martedì 3 gennaio 2012

VIDEO nocensura.com aderisce a FermiamoLeBanche



il Movimento d'Informazione nocensura.com aderisce al Comitato FermiamoLeBanche

Video: le sei leggi "regala soldi" alle banche

Intercettazione in pizzeria: Equitalia sta per fallire


Intercettazione in pizzeria: Equitalia sta per fallire! Attenti alle cartelle “pazze” che mandano per recuperare soldi.


Intercettazione in pizzeria: Equitalia sta per fallire! Attenti alle cartelle “pazze” che mandano per recuperare soldi.
Queste sono inciuci  che un giornale serio,  magari un pò venduto, non scriverebbe se non dopo averne verificata anche la più lontanissima  attendibilità. Ma siamo NapoSpia e lo spariamo volentieri.

Ristorante XXX , martedì 27 dicembre 2011 ore 23.45. Siamo ad un tavolo poco distante da quello di due coppie sui 50 anni appena uscite dal teatro che commentano lo spettacolo appena visto ad alta voce: Una tortura per chi come me e gli altri due amici che erano con me volevano solo mangiare una pizza in tutta tranquillità! Il gestore del locale, che uno di noi conosce da tempo, si avvicina e con orgoglio ci riferisce che i due tipi che stanno al tavolo con le rispettive mogli, sono due pezzi grossi dell’ Equitalia di Napoli. Devono essere davvero grossi visto che sempre il gestore guarda proprio ne fisso negli occhi e aggiunge: Ma proprio grossi- grossi, capisci a mme!
Penso che si tratti del solito megalomane napoletano che vuole farti intendere che lui conosce gente potente, pronta ad aiutarlo quando è in difficoltà. Ma poi a me che mi frega di quanto siano potenti quei due all’interno di Equitalia? Poi accade ciò che non ti aspetti. Da quanto sia bravo Gigi Finizio (venivano dal Teatro Delle Palme) e che belle sono le sue canzoni, passano ad affrontare l’argomento pacchi bomba che sta terrorizzando proprio la società pubblica (51% Agenzia delle Entrate e 49% Inps) incaricata della riscossione nazionale dei tributi. Poi, sempre a voce alta come se si trovassero nel salotto di casa loro, si lasciano andare parecchio. Forse ignorano che il ristoratore vanesio se  li è gia’ venduti come clienti Vip? Eccovi la breve conversazione tra A & B (quello che sono riuscito a ricordare!) facendo attenzione, molta, alle parti evidenziate in rosso.
A: La gente ha ragione io vivo ormai nel terrore…
B: Non lo dire a me certe volte ho l’impressione che anche il mio macellaio mi guardi in cagnesco come se fossi io quello che decide di distruggere la vita delle persone o delle aziende!
A: Mo’ vedrai che succede se salta fuori la storia delle cartelle pazze che poi pazze non sono perchè noi lo sappiamo che le stanno facendo inviare col proposito per cercare di recuperare soldi prima di dare l’annuncio ufficiale che siamo falliti…
B: Infatti io sinceramente ho avvisato quelli che potevo, parenti e amici strettissimi, di controllare bene e far verifiche oculatissime prima di pagare!
A: Il problema lo teniamo noi che se non ci stiamo attenti questi ci fanno proprio fuori e non mi sento nemmeno di dargli torto! Ma che lo dicessero che stanno fallendo e si decidessero a condonare cio’ che si puo’!
B: Per quanto riguarda noi le spalle ce le abbiamo coperte. Tanto tutto passerà nelle mani dell’Agenzia delle Entrate e noi verremo accorpati da loro. Cioè aspè… Non tutti ma quelli che ricoprono ruoli di livello come il nostro si…

Marcia da Roma contro il "Signoraggio delle banche"


Storace in marcia da Roma contro il "Signoraggio delle banche"

Il prossimo 4 febbraio, il presidente del partito guiderà la manifestazione contro il “Signoraggio delle banche” e sceglie Affaritaliani.it per spiegare le ragioni del corteo che partirà da piazza Esedra per arrivare alla Bocca della Verità: “Riprendiamoci la sovranità monetaria e la Banca d'Italia”... E su Scilipoti e la Tommasi: “È stata un'idea ma la nostra credibilità è diversa”

