martedì 24 gennaio 2012

L'Ecuador è forse il posto più radicale


L'Ecuador è forse il posto più radicale ed emozionante sulla Terra?


Da NetworkIdeas qualcuno ci ricorda che non esiste solo debito e austerità, che un altro mondo è possibile, che è veramente successo, e non stiamo sognando...

di Jayati Ghosh 

L'Ecuador, in questo momento,  deve essere considerato uno dei luoghi più emozionanti sulla Terra, nel senso che indica un  nuovo paradigma di sviluppo. Mostra quanto può essere realizzato con la volontà politica, anche in tempi di incertezza economica.

Solo 10 anni fa, l'Ecuador era più o meno un caso disperato, una quintessenza di "repubblica delle banane" (in effetti è il più grande esportatore mondiale di banane), caratterizzato da instabilità politica, disuguaglianze, un'economia scarsamente performante, e l'impatto sempre incombente degli Stati Uniti sulla sua politica interna.

Nel 2000, in risposta a un'iperinflazione e a problemi di bilancia dei pagamenti, il governo ha “dollarizzato” l'economia, sostituendo il sucre con la valuta statunitense come moneta a corso legale. Questo ha ridotto l'inflazione, ma non ha fatto nulla per affrontare i fondamentali problemi economici, e ha ulteriormente limitato lo spazio della politica interna.

Un punto di svolta è arrivato con l'elezione a Presidente dell'economista Rafael Correa. Dopo l'entrata in carica nel gennaio 2007, il suo governo ha inaugurato una serie di cambiamenti, sulla base di una nuova Costituzione (la 20ma del paese, approvata nel 2008) approvata da un referendum popolare. Un tratto distintivo dei cambiamenti che si sono verificati da allora è che le politiche più importanti sono state sottoposte a referendum. Ciò ha dato al governo la capacità politica di toccare  interessi forti e potenti lobbies.

L'INFEDELE 23 01 2012 - FORCONI & CORPORAZIONI

lunedì 23 gennaio 2012

Illiceità delle tasse e signoraggio privato

ILLICEITÀ DELLE TASSE
http://pas-fermiamolebanche.blogspot.com/2012/01/illiceita-delle-tasse.html
DOC. n. 190 del 23.1.2012

Sono degli incolpevoli disinformati, o dei delinquenti, gli assertori della bellezza o della necessità delle tasse. Le tasse sono infatti illecite, configurano una serie di gravissimi crimini, sono la rovina della società, e vanno abolite! Al limite si può dire che vanno pagate finché non viene rimosso l’altro crimine che causa perora la loro necessità: il signoraggio bancario. Un crimine, il signoraggio, che questi 20.000/30.000 figuri che, attraverso i media, rappresentano in Italia il regime cercano in tutti i modi di occultare perché hanno terrore del momento – imminente – in cui la collettività scoprirà il gioco. Un crimine che magistratura, politica e media si sforzano di promuovere, nonostante sappiano che non potranno negare di esserne stati al corrente, perché ricevono da anni i miei volantini informativi. Così come non potranno dire gli siano sfuggiti i video in cui Sara Tommasi nuda o Rossy de Palma o Ruby spiegano cosa sia. Gente che sa che le tasse sono un’invenzione del sistema bancario, ma finge di ignorarlo per conservatorismo. Un conservatorismo divenuto oggi una disdicevole e ottusa forma di perseveranza nell’aggrapparsi a un regime, non solo depravato, ma al tracollo. È cioè ormai noto che le banche centrali sono private e per lo più di proprietà delle banche di credito che dovrebbero controllare; e che stampano, da proprietarie, i soldi al costo della carta e dell’inchiostro e poi li ‘vendono’ (è più un sconto, ma in realtà è una mera frode) agli Stati, che glieli pagano con i buoni del tesoro, creando così dal nulla il debito pubblico. Un crimine di straordinaria gravità, visto che non c’è motivo perché gli Stati non stampino da sé i soldi.

