giovedì 6 giugno 2013
Il debito italiano è ODIOSO
“Addio al debito”, intervista a Salvatore Tamburro
Pubblicato da Cooper Theory in Copertina, Economia & Caste on 6 giugno 2013
“Addio al debito”: così si chiama l’ultimo libro di Salvatore Tamburro (nella foto, a destra). Laureato in Economia, saggista, consulente fiscale e finanziario, Tamburro porta avanti – e non è l’unico – una tesi forte: “qualora si dimostrasse che un debito pubblico non sia generato per realizzare il benessere della collettività, bensì solo per interessi privati, ciò fornirebbe un requisito sufficiente a chiederne l’annullamento parziale o totale”.
Il nostro Paese ha un debito pubblico notevolissimo, cresciuto enormemente anche negli ultimi tempi: come si è potuti arrivare a certe cifre? Chi detiene il credito? Come incidono il Mes e il Fiscal Compact? L’euro è utile o no? Cos’è il “debito detestabile”? Di questo e altri temi economico-finanziari abbiamo parlato – in esclusiva – direttamente con l’autore del libro.
L’Italia ha un debito pubblico di oltre 2mila miliardi: come si è potuto arrivare a una cifra così alta? C’è chi sostiene che sia frutto del clientelismo becero della Prima e della Seconda Repubblica, chi afferma che è colpa di una politica al servizio delle banche e poi ci sono altri punti di vista ancora. Qual è la tua posizione?
Lo storia del debito pubblico italiano parte dall’unificazione del Regno d’Italia, nel 1861, periodo in cui si costituisce il “gran libro del debito pubblico”. Le cose sono andate via via peggiorando dal 1981, data che segnò il divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia, diretti allora rispettivamente da Andreatta e Ciampi: da quella data fu eliminato l’obbligo per la Banca d’Italia di acquistare i titoli del debito pubblico non collocati, lasciando gli italiani maggiormente alla mercé degli speculatori finanziari. Il debito pubblico è formato sostanzialmente dagli interessi sui titoli di stato che ogni anno l’Italia paga al sistema bancario; parliamo di circa 80-100 miliardi di euro all’anno, cifra che sarebbe sicuramente più utile destinare all’abbassamento della pressione fiscale, per ammortizzatori sociali, per finanziare la spesa pubblica, anziché inviarli nelle casse del sistema bancario . Nella tua domanda è possibile trovare la risposta: senza dubbio la classe politica è al tempo stesso collusa e colpevole di aver sottostato al diktat del regime bancario, poiché invece di applicare la sovranità monetaria si è piegata al gioco truffaldino delle banche che creano denaro dal nulla e ce lo prestano, applicando degli interessi.
Chi detiene il debito pubblico italiano?
Il debito pubblico è detenuto da chi compra i titoli di stato. Esiste uno speciale elenco, visibile anche sul sito del Dipartimento del Tesoro, chiamato “Elenco degli Specialisti in titoli di stato”, ossia quelle banche italiane e straniere, indicate anche come market maker (primary dealers), che possono acquistare i titoli sul mercato primario per poi rivenderli sul mercato secondario.
Molti dei politici e degli economisti che vanno in tv o scrivono sui giornali affermano che senza l’euro la situazione debitoria italiana sarebbe ancora più grave: immaginiamo tu non sia d’accordo…
Io ritengo che l’euro sia uno dei progetti economici più fallimentari della storia; fin dall’inizio si sapeva che era destinato a fallire ed i risultati dimostrano ciò che sto affermando. L’euro ha generato un divario socio-economico tra paesi del nord Europa ed i cosiddetti “PIGS”, tra cui l’Italia. In Italia siamo in una fase di piena recessione economica, disoccupazione al 12%, consumi bloccati e debito pubblico in continuo aumento. Le politiche di austerity, tanto care agli europeisti, basate su tagli della spesa pubblica ed aumento della pressione fiscale, hanno dimostrato quanto siano nefaste per le economie nazionali. Andrebbe invece fatto il contrario dell’austerity, applicare cioè una politica monetaria espansiva, in cui ci sia liquidità per finanziare costantemente la produzione di beni e servizi pubblici, in modo da stimolare i consumi e riavviare l’economia.
Il Fiscal Compact e il Mes che impatto hanno o avranno sul nostro debito pubblico?
Attraverso il Fiscal Compact sono stati capaci di rendere incostituzionale un grande economista come Keynes. Il Pareggio di Bilancio è una pura follia da perseguire, così come l’obbligo per tutti i paesi di non superare la soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% e perseguire il raggiungimento del rapporto del 60% sul Debito/Pil nell’arco di un ventennio. Ricette economiche che irrigidiscono l’economia fino a portarla al punto di non ritorno se non si interviene immediatamente cambiando rotta. L’economia di un Paese deve perseguire il benessere de suoi cittadini e non può sottostare a rigide regole, peraltro senza fondamento macroeconomico, sociale e politico. Anche il MES, cosiddetto“Fondo Salva-Stati” è una pura idiozia partorita dalla mente di questi burocrati europeisti: quale persona sana di mente andrebbe a versare dei soldi in un salvadanaio per poi, all’occorrenza, riprenderli pagandoci su degli interessi passivi? L’Italia ha aderito al MES con l’obbligo di versare una quota di 125miliardi di euro; qualora ne avesse bisogno attingerà da questo fondo pagando lauti interessi e sottostando alle rigide regole della troika (Ue-BCE-FMI).
In genere questa domanda si fa all’inizio, noi la mettiamo alla fine: perché il titolo del tuo saggio è “Addio al debito”?
Il mio ultimo saggio si intitola “Addio al debito” perché sembra esistere un rimedio al pagamento del debito pubblico che, nella giurisprudenza internazionale, viene definito col nome di “debito detestabile”. Il concetto di “debito detestabile”, chiamato anche “debito odioso”, nasce all’interno di una dottrina giuridica (derivante dal giurista russo Alexander Sacks), secondo la quale il pagamento del debito pubblico da parte della collettività e del governo in carica può essere ritenuto ingiusto se le motivazioni addotte hanno un reale fondamento. In particolare, qualora si dimostrasse che un debito pubblico non sia generato per realizzare il benessere della collettività, bensì solo per interessi privati, ciò fornirebbe un requisito sufficiente a chiederne l’annullamento parziale o totale. Nel mio saggio sono citati, inoltre, anche diversi casi storici in cui la dottrina del debito detestabile è stata già applicata con successo, come ad esempio a Cuba, Ecuador, Iraq. Data la natura del debito pubblico italiano ritengo che ci siano tutti i requisiti per poter applicare tale dottrina del debito detestabile anche in casa nostra.
Sovranità monetaria e sovranità politica
Sovranità monetaria e sovranità politica
di Antonio Pantano - Federico Dal Cortivo - 05/06/2013
Fonte: Europeanphoenix
di Antonio Pantano - Federico Dal Cortivo - 05/06/2013
Fonte: Europeanphoenix
Italia sempre più alla deriva economica e politica e preda dell’alta finanza bancaria
D: Prof. Pantano dopo il governo cosiddetto “tecnico” di Mr. Monti, ecco ora quello delle larghe intese del giovane Letta, uomo del Gruppo Bilderberg, Commissione Trilaterale, Aspen Institute, Goldman Sachs, citando le più importanti affiliazioni. Un curriculum che ne fa una garanzia per i poteri sovranazionali che stanno letteralmente distruggendo quel poco di sovranità economica che ci era rimasta. Che ne pensa al riguardo?
“Governo tecnico” il montiano? Sedicenti tecnici, ma tutti rigorosamente generati dal sistema delle “cupole” partitiche. Sopratutto chi è nel “organico statale”. E, come nella quasi totalità, chi è organico alle banche, che gestiscono le “cupole” delle fazioni nostrane. Continuità assoluta tra il governo Monti e il successivo con Letta minor. Lo dimostra il “sostegno formale” di parlamentari opposti, a livello “consociativo da Cln”, anche con la presenza dei banchieri (che non si mostrano con nome e cognome). Ma soprattutto nei “fatti”. E continuità col governo Berlusconi, formalmente disarcionato ma “amabilmente costretto” all’avvicendamento dai “poteri forti globalisti”, nei quali è organico chiunque dorma al Quirinale. Tutto secondo la “costituzione vigente”, redatta a suo tempo sotto tutela/dettatura da chi la guerra vinse.