Martedì, 3 gennaio 2012 - 13:18:31
di Fabio Carosi

La marcia contro le banche parte da Roma. In testa Francesco Storace, leader de La Destra che si gioca la “conta della piazza” per dire no al governo Monti, al signoraggio, alla Merkel.
E Storace sceglie Affaritaliani.it per spiegare le ragioni che, per la prima volta, porteranno il suo partito a uscire dai saloni degli alberghi e a scendere in piazza, sperando nella crisi che attanaglia il paese per costruire consenso e partecipazione: “Dopo quattro anni è la prima volta che scendiamo in piazza – dice – un corteo a Roma che vuole rappresentare l'Italia che a questa manovra non ci sta e a quel pezzo di centrodestra che aveva puntato sullo slogan di Berlusconi: “Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani”. Invece i signori delle banche le nostre tasche le hanno svaligiate. È bene che anche Berlusconi si ricordi di quello che aveva costruito intorno allo slogan e ne prenda atto”.

Oltre gli slogan e la manifestazioni, l'iniziativa del prossimo 4 febbraio a Roma è anche un'anticipazione della futura campagna elettorale. E Storace da politico di lungo corso, apre i giochi per primo andando a cavalcare uno spazio del dissenso caro al centrosinistra: “Ora ci vuole un mandato popolare per la crescita – spiega il presidente del La Destra – perché quando vediamo che un pensionato che non riesce a restituire 50 euro al mese all'Inps che si suicida ci ribolle il sangue”.

E all'affermazione che la stretta economica dell'Italia è frutto di una crisi costruita sul passato, Storace replica: “I problemi ci sono in tutto il mondo ma solo in Italia le banche prendono soldi dalla Bce al tasso dell'1 per cento e si guardano bene dal prestarli ai cittadini e alle imprese. Per questo noi stiamo lavorando contro il signoraggio bancario”.

Stessa identica linea di Scilipoti, ma voi non avete una testimonial come Sara Tommasi?

“Noi abbiamo un altro spessore e un'altra storia ma comunque quella è stata una bella idea per sollevare il problema. La nostra credibilità però si gioca in maniera diversa”.

Andando in piazza sfiderà il divieto del sindaco Alemanno sui cortei?

“Il giorno è stato scelto di proposito, è un sabato e poi il percorso è approvato. Abbiamo tutto in regola, tutto rispettando le leggi”.

E gli slogan?

“Sovranità monetaria al popolo, restituire la Banca d'Italia agli italiani”.

Il suo direttore di banca è d'accordo?

“Sarò sicuramente solidale con noi, perché se gli istituti di credito strangolano le persone non avranno più i soldi dei depositi. Anche lui fa parte del sistema dei cittadini”.

Monti di cadaveri, l'anno dei suicidi


L'anno dei suicidi

Dal blog di Beppe Grillo
Grillo_vs_Serpico.jpg
Il 2012 rischia di diventare l'anno dei suicidi di imprenditori e pensionati. E' appena iniziato e un imprenditore di Catania si è impiccato per paura del fallimento e la prospettiva di dover licenziare i suoi dipendenti. A Bari un pensionato di 74 anni, ex operaio, si è buttato dal balcone dopo una richiesta di pagamento dell'INPS per 5.000 euro rateizzabili, dovuti a una parte della pensione percepita indebitamente per un errore di calcolo. Il pensionato prendeva 700 euro al mese, una pensione sociale di 450 euro più una maturata per il suo lavoro di 250. Temeva di non riuscire a pagare e di perdere la sua casa. In Italia i soldi uccidono chi non li ha.

Euro, la moneta del sovrano occulto...