Stampa dei soldi da parte degli Stati che non provocherebbe svalutazione perché lo Stato i soldi non te li regala, ma te lidà solo in cambio di beni, ope-re, diritti eccetera, cioè contro-prestazioni con cui chi li rice-ve li ‘copre’, ovvero li ‘invera’, perché ho definito questo fenomeno ‘inveramento’. Con il risultato che non si ha svalutazione perché cresce parallelamente sia il quantitativo di denaro che la ricchezza reale. Inveramento che non c’è quando a produrre i soldi è un falsario (è un falsario chiunque crei i soldi e non sia lo Stato, e quindi anche le banche centrali e non, come la BCE, FED, Unicredit ecc.), perché il falsario i soldi li attribuisce a sé senza prima inverarli/coprirli, facendo così aumentare la quantità di denaro in assenza di alcun aumento della ricchezza reale. Ricchezza reale di cui poi, mettendo in circolazione i soldi mediante lo spenderli, comprerà per di più una percentuale, producendo, oltre alla svalutazione, anche la diminuzione della quota di ricchezza reale dei cittadini.

Un quadro (criminale) nel quale le tasse servono a rastrellare soldi inverati per ‘comprare’ assurdamente i soldi da inverare dalle banche centrali. Tasse che servono però anche a reprimere la società mediante la recriminazione di alcuni come evasori, altri come riciclatori ecc. Tasse che dunque vanno abolite previa nazionalizzazione – attraverso confisca penale – delle banche sia centrali che di credito, perché anche le banche di credito producono, da falsarie, denaro elettronico mediante il ‘moltiplicatore monetario’ (signoraggio secondario: approfondisci dal www.marra.it). È ovvio insomma che nel momento in cui lo Stato non dovrà più ‘comprare’ il denaro presso le banche centrali, o assistere al fatto che le banche commerciali lo creino mediante il moltiplicatore, ma potrà invece Esso stesso crearlo, non avrà più bisogno di tasse. Salvo invero un’unica imposta (potremmo definirla la ‘generale’) da pagarsi – senza compensazioni tra dare e avere – sui consumi di beni o servizi. Un’imposta variabile (tipo 2% sui beni di prima necessità e 20% sui beni di lusso) formulata per porre a carico del fruitore lo sforzo sociale che ogni transazione richiede.

Campagne scellerate quindi, quelle pro-tasse della politica, la quale, incolta com’è, si è fatta inculcare dalle banche e ha inculcato al grosso dell’elettorato l’idea che senza le tasse dei ricchi perderebbe la sua fonte di sostentamento. Banche che, peraltro, evadono da sole tasse per importi multipli di tutte le tasse sia pagate che evase dal resto dell’intera società. Un equivoco culturale a causa del quale i partiti, per difendere le tasse, difendono poi anche le banche, da cui capiscono che le tasse dipendono. Cose che spiegano il singolare legame tra entità come il PD, Napolitano, Bersani, il bilder-beghino Monti e le banche che, attraverso il Bilderberg, lo hanno eletto. Cosa bisogna fare? Nulla! Stanno facendo tutto loro, specie Monti e le banche sue mandanti.

Monti che non è sobrio ma delirante di supponenza frustrata, così come lo stesso potere bancario che, anche a volerne condividere gli illeciti intenti fiscali, sta risolvendo il problema dell’evasione mediante la distruzione dei redditi. Redditi in ogni caso destinati a scomparire perché ribadisco che la ragione della crisi, oltreche nella concorrenza straniera e non, è nell’eccesso e nell’inutilità dei beni prodotti, per cui non si riesce più a vendere, e se si vende non si guadagna. Problemi risolvibili solo nazionalizzando le banche e finanziando quindi, con i soldi che allora lo Stato potrà creare liberamente, una radicale riconversione lanciando opere utili come la ristrutturazione e la bonifica dell’intero mondo, aria e acque comprese, a partire dalle città, la riconversione energetica ecc., garantendo così per decenni tutto il lavo-ro che si vuole sia ai lavoratori che agli imprenditori. Cambiamenti che, non so se anche nelle carte di altri, ma nelle mie sono descritti dal 1985. Cambiamenti per giungere aiquali non bisogna far nulla perché – ad averli decisi sarebbero stati dei meravigliosi eventi – ma ora, con la fine dell’illusione Monti, accadranno comunque e, peraltro, dovendoli subire, saranno dolorosi. Un cambiamento che, come sempre da 2.000 anni, inizierà dall’Italia, paese fondatore delle vere culture, e verrà poi esportato nel mondo. Nuova cultura che da 27 anni, ho la pretesa di aver formulato nei miei libri, dal primo, La storia di Giovanni e Margherita, fino all’ultimo, Il labirinto femminile.

