domenica 18 dicembre 2011

Governo picchia i cittadini e accarezza le banche


Governo picchia i cittadini e accarezza le banche che evadono

http://www.italiadeivalori.it/felice-belisario/10423-governo-picchia-i-cittadini-e-accarezza-le-banche-che-evadono?ml

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Felice Belisario

Troppo poco, direi nulla contro l’evasione fiscale. Lo abbiamo detto giorni fa. Lo ripetiamo oggi, mentre in Aula si discute una manovra spacciata per equa ma che in realtà è ancora così debole su elusione ed evasione fiscale e picchia duro sui cittadini che hanno già pagato la crisi.
Monti, nel suo discorso di insediamento aveva promesso misure contro i furbetti che evadono il fisco, ma le sue promesse sono rimaste parole al vento. Il governo dei tecnici, infatti, con questa manovra ha indossato i guanti bianchi per accarezzare appena i disonesti e, soprattutto, i grandi evasori, a cominciare dalle banche. Temo di dover confermare la mia idea che si tratta di un governo dei poteri forti, che vive grossi conflitti di interesse.
Facciamo un semplice ragionamento. Attraverso la figura dell’abuso di diritto il fisco ha contestato al gruppo Intesa San Paolo, l’illegittimità di alcune operazioni finanziarie, in quanto finalizzate solo a ridurre le imposte da pagare all’erario. Come è finita? La Banca si è salvata con un pagamento di circa 270 milioni di euro. Briciole in confronto al valore complessivo delle violazioni che sarebbe di 1 miliardo di euro.
Allora mi chiedo e ho chiesto soprattutto con un’interrogazione parlamentare al premier Monti, in qualità di ministro dell’Economia: nella manovra in corso di approvazione ha tenuto conto di quei gruppi, come Intesa San Paolo, che hanno contenziosi rilevanti con il fisco? Quei gruppi che, guarda caso, sono sono presenti, con vari exdirigenti di spicco, nel governo con incarichi di non poco rilievo?
Questo Paese ha bisogno di trasparenza affinchè le istituzioni riconquistino, oltre che la credibilità internazionale, la fiducia degli italiani. Il ministro Passera, ex ad di Intesa San Paolo, il ministro Fornero, ex vicepresidente del Consiglio di sorveglianza, e il viceministro Ciaccia, ex ad e dg della Biis, sempre del gruppo Intesa, dovrebbero sentirsi in dovere di spiegare la natura delle operazioni contestate, quantomeno sospette, visto che la loro ex banca è scesa a patti con il fisco.
Monti, da parte sua, deve dire ai pensionati e alle fasce deboli, a cui chiede sacrifici quali misure intende adottare per recuperare le somme non versate all’erario e come intende agire per prevenire e vigilare su eventuali compotamenti abusivi.
E’ allarmante il dato etico e politico di un governo che deve occuparsi di risanare i conti pubblici, mentre l’ex gruppo bancario di alcuni suoi esponenti è in contenzioso con l’Agenzia delle Entrate per fatti riconducibili alla loro gestione. Sulla questione presenterò anche un esposto alla Banca d’Italia e andrò fino in fondo.
L’Italia dei Valori ha denunciato da tempo l’iniquità di questa manovra e il rischio che il governo potesse operare seguendo interessi di parte. Poiché siano dalla parte dei cittadini, vigileremo affinchè Monti ci smentisca, provvedimento dopo provvedimento, e inizi davvero la lotta all’evasione fiscale e alla corruzione. Di trame e conflitti di interessi ne abbiamo fin sopra i capelli.

Perché siamo in crisi - La verità taciuta


 Servizio andato in onda nel VideoGiornale di TeleToscanaNord del 15-12-2011

L'unione Europea ha una data di scadenza?

"L'unione Europea ha una data di scadenza?"
Un articolo di Adrian Salbuchi.
Traduzione del testo originale a cura di Chiara Lilli.

Una vera e propria riprogettazione dell’intero pianeta ha avuto luogo davanti ai nostri occhi per decenni. Tuttavia, essendo graduale, molti di noi non lo notano o non capiscono cosa stia accadendo.

Proprio come nel caso della proverbiale rana bollita, che gettata nell’acqua bollente saltava fuori riuscendo a sopravvivere, ma moriva se immersa nell’acqua iniziamente tiepida, ma che aumentava la temperatura di un grado ogni 5 minuti…Ció che va sotto il nome di “Nuovo ordine mondiale”, Globalizzazione, o (il mio preferito) “Governo Mondiale” descrive l’obbiettivo a lungo termine di una molto potente Elite di Potere Globale radicata all’interno di ogni paese (specialmente in USA e in Europa) e che possiede, opera e incanala le risorse globali, come il petrolio, le finanze, le risorse naturali, il potere economico e militare, manovrandole dall’interno, con il solo obbiettivo di favorire i propri progetti sovranazionali.