Lucio Caracciolo:
«È una moneta senza sovrano. Così è destinata a esplodere».


di Giuseppe Matarazzo
Avvenire | 31.12.2011
Ripubblicato da: http://www.italianiliberi.it/


  (MILANO) 
Euro sì, euro no? A questo "dilemma", in tempi non sospetti, Lucio Caracciolo, direttore della rivista italiana di geopolitica «Limes» e docente di Studi strategici alla Luiss, ha risposto chiaramente. Già nel 1997 usciva per Laterza con un libro dal titolo inequivocabile: «Euro no. Non morire per Maastricht». Oggi, a dieci anni dall'ingresso della moneta unica europea, l'Europa è al suo capezzale.

Cosa non ha funzionato?

Il problema dell'euro non è strettamente economico o monetario, ma politico. È una moneta senza sovrano. Oggi di fronte al convergere di una crisi esterna, con la cattiva gestione del «caso Grecia», è emersa la crisi strutturale dell'Unione europea, l'incapacità di capire cosa sta succedendo e come uscirne. Lo scopriremo o attraverso l'esplosione dell'euro o con una presa di coscienza, che porti a determinare un sovrano politico che garantisca questa moneta. Ma credo che la seconda ipotesi sia più difficile della prima.

È più facile che esploda l'euro?


Obiettivamente, sì. Non siamo riusciti in 10 anni ad avere un sovrano europeo, figuriamoci in tre mesi.

Ma sarebbe un disastro...

Sarebbe una crisi non solo monetaria ma anche sociale e politica. Com'è già in tutto e per tutto quella che stiamo vivendo. Ma non sarebbe una catastrofe. Non diamo alla moneta in sé un valore superiore a quello che rappresenta. È sempre un mezzo di pagamento.

Qual è il peccato originale?

L’euro non è nato, né rischia di morire per ragioni economiche. Fu concepito da francesi e italiani per punire la Germania che aveva osato riunificarsi e poteva avere mire espansionistiche. Per questo abbiamo preteso la cessione del marco e dell' egemonia della Bundesbank alla BCE. Il cancelliere Kohl contro la netta maggioranza dei tedeschi accettò il compromesso. Adesso l'insofferenza di Berlino sta venendo fuori.

Basterà il nuovo trattato a sistemare le cose?

Temo di no. Se gli esiti generali della crisi sono incerti, è certo che il prossimo trattato sarà solo un ulteriore passo in questa agonia. Nella migliore delle ipotesi sarà il tentativo di costruire una zona euro ristretta.

Con due euro...

L'idea di un euronucleo è vecchia quanto l'euro. Ma una cosa è farla mentre c'è il bel tempo. Un'altra è immaginare un'arca di Noè che traghetti i superstiti nella tempesta di oggi.

L'Europa si scopre un gigante dai piedi d'argilla?

L'Ue è diventata una struttura autoreferenziale, non animata da regole ma da rapporti di forza. Si sono svuotate le democrazie nazionali senza costruire una democrazia europea. Così di democrazia in Europa n'è rimasta poca.

Che ruolo gioca l'Italia?

Si è ritrovata a essere il perno del sistema monetario ed economico. Se andiamo in bancarotta noi, fallisce l' euro. E tutti, ma proprio tutti, hanno interesse che ciò non succeda. Prima eravamo assenti, ora subiamo un'attenzione straordinaria.

Giustificata?

Direi di sì. È meno giustificato che non utilizziamo questa occasione per rialzare la testa: abbiamo la possibilità, non dico di dettare le condizioni, ma almeno di far valere le nostre ragioni per uscire dalla crisi più forti e non più deboli. Invece cerchiamo solo il compito da mettere in bella.

La bancocrazia totalitaria strangola il credito

Tabella andamento mensile Limmobiliare: un disastro il dato sui mutui di novembre