Letta minor, come lo zio, e come Monti, è “in regola” per la carriera “militante” nei club elitari che consorterie oligarchiche di affari hanno deputato a “guidare il mondo”: Bilderberg, Trilateral, Aspen, tutte le esclusiviste logge massoniche di rito americano, che esercitano mediante i gruppi bancari “consolidati”.
La nostra “sovranità economica” è figlia obbligata della seconda guerra mondiale. Da decenni indico la nostra repubblichetta col nome di “Italyland”. Come una modesta regione africana col suffisso “land”, resa “colonia” dal sistema “occidentale” di marca anglo-americana, con l’alta sorveglianza sinergica della più globalista potenza che esista: lo stato vaticano. Organizzazione politica di massimo livello nel dominio mondiale, questa. La “religione” è “fumus” di comodo. Utile per controllare e guidare i fedeli. E non solo la cattolica. Il “trascendente” e lo “spirito” sono dettagli per la sola forma.
Quindi, la “sovranità economica” italiana è stata gestita sempre dalle centrali affaristiche arroccate nella City ed a Wall Street. Ciò fu decretato irreversibilmente a Bretton Woods nel luglio 1944. E colà fu anche stabilita la “implosione” dell’Unione Sovietica a 45 anni. Il termine “implosione” fu rivelato da Gianni Agnelli in un convegno di “maggiorenti banchieri” cui partecipai nel 1994. Ne conservo il testo.
D: Il “potere bancario” in nome del “debito pubblico” può ora finalmente agire liberamente in Italia, ha un governo e un Parlamento più che devoti, meglio definirli servili, può contare sull’appoggio incondizionato della BCE, del FMI, della Banca Mondiale, e per di più paga tasse solo sui bilanci di fine anno che lei definisce falsi. Chi sono gli attori principali e i trattati capestro che ci legano a queste strutture?
Il “debito pubblico” è “falso in bilancio”. Vero e totale. Invenzione di banchieri apolidi: così incassano interessi su “contratti finanziari imposti ai loro vassalli asserviti” che negli ultimi 68 anni esercitarono il potere. Oggi tutto diventa “palese”. Milena Gabanelli, domenica 19 maggio 2013, ne ha fatto accenno in “Report” su Rai-3 tv. Centinaia di Comuni italiani hanno “debiti” per “derivati” verso la Banca Morgan e consociate per almeno 190 miliardi di euro (valore che per ora inizia ad emergere!); e quei debiti “rendono” allo affarista creatore sonori interessi annui! Gli italiani, narcotizzati per decenni, si “accorgono” di avere accollato un debito (dove erano i giornalisti di grido?), che viene corrisposto negli interessi a loro insaputa. Monti dirottò, appena dopo due mesi in incarico, 4,6 miliardi di euro italiani al gruppo Morgan (ove opera suo figlio!). Una parte fu “girata” al gruppo ove era interessato un suo ministro. In silenzio. Era il 3 gennaio, sotto i “botti” di capodanno! La stampa nostrana tacque. In parlamento solo 5 deputati “interrogarono”, ma il governo mai rispose. E continuò a far versare denaro vero all’estero, al di sopra di ogni frontiera formale. Magistratura e Guardia di finanza “usi obbedir tacendo”. Così come NON si comportano con chi tentasse di varcare la frontiera con più di 10.000 euro in contanti! Ma ogni giorno miliardi di euro lasciano l’Italia in silenzio, per via telematica. Dissanguando l’economia nazionale. Ciò mediante (e per volere di) aziende bancarie e gestori della politica.
Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e “succedaneo” della Banca Centrale Europea sono invenzioni di Bretton Woods. Keynes (la corretta pronuncia in italiano è “Chiins”) fu l’inventore/dominus della lunga catena finanziaria che legò, soprattutto mediante la confraternita degli omosessuali della quale fu epigono, il futuro del mondo. Rammento le pagine, a proposito della omosessualità invadente ed arrembante con la seconda guerra mondiale, di Malaparte, ne “La pelle”! E i fatti si concretarono anche in Vaticano, col Montini.
Così i trattati imposti anche in Europa, col pretesto di creare una “comunità” e poi una “unione” degli stati europei. Ciarpame di formale “marca democratica”, che risponde SOLO a criteri vantaggiosi per i banchieri apolidi “liberisti”.
Oggi, sul globo, vige il più grande impero schiavista mai esistito. Sul quale mai tramonta il sole. Altro che Carlo V!
Gli “attori” hanno nomi e cognomi. Ezra Pound indicò J.P.Morgan (morto a Roma il 31 gennaio 1913! E nessuno spiegò la “verità” su tale accadimento!) come “furfante tale che 100 affaristi ebrei non sarebbero stati alla sua altezza”. Non questione di religione o “razza”! Morgan era protestante. Ma, in realtà, cinico speculatore in ogni campo delle attività umane. E organizzatore di guerre. Oggi, oltre gli immarcescibili Rothschild, che gestiscono e controllano nel mondo, sfruttandola, la sparuta pattuglia dei caparbi fedeli di religione ebraica, il clan del controllo della produzione è circoscritto dai “signori farmaceutici”, dai “petrolieri” (arabi e non, oggi anche russi; non va dimenticato che il medico statunitense Hammer, comunista, fu gratificato fin da giovane da Lenin col monopolio del petrolio sovietico, che lo fece divenire miliardario!), dai “gassisti” sopratutto russi, dai “gestori di telematica e telecomunicazioni” (circolo chiuso), dai “produttori di armi”, dai “giganti della alimentazione”, e dai “monopolisti immobiliari”. Tutti armonizzati da 12-15 “signori del denaro”. Finanza ed assicurazioni condizionano l’umanità. Il loro “menù” quotidiano ordisce ogni conflitto bellico.
Si piangono negli USA centinaia di morti ad ogni tornado, ad ogni inclemenza naturale, mentre interi stati di quella unione sono caratterizzati da gigantesca edilizia di “baracche” instabili nelle quali uomini rassegnati devono vegetare, tifando l’Obama del momento, in nome di un unico “dio denaro”, che destina ogni energìa al bellicismo e ad improduttive ma costosissime ricerche spaziali, solo utili (data l’arretratezza sociale) ad accrescere la potenza capitalistica dei monopolisti. L’iconografia religiosa di quella “dottrina” è sintetizzata dalla carta moneta di 1 dollaro.
Trattati “capestro”? Con la scusa del “pacta servanda”, fingendo europeismo e socialità inesistente (il “welfare” è avvilito a vero “malaffare e malessere”), vigono trattati inumani ed aberranti, quali quelli di Maastricht e Lisbona, imposti. Maastricht è cumulo di aberrazioni distruttrici la sovranità nazionale. Ne conseguì il trattato di Lisbona, liberticida. Grazie ad esso fra qualche mese verrà abolita l’Arma dei Carabinieri, riferimento basilare e locale per la sicurezza dei nostri concittadini.
D: Lei individua nella cessione della “sovranità monetaria” la totale perdita di quella politica ed economica dello Stato. Ci illustri come ciò sia avvenuto per quanto riguarda l’Italia e successivamente in cosa consiste la “natura della moneta”, un concetto spesso confuso e alterato volutamente.
La seconda guerra mondiale fu attuata per cancellare il vero concetto di “Stato”, sorto in Italia sulle ceneri del tentativo di “stato liberale” generato dalla “nomenclatura” oligarchica del “vecchio regime settecentesco”: un paternalismo elitario condito con l’acqua santa del cristianesimo e l’incenso delle logge massoniche.
Il nuovo “Stato” moderno e sociale fu intuizione maturata nell’animo di pochi, che Mussolini concretò.
Stato moderno. Popolo e governo in unico spirito. Consenso basato su retta conduzione edificante, alla luce di leggi e codici insuperati. Criterio confuciano. Ma l’Italia soggiaceva alla ipoteca della dinastìa sabauda, legata ancor prima della unità territoriale al mercantilismo britannico ed alle sue logge massoniche rituali, che la imposero.
