacale non lo capisca? Purtroppo sì. Perché «il sindacato e gran parte della sinistra non hanno le basi culturali o la libertà di azione necessarie per poter imporre al dibattito pubblico, politico, sindacale, parlamentare, di trattare i veri temi nodali». Ovvero: «Come viene creato il denaro, da chi, a vantaggio di chi, con che diritto, con quali profitti, con quale tassazione su questi profitti». L’uscita dal tunnel è una sola: «Creazione di denaro direttamente da parte dello Stato, senza che lo Stato lo debba comperare dando in cambio titoli pubblici, cioè indebitandosi». Questo dovrebbero chiedere, Landini e Camusso, e con loro i quasi 5 milioni di italiani iscritti alla Cgil.
Secondo Della Luna, il pericolo è lo strapotere del capitale finanziario, cresciuto fino a 15 volte l’economia reale. Come? In due modi: autorizzando le banche a compiere azioni di pirateria speculativa e, prima ancora, concedendo ai mercati Marco Della Lunafinanziari di ricattare gli Stati mediante l’acquisto del debito pubblico, nel momento in cui – in Italia dagli anni ‘80 – si è vietato alla banca centrale di continuare a finanziare il governo, cioè i cittadini, emettendo moneta a costo zero. Ora, con l’euro, siamo all’incubo elevato a sistema. A tutto questo siamo giunti con l’inganno: «Celare all’opinione pubblica questi semplici termini del problema, fare in modo che non capisca o fraintenda ciò che si sta facendo, così da prevenire resistenze organizzate e poter continuare in questo processo di accaparramento della ricchezza, è un bisogno primario delle classi dominanti che lo hanno costruito e ne stanno beneficiando». Il nuovo compito della politica? Assicurarsi che le pecore siano tosate all’infinito, senza protestare.

OMT: la grande guerra fra stati e mercati

La grande guerra fra stati e mercati


Mario Draghi La grande guerra tra stati e mercati
di Lidia Undiemi

In un sistema economico e finanziario fortemente globalizzato, si governa con i trattati internazionali. Quella che stiamo vivendo è una vera e propria guerra fra Stati e mercati, ovvero il capitale internazionale. Per comprenderne la portata, basta ragionare sul nuovo strumento messo in campo dalla BCE per far fronte alla crisi dell’Eurozona, ossia l’OMT.

L'OMT (Outright monetary transactions) è un piano di acquisto illimitato sul mercato secondario dei titoli pubblici degli stati in difficoltà, nato con lo scopo di ridurre le pressioni dei mercati che si manifestano attraverso l’aumento dello spread. Per questa ragione, tale strumento è stato anche definito “piano anti spread” oppure “piano salva euro”, proprio perché venne preannunciato nel 2012 da Mario Draghi, quando disse: “farò di tutto per salvare l’euro”.
Ma lungi dall’essere un aiuto disinteressato in favore dei paesi che versano in una situazione di emergenza, l’accesso all’OMT è subordinato alla sottoscrizione di un accordo con il MES  (un’organizzazione finanziaria di cui su questo blog si è parlato a lungo), cioè all’obbligo di sottoporsi a cosiddette condizioni rigorose, ovvero il rispetto dell’agenda politica imposta da tale organizzazione finanziaria (le famose “riforme” richieste a gran voce dalla BCE di Mario Draghi). Tradotto: se non vi fate commissariare non riceverete alcun aiuto qualora i mercati generino destabilizzazioni finanziarie (ndr: e sappiamo bene quanto sia facile, alla bisogna, destabilizzare i mercati).
Ecco un esempio di come i circuiti finanziari, mediante un accordo-trattato internazionale quale è il MES, riescano a governare un paese scavalcando qualsiasi barriera democratica.
Aspettiamoci presto un’altra lettera con le riforme dettate dai mercati.
Leggi Il Ricatto dei Mercati, di Lidia Undiemi Lidia Undiemi MES Il Ricatto Dei Mercati
 Se vuoi comprendere a fondo come i meccanismi democratici siano stati soppiantati dagli interessi delle élite finanziarie, leggi “Il Ricatto dei Mercati”, di Lidia Undiemi, appena uscito nelle librerie e sul Kindle.