Si macchia di sangue il Monti-golpe


ECONOMIA

La crisi ti porta al suicidio


Tanti imprenditori e artigiani si tolgono la vita. Perché non riescono più ad andare avanti
E’ il tributo di sangue che l’Italia sta pagando alla crisi: tante morti, tanti suicidi tra imprenditori, artigiani ma anche pensionati che non sanno più come andare avanti. A cavallo di capodanno una serie di casi sono arrivati all’orecchio dell’opinione pubblica. Il Corriere li ricorda:
Ultimo venne l’elettricista Giancarlo da Robecco sul Naviglio. Con i suoi 64 anni e l’incubo di non chiudere i conti tra commesse sparite e bonifici che non arrivavano. E un colpo sparato alla tempia, nel suo furgoncino davanti all’ingresso della ditta individuale «Chiodini» a Gaggiano sulle rive del Naviglio Grande. Non ha lasciato messaggi. Come non lo hanno fatto l’imprenditore Roberto da Catania, il contadino Mariano da Ascoli e il pensionato Roberto da Bari morti nelle stesse ore. Soffocati dall’identico misterioso male che è la depressione, al quale — così ripetono i parenti—s’è sommata l’ansia di non farcela, di non superare un nuovo anno di crisi. Roberto Manganaro, 47 anni, insieme al fratello Giuseppe gestiva il concessionario di moto Honda di viale Vittorio Veneto a Catania. Il giorno di Capodanno ha svuotato le scatole di farmaci che avrebbero dovuto guarire quello «stato depressivo» diagnosticato mesi fa dal medico di famiglia, ha preso una corda e s’è impiccato. Dicono che temesse di dover licenziare alcuni dipendenti. Anche se i conti non erano in rosso, anche se formalmente si trattava solo di trasformare alcuni contratti a tempo pieno in posti di lavoro part-time.
Perché in trent’anni non era mai successo che la concessionaria dei Manganaro lasciasse qualcuno senza lavoro: 
Durante i funerali nella chiesa di San Placido, padre Ignazio ha detto che «Roberto era un apostolo del Signore, che adesso è un imprenditore del cielo vittima di una società mangia-tutto». Mariano, 54 anni, faceva invece l’agricoltore a Montefiore dell’Aso, in provincia di Ascoli Piceno. Neppure lui ha lasciato un biglietto che spiegasse il perché. Ha preso una corda, è entrato nel magazzino dove teneva gli attrezzi per i campi, s’è appeso ad una trave. Non aveva grossi problemi di soldi, non più di quanti ne abbiano molti altri. Ma negli ultimi giorni dell’anno sembrava ossessionato dal futuro. Lo hanno ripetuto i parenti ai carabinieri. «Temeva di non farcela, di non superare le difficoltà del 2012». Anche se quelle difficoltà erano solo immaginate. Una busta, invece, l’ha lasciata il signor Roberto, 74 anni, volato giù dal quarto piano del suo appartamento di via Roberto da Bari, nel capoluogo pugliese. Non un messaggio ma la lettera firmata dall’Inps nella quale, dopo aver ricalcolato i versamenti, l’istituto chiedeva indietro cinquemila euro. Non tutti insieme, cinquanta euro almese. Da scalare dai 450 di pensione sociale e dagli altri 250 accumulati per gli anni passati a lavorare prima in Germania e poi in Olanda. Non era povero il signor Roberto De Tullio, viveva in un palazzo signorile, la famiglia gestisce diversi negozi e non ha mai avuto problemi economici.
Il medico gli aveva prescritto dei tranquillanti perché non riusciva più a dormire, perché da un po’ di settimane pensava solo ai problemi:
L’elettricista Giancarlo, l’imprenditore Roberto, il contadino Mariano e il pensionato Roberto. Nessuno di loro ha saputo spiegare le ragioni, e oggi le loro famiglie non sanno allo stesso modo comprenderne i perché. Erano tutti uomini «buoni e tranquilli», come hanno ripetuto gli amici di Roberto Manganaro usciti dalla chiesa con la bara di legno chiaro portata a braccia. Anche se da qualche settimana «Roberto non parlava, e quando lo faceva non c’erano sorrisi ». Ruggero Razza, segretario provinciale de La Destra, il partito di Francesco Storace, ha parlato di un omicidio dove «mandante è lo Stato», perché la crisi sta «uccidendo psicologicamente » gli imprenditori. Enzo Bianco, senatore del Pd s’è detto «colpito dal gesto disperato» di una persona «conosciuta in città per le sue doti lavorative e per la serietà professionale». Tragedie personali che nei giorni di festa da sempre, nella freddezza delle statistiche, aumentano fino quasi a triplicarsi. Tragedie di fronte alle quali anche l’ultimo gesto sembra essere parte di una scena da interpretare in cerca di una verità. L’elettricista Giancarlo Chiodini aveva due figli che vivono in provincia di Milano. Era separato e da un mese s’era trasferito a Robecco sul Naviglio. I parenti hanno detto ai carabinieri che da più di un anno era depresso, non era più lo stesso. Non aveva dipendenti, era l’unico socio della sua azienda. Non avrebbe portato nessuno nel baratro del fallimento. Ha scelto di andarsene da solo.