Distrutto lo “Stato” col risultato della seconda guerra mondiale (in Germania ed in quasi tutta l’Europa si tentò di imitare lo “spirito nuovo italiano” nel corso degli anni ‘30), da noi i vincitori imposero la troika consociativa del vecchio massonismo co-aggiogata al vaticanismo (la democristianerìa è sinonimo di malaffare) ed alla “nuova ingenua ondata marxista” collegata all’esperimento sovietico, questo creato in chiave utopica e sperimentale, da finanzieri apolidi in vena “socialistica”. Un “regime burletta”, l’attuale, nel quale fu difficile annullare subito le conquiste sociali apportate in pochi anni dal Fascismo.
La odierna “carta costituzionale” italiana è carente, traballante, illusoria, contraddittoria, monca e zoppa (anche se “obbligata” dalle conquiste sociali del Fascismo!); manca di basi morali e cardinali.
Eppure l’Italia generò la più insuperata “Carta del Carnaro” nel 1920!
D: Il SIMEC, ovvero la moneta alternativa ideata dal Prof. Auriti, un modo diverso per creare e far circolazione la moneta. Oggi è la BCE che decide la quantità di banconote da stampare nella zona di circolazione dell’euro, ma poi sono in maggioranza le varie banche centrali a stampare fisicamente il denaro, dopodiché gli euro vengono prestati ai relativi governi. Ci parli di questa moneta sulla quale è calata una coltre di silenzio.
Il “simec” creato dal Maestro ed amico Giacinto Auriti fu atto provocatorio e dimostrativo. “Simbolo econometrico”, analogo alla moneta. Surroga alla moneta, in assenza dello Stato, già allora in avanzata putrefazione. Simbolo monetario imperniato, localmente, per dimezzare costi generali e profitti scaturenti dalla circolazione monetaria ufficiale. Banca d’Italia s.p.a. fece sequestrare quel simbolo con l’invìo a Guardiagrele, ove si attuò, di 150 militi armati della guardia di finanza. Ridicolaggine da terrorismo non solo psicologico, tipico di chi prevarica piratescamente e sa di essere in difetto.
Poi un pretore ammise la liceità del Simec.
Il pezzo di carta “euro”, oggi circolante in chiave monopolistica, non ha “copertura” di sorta; è senza garanzia. E’ un mero “titolo” graduato, analogo al biglietto del treno. Imposto agli europei, per legge creata da oligarchi, ad insaputa del popolo. Vale solo per convenzione, ma non ha valore intrinseco. Carta di bassa lega. Falsificarlo comporta appena il reato proprio, conseguente ad una legge – imposta, come ho spiegato - che lo “tutela”, e che commina sanzione sproporzionata. Falsare la carta moneta “euro” non danneggia lo Stato ed il pubblico erario, e nemmeno l’azienda bancaria che lo stampa e lo pone in circolazione. Ha la stessa qualità di un volantino pubblicitario. Ma ha peggiore ruolo ammonitore: è monito di un debito inestinguibile. La BCE emittente lo pone in circolazione, “prestandolo” ai cittadini mediante lo Stato (cioè: i “furbacchioni” suoi gestori), che viene così ad essere indebitato. Ma in pratica concreta l’atto truffaldino dell’amministratore di un condominio che si appropria della titolarietà dei condomini. Truffa!
Per la mera “qualità” di concessionaria alla emissione monetaria, la banca centrale europea (consorzio di varie banche nominalmente nazionali ma di proprietà di banchieri privati) si appropria direttamente di tutte le attività produttive europee che sono costrette a transazioni nella moneta imposta. Ed anche gli Stati – destinatari dei tributi e tasse raccolti – sono “obbligati” ad ossequiare e corrispondere tutta la sovranità monetaria alla banca (azienda privata) che ha sede a Francoforte. Azienda sovra nazionale: esentasse.
D: Questo sistema usurocratico che sta distruggendo la ricchezza dell’Italia non è un dogma, il fine ultimo a cui deve tendere l’umanità, se diamo uno sguardo al passato per quanto l’Italia ci fu l’esempio concreto della Repubblica Sociale Italiana dove l’allora Ministro delle Finanze Domenico Pellegrini Giampietro operò in moda da porre sotto il controllo dello Stato la Banca d’Italia e di fatto la moneta, oggi privata. In che modo nonostante una guerra in corso fu possibile questo?
Usurocrazia! Neologismo coniato da Ezra Pound da almeno 80 anni. Il Poeta Pound non aveva “studiato” dottrine economiche nelle scuole classiche e tradizionali, ma, con le “antenne del profeta e del Poeta”, approdò alla vera natura della moneta, individuando gli scaltri monopolisti della gestione ed emissione. Azione che si protrae da secoli. Codificata nel 1694, nel sistema “occidentale”. Per neghittosità e rinuncia degli Stati.
Domenico Pellegrini Giampietro, pur se docente universitario, ebbe due esperienze di governo. Sottosegretario alle Finanze nell’ultimo governo “reale” di Mussolini, fino al 25 luglio 1943. Ministro delle Finanze nel primo governo repubblicano italiano, ultimo diretto da Mussolini, che fu anche Capo dello Stato. Stretto dalle necessità, gestì entrate per 54 miliardi ed uscite per circa 350 miliardi, anche a causa dell’impegno verso il Reich germanico contratto dal governo Badoglio appena insediato (tra il 27 luglio ed il 3 agosto 1943). Pagamento ogni mese di 3,5 miliardi per l’apporto militare di tre divisioni germaniche operanti sul suolo italiano; che Badoglio effettuò già dall’agosto 1943. A metà settembre 1943 (dopo l’inganno del fatale giorno 8) divennero 18 le divisioni germaniche combattenti sulla penisola italiana contro l’invasore Alleato. Il 29 settembre si insediò il nuovo governo della Repubblica d’Italia che, con proprietà, si proclamò Sociale. Cresciuto l’impegno, i germanici pretesero 7 miliardi mensili da ottobre 1943, poi 10 miliardi mensili per il 1944, e 12 per il 1945.
Pellegrini Giampietro commissariò la banca d’Italia (totalmente trasferita al Nord, nei territori ancora non invasi dagli Alleati), che aveva forzieri stracolmi di liquidità in ragione della gestione della tesoreria statale, oltre enorme riserva aurea (questa promessa da Badoglio alla Germania, in cambio della sicurezza personale sua e dei Savoja), della quale il 18% di pertinenza della Svizzera, per impegni di 10 anni prima. (Sulla storia successiva della riserva aurea c’è da rabbrividire! Se ne appropriarono gli Alleati il 5 maggio 1945! E i fumosi “studi” recenti di Bankitalia confermano!)
Come naturalmente avrebbe fatto ogni buon padre di famiglia, ed ogni governante SERIO, Pellegrini asservì allo Stato la società per azioni Banca d’Italia (che era di proprietà di istituti ed enti statali e pubblici), ed utilizzò i suoi giganteschi depositi monetari appena necessario. Il 28 aprile 1945, alla invasione e sopraffazione Alleata del territorio della Repubblica Sociale Italiana, Pellegrini lasciò agli invasori attivo di bilancio per 20,9 miliardi di lire, come certificò anche il 25 agosto 1945 la commissione del senato USA presieduta dal senatore Winkersham, in “ispezione” in tutta l’Europa, commentando che solo nella Italia repubblicana (al sud era “in sonno” il sedicente “regno” mantenuto dagli Alleati occupanti) aveva trovato floridezza bancaria diffusa, malgrado le distruzioni della guerra. Ne ho pubblicato da anni; e nel 2009 posi questi dati nel volume (oggi alla seconda edizione) “Ezra Pound e la Repubblica Sociale Italiana”.
Ora, dopo aver celebrato il 10 settembre 2011 nel municipio di Brienza ove nacque, sto preparando un copioso testo su Domenico Pellegrini Giampietro.
D: Prof. Pantano dove vede oggi nel mondo le aree di maggior resistenza al sistema bancario usurocratico e in che modo si manifestano?