Questo processo cosí complesso, olistico ed ampiamente pianificato, serve a spiegare molta (se non tutta) la violenza incessante, il caos e l’ingiustizia a cui assistiamo, in ambito finanziario, politico ed economico. Ma una buona strategia politica richiede sperimentazione per prove ed errori, costruzione di scenari e giochi di guerra.

Il mio paese natale, l’Argentina, (come d'altronde tutta l’America Latina) é stato ripetutamente utilizzato per compiere questi “esperimenti”, proprio come accadde 10 anni fa, quando il cartello bancario internazionale alleato con l’FMI/Banca Mondiale, il Ministero del Tesoro Americano, le agenzie di rating ed i mass media “autorizzati”, lavorarono assieme affinché avvenisse il crollo del sistema finanziario e monetario argentino, riuscendo allo stesso tempo a salvare le proprie banche operanti nel paese.

La popolazione argentina vide i propri soldi serrati nelle banche, i propri depositi in dollari arbitrariamente convertiti in svalutati pesos a tassi di cambio ingannevoli, mentre i Governi tecnici prendono misure (ancora oggi) irreprensibilmente in linea con gli interessi di banchieri nazionali e internazionali.

Il risultato per l’Argentina? Il PIL diminuito del 40% nel 2002, il 50% della popolazione al di sotto della soglia di povertà (da cui la maggior parte non si è mai recuperata), morte e violenza nelle nostre strade, pignoramenti, fallimenti ed una vera e propria guerra sociale (terminata poco prima di trasformarsi in una guerra civile)…e neanche una banca fallita!

Se volgiamo lo sguardo verso Grecia, Irlanda, Italia, Spagna, Usa, Regno Unito, Portogallo e Islanda, vedremo la stessa scena piú e piú volte.
Ormai é chiaro, non si trata di errori casuali commessi da alcuni governi, ma un di vero e proprio modello, progettato con il fine di controllare nazioni intere, imponendo debiti pubblici non necessari e fraudolenti.

Una delle lezioni chiave che hanno appreso in Argentina é stata come controllare “Noi, la gente” attraverso PsyWar (guerra psicologica) esercitata costantemente dai mass media autorizzati, per fare in modo che la popolazione finisca con l’accettare ogni difficoltá, ogni sofferenza, mentre nel frattempo banchieri e governi colpevoli conservano capitali e potere.

Mi domando, non sará l’Unione Europea, un altro esperimento simile, ma su una piú vasta scala? Un esperimento su come condurre dei paesi, caratterizzati ognuno da un proprio sistema giudiziario, una propria identitá culturale, linguistica, storica e bellica, tutti sotto una stessa camicia di forza di unione burocratica, che poco a poco spazza via ogni sovranitá nazionale?
Una sorta di “Manuale” su come fomentare la sottomissione volontaria dei 27 stati membri dell’UE ad accettare una sola burocrazia giudiziaria, un solo parlamento, un solo presidente non eletto, una sola forza militare, una sola bandiera, una sola moneta…

É possibile considerare le crescenti disavventure dell’Euro come un riflesso del fatto che, dopo piú di mezzo secolo dalla costruzione dell’Europa, vediamo solo adesso, la demolizione pilotata e consapevole dell’UE allo scopo di (ri)costruirla in qualcosa di nuovo?
Forse, “trasformarlo in qualcosa di più vicino al desiderio del loro cuore” come nel XIX secolo sosteneva la Fabian Society inglese, reclamando un graduale governo socialista mondiale, in passato tanto anelato?

Rappresenta l’UE, una tappa intermedia su “La dura strada verso l’ordine mondiale”, suggerita dal membro del Concilio sulle Relazioni Internazionali Richard Gardner, in un influente articolo pubblicato su “Foreign Affairs” nell’Aprile del 1974?

Una tappa durante la quale elementi politici, giudiziari, commerciali, sociali, culturali, mediatici, monetari, militari e molti altri vengono livellati, ridisegnati e rielaborati per servire uno scopo piú grande?