Vedi anche: la lista aggiornata dei suicidi su facebook
https://www.facebook.com/pages/Suicidati-in-seguito-alloperato-dei-Politici-Italiani-C-e-di-Monti-C/273595932694975?sk=wall 

Bankenstein: indebitatevi di più !


Big bank: indebitatevi di più e il mondo vi sorriderà
di Miro Renzaglia - 02/01/2012

Fonte: gli altri 

http://prestitiblog.com/files/2011/11/usura.jpg

Cosa ci riserva il 2012 in tema di crisi? La Germania lascerà l’euro oppure la Bce si deciderà ad emettere gli eurobond?  Va quasi da sé che una cosa esclude l’altra. Se l’euro  e l’Europa perdono la locomotiva tedesca, pensare a una mutualizzazione del debito sovrano degli altri paesi membri è pura follia. In realtà, non dovrebbero accadere nessuna delle due cose: perché alla Germania conviene tenersi una moneta sicuramente più debole dell’eventuale nuovo marco, ai fini di cambio sul mercato extra-continentale, e perché secondo Mario Draghi, in una recentissima intervista al Financial Time «non ci possono essere emissioni comuni» (di eurobond, s’intende) essendo impensabile «una garanzia reciproca ed una possibilità di spesa separata». E siccome, il percorso per arrivare a un bilancio unico per tutti i 26 paesi della Ue è quanto meno impervio, l’ipotesi delle euro-obbligazioni non sembra essere esattamente dietro l’angolo.

Eppure, qualcosa deve essere fatto. Anzi, è già stato fatto. Anche se non è esattamente quanto sarebbe auspicabile. Infatti,  qualche settimana fa, la Bce ha gentilmente elargito a 500 banche sparse sul continente qualcosa come 489,2 miliardi di euro al fine di garantire la liquidità per finanziare l’economia reale delle piccole imprese e delle famiglie che, così ci fanno sapere, per l’80% ricorrono ai prestiti degli istituti di credito. Alle banche italiane, sono andati 40,2 miliardi di euro, ovvero più del doppio di quanto la manovra da lacrime e sangue messa in atto dal Governo Monti, fra Imu, accise e Iva, ci farà pagare. Insomma, la Banca centrale europea versa alle banche italiane, al tasso irrisorio dell’1%, una montagna di soldi per finanziare famiglie e imprese  che sono costrette ad indebitarsi, ad un tasso ben superiore all’1%,   per pagare i debiti dello stato.  Bisogna ammetterlo: il meccanismo infernale del debito permanente di tutti, uomini e stati, verso chi stampa i nostri soldi per poi prestarceli ad interesse è geniale. E non consente vie di uscita: più paghi, più sarai costretto a pagare.

Per esempio, la Crédit Suisse, fine analista delle cose finanziarie europee, prevede che nel 2012 i titoli di stato decennali italiani toccheranno il tasso record del 9% e quelli francesi il 5%. L’intero sistema monetario europeo, a quel punto, potrebbe collassare. A meno che… A meno che non siano gli stessi speculatori a fare un passo indietro nel timore che il crollo faccia diventare carta straccia i titoli in loro possesso. Il che varrebbe quanto il bel gesto del torturatore che protraesse l’agonia del condannato per paura di perdere il lavoro.

