Manovra economica, debito pubblico, sovranità monetaria e funzione del denaro |
di MAURIZIO MOTTOLA, AGENZIA RADICALE
Dal 14 agosto 2011 è in vigore il decreto legge 13 agosto 2011 n. 138, decreto anticrisi Ulteriori disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo,varato dal Consiglio dei Ministri per arrivare al pareggio di bilancio nei prossimi anni. Bene esprime il nodo irrisolto della responsabilità della politica ovvero quello di una politica responsabile, che sappia affrontare temi strutturali ed avviarli a possibili soluzioni.
La classe politica vuole continuare ad ignorare che non c'è interesse da parte del sistema bancario all'estinzione del debito pubblico, se l'ulteriore indebitamento, dovuto agli interessi, è fonte per loro di facile guadagno, che tra l'altro non viene praticamente tassato grazie alle regole contabili di comodo create dal sistema bancario.
Eppure una semplice modificazione di queste regole contabili, una tassazione intorno al 7% del "signoraggio" (un profitto enorme dato in nome della delega ad emettere denaro!) consentirebbe alla società civile di raggiungere un equilibrio economico, che conferirebbe a sua volta a tutti i cittadini un certo grado di tranquillità e di benessere, in quanto porterebbe sufficienti risorse alla finanza pubblica ed anche il rilancio dell'economia e degli investimenti (a discapito dei perversi giochi finanziari), evitando i tagli delle spese sociali ed i prelievi (diretti e indiretti) ai contribuenti.
Eppure l'articolo redazionale "Sovranità monetaria, debito pubblico e crisi economica", pubblicato su Il Giornale del 11 dicembre 2009 così tra l'altro affermava: "Tuttavia queste informazioni non circolano e sembra quasi che si sia formata, senza uno specifico divieto, una specie di congiura del silenzio. È vero che le decisioni dei banchieri hanno per statuto diritto alla segretezza; ma sappiamo bene quale forza pubblicitaria di diffusione la segretezza aggiunga alle notizie. Probabilmente si tratta del timore per le terribili rappresaglie cui sono andati incontro in America quegli eroici politici che hanno tentato di far saltare l'accordo con le banche e di cui si parla come dei «caduti» per la moneta. Abraham Lincoln, John F. Kennedy, Robert Kennedy sono stati uccisi, infatti (questo collegamento causale naturalmente è senza prove) subito dopo aver firmato la legge che autorizzava lo Stato a produrre il dollaro in proprio.".Questo articolo denota tra l'altro come sia difficile provare ad instaurare la sovranità monetaria.
Invece nell'attuale manovra economica non hanno nemmeno approvato il divieto (che vale per adesso solo provvisoriamente!) delle "vendite allo scoperto" (che consentono agli speculatori di partecipare al gioco di Borsa senza nemmeno essere in possesso di ciò che vendono!), né hanno previsto una tassa sulle "transazioni" in Borsa, che colpirebbe i soli speculatori (che possono continuare incontrastati a giocare in Borsa come se giocassero al Monopoli!) e non la stragrande maggioranza dei risparmiatori e degli investitori, che si limitano a poche transazioni in un anno.
E pensare che in Inghilterra nel giugno del 1720 fu emanato il Bubble Act, che proibiva la formazione di società per azioni non legalmente costituite se non tramite autorizzazione della Corona, a conclusione di un periodo di grande confusione per il mercato. Il Bubble Act venne reso più rigido nel 1735 con la proibizione di vendere azioni non liberate e restò in vigore fino al 1824 e cioè per oltre cento anni! Raro esempio di deciso e coraggioso intervento della politica sulla speculazione finanziaria in Borsa. Inoltre in Francia nel 1782 venne fatto un tentativo di liberalizzare il trattamento delle sociétés en commandite (società con alcuni soci taciti), ma il Parlamento di Parigi non volle rinunciare alla sua giurisdizione sulle società e respinse il progetto di legge. Già allo scoppio della bolla speculativa del Mississippi nel 1720, in sostituzione della rue Quincampoix a Parigi vi fu la creazione della Borsa di rue de Vibienne, che rappresentò il mezzo di vigilanza sul mercato delle azioni societarie.
In realtà il denaro soggiace alla regola della somma zero, cioè se ne sono in possesso io, vuol dire che è stato sottratto a qualcun altro (al meglio in modi socialmente accettabili). Che sia stipendio, onorario, fitto od altro, prima di me quello stesso denaro lo possedeva qualcun altro (la collettività in caso di stipendio, il cliente in caso di onorario, l'inquilino in caso di fitto e così via).