Assisteremo presto alla disgregazione dell’Euro, non come uno sfortunato “incidente”, ma bensì come un mega processo pianificato che (assieme all’iperinflazionato Dollaro americano) lo fará crollare in un collasso pilotato, per poi essere sostituito da una nuova moneta globale emessa e controllata dagli interessi di una Elite di Potere Globale, e da una qualsiasi prossima banca centrale mondiale?

Il Vaticano, da sempre ben informato, sembra pensare lo stesso, visto il suo recente invito a rinnovare le istituzioni globali; un chiaro segnale che indica come i vecchi signori che passeggiano per i corridoi del Vaticano, stiano di nuovo prenotando il loro posto al sole…

Il collasso controllato dell’Euro, (attraverso il suo crollo) e del Dollaro (attraverso l’inflazione), insieme a una adeguatamente architettata versione della Primavera Araba per Europa, Usa ed altri, corroderanno le sovranità nazionali su scala planetaria con l’aiuto di una serie di guerre controllate e sostenute dalla sempre maggiore Guerra Psicologica proveniente dal monopolio dei media occidentali ...

É tutto solo un grande sbaglio, o semplicemente diversi punti di vista sullo stesso Leviatano universale, deciso a imporre un Governo Mondiale su tutti noi?

18/01/2012: Il Popolo è sovrano anche sulla moneta

17/12/2011 :: 11:46:6

Il 18 gennaio convegno di Forza nuova sul 'signoraggio bancario'

http://www.ilquaderno.it/il-18-convegno-forza-nuova-signoraggio-bancario-66798.html

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Biblioteca Provinciale
Biblioteca Provinciale
La Cooperativa Giornalistica “Nuove Notizie” e il movimento politico Forza Nuova-Sannio hanno organizzato il convegno “Il Popolo è sovrano anche sulla moneta: No al signoraggio bancario, No al governo dei banchieri”. L’incontro si terrà il 18 gennaio, alle 17.30 presso la Biblioteca Provinciale di Benevento in corso Garibaldi. Interverranno: Roberto Fiore, segretario nazionale Forza Nuova; Giuseppe Meola, consigliere comunale di maggioranza di Ponte; Fernando Melchiorre; Francesco Pio Meola; Roberto Benigno Mauriello; Andrea Caporaso, segretario provinciale Forza Nuova.
“Il nostro sistema bancario – spiega Andrea Caporaso - è in mano ad un ristretto gruppo di banchieri privati che con la complicità della classe politica è riuscito ad assumere il totale controllo sull’emissione della moneta, diventando di fatto proprietario e gestore di tutto il denaro in circolazione”. 
“Questo colossale inganno – prosegue il segretario provinciale - ha permesso al sistema bancario privato di acquisire il monopolio sulla creazione della moneta, trasformando il popolo da sovrano ad eterno debitore”. 

Governo Monti: un vulnus al concetto di democrazia


Il governo Monti: un vulnus al concetto di democrazia partecipativa

Il governo Monti: un vulnus al concetto di democrazia partecipativa
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Politica
17 dicembre 2011 ore 12:45
Dall’assessore provinciale Antonio Abbate riceviamo e pubblichiamo:
“Questo Governo rappresenta la negazione del principio alla base della democrazia, per cui un esecutivo governa solo se legittimato e scelto dal voto popolare. E in questo caso tale condizione non si è verificata”.
Così ha aperto ieri il suo intervento Francesco Storace a Veroli, presso il Cigno Blu, alla manifestazione politica organizzata da La Destra, sul Signoraggio bancario.
Dopo il saluto di Giuseppe Fratarcangeli, Responsabile cittadino del partito e di Antonio Abbate, Segretario provinciale, il Segretario nazionale ha affrontato, in sequenza appassionata, tutti i temi dell’attualità politica, riscuotendo l’applauso scrosciante di un platea gremitissima, costituita da iscritti e simpatizzanti.
Storace ha più volte ribadito la posizione critica de La Destra su Premier Monti e sulla sua manovra, quale imposizione dei mercati ad un governo che non è stato scelto dal popolo.
“Un esecutivo che non vogliamo – ha tuonato più volte – e che si accanisce in particolar modo sul ceto medio a suon di tasse. Di qui la necessità della presenza di una vera anima di destra sociale in Parlamento, proprio a tutela e garanzia delle fasce più deboli”.
Entrando poi nel tema del convegno, ha continuato: ” per signoraggio delle banche si intende la differenza tra il valore facciale della carta moneta dato dai banchieri e il costo della stampa. Questa differenza costituisce il guadagno a danno del popolo. Bisogna invece ristabilire il principio che la moneta appartiene alla gente, così come appartengono al popolo tutti i valori emessi dalla Banca d’Italia. Noi proponiamo che nei forzieri dell’Istituto nazionale vengano attivati conti di cittadinanza per ciascun italiano e che in quei conti affluisca il valore delle banconote emesse da Bankitalia, in frazioni uguali per tutti i cittadini. Stesso sistema per tutti i crediti della Banca d’Italia. Sarà la fine del male assoluto del nostro paese, il debito pubblico”.
Tantissimi gli interventi dei presenti che hanno raccolto gli stimoli lanciati da Storace e dai quali è emersa evidente la contrarietà al Governo Monti e l’adesione alla manifestazione che La Destra ha programmato per domani a Roma, alle 10,30, in Via Principe Amedeo, presso l’Hotel Universo, per dire “No al Governo dei Banchieri” e per motivare la contrarietà del movimento de La Destra a un esecutivo non votato dal popolo, e a una manovra che colpisce gli italiani soprattutto nel ceto medio e finisce per impoverirli con nuove tasse.

