Processo Credito Fiorentino, Denis Verdini condannato a nove anni
Giustizia & Impunità
Per l’accusa il parlamentare era il dominus della banca (che usava come “un bancomat”) e di tutte le attività le attività editoriali organizzate per ottenere contributi pubblici e nei confronti degli “amici di affari”. Tutte accuse che i difensori del senatore, gli avvocati Franco Coppi e Ester Molinaro, hanno poi respinto con forza nelle loro arringhe. In particolare, spiegò Coppi, “i pm hanno travisato la sua personalità” definendolo “assetato di potere e di denaro. Una rappresentazione che non corrisponde a quello che Verdini già era in quegli anni, ossia un politico di spicco e un uomo senza problemi di denaro”. Assoluzione piena, “perché il fatto non sussiste”, era stata chiesta anche dai difensori di Parisi e degli altri imputati, compresi quelli degli imprenditori Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei.
L’indagine, pm: “Finanziamenti senza garanzie”
Denis Verdini era stato rinviato a giudizio per associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, appropriazione indebita, truffa ai danni dello Stato il 15 luglio del 2014. Secondo l’accusa finanziamenti e crediti milionari sarebbero stati concessi senza “garanzie”, sulla base di contratti preliminari di compravendite ritenute fittizie. Soldi che, per la Procura di Firenze venivano dati a “persone ritenute vicine” a Verdini stesso sulla base di “documentazione carente e in assenza di adeguata istruttoria”. In totale, secondo la magistratura il volume d’affari, ricostruito dai carabinieri dei Ros di Firenze, sarebbe stato pari a “un importo di circa 100 milioni di euro” di finanziamenti deliberati dal cda del Credito i cui membri, secondo la notifica della chiusura indagini “partecipavano all’associazione svolgendo il loro ruolo di consiglieri quali meri esecutori delle determinazioni del Verdini”. In sintesi secondo l’accusa, Verdini decideva a chi dare, e quanto, mentre gli altri si limitavano a ratificare “senza sollevare alcuna obiezione”. A dare il via all’indagine indagine, la relazione dei commissari di Bankitalia che in 1.500 pagine, allegati compresi, avevano riassunto lo stato di salute della banca di Verdini. E le anomalie riscontrate. Altro capitolo quello dei fondi per l’editoria, che secondo la Procura di Firenze, avrebbe percepito illegittimamente per la pubblicazione di “Il Giornale della Toscana”.