Imperversano molti casi di fuoruscita dal sistema usurocratico universale. Cito a caso: Islanda. Ungheria. Argentina. Qui i Kirchner, marito prima, vedova Cristina poi, hanno demolito la sudditanza al Fondo monetario mondiale. Si tratta di avere “senso di responsabilità” ed amor di Patria. Cosa che in Europa non è possibile, e tantomeno in Italia, vera colonia degli USA anche militarmente (con 113 basi extra territoriali), in forza dello sciagurato e vessatorio “patto atlantico NATO”, che obbliga i militari italiani a servire i narcotrafficanti in Afganistan, i petrolieri in Irak, gli affaristi in balcania (antica follia di Wilson dal 1920), e la falsa funzione di “peace-keeping” in Libano e altrove, che è mero e vero stato di guerra, in barba al dettato (assai aleatorio e formale) della vigente costituzione italiana, che finge di ripudiarla.
La manifestazione del potere usurocratico è quotidiana. I notiziari radio e tivù vertono sugli affari e gli andamenti di borsa. Giornalisti allocchi e prezzolati istupidiscono gli ascoltatori con “guadagni e ribassi” che non riguardano il popolo, ma toccano solo gli speculatori. Vige ora l’assillo dello “spread” tra i rendimenti sui titoli di stato (btp, cct, bot). tedeschi e gli italiani, anni di tormento, mai proposto prima quanto la differenza era sul 20%!
Pound sentenziò: “i sifilitici della borsa”. Le inconcepibili scommesse di avidi patiti di un gioco perverso non devono condizionare la vita dell’umanità!
Se all’ippodromo vince un cavallo o nei campi di calcio emerge una squadra, nulla viene in tasca al pensionato, allo studente, al lavoratore, al malato, allo scienziato, al cittadino normale! Patologìa mentale! Non economia e finanza.
L‘economia è prodotto dell’arte di creare, fare, generare, anche sognare, non della frustrazione di chi inganna il prossimo, mediante aleatori pezzi di carta! I bari del gioco delle tre carte DEVONO essere incarcerati in eterno! Invece, nel mondo, sono al potere! Roosevelt fu un emblema, per tale patologìa, ma ebbe precedente in Wilson, fantoccio creato dal banchiere Morgan per far lievitare il neonato partito democratico, mentre finanziava il partito repubblicano, creandone la divisione. E ciò è ritenuto da storiografi imbroglioni la quintessenza della “democrazia”!
D: Uscire dall’euro, da Maastricht, dall’Unione Europea, nazionalizzare le banche ecc. Quali sono a suo avviso le misure che uno Stato italiano, degno di questo nome, dovrebbe prendere immediatamente per porre fine allo sciacallaggio in atto?
L’euro è un “dettaglio”. Imposto da 60 anni di malandrino “lavorìo massonico” anti europeo. Una moneta inconsistente. Ma una “misura convenzionale”, purtroppo vigente da 11 anni. Uscirne o no, è problema di decima linea.
L’Unione Europea, falsità vigente, è la massima camicia di forza impostaci.
Anche il deputato grillino M5S Carlo Sibilia, il 21 maggio scorso, s’è accorto, con denuncia in parlamento (tentato di ostacolo dalla infastidita e biliosa presidente) che i “maggiorenti” dell’unione europea sono fantasmi imposti da estranei e mai eletti dal popolo; ma collegati, con il Bilderberg, a Letta boy, alla Bonino, a Draghi ed a Monti, che della confraternita sono membri.
Nella “democrazia vigente” il popolo è ingannato ogni 5 anni a fingere di approvare i governanti con un tratto di matita, una “croce” che si accolla sulle spalle, per sanzionare le malefatte altrui, che non hanno“obbligo di rendiconto”.
Il “Fascismo dispotico” statuì, nella Repubblica Sociale Italiana, il Manifesto di Verona in 18 punti, nel novembre 1943, ove nel 3° si scrisse: “La Costituente Repubblicana dovrà assicurare al cittadino, al soldato, lavoratore e contribuente, il diritto di controllo e di responsabile critica sugli atti della pubblica amministrazione”.
La vigente carta costituzionale italiana tace, e demanda al sonnolento ufficio della Corte dei Conti l’ipotetico controllo. Burocrazia da basso impero bizantino.
Il nòcciolo è nello “Stato”.
Quello vigente, creato dagli Alleati, non è “stato”. Mai lo fu. Cadavere che si trascina da 68 anni. Finge di esistere il 2 giugno, con i banchetti retorici – riservati ai clan liturgici - nei giardini del Quirinale. Lo sciacallaggio è una delle sue caratteristiche. Come il furto quotidiano perpetrato dai politicanti di mestiere, consociativi a destra, a sinistra e convergenti al centro. Furto mai contrastato e sanzionato dalla magistratura.
Le aziende bancarie (gli imbroglioni le chiamano “istituti”!) sono sovra nazionali. Redigono senza controllo i bilanci, ed evadono il fisco. Mai hanno emesso fatture e scontrini fiscali per gli oneri di spesa da loro incassati in danno del cliente! Se la loro “prima nota” fosse controllabile ogni giorno (e in epoca di telematica, ciò è attuabile in “tempo reale”!), si vedrebbe che trasferiscono moneta (cioè linfa necessaria alla produzione) all’estero in “tempo reale”, da 68 anni, in “paradisi fiscali” o in “terre di conquista” (come la Cina e l’India) per convenienza dei loro gestori.
Il “popolo” ignora, narcotizzato, si appaga degli imbonitori, degli intermediari, dei sindacalisti. E chi contesta è additato da “fascista” dalle masse belanti dei gestori delle piazze. Come si è fatto per Ezra Pound, per Giacinto Auriti, e per pochi altri onesti illuminati.
Si ritiene erroneamente che l’attuale “Europa” sia capeggiata dalla Germania. Falso! Tutto è una tragicommedia di affarismo monetario! I “patti di stabilità” sono scene della commedia degli inganni. Un sindaco, pur avendo denaro in tesoreria, NON può nemmeno svolgere l’ordinaria manutenzione! IMBECILLITA’ da paranoici del denaro!
Governare è, oggi, solo “tassare”!
Ieri, 80 anni fa’, in Italia si edificavano città e villaggi, case e scuole per il popolo, si bonificava la terra e si creavano strade, porti e ferrovie, si educavano i giovani e i non istruiti, si portava cultura con i teatri nei più sperduti villaggi, si eseguivano musiche dotte ed edificanti nelle piazze e nei molti luoghi deputati, si creavano asili per l’infanzia e scuole e università, si concertava la produzione agricola ed industriale, ed il commercio era controllato e calmierato nei prezzi.
L’Accademia d’Italia era centro dei massimi intelletti e faro per la Nazione. Arti, cultura, ricerca erano vette del vivere quotidiano.
Oggi gli intelletti capaci sono costretti tutti ad emigrare!
La soluzione è nello “Stato”. Da creare di nuovo, dalle radici.
Poi, le banche. Da far soggiacere alla insuperata legge bancaria del 1936 (R.D.L. 24 settembre 1936-XIV, n. 1858), maturata dalle precedenti impostate tra il 1923 ed il 1927, poi definita nel 1937 e convertita dalla legge del 7 marzo 1938, n. 141. Leggi che il presidente USA Roosevelt fece copiare appena eletto, per riemergere dalla crisi pilotata del 1929 (crisi che non toccò l’Italia governata dal regime fascista!), inviando da noi suoi tecnici, per poi far varare il suo Glass-Steagall Act, che i falsari nostrani (economisti, storiografi, politicanti e gazzettieri) indicano come unico riferimento di salvezza oggi. Quella legge italiana demandò a pochissime (quattro!) banche i rapporti con l’estero e la funzione di banche di “affari”, e a tutte le altre, la funzione di raccolta e custodia del risparmio e di corresponsione di prestiti e mutui. Tutto sotto il controllo della “banca centrale”, a sua volta obbediente e controllata dallo Stato, questo perché vero rappresentante i cittadini (al contrario di ciò che oggi avviene!).
Necessita quindi uno Stato vero, dotato di autorevolezza ed onestà, governato con trasparenza e da uomini moralmente ineccepibili. Come non può essere nel regime attuale italiano, vertente sulla conclamata mafia di potere e sulle bande affaristiche, collegate ad analoghe oltre frontiera.
Uno Stato vero potrà pesare sull’Unione Europea, anche se minata dalle bassezze burocratiche “popolari-socialiste” che la avvelenano dalla nascita. Pesare fino a condizionarne l’indirizzo.