La verità sulla creazione del credito

La più grande caratteristica delle banche: la creazione del credito

Direttori di banca a giudizio per usura


 http://www.saturnonotizie.it/news/leggi/40500/Due-direttori-di-note-filiali-di-banche-aretine-accusati-di-usura.html
SATURNO Notizie
NOTIZIE LOCALI » Cronaca

Due direttori di note filiali di banche aretine accusati di usura
Lo studio legale del nuovo ministro di grazia e giustizia Paola Severino Di Benedetto assiste una banca del territorio in un delicatissimo processo penale davanti al tribunale di Arezzo

Due direttori dell'istituto di credito sono accusati di usura e il gip Andrea Claudiani venerdì scorso li ha rinviati a giudizio. Il 10 gennaio si terrà la prima udienza. A difendere i direttori sono gli avvocati Giuseppe e Luca Fanfani, mentre l'istituto di credito locale, chiamato in causa come responsabile civile, si è affidato al notissimo studio legale di Roma. E doveva essere proprio Paola Severino Di Benedetto a partecipare al processo, ma la nomina a guardasigilli nel governo Monti ha modificato la situazione, con la rinuncia al mandato e l'affidamento dell'incarico ad un altro professionista del medesimo studio: Maurizio Bellacosa. La vicenda oggetto del processo è molto complessa e le accuse tutte da dimostrare. Il caso ruota intorno alle traversie finanziarie di un imprenditore valdarnese. Le indagini coordinate dal pm Roberto Rossi hanno riguardato una serie di operazioni bancarie su conti intestati all'imprenditore in proprio e alla società poi andata in dissesto.Sarebbero emersi dei tassi di interesse ritenuti fuori regola, esorbitanti, tali da configurare l'ipotesi di reato dell'usura. Dei tre direttori che si sono succeduti alla guida della filiale tra la fine degli anni Novanta e il 2006, solo per due si è giunti al rinvio a giudizio in quanto i fatti riconducibili al primo direttore sono caduti in prescrizione. Gli imputati e la banca sono fortemente determinati a dimostrare nel dibattimento l'insussistenza delle accuse. L'imprenditore si è costituito parte civile con gli avvocati Nicoletta De Santis e Sara Buricchi e chiede un risarcimento danni di 2 milioni di euro circa. L'azienda dell'uomo è poi fallita e la curatela adesso partecipa al processo con l'avvocato Luca Berbeglia. Nell'udienza preliminare il pm Marco Dioni aveva chiesto il non luogo a procedere, non ravvisando estremi di reato, ma il gip Claudiani è stato di tutt'altro avviso. A gennaio via al processo e la squadra Severino-Fanfani ventilata per il governo Monti si concretizzerà se non altro in un'aula di giustizia
Luca Serafini
Redazione, 27/11/2011

Comune francese vince causa contro banca RBS


Un comune francese vince la prima battaglia contro la Royal Bank of Scotland sui prestiti tossici