Per guadagnare denaro bisogna accettare di sottrarlo ad altri: prima insomma non poteva non essere in possesso di qualcun altro. Anche coloro (come i responsabili delle banche nazionali o taluni dittatori), i quali hanno il potere di far stampare nuovo denaro, lo sottraggono ad altri, in quanto incrementando la quantità di denaro in circolazione ne riducono il valore ed in questo modo lo sottraggono ad altri, ad esempio a coloro che lo hanno guadagnato con lo stipendio, l'onorario, il fitto od altro (del resto anche questo denaro proviene da altri).
Dunque non esisterebbe denaro senza padrone e per entrarne in possesso perciò bisognerebbe sottrarlo ad altri. Questa affermazione disturba non pochi, ma è molto difficile dimostrare che non faccia parte del principio di realtà.
Nella nostra attuale società, sempre meno persone guadagnano sempre più soldi. Mentre gli stipendi dei ceti bassi ristagnano o addirittura si riducono, aumentano in modo pressoché inarrestabile quelli delle classi alte. A causa del processo di concentrazione attraverso le fusioni, il numero di coloro che guadagnano tanto diminuisce, mentre aumenta quello di chi guadagna poco. Questi ultimi producono una quantità sempre maggiore di prodotti, che loro stessi non si possono più permettere.
Dunque chi guadagna tanto possiede il denaro per potersi permettere l'esaudimento dei propri desideri, ma purtroppo non ha tempo! Questa contraddizione diviene lampante nel paradosso per il quale giovani, anziani e disoccupati, che avrebbero il tempo per realizzare i loro desideri, non hanno però il denaro per poterselo permettere! Insomma, le società attuali producono cose in eccesso per persone che non si concedono il tempo per godersele, mentre coloro che hanno tempo non dispongono del denaro necessario!
Mentre in società arcaiche chi costruiva decine di capanne quando ne poteva abitare solo una veniva preso per matto ed accompagnato dallo stregone, invece nelle nostre società chi possiede diecine di palazzi con centinaia di appartamenti senza abitarne e godersene nessuno viene riverito ed invidiato: quale dei due tipi di società ha da essere considerata sana/insana ed evoluta/retrograda?
La ragionevolezza e la razionalità escono sconfitte da tali contraddizioni, evidenziandosi anche che l'emozionalizzazione degli atteggiamenti e dei comportamenti diviene un fattore peculiare della "civilizzazione" e del relativo rapporto con il denaro.
Strettamente legato alla speculazione è il sistema degli interessi e degli interessi composti. Inventato originariamente come mezzo di scambio, il denaro ha sviluppato nel frattempo un'incredibile vita propria: ha la più grande ed efficace lobby del mondo, di cui è la merce più ambita. Supera tutti i limiti, anche quelli posti originariamente dalle religioni. Infatti la richiesta di interessi veniva severamente sanzionata da tutte le religioni, alcuna delle quali hanno anche sollecitato a non prendere mai più di ciò che si può dare e soprattutto a prendere solo ciò che serve per vivere, escludendo a priori l'accumulo di ricchezza, la speculazione e gli interessi.
Le limitazioni delle religioni non hanno impedito che il denaro sviluppasse nel tempo ed ovunque una dinamica propria ed un fascino tale da trasformarlo in obiettivo essenziale, invece che servire come mezzo di scambio. Ciò però determina una svalutazione del denaro, in quanto se tutti vogliono averne sempre di più, i prezzi saliranno e si verificherà il fenomeno dell'inflazione, che mantiene in circolazione il denaro, ma solo se gli interessi permettono di evitarne o almeno limitarne la svalutazione. Compensare la svalutazione è quindi il principale e peculiare obiettivo degli interessi: presto il denaro solo se posso essere sicuro che mantenga il suo valore e compensi l'inflazione ed anzi richiedo di più della semplice compensazione dell'inflazione e cioè un guadagno.
È in questo passaggio che si sviluppa il tumore della speculazione: fattori preminentemente psicoemozionali, quali avidità, pretese, ambizioni ed altri ne sono il terreno di coltura, mentre i fatti concreti della produttività, dell'indebitamento, del prodotto interno lordo fungono da mero contesto. L'affannarsi degli economisti sull'individuazione dei fattori oggettivi che determinerebbero le crisi corre il rischio di coprire il fatto che sono i fattori soggettivi che giocano un ruolo predominante.
La situazione potrebbe cambiare solo se il denaro recuperasse la sua funzione originaria di mezzo di scambio e si accettasse di ridefinire il sistema degli interessi e degli interessi composti, che a lungo termine rende impossibile il pagamento se non determinando periodicamente vari crolli che fanno perdere interi patrimoni a cittadini e nazione.
In conclusione, si pone il dilemma: il singolo e la collettività devono necessariamente affidare il proprio denaro al sistema degli interessi per guadagnare o esistono delle valide alternative?