Utopia? Le masse paiono svegliarsi. Oggi si balbetta – con profonda e crassa ignoranza – di “signoraggio”, confondendo il termine con lo strapotere delle banche. Ma gli accadimenti sono in evoluzione. Al di sopra delle ridicole campanilistiche fazioni di destra e sinistra.
Fino a qualche mese fa’ si attendeva l’instaurazione di un qualsiasi governo, a causa della rassegnazione che ormai condiziona gli italiani, condotti alla rovina da chi finge di gestire la cosa pubblica unicamente applicando tasse e balzelli inumani.
Proprio Ezra Pound, nel 1935, nel trattato di filosofìa “Guide to Kulchur” (Guida alla cultura) indicò “Malattia” la “IMBECILLITÀ del sistema di tassazione”! E il fallimento, professionale, didattico, morale di questa genìa di governanti è stato ribadito dal governo Monti e dai suoi componenti, gabbati per tecnici, ma inetti, e dal successore governo attuale, ripartito tra i proverbiali incapaci – ma affaristi – che da generazioni dominano in Italia. O “Italyland”.
ANTONIO PANTANO
Studioso, scrittore, saggista, polemista, critico, nato a Verona nel 1938, pubblicò dal 1952 migliaia di articoli su riviste e giornali, in tutto il mondo, ora dilaganti in internet per diffusione di altri. E’ facondo conferenziere, anche mediante radio e televisione. Legge, interpreta e porge al pubblico gli autori classici, insegnando a professionisti.
Fin da giovane frequentò la gigantesca opera di Ezra Pound (che collaborò con circa 70 scritti a due “giornali ribelli” èditi e diretti da Edoardo Pantano, il padre, tra il 1943 ed il 1945). La studiò e propose con scritti e lavori diffusi in tutto il mondo. Per il centenario della nascita del Grande inventò e promosse molti convegni - su scala nazionale - negli anni Ottanta del XX secolo.
Negli anni Novanta, cooptato, fu col Maestro di diritto Giacinto Auriti (Guardiagrele, 1926 - Roma, 2006) nella docenza di “valori giuridici e monetari” presso la scuola eretica creata e diretta da Auriti nella università statale di Teramo-Atri, ove attuò la prima cattedra al mondo sulle analisi ed il magistero dei criteri economici e monetari di Ezra Pound.
Scrive e vive per scrivere. Ragiona e lotta contro la burocrazìa e l’idiozìa banale dei politicanti.
Coadiuvò l’amico professore Auriti nella presentazione al Senato della Repubblica Italiana del Disegno di legge n. 1282, del 31 gennaio 1995, per la “Sovranità monetaria popolare”, sottoscritto da 18 senatori di opposti partiti.
Spagna: fuori dall'euro e dall'Europa !
www.resistenze.org - popoli resistenti - spagna - 04-06-13 - n. 456
PCPE | pcpe.es
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
30/05/2013
L'Unione europea si mostra ancora una volta come lo strumento della dittatura del capitale. In questa occasione, è stata la Commissione Europea che, con un dettame presentato in forma di semplice ''raccomandazione'', ha emesso indicazioni chiare e specifiche al governo spagnolo, al fine di approfondire la sua politica anti-operaia. Questo è successo a seguito della chiusura del cosiddetto Semestre Europeo, meccanismo mediante il quale le istituzioni dell'Unione Europea sottopongono ad un esaustivo controllo la politica fiscale dei paesi membri sotto la minaccia di una punizione per coloro che non soddisfano le sue linee guida.
L'aumento dell'IVA, la necessità di un ulteriore ritocco alla riforma del lavoro e la riforma del sistema pensionistico pubblico sono espressioni della violenta lotta di classe che dirige il capitale contro la classe operaia e i settori popolari per garantire la propria sopravvivenza ad ogni costo. Non dimentichiamo che a pochi giorni dal parere della Commissione Europea, Business Europe, l'organizzazione padronale, della quale è membro la CEOE, pubblicamente ha formulato una serie di raccomandazioni volte esattamente nello stesso senso.
Già qualche settimana fa il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione nella quale, nonostante la sua retorica di difendere le pensioni pubbliche, si stabilisce che in futuro dovranno essere integrate da assicurazioni private aziendali o individuali. Ma la strategia del capitale va ancora più in là.
Il governo del PP, un altro semplice strumento della dittatura del capitale, sta cambiando la sua strategia per frenare il suo logoramento sostituendo i decreti dello scorso anno con una piccola ma costante serie di tagli e controriforme. Dopo i tagli al sistema pensionistico pubblico annunciato a marzo, si dispone adesso ad avviare una riforma molto più profonda e aggressiva, come si evince analizzando la composizione del "Comitato di Esperti", che deve presentare un rapporto il 31 maggio: 8 dei suoi 12 membri sono o sono stati collegati a banche o a imprese assicurative.
La chiave dell'attacco del capitale contro le pensioni pubbliche è nel concetto di "fattore di sostenibilità", che consiste nello svincolare la revisione delle pensioni all'aumento dei prezzi al consumo (meccanismo attuale) per collegarlo ad altri criteri quali le entrate del sistema o la congiuntura economica, che genereranno perdite economiche per i pensionati. Al capitalismo l'unica cosa che interessa è proprio la sostenibilità come sistema, non la sostenibilità delle famiglie lavoratrici.
Tutto va a indicare che il "Comitato di Esperti" nominato dal governo non solo consiglierà l'applicazione di tale criterio, ma anche la sua immediata entrata in vigore nel gennaio 2014. Ricordiamo che il fattore di sostenibilità già è stato incluso nella riforma delle pensioni adottata nel 2010 dal governo del PSOE (e sostenuta dalle cupole sindacali del CCOO e UGT), salvo che la sua entrata in vigore era prevista al 2027. Ancora una volta si rivela che è il capitale, al di là di chi siede al governo, a comandare.
Un altro criterio che sarà realizzato sarà il calcolo della pensione in termini di aspettativa di vita, con l'obiettivo di ridurre le pensioni attuali. Ci sono anche segnalazioni dell'INSS che propongono di posporre l'età pensionabile oltre i 67 anni e l'aumento degli anni di contribuzione necessari per ottenere il 100% della pensione (da 37 a 40 anni), che aggraverebbe l'incerto futuro della gioventù lavoratrice, già provata da un tasso di disoccupazione del 56,4% e dalla pletora di contratti precari.
Il Partito Comunista dei Popoli di Spagna chiama la classe operaia e i settori popolari a combattere decisamente in difesa dei nostri diritti e contro questa nuova e brutale aggressione che pianifica il capitale: questa volta contro le pensioni, frutto del nostro lavoro.
Allo stesso modo chiamiamo ad abbandonare le vaghe illusioni circa la "democratizzazione" dell'Europa o di una "svolta sociale" dell'Unione Europea, discorso che riflette solo le debolezze ideologiche che ancora si trascinano in molte organizzazioni politiche, sociali e sindacali, incapaci di vedere l'Unione Europea per quello che è: uno strumento al servizio del capitale e dell'imperialismo europeo. L'unica opzione per il futuro per la classe operaia e per il popolo lavoratore è l'uscita dall'Unione Europea e dall'Euro per trovare la propria strada verso il socialismo.
Area Comunicazione del PCPE, 30 maggio 2013
Il governo del capitale pianifica un nuovo taglio alle pensioni obbedendo agli ordini dell'Unione Europea
PCPE | pcpe.es
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
30/05/2013
L'Unione europea si mostra ancora una volta come lo strumento della dittatura del capitale. In questa occasione, è stata la Commissione Europea che, con un dettame presentato in forma di semplice ''raccomandazione'', ha emesso indicazioni chiare e specifiche al governo spagnolo, al fine di approfondire la sua politica anti-operaia. Questo è successo a seguito della chiusura del cosiddetto Semestre Europeo, meccanismo mediante il quale le istituzioni dell'Unione Europea sottopongono ad un esaustivo controllo la politica fiscale dei paesi membri sotto la minaccia di una punizione per coloro che non soddisfano le sue linee guida.