17 dicembre 2011 (MoviSol) - Il 24 novembre la Corte di Prima Istanza di Parigi (TGI) ha negato alla Royal Bank of Scotland l'ordinanza restrittiva che aveva chiesto per costringere il Comune di Saint-Etienne a riprendere il pagamento dei debiti che aveva sospeso. Anche se la Corte avrà bisogno di più tempo prima di deliberare nella causa intentata dal Comune di Saint-Etienne contro la Royal Bank of Scotland (RBS), ha già deliberato che la sospensione dei pagamenti era legittima, perché l'interesse sui prestiti era basato su "strumenti speculativi ad alto rischio".
Il 70% del debito di Saint-Etienne era tossico, ed il Comune ha sporto denuncia anche contro la Dexia Bank e la Deutsche Bank, oltre alla RBS.
Nel 2006 e 2007, Saint-Etienne rifinanziò alcuni dei crediti strutturati che aveva aperto con la Natixis Bank, acquisendo quelli che riteneva crediti strutturati a più basso costo dalla RBS. Tuttavia, questi ultimi erano stati indicizzati a due swaps a "palla di neve" che prendono questo nome dall'effetto cumulativo dei tassi di interesse, che aumentano come una palla di neve al 20, 30 o perfino al 40%. Ecco che cosa è successo ai prestiti concessi a Saint-Etienne. Quindi un grave problema finanziario per il Comune si è trasformato in una catastrofe. La situazione era così grave che il Comune di Saint-Etienne ha sporto denuncia contro la banca ed ha sospeso tutti i pagamenti sul prestito. La RBS, a sua volta, ha sporto denuncia contro il Comune per aver violato il contratto con una procedura sommaria in cui esigeva il pagamento, ma la denuncia è stata respinta, e il giudice ha deliberato che "gli swaps contratti dagli enti locali sono prodotti speculativi ad alto rischio" e la loro "legalità è messa seriamente in forse dalla Corte".
Quanto ad un altro prestito tossico con la Dexia, Saint-Etienne ha deciso di fissare un pagamento degli interessi al 3,9%. Questa decisione unilaterale, adottata con voto unanime al Consiglio Comunale, è naturalmente illegale, ma è stata presa dopo il cocciuto rifiuto della Dexia di rinegoziare il prestito. Stando a fonti vicine al procedimento, la banca franco-belga non è in grado di cambiare i termini del prestito perché è stata successivamente venduta alla JP Morgan ed altri e usata per puntellare altre piramidi finanziarie basate su titoli speculativi, come aveva fatto con i mutui subprime.
La Dexia stessa, il principale creditore alla speciale finestra di credito della Federal Reserve nel 2008 e considerata "troppo grande per fallire", è stata tenuta in piedi pompando denaro da Francia, Belgio e il Lussemburgo. Incidentalmente, gli inquirenti francesi e belgi hanno scoperto che la Dexia detiene almeno 900 miliardi di Euro in derivativi swap su valute!
In questo contesto, è chiaro che la sentenza della Corte di Prima Istanza di Parigi non solo darà il via a dozzine di altre cause simili ma convincerà molti a rivolgersi ad un tribunale, e non solo in Francia. Sottolinea anche l'urgenza di una separazione tra banche commerciali e banche d'affari.