In questo scenario che chiamare buio è un eufemismo, c’è pure chi ha trovato la radice del male: consumiamo poco. Consumando poco, non incentiviamo la produzione. E se non incentiviamo la produzione, è recessione. Infatti, per il 2012 le più rinomate agenzie di rating prevedono un andazzo di questo tipo per il Pil: Francia +0,5% (dal previsto +0,8%), della Germania +0,8% (da +1%) e dell’Italia +0,1% (da +0,2%). «La recessione che si sta avvicinando all’Europa ha colpito prima Spagna, Portogallo e Grecia e adesso si sta allargando verso i Paesi “core” della zona euro, Francia e Germania» commenta Jean Michel Six, capo-economista di Standard & Poor’s. La domanda, allora, è: come si fa a sostenere la produzione se i soldi destinati al consumo se ne vanno per pagare il fisco e, al contempo, salari e pensioni vengono congelati? Semplice: che glieli ha dati a fare quasi 500 miliardi di euro la Bce alle banche territoriali? Accendete un altro mutuo e il mondo vi sorriderà.

C’è una parola chiave che il vertice di Bce, il privatizzatore di tutto il privatizzato in Italia fra il 1993 e il 2001, Mario Draghi, usa con costanza: “credibilità”. A parer suo è tutto un problema di credibilità. Più sei credibile, più inneschi il meccanismo virtuoso degli investimenti. E come si fa ad essere credibili? Pagando i debiti. Ma se pago i debiti, contraendo nuovi debiti, sono più o meno credibile per gli investitori? Secondo Mario Draghi, lo sei. E con la recessione come la mettiamo? Finanziamo le banche che finanziano te: così puoi consumare di nuovo e di più. Insomma, più ti impoverisci, più ti indebiti e più sei credibile. Più sei credibile e più puoi indebitarti. Sembra quasi la perifrasi del celebre ed esilarante siparietto di Gianni e Pinotto dove, alla domanda: «Who’s on first?» la risposta del nome del giocatore di prima base, «Who» innescava la ripetizione della domanda e della risposta in un equivoco infinito. Solo che, nel nostro caso, non c’è proprio niente da ridere.

Due anni di vacche magre


Dos anos de vacas flacas
di Eugenio Benetazzo - 02/01/2012

Fonte: Eugenio Benetazzo
  
   
Recentemente, prima di Natale, sono stato a visitare e studiare il mercato immobiliare della Spagna, in particolar modo quello della Costa Blanca ed a parte lo scenario desolante e di profonda contrazione economica che ho potuto percepire de visu (ci si perde a contare i cartelli “se vende” o “se alquila”), sono rimasto colpito dalla superficialità delle cronache di commento dei giornali spagnoli anche in coincidenza dell'insediamento del nuovo governo di Mariano Rajoy. Tra le tante esternazioni e frasi fatte che ho avuto modo di leggere e sentire anche alla televisione spagnola, ve ne è stata una che mi ha particolarmente colpito “vienen dos anos de vacas flacas” ovvero ci aspettano due anni di vacche magre.

Sembra più un'affermazione prosaica che una valutazione di fatto macroeconomica.

Mi rendo conto infatti che sempre più persone e interlocutori legati al mondo del lavoro e dell'impresa hanno proiezioni di quello che li aspetta completamente fuorvianti o aberranti. In Italia non ne parliamo: imprenditori ed industriali ancora credono che quello che sta accadendo sia il frutto di un periodo di difficoltà transitoria di alcuni anni, dopo di che si ritornerà ad una normale situazione di crescita e prosperità economica. Niente di più lontano dalla verità. La crisi del debito sovrano è solo la prima fase del periodo di metamorfosi economica che contraddistingue le economie occidentali. Forse il “worst case scenario” lo abbiamo definitivamente schivato a fronte della exit strategy implementata dalla Banca Centrale Europea in questi ultimi mesi ovvero la giapponesizzazione dell' economia europea, con tassi di interesse a livelli pavimentale, debito continuamente consistente ma controllato e crescita modesta, se non irrisoria. Per chi continua ad interrogarsi se il 2012 rappresenta la fine del mondo così come ci è stato trasmesso dalle riletture del famoso calendario Maya, la risposta è più che affermativa. 