L'aumento dell'IVA, la necessità di un ulteriore ritocco alla riforma del lavoro e la riforma del sistema pensionistico pubblico sono espressioni della violenta lotta di classe che dirige il capitale contro la classe operaia e i settori popolari per garantire la propria sopravvivenza ad ogni costo. Non dimentichiamo che a pochi giorni dal parere della Commissione Europea, Business Europe, l'organizzazione padronale, della quale è membro la CEOE, pubblicamente ha formulato una serie di raccomandazioni volte esattamente nello stesso senso.
Già qualche settimana fa il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione nella quale, nonostante la sua retorica di difendere le pensioni pubbliche, si stabilisce che in futuro dovranno essere integrate da assicurazioni private aziendali o individuali. Ma la strategia del capitale va ancora più in là.
Il governo del PP, un altro semplice strumento della dittatura del capitale, sta cambiando la sua strategia per frenare il suo logoramento sostituendo i decreti dello scorso anno con una piccola ma costante serie di tagli e controriforme. Dopo i tagli al sistema pensionistico pubblico annunciato a marzo, si dispone adesso ad avviare una riforma molto più profonda e aggressiva, come si evince analizzando la composizione del "Comitato di Esperti", che deve presentare un rapporto il 31 maggio: 8 dei suoi 12 membri sono o sono stati collegati a banche o a imprese assicurative.
La chiave dell'attacco del capitale contro le pensioni pubbliche è nel concetto di "fattore di sostenibilità", che consiste nello svincolare la revisione delle pensioni all'aumento dei prezzi al consumo (meccanismo attuale) per collegarlo ad altri criteri quali le entrate del sistema o la congiuntura economica, che genereranno perdite economiche per i pensionati. Al capitalismo l'unica cosa che interessa è proprio la sostenibilità come sistema, non la sostenibilità delle famiglie lavoratrici.
Tutto va a indicare che il "Comitato di Esperti" nominato dal governo non solo consiglierà l'applicazione di tale criterio, ma anche la sua immediata entrata in vigore nel gennaio 2014. Ricordiamo che il fattore di sostenibilità già è stato incluso nella riforma delle pensioni adottata nel 2010 dal governo del PSOE (e sostenuta dalle cupole sindacali del CCOO e UGT), salvo che la sua entrata in vigore era prevista al 2027. Ancora una volta si rivela che è il capitale, al di là di chi siede al governo, a comandare.
Un altro criterio che sarà realizzato sarà il calcolo della pensione in termini di aspettativa di vita, con l'obiettivo di ridurre le pensioni attuali. Ci sono anche segnalazioni dell'INSS che propongono di posporre l'età pensionabile oltre i 67 anni e l'aumento degli anni di contribuzione necessari per ottenere il 100% della pensione (da 37 a 40 anni), che aggraverebbe l'incerto futuro della gioventù lavoratrice, già provata da un tasso di disoccupazione del 56,4% e dalla pletora di contratti precari.
Il Partito Comunista dei Popoli di Spagna chiama la classe operaia e i settori popolari a combattere decisamente in difesa dei nostri diritti e contro questa nuova e brutale aggressione che pianifica il capitale: questa volta contro le pensioni, frutto del nostro lavoro.
Allo stesso modo chiamiamo ad abbandonare le vaghe illusioni circa la "democratizzazione" dell'Europa o di una "svolta sociale" dell'Unione Europea, discorso che riflette solo le debolezze ideologiche che ancora si trascinano in molte organizzazioni politiche, sociali e sindacali, incapaci di vedere l'Unione Europea per quello che è: uno strumento al servizio del capitale e dell'imperialismo europeo. L'unica opzione per il futuro per la classe operaia e per il popolo lavoratore è l'uscita dall'Unione Europea e dall'Euro per trovare la propria strada verso il socialismo.
Area Comunicazione del PCPE, 30 maggio 2013
Portogallo: dibattito sull'uscita dall'euro
www.resistenze.org - pensiero resistente - dibattito teorico - 05-06-13 - n. 456
Il dibattito sull'uscita dall'euro avanza nel Partito Comunista Portoghese
M.O. | solidarite-internationale-pcf.over-blog.net
28/05/2013
Possiamo riformare l'Unione europea, riorientare l'Euro o dobbiamo rompere con il processo di integrazione europea? La questione divide i partiti eredi della tradizione comunista. Il PCP, come altri in Europa, sostiene la rottura.
Il Partito Comunista Portoghese (PCP) da 30 anni critica l'Unione europea dei capitali: dall'adesione del Portogallo alla CEE fino al Trattato di Lisbona. L'integrazione europea, secondo l'analisi del PCP, è stata uno strumento al servizio della borghesia portoghese per rigettare le conquiste sociali e democratiche della rivoluzione di aprile.
Nel corso dell'ultimo Congresso del dicembre 2012, il PCP ha ribadito la sua posizione che l'Unione europea non è riformabile, la crisi nella zona euro è la logica conseguenza dell'unione economica e monetaria e della natura di classe della UE.
Ora, il dibattito si approfondisce e si radicalizza, senza che una decisione sia presa definitivamente: la questione dell'uscita dall'Euro è ormai posta.
Bisogna uscire dall'Euro? Il dibattito è aperto nel PCP!
Il PCP, dopo il trattato di Maastricht, ha sempre mantenuto la sua opposizione al progetto di moneta unica, percependola come uno strumento per completare la distruzione del sistema produttivo portoghese, mettere sotto tutela il paese e sconfiggere i diritti sociali dei lavoratori.
Finora, il partito ha rifiutato di far suo lo slogan "fuori dall'euro". Su iniziativa di alcuni economisti del partito come Agostinho Lopes, il dibattito è aperto.
Prima dell'ultimo Congresso, il Segretario Generale del Partito, Jeronimo de Sousa, aveva riconosciuto che la questione era aperta, ma non ancora bene definita. L'ultimo Congresso ha ribadito la posizione di principio contro la moneta unica, senza chiedere però l'uscita dall'Euro.
In questo contesto il PCP ha organizzato il 19 marzo scorso un grande incontro a Lisbona sul "L'Euro e il debito", con quattro economisti del partito o vicino ad esso, portatori di una linea critica nei confronti della moneta unica.
Cercheremo in futuro di riprodurre questi interventi nella loro interezza, in vista di ciò anticipiamo i contenuti di un ricco dibattito.
"Non credo che ci sia una soluzione in seno all'Euro" (Ferreira do Amaral)
L'economista Joao Ferreira do Amaral, vicino al PCP, ha sottolineato la necessità di uscire dalla moneta unica. Per lui, è necessario recuperare gli strumenti di cui il Paese ha bisogno: in particolare il controllo sul tasso di cambio e la possibilità di battere moneta propria.
Il primo è "uno strumento essenziale per stimolare il settore produttivo di beni esportabili", il secondo per "evitare un fallimento" e "gestire l'uscita dall'euro in modo che sia possibile difendere le famiglie indebitate".
"L'euro: una decisione politica del grande capitale europeo in una Europa classista" (Agostinho Lopes)
L'intervento di Agostinho Lopes, economista e membro del Comitato Centrale del partito, era molto atteso. Lopes aveva rimarcato in occasione dell'ultimo Congresso la necessità di considerare la rottura con l'euro e con l'Unione europea.
Lopes ha ricordato la posizione storica del partito di opposizione alla moneta unica. Egli ha sottolineato che "l'euro è un progetto che non ha fallito i suoi obiettivi".
Al contrario, "è stata una decisione politica, una scelta di grande capitale europeo e delle potenze dominanti in Europa, in un contesto di integrazione capitalista nel quadro del processo di classe che costituisce l'Unione Europea".
In questo senso, Lopes insiste sulla necessità di ripristinare gli strumenti della sovranità economica a fronte dell'"incompatibilità assoluta tra l'euro e l'alternativa patriottica e di sinistra del PCP".
"L'uscita dall'euro: una condizione necessaria ma non sufficiente" (José Lourenço)
L'economista José Lourenço, membro della Commissione economica del PCP ha denunciato nell'euro "uno strumento per lo sfruttamento dei lavoratori e dei popoli e a favore dell’incremento dei profitti per il capitale".
M.O. | solidarite-internationale-pcf.over-blog.net
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
28/05/2013
Possiamo riformare l'Unione europea, riorientare l'Euro o dobbiamo rompere con il processo di integrazione europea? La questione divide i partiti eredi della tradizione comunista. Il PCP, come altri in Europa, sostiene la rottura.