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Ecco chi é Veramente Mario Draghi - TV Tedesca

domenica 9 novembre 2014

Comunicato dell'ASSOCIAZIONE AZIONISTI UBI BANCA

Ricevuto da Lannutti: Banche & Paradisi fiscali: lo scandalo Ubi-Banca ! Bankitalia, che predica bene per bocca di Visco, razzola male, facendo da palo alle frodi fiscali-societarie Pubblico il Comunicato dell'ASSOCIAZIONE AZIONISTI UBI BANCA

(comunicato stampa diffuso dopo la chiusura delle trattazioni di Borsa)

Secondo quanto riportato dai media nazionali ed internazionali riguardo lo scandalo di trecentoquaranta multinazionali che hanno sottoscritto accordi elusivi con il Granducato di Lussemburgo per pagare meno tasse agli Stati di provenienza, ancora una volta, UBI Banca risulta purtroppo tra i protagonisti assoluti. Si parla di cifre enormi potenzialmente sottratti al fisco italiano e ad altri Paesi europei, anche da parte di istituti di credito che hanno avuto in questi anni l’ardire di vantarsi della trasparenza dei propri bilanci, nel caso di UBI Banca, professandosi addirittura paladini dei valori e delle tradizioni cattoliche.
Ci chiediamo ora in quali scaffali della Banca verrà riposto il recente premio al Consigliere Delegato, quale “banchiere più trasparente”. Il nostro consiglio, consentiteci la battuta, è di collocarlo, proteggendolo con cura vicino a qualche media (magari di matrice cattolica), che ha fino ad oggi edulcorato, per usare un eufemismo, quanto è accaduto in questi anni in UBI Banca.
E’ bene riepilogare quanto lo scrivente ha da tempo comunicato alle Istituzioni di Vigilanza, CONSOB e BANKITALIA, in merito alla struttura estera del Gruppo UBI, struttura che si estrinseca anche in numerosissime società con sedi in paradisi fiscali o paesi a fiscalità agevolata.
UBI Banca purtroppo primeggia, come da elenco sotto riportato, per società con sedi in Paesi quali Cina, Singapore, ben sedici società con sede in Lussemburgo e otto con sede in Delaware (USA), (stato noto alla cronaca in quanto ultima destinazione conosciuta del mitico aereo di Lele Mora, venduto ad una società locale per la capiente cifra di circa € 60.000), quattro in Svizzera e ancora nel Baliato di Jersey, a Dublino, a Madrid, a Bruxelles e a Cracovia.
OVVIAMENTE I NOSTRI ELENCHI NON POSSONO CHE ESSERE PARZIALI (in difetto)










Di che cosa si occupano, o si sono occupate, tutte queste società con sedi estere, anche in paradisi fiscali o Paesi a fiscalità agevolata?

venerdì 7 novembre 2014

BCE: Irish Times pubblica il ricatto all'irlanda

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Irish Times pubblica una lettera di Trichet del novembre 2010: l'Irlanda fu minacciata ad accettare il piano di "salvataggio"

 http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=9313

Irish Times pubblica una lettera di Trichet del novembre 2010: l'Irlanda fu minacciata ad accettare il piano di

"O accettate o tagliamo i fondi emergenziali al vostro sistema bancario"


La Banca centrale Europa ha esplicitamente minacciato alla fine di novembre del 2010 di tagliare i fondi d'emergenza per il sistema bancario irlandese, a meno che Dublino non avesse accettato immediatamente il piano di salvataggio e quindi l'austerità e la ricapitalizzazione bancaria a spesa dei contribuenti. 
La lettera dell'allora presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, all'ex ministro delle finanze Brian Lenihan – segnalata come “secret” – è stata spedita il 19 novembre e l'Irish Times ne è entrato in possesso di una copia (nel sito del quotidiano irlandese è anche pubblicata nella sua interezza). Nella lettera si legge che il Consiglio dei governatori della Bce avrebbe concordato a stanziare ulteriore liquidità assistenziale alle banche solo se in cambio avesse ricevuto “un impegno scritto” dal governo ad applicare immediatamente il programma di salvataggio. 
Si legge inoltre come la richiesta per un'assistenza finanziaria doveva contenere un impegno a tagli al bilancio e una ristrutturazione del settore finanziario. Si legge, inoltre, come il piano dovesse include misure per ricapitalizzare il sistema bancario e che il governo doveva accettare di ripagare l'ELA- il fondo speciale erogato alle banche in difficoltà – alla Banca centrale.
La lettera è stata spedita il giorno dopo che il governatore della Banca centrale Patrick Honohan era apparso in Tv per dire che l'Irlanda non aveva scelta se non quella di chiedere un aiuto. Due giorni dopo la lettera, Dublino ha proceduto alla richiesta formale del programma di salvataggio. 
Nonostante i contenuti abbastanza espliciti, la Bce ha negato che le lettere evidenzino che l'Istituto di Francoforte abbia dettato la politica da seguire al Governo irlandese. "Le lettere e tutta la documentazione hanno lo scopo di mostrare, che la portata della crisi interna ha reso necessario all'Irlanda fare richiesta del programma di aggiustamento dell'Ue e dell'Fmi" e non le indicazioni di Trichet, ha concluso l'Istituto di Francoforte.
“E chi ce l'ha messa?”, diceva Totò alla moglie che lo scopriva con un'altra donna. Negare sempre anche nell'evidenza di aver calpestato ogni principio democratico è anche il motto di Francoforte 

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