Solo che non si tratta della fine del mondo, ma la fine di un mondo, quello economico occidentale. Fenomeni e potenzialità di consumo ormai al limite della saturazione, crescita esponenziale del ricorso al debito per mantenere un determinato tenore di vita, polverizzazione della capacità produttiva delle economie occidentali, invecchiamento costante e progressivo delle loro popolazioni associato a flussi demografici di incremento inesistenti, determinano la fine di un mondo e del suo ruolo di locomotiva planetaria. Ad esempio noi italiani o i cugini spagnoli non torneremo mai più ai fasti ed alle glorie di crescita e traino economico che abbiamo vissuto durante l'inizio degli anni novanta. A fronte di un mondo che finisce, ne abbiamo un altro che ormai sta prendendo il suo posto, mi riferisco ai nuovi players planetari destinati a sostituirsi in tutto a noi occidentali, pensate che l'indebitamento medio di un paese cosiddetto emergente (un tempo) si attesta a meno del 40% sul PIL, contro un 80% di media dell'economia occidentale. 

Purtroppo non possiamo fare niente, solo assistere passivamente a questa trasformazione, al massimo tentare di prenderne parte come comparse sullo sfondo. La Cina ad esempio si sta riprendendo il ruolo di economia predominante nel mondo, ruolo che ha avuto e mantenuto sino al 1900, quando è stata scalzata dall'Inghilterra. Oltre ai superati BRIC, ora dobbiamo aggiungere anche i CIVETS (Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia e Sudafrica), ai quali io mi sento di affiancare anche i nuovi paesi di frontiera di mia individuazione come i CESTUZ (Congo, Etiopia, Sudan, Tanzania, Uganda e Zimbawe), tutte nazioni che stanno implementando politiche di crescita, emersione ed affrancamento sociale delle loro popolazioni al fine diincrementare i livelli di benessere personale. Per un mondo che finisce e si spegne invecchiando lentamente, ne abbiamo un altro che sta emergendo progressivamente con energia e forze vitali destinate a far esplodere tutto il loro potenziale di consumo nei prossimi decenni. Questo è il 2012, la fine del primato economico in Occidente e la nascita di un nuovo equilibrio geoeconomico nel mondo rappresentato dall'emersione di giovani economie di frontiera ed il rafforzarsi nei prossimi anni di quelle un tempo chiamate emergenti.

Il credit crunch ad orologeria


Per le banche, l'investimento più sicuro è in "perdita"
di Maurizio Blondet - 02/01/2012

Fonte: rischiocalcolato 

 
   
Per le banche, l’investimento “più sicuro” è in perdita
Come tutti sanno, le banche europee hanno preso in prestito dalla Banca Centrale Europea . all’1 per cento per tre anni, un 489 miliardi di euro. Di questi, ne hanno depositato 425 miliardi nei loro depositi a brevissimo (overnight) presso la stessa BCE. Ciò, nonostante il tasso d’interesse che ricevono per quei depositi sia dello 0,75%. Ossia dello 0,25% per cento inferiore al costo pagato per prendere a prestito quei fondi.

Con questo loro comportamento, senza volere le banche stanno dicendo qualcosa a noi piccoli risparmiatori e depositanti.



a) Che vale la pena di perdere denaro, piuttosto che investire in titoli di stato al 7 per cento. Che l’investimento “sicuro” oggi non è quello che da’ interessi, ma quello presso il prestatore d’ultima istanza, dove non c’è niente da guadagnare (Come aprire un conto in Svizzera?)

b) Le banche pensano che gli stati falliranno, che le altre banche falliranno, che in ogni caso non sono “sicure”, e che è meglio attendere invece di investire qua e là.

c) Le banche sanno che la disfunzione del mercato interbancario è destinata a durare, che la situazione è orribile, ed è meglio non rischiare nulla. In attesa di che? Della nuova operazione di prestito a 3 anni che la BCE indirà il 29 febbraio. 

Le pensioni che non verranno tagliate


Le pensioni che non verranno tagliate

NON CI POSSO CREDERE 11 DICEMBRE 2011

Fonte: http://nonleggerlo.blogspot.com/2011/12/pensioni-che-resteranno.html