Il Partito Comunista Portoghese (PCP) da 30 anni critica l'Unione europea dei capitali: dall'adesione del Portogallo alla CEE fino al Trattato di Lisbona. L'integrazione europea, secondo l'analisi del PCP, è stata uno strumento al servizio della borghesia portoghese per rigettare le conquiste sociali e democratiche della rivoluzione di aprile.
Nel corso dell'ultimo Congresso del dicembre 2012, il PCP ha ribadito la sua posizione che l'Unione europea non è riformabile, la crisi nella zona euro è la logica conseguenza dell'unione economica e monetaria e della natura di classe della UE.
Ora, il dibattito si approfondisce e si radicalizza, senza che una decisione sia presa definitivamente: la questione dell'uscita dall'Euro è ormai posta.
Bisogna uscire dall'Euro? Il dibattito è aperto nel PCP!
Il PCP, dopo il trattato di Maastricht, ha sempre mantenuto la sua opposizione al progetto di moneta unica, percependola come uno strumento per completare la distruzione del sistema produttivo portoghese, mettere sotto tutela il paese e sconfiggere i diritti sociali dei lavoratori.
Finora, il partito ha rifiutato di far suo lo slogan "fuori dall'euro". Su iniziativa di alcuni economisti del partito come Agostinho Lopes, il dibattito è aperto.
Prima dell'ultimo Congresso, il Segretario Generale del Partito, Jeronimo de Sousa, aveva riconosciuto che la questione era aperta, ma non ancora bene definita. L'ultimo Congresso ha ribadito la posizione di principio contro la moneta unica, senza chiedere però l'uscita dall'Euro.
In questo contesto il PCP ha organizzato il 19 marzo scorso un grande incontro a Lisbona sul "L'Euro e il debito", con quattro economisti del partito o vicino ad esso, portatori di una linea critica nei confronti della moneta unica.
Cercheremo in futuro di riprodurre questi interventi nella loro interezza, in vista di ciò anticipiamo i contenuti di un ricco dibattito.
"Non credo che ci sia una soluzione in seno all'Euro" (Ferreira do Amaral)
L'economista Joao Ferreira do Amaral, vicino al PCP, ha sottolineato la necessità di uscire dalla moneta unica. Per lui, è necessario recuperare gli strumenti di cui il Paese ha bisogno: in particolare il controllo sul tasso di cambio e la possibilità di battere moneta propria.
Il primo è "uno strumento essenziale per stimolare il settore produttivo di beni esportabili", il secondo per "evitare un fallimento" e "gestire l'uscita dall'euro in modo che sia possibile difendere le famiglie indebitate".
"L'euro: una decisione politica del grande capitale europeo in una Europa classista" (Agostinho Lopes)
L'intervento di Agostinho Lopes, economista e membro del Comitato Centrale del partito, era molto atteso. Lopes aveva rimarcato in occasione dell'ultimo Congresso la necessità di considerare la rottura con l'euro e con l'Unione europea.
Lopes ha ricordato la posizione storica del partito di opposizione alla moneta unica. Egli ha sottolineato che "l'euro è un progetto che non ha fallito i suoi obiettivi".
Al contrario, "è stata una decisione politica, una scelta di grande capitale europeo e delle potenze dominanti in Europa, in un contesto di integrazione capitalista nel quadro del processo di classe che costituisce l'Unione Europea".
In questo senso, Lopes insiste sulla necessità di ripristinare gli strumenti della sovranità economica a fronte dell'"incompatibilità assoluta tra l'euro e l'alternativa patriottica e di sinistra del PCP".
"L'uscita dall'euro: una condizione necessaria ma non sufficiente" (José Lourenço)
L'economista José Lourenço, membro della Commissione economica del PCP ha denunciato nell'euro "uno strumento per lo sfruttamento dei lavoratori e dei popoli e a favore dell’incremento dei profitti per il capitale".
Per Lourenço, di fronte a una zona euro che strutturalmente alimenta un'Europa a più velocità, la "uscita dall'euro è una condizione necessaria per la nostra sopravvivenza come paese indipendente, ma non è sufficiente".
L'economista ha sottolineato la necessità di negoziare l'uscita dall'euro per evitare il collasso del paese, dipendente da paesi come la Spagna o la Francia. Questo disimpegno deve essere accompagnato dalla nazionalizzazione del settore bancario.
Per lui, la questione dell'uscita dall'Euro è correlata in modo sostanziale al diritto del popolo portoghese di decidere del proprio destino.
"Una uscita unilaterale è auspicabile" (Octavio Teixeira)
Infine, l'economista del Partito Octavio Teixeira ha scandito la necessità di considerare l'unica possibilità praticabile: l'uscita unilaterale dall'Euro.
La necessità di una svalutazione è importante per risolvere i problemi del Portogallo: sia una svalutazione interna (salari più bassi), quella del piano di austerità, sia svalutazione del tasso di cambio, che suppone il controllo dello strumento monetario.
L'unica soluzione è "l’uscita dall'euro, a qualunque prezzo, che sarà comunque minore di quello che devono pagare i lavoratori portoghesi a causa della politica di svalutazione interna attualmente praticata".
Gli economisti del partito per un'uscita negoziata: Il PCP apre la via
Il dibattito sull'euro è stato avviato ed è stato sostenuto dagli economisti del partito che, unitariamente, hanno sottolineato la necessità di considerare l'uscita dall'Euro, in modo unilaterale (Lopes, Teixeira), o negoziato (Lourenço).
La sintesi del segretario generale, Jeronimo de Sousa, insiste sia sulla rottura inevitabile con l'Unione europea e l'euro come sulla complessità degli aspetti pratici dell'uscita dall'Euro.
De Sousa ha sottolineato l'incompatibilità tra la creazione di una "politica patriottica e di sinistra" e "la continuità con un euro forte e l'Unione economica e monetaria".
Il segretario generale, non ha dubbi che il Partito si stia orientando verso una posizione di rottura con la moneta unica.
Ma la difesa pura e semplice dell'"uscita dall'euro senza l'adozione di politiche di accompagnamento è un po' semplicistico".
Tuttavia, Jeronimo de Sousa ha riservato la sua ultima frecciata al PS e soprattutto al Blocco di sinistra, denunciando come queste formazioni politiche non vedano soluzioni alternative al "mantenimento dell'euro e l'approfondimento del federalismo europeo".
Il dibattito tra i partiti della SE, europeisti ,e i partiti comunisti propensi alla rottura con la UE
Il dibattito interno al PCP, evidenzia uno scambio teorico e pratico di alto livello su un tema centrale per il movimento comunista, più in generale è indicativo del dibattito che scuote il movimento comunista europeo.
Da un lato, i partiti comunisti dei paesi nel vortice della crisi, come Cipro, Portogallo e Irlanda, pongono ormai l'ipotesi di una "uscita dall'euro", in coerenza con la linea storica di opposizione alla moneta unica.
In Grecia, il KKE, sottolineando le illusioni di un puro e semplice ritorno alla moneta nazionale, denuncia la moneta unica e insiste sulla rottura con l'intero processo di integrazione europea.
D'altra parte, i partiti legati alla SE (Partito della Sinistra Europea), finanziati da Bruxelles, si irrigidiscono nel loro sostegno alla moneta unica: è il caso di Syriza, di Die Linke, del Blocco della sinistra o ancora del Fronte di Sinistra in Francia.
Pertanto la contraddizione tra mantenere l'euro e l'attuazione di una "politica di sinistra" è sempre più evidente. Essa è riconosciuta anche dagli economisti vicini ad ATTAC in Spagna o da Oskar Lafontaine in Germania.
Il dibattito, ricco e complesso, sul "disimpegno dall'Euro" prosegue nei partiti comunisti. Qualunque sia la risposta nelle situazioni specifiche di ciascun paese, la linea di rottura tra chi desidera rompere con l'Unione europea e il capitalismo, e di coloro che vogliono migliorarlo, si evidenzia sempre più giorno dopo giorno.
L'economista ha sottolineato la necessità di negoziare l'uscita dall'euro per evitare il collasso del paese, dipendente da paesi come la Spagna o la Francia. Questo disimpegno deve essere accompagnato dalla nazionalizzazione del settore bancario.