Una nazione saccheggiata


WALTER MENDIZZA, NOTIZIE RADICALI

Una nazione saccheggiata

29-09-2011
Dopo la seconda guerra mondiale il nostro Paese si trovò a decidere tra i due sistemi economici dominanti: il liberalismo di stampo americano e il collettivismo di marchio sovietico. I due grandi schieramenti DC e PCI si accordarono, invece, per la c.d. “terza via”, cioè per lo “stato imprenditore” che avrebbe dovuto incoraggiare l’economia del Paese. Alla base dello stato imprenditore c’era l’IRI (Istituto di Ricostruzione Industriale), fondato nel 1933 per iniziativa dell’allora capo del Governo Benito Mussolini. L’IRI era un istituto creato al fine di evitare il rischio di crollo dell’economia il cui scopo era quello di salvare dal fallimento le nostre principali banche: Credito Italiano, Banca Commerciale e Banco di Roma. Nell’intenzione di Mussolini doveva essere un ente transitorio, ma come molte cose provvisorie nel nostro Paese, finì per diventare permanente: lo Stato assunse le partecipazioni delle banche in crisi finanziandole affinché non fallissero e tali partecipazioni furono poi trasferite all'IRI, che diventò così il maggior imprenditore italiano, proprietaria di oltre il 20% dell'intero capitale azionario nazionale. e di fatto il maggiore imprenditore italiano, il suo campo d’azione era vastissimo e comprendeva: acciaierie, autostrade, telecomunicazioni, settore finanziario settore alimentare, trasporti, con aziende come Ansaldo Ilva, Cantieri Riuniti dell'Adriatico, SIP, SME, Terni, Edison, ecc.
Altri enti importanti erano l’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi), che gestiva le partecipazioni statali nell’industria petrolifera e nella petrolchimica, all’avanguardia nella ricerca, lo sfruttamento e il trasporto degli idrocarburi; l’EFIM (Ente Finanziamento Industria Meccanica) e l’EGAM (Ente Gestione Aziende Minerarie). Al fine di coordinare al meglio lo stato imprenditore, nel 1956 fu istituito il “ministero delle partecipazioni statali”, che si basava sull’idea dell’azienda pubblica come motore di sviluppo economico e strumento di politiche sociali ed occupazionali.
Negli anni ’80 i grandi potentati mondiali decisero che era arrivato il momento di mandare in soffitta la “terza via” italiana. Lo stato imprenditore doveva essere bandito dall’economia lasciando ai “privati” la competizione sui mercati. Ho messo “privati” tra virgolette perché nel prosieguo capiremo meglio di che privati si tratta. Per dare forma a questo piano c’era bisogno di personaggi che si prestassero a quest’opera di demolizione. I primi personaggi che avvallarono questa “privatizzazione” furono Romano Prodi e Carlo De Benedetti. Il primo venne nominato presidente dell’IRI nel 1982, il secondo invece, era (ed è tuttora) il proprietario del gruppo Repubblica/Espresso. En passant, faccio notare che Prodi era anche dirigente della società di consulenze Nomisma, alla quale guarda caso darà incarichi miliardari per portare avanti le privazioni (sic! privatizzazioni) dell’IRI.
La prima cosa che fece fu vendere l’Alfa Romeo alla FIAT. Era una cosa logica e tutti si inchinarono compiaciuti: non aveva senso che lo Stato producesse automobili. Solo che la vendita avvenne a rate per 1.000 miliardi di lire (là dove Ford offriva invece il doppio e in contanti!). Nessuno, allora, si chiese come mai e in base a quale criterio la Nomisma avesse deciso per Fiat. Probabilmente ci sarà stata la solita baggianata di lasciare un marchio prestigioso in mani italiane … un po’ come anni dopo avverrà per gli aiuti alla compagnia di bandiera Alitalia. Un obbrobrio che vide solo i radicali battersi contro tali aiuti di stato.
Nel 1985 Bettino Craxi decise che era giunto il momento di privatizzare la SME che era il comparto agro-alimentare dell’IRI e che presentava da tempo bilanci in deficit e solo nel 1984 raggiunse un bilancio in attivo. Quindi fu incaricato per tale operazione il consiglio di amministrazione dell’IRI. Anche in questo caso, Prodi si accordò con la Buitoni (presieduta da Carlo De Benedetti) svendendo quasi due terzi della SME per soli 393 miliardi nonostante il valore di mercato fosse 8 volte superiore. Anche in questo caso si ripeté lo stesso copione: Prodi non prende in considerazione le offerte maggiori degli altri acquirenti. Probabilmente Craxi su suggerimento del ministro delle partecipazioni statali Clelio Darida, fiutò che qualcosa non andava e non diede l’autorizzazione alla svendita lasciando la SME ancora nell’ambito pubblico, cosicché la combriccola Prodi-De Benedetti, dovette far buon viso a cattivo gioco e non se ne fece più nulla, causa a quanto pare di una offerta anonima superiore del 10% rispetto a quella di De Benedetti.