Per lui, la questione dell'uscita dall'Euro è correlata in modo sostanziale al diritto del popolo portoghese di decidere del proprio destino.
"Una uscita unilaterale è auspicabile" (Octavio Teixeira)
Infine, l'economista del Partito Octavio Teixeira ha scandito la necessità di considerare l'unica possibilità praticabile: l'uscita unilaterale dall'Euro.
La necessità di una svalutazione è importante per risolvere i problemi del Portogallo: sia una svalutazione interna (salari più bassi), quella del piano di austerità, sia svalutazione del tasso di cambio, che suppone il controllo dello strumento monetario.
L'unica soluzione è "l’uscita dall'euro, a qualunque prezzo, che sarà comunque minore di quello che devono pagare i lavoratori portoghesi a causa della politica di svalutazione interna attualmente praticata".
Gli economisti del partito per un'uscita negoziata: Il PCP apre la via
Il dibattito sull'euro è stato avviato ed è stato sostenuto dagli economisti del partito che, unitariamente, hanno sottolineato la necessità di considerare l'uscita dall'Euro, in modo unilaterale (Lopes, Teixeira), o negoziato (Lourenço).
La sintesi del segretario generale, Jeronimo de Sousa, insiste sia sulla rottura inevitabile con l'Unione europea e l'euro come sulla complessità degli aspetti pratici dell'uscita dall'Euro.
De Sousa ha sottolineato l'incompatibilità tra la creazione di una "politica patriottica e di sinistra" e "la continuità con un euro forte e l'Unione economica e monetaria".
Il segretario generale, non ha dubbi che il Partito si stia orientando verso una posizione di rottura con la moneta unica.
Ma la difesa pura e semplice dell'"uscita dall'euro senza l'adozione di politiche di accompagnamento è un po' semplicistico".
Tuttavia, Jeronimo de Sousa ha riservato la sua ultima frecciata al PS e soprattutto al Blocco di sinistra, denunciando come queste formazioni politiche non vedano soluzioni alternative al "mantenimento dell'euro e l'approfondimento del federalismo europeo".
Il dibattito tra i partiti della SE, europeisti ,e i partiti comunisti propensi alla rottura con la UE
Il dibattito interno al PCP, evidenzia uno scambio teorico e pratico di alto livello su un tema centrale per il movimento comunista, più in generale è indicativo del dibattito che scuote il movimento comunista europeo.
Da un lato, i partiti comunisti dei paesi nel vortice della crisi, come Cipro, Portogallo e Irlanda, pongono ormai l'ipotesi di una "uscita dall'euro", in coerenza con la linea storica di opposizione alla moneta unica.
In Grecia, il KKE, sottolineando le illusioni di un puro e semplice ritorno alla moneta nazionale, denuncia la moneta unica e insiste sulla rottura con l'intero processo di integrazione europea.
D'altra parte, i partiti legati alla SE (Partito della Sinistra Europea), finanziati da Bruxelles, si irrigidiscono nel loro sostegno alla moneta unica: è il caso di Syriza, di Die Linke, del Blocco della sinistra o ancora del Fronte di Sinistra in Francia.
Pertanto la contraddizione tra mantenere l'euro e l'attuazione di una "politica di sinistra" è sempre più evidente. Essa è riconosciuta anche dagli economisti vicini ad ATTAC in Spagna o da Oskar Lafontaine in Germania.
Il dibattito, ricco e complesso, sul "disimpegno dall'Euro" prosegue nei partiti comunisti. Qualunque sia la risposta nelle situazioni specifiche di ciascun paese, la linea di rottura tra chi desidera rompere con l'Unione europea e il capitalismo, e di coloro che vogliono migliorarlo, si evidenzia sempre più giorno dopo giorno.
Unione Europea: il nuovo ricatto all'Italia
www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 03-06-13 - n. 456
Il nuovo diktat dell'Unione Europea
Dario Ortolano * | comunistisinistrapopolare.com
02/06/2013
Formalmente, è stato definito " un vero master plan di riforme e manutenzione dell'economia " ( La Stampa- 29-5-2013 ), noi preferiamo chiamarlo il nuovo diktat dell'Unione Europea, posto a condizione per l'uscita dell'Italia dalla procedura d'infrazione per deficit eccessivo da parte della Commissione UE nei giorni scorsi al Governo Letta.
Archiviato il 2012 col deficit al 2, 9 del PIL, Letta ha, infatti persuaso la Commissione che il fabbisogno resterà sotto il 3%. Ciò non avverrà, secondo quanto concordato, nel 2013, dove i margini sono stati già mangiati dal pagamento del debito commerciale, ma nel 2014, il cui obiettivo è la riduzione del deficit all'1, 8% del PIL, da ottenere con i dichiarati 12/14 miliardi elargiti dall'UE, anche per ridurre il costo dell'immenso debito pubblico dell'Italia, passato dal novembre 2011 ad oggi dal 120% al 132% del PIL.
La condizione per l'elargizione di tale somma da parte dell'UE all'Italia è la attuazione, da parte di questa, di una nuova, vera e propria spending review da realizzarsi attraverso precise linee direttrici di politica economica vincolanti. Flessibilizzazione del mercato del lavoro, revisione delle esenzioni IVA, liberalizzazione dei servizi, in particolare trasporti ed energia, snellimento e semplificazione del quadro amministrativo, sono i titoli di una linea di marcia che è pressoché identica a quella indicata a luglio del 2011 dalla famosa lettera dell'allora Governatore della BCE, Trichet, al Governo Berlusconi, i cui esiti abbiamo avuto il piacere di constatare nell'ultimo anno e mezzo.
Come possano essere compatibili tali direzioni di marcia con le promesse fatte nella recente campagna elettorale di eliminazione di IMU sulla prima casa, di eliminazione dell'aumento dell'IVA che scatterà a luglio di quest'anno, di stanziamento di fondi per gli esodati e via promettendo, è difficile comprendere.
Infatti, in questi giorni, il Ministro dell'economia, Saccomanni ha cominciato con l'affermare, che, alla luce di questa situazione, il 1° luglio l'IVA passerà inesorabilmente dal 21 al 22 per cento, con tutte le conseguenze del caso sui consumi e, quindi, sull'economia, visto che gli esperti hanno calcolato che tale rincaro comporterà un aumento di spesa annua, per una famiglia media, di circa 350 euro.
Per questo, una recente previsione di Confcommercio, ha valutato, per il 2013, una possibile diminuzione del PIL dell'1, 7% e dei consumi del 2, 4%, mentre, nei giorni scorsi, il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, presentando il rapporto 2013 sul coordinamento della Finanza Pubblica, ha calcolato che la crisi in Italia tra il 2009 ed il 2013, in termini di mancata crescita nominale del PIL, abbia avuto un costo superiore ai 230 miliardi di euro.
Ecco perché, noi comunisti affermiamo che dentro la gabbia dell'Unione Europea non c'è spazio per il rilancio dei consumi popolari. Solo l'IMU sulla prima casa vale quattro miliardi di euro l'anno. Servono poi, un miliardo per la cassa-integrazione in deroga, almeno altri due per gli esodati e le spese per gli interventi militari italiani all'estero, mentre, volendo evitare l'aumento dell'IVA, sarebbero da reperire due miliardi per il 2013 ed altri quattro per il 2014. Non c'è niente da fare, dieci miliardi di euro, di qui a fine anno, da reperire con tagli di spese, non ci sono.
Inoltre, la crisi aumenta la disuguaglianza e l'ingiustizia sociale. Secondo i più recenti dati dell'OCSE, l'organizzazione dei paesi industrializzati, fra il 2007 ed il 2010, il reddito disponibile dei 5 milioni di Italiani che costituiscono il 10% più ricco del Paese, si è ridotto dell'1% l'anno, mentre per i 5 milioni di italiani del 10% più povero del Paese, il reddito si è ridotto del 6% l'anno. Questo significa che, nelle famiglie ricche, in quei tre anni, il reddito si è ridotto del 3%, cioè, invece di 5000 euro al mese, 4850. Per i più poveri, invece, il taglio complessivo, nello stesso periodo, ha sfiorato il 20%, portando a 800 euro il reddito di chi, prima, ne percepiva 1000.
* Coordinatore della Direzione CSP-PC
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