De Benedetti si sentì discriminato e volle far valere l’accordo firmato con Prodi come se fosse stato un vero e proprio contratto portando l'IRI in tribunale. La sentenza di primo grado, diede torto alla Buitoni e fece erompere alle cronache il celebre Processo SME, che vide imputati Silvio Berlusconi e altri per corruzione di giudici. Berlusconi fu definitivamente assolto dall'accusa di corruzione in atti giudiziari per i 434 mila dollari che da un conto Fininvest finirono al giudice Renato Squillante attraverso Cesare Previti. Per questo capo d'accusa l'assoluzione per non aver commesso il fatto era già arrivata in appello, mentre in primo grado era stato prosciolto per prescrizione grazie alla concessione delle attenuanti generiche. La sentenza di primo grado venne poi confermata sia in appello sia in cassazione. Nel 1988 un nuovo intervento del CIPI (Comitato interministeriale per la Politica Industriale) tornò invece a considerare “strategico” il mantenimento del gruppo. Finalmente la SME fu poi venduta tra il 1993 e il 1996, in piena stagione di “mani pulite”.
Rivedendo questo “film” con gli occhi della storia, viene il sospetto che tutta la stagione di “mani pulite” sia stata organizzata ad hoc per permettere di spartirsi una torta di 50 miliardi di euro. Sia la DC sia il Partito Socialista erano impregnati di statalismo e dunque inseriti nella concezione delle partecipazioni statali, perciò non avevano scrupoli ad offrire prebende ed elargizioni di Stato per comprare il consenso dei cittadini. Questa mentalità non andava bene al neocapitalismo emergente ed ecco che puntuale arriva l’evento che fa saltare il banco: l’arresto di Mario Chiesa il 17 febbraio del 1992. Questo episodio dà l’abbrivio alla stagione di mani pulite, da lì a poco crolleranno DC e PSI, e inizierà la lunga manovra delle privatizzazioni con l’aiuto dei “governi tecnici” (capitanati da pirati predoni come Ciampi, Dini, Amato, Draghi, Andreatta …).
Il 2 giugno 1992, a poco più di tre mesi dall’arresto di Mario Chiesa, sul panfilo “Britannia” della Regina Elisabetta, ci fu un incontro riservato per discutere delle “privatizzazioni” tra top manager italiani e britannici. Erano presenti i presidenti di ENI, INA, AGIP, SNAM, ALENIA e Banco Ambrosiano, l’ex ministro del Tesoro Beniamino Andreatta e al direttore generale del Tesoro “Mario Draghi”. Come abbiamo visto, l’Italia del ’92 non era ancora pronta a privatizzare alcunché, tanto, che l’allora consigliere di Confindustria Mario Baldassarri sentenziò: ”Per privatizzare servono 4 condizioni: una forte volontà politica; un contesto sociale favorevole; un quadro legislativo chiaro; un ufficio centrale del governo che coordini tutto il processo di privatizzazioni. Da noi oggi non se ne verifica nemmeno una”. Tuttavia a dispetto del pensiero di Baldassarri, molti dei nostri manager pubblici, incluso Draghi, erano già proiettati verso il nuovo indirizzo economico, e la loro volontà veniva incontro agli interessi degli “amici” britannici, che avevano fretta per spartirsi una bella torta dal valore di circa 100 mila miliardi di lire, cioè 50 miliardi di euro.
Mani pulite fu dunque la stagione che creò le condizioni per distruggere l’economia con privatizzazioni insensate e a bassissimo costo e soprattutto permise in pochissimo tempo di creare quelle 4 condizioni enunciate da Baldassarri: la volontà politica che a causa Tangentopoli fece arrivare i tecnocrati Ciampi, Dini & Co. Il contesto sociale favorevole grazie all’indignazione contro la classe politica “corrotta”. Il quadro legislativo che cominciò ad essere chiaro dal 1993, con l’ accordo Andreatta/Van Miert (che regolava la ricapitalizzazione del settore siderurgico a patto che lo si privatizzasse) e con il “decreto Amato” che trasformarono l’IRI, l’ENI, l’ENEL e l’INA in società per azioni. E infine la creazione di un ufficio centrale di governo che coordinasse le privatizzazioni: fu istituito il “Comitato Permanente di Consulenza Globale e Garanzia per le Privatizzazioni”, presieduto dal tecnocrate Draghi, fu l’ufficio che coordinò le privatizzazioni.
Nel 1994 ci furono le prime elezioni post Tangentopoli, e al governo ci andò il centrodestra guidato dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. In questo governo c’era Alleanza Nazionale che aveva posizioni fortemente contrarie alle privatizzazioni. Non c’è da sorprendersi se questo governo durò pochi mesi. Bisognava finire il lavoro appena iniziato, perciò ci fu un nuovo governo dove alla presidenza del consiglio venne messo Dini, un “tecnico” favorevole allo spezzatino delle nostre industrie. Dini subito iniziò la prima fase di privatizzazione dell’ENI dismettendo circa il 15% dell’intero pacchetto azionario. Nel 1996, a vincere le elezioni è il centrosinistra guidato da Romano Prodi, che cedette un altro 16% delle quote ENI ed inoltre privatizzò la Dalmine e la Italimpianti appartenenti al gruppo IRI. Nel 1997 Prodi ritorna a “trattare” col suo vecchio amico l’Ingegner Carlo De Benedetti al quale cedette in “regalo” Infostrada (la rete telefonica delle Ferrovie dello Stato) per 750 miliardi di lire da pagare in comode rate. De Benedetti la vendette subito per 14 mila miliardi di lire ai tedeschi di Mannesman”. Sempre quell’anno Prodi mise sul mercato “Telecom”, con le azioni che furono vendute ad un prezzo ancora di regalo dato che appena un anno dopo le stesse azioni varranno sul mercato 5 volte di più.
Dopo la caduta del governo Prodi nell’ottobre 1998, entra in scena un altro post-comunista convertito alla causa liberista delle privatizzazioni: Massimo D’Alema. D’Alema diventa presidente del consiglio e immediatamente privatizza la BNL, con la consulenza della banca d’affari americana JP Morgan. Nel 1999, dopo il “decreto Bersani” che liberalizzava il settore dell’energia, venne privatizzata l’ENEL e sempre quell’anno venne ceduta la società Autostrade alla famiglia Benetton. Siamo arrivati ormai alle ultime fasi di privatizzazione riguardante quel poco che era rimasto dell’ENI. Infine, per ultimo fu regalato il gruppo Sasa (assicurazioni) alla SAI di Ligresti, la cui incapacità di gestione varie volte denunciata ha fatto collezionare al gruppo una quantità sorprendente di multe da parte dell’Isvap.
Sasa Vita in quel momento era leader di una innovazione di mercato dato che aveva introdotto per la prima volta in Italia l’assicurazione Long Term Care; ma al golem mangiasoldi SAI non interessavano nulla gli aspetti assicurativi e mandò tutto a ramengo. Come pescecani che fiutano il sangue, avevano intuito che la Cofiri (la finanziaria dell’IRI, azionista di riferimento di Sasa) aveva una furia maledetta di chiudere con le dismissioni, e come si sa, la furia è cattiva consigliera. Cofiri si fece abbindolare dall’indignazione farlocca dei consumati furbetti che avevano trovato alcune riserve sinistri leggermente sottostimate. La Cofiri non capiva niente di assicurazioni e finì per rimetterci una barca di quattrini a copertura di quelle riserve, a patto di fare in fretta e furia. Tutta quella iniezione di liquidità non servì a nulla se non a rimpinzare gli affamati azionisti di quella che possiamo definire una delle peggiori compagnie del nostro Paese. Infatti attraverso il gioco delle riserve riuscirono a costituirsi un tesoretto che poi fecero emergere sotto forma di utili da dare in pasto ai famelici azionisti.
E’ notizia di questi giorni che il rating di FonSai e Milano Assicurazioni, sono stati rivisti a negativo (BBB-) da parte di Standard&Poor’s. Certamente non occorreva aspettare la S&P, bastava semplicemente seguire il becero atteggiamento villano e incivile di alcuni loro dirigenti incapaci. Con la vendita del gruppo Sasa la fase delle privatizzazioni si chiuse con la dismissione e la liquidazione dell’IRI. Così, in meno di 10 anni, l’intero sistema economico del nostro Paese venne distrutto e grazie al massacro di queste svendite l’Italia si è giocata il 36% del suo PIL.
Che dire? Certo non ero presente alla svendita de nostri colossi Enel, Eni, BNL, SME, ecc. Però ho assistito personalmente alla liquidazione in ribasso del gruppo Sasa, ed è stato deprimente. Una fretta ingiustificata per buttare la compagnia nelle braccia del peggior compratore. Mah! Qualche giorno fa 11 ex dirigenti della Pirelli sono stati rinviati a giudizio con le accuse di omicidio colposo aggravato e lesioni colpose gravi in relazione a 24 casi di operai morti di mesotelioma o che si sono ammalati di forme tumorali per l'esposizione all'amianto. Lo stesso numero di morti, 24, furono quelli del disastro aereo dell’ATR del 12 novembre del 1999, nel Kosovo. L’aereo s’innalzò in volo senza copertura assicurativa. La compagnia di assicurazioni era la Sasa che in quel momento stava convogliando a nozze con SAI. Da notare che qualche mese prima aveva cacciato a malo modo il suo a.d. paracadutando uno pseudo-tecnocrate che doveva svenderla. Un brutto inizio per la c.d. nuova gestione: Sasa aveva l’obbligo di informare l’Enac, ché, se l’avesse fatto, l’Ente per l’aviazione civile non avrebbe mai lasciato che l’aereo decollasse, e così si sarebbero salvate 24 vite umane. Il paracadutato per evitare lo scandalo, diede l’ordine di pagare tutti i famigliari delle vittime nonché il valore dell’aeromobile. Certo, così facendo qualcuno doveva rimanere fregato ma siccome si era nel momento della vendita si decise per la via più facile: buggerare i riassicuratori internazionali. Pessima e sconsolante immagine del nostro Paese. Ci vorrebbe anche qui un giudice per le indagini preliminari come quello che ha appena rinviato a giudizio gli ex dirigenti della Pirelli.