 Alfonso Luigi Marra


La guerra dei bottoni


La guerra dei bottoni
di Beppe Grillo - 22/01/2012

Fonte: Il Blog di Beppe Grillo


La_guerra_dei_bottoni.jpg
Il valore di un titolo pubblico per i creditori è considerato intangibile. Se lo Stato che ha contratto il debito non paga, allora va all'inferno, finisce in default. Il valore di un BOT, in principio, non è però diverso da quello di qualsiasi azione di un'azienda quotata in Borsa. Chi acquista un titolo di Fiat o di ENI sa che può guadagnare o perdere. Non chiede l'intervento del FMI o della BCE. Fa parte del gioco. L'economia di uno Stato si fonda su molte variabili, un PIL che può crescere o diminuire, un disavanzo, o un avanzo, di bilancio, e fattori imponderabili, come disastri naturali o guerre, che lo possono mettere in ginocchio. Chi compra un'azione si assume un rischio, lo stesso dovrebbe valere per chi acquista un BOT. Se Formigoni, per fare un esempio, ha acquistato milioni di euro di titoli greci che oggi valgono il 60% in meno, la responsabilità è sua, non dei greci (ma perchè la Regione Lombardia investe in titoli? La Corte dei Conti sa rispondere?).
Chi compra il debito pubblico si assume il rischio della sua svalutazione. Con questa regola il rischio ricadrebbe in prevalenza sugli acquirenti, in particolare sulle banche che hanno in pancia centinaia di miliardi di euro di debito, a cui cinicamente si potrebbe dire "Nessuno vi ha costretto" o, metaforicamente, "Sono c...i vostri". Questo approccio ridurrebbe l'uso del debito per tenere in piedi le economie malate degli Stati. Le aste pubbliche andrebbero semideserte. E sarebbe un bene per un pianeta che farnetica di una "crescita" senza limiti sostenuta da un debito senza fine. Nel 2012 sono in scadenza nel mondo almeno 11.000 miliardi di titoli pubblici. Chi li comprerà?
Una moglie, stanca di vedere il marito rigirarsi nel letto per un debito con il vicino, apre la finestra e grida "Giovanni, i soldi mio marito non li ha e non li avrà mai!". E quindi al coniuge "Ecco, ora il problema lo ha lui". Nel romanzo francese la "Guerra dei bottoni", due bande di ragazzi si rubano i bottonicome trofeo di guerra. Chi possiede più bottoni è il vincitore. La battaglia finale è vinta dai ragazzi che decidono di combattere nudi. Un debito si può cancellare o ristrutturare, la responsabilità è anche del compratore. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure, Ci vediamo in Parlamento se non fanno una legge elettorale per impedirlo.

sabato 21 gennaio 2012


Dire addio all’euro, la tentazione dei finlandesi alle urne


I finlandesi vanno alle urne per le presidenziali e potrebbero mandare al ballottaggio un candidato anti euro, rendendo così le loro elezioni un referendum sulla moneta unica. Nei sondaggi un terzo dei cittadini ora ha un’opinione negativa dell’euro. Helsinki ha tenuto la tripla A e la sua posizione è determinante anche per il fondo salvastati. Così, proprio quando potrebbe iniziare a contare davvero di più a Bruxelles, la tentazione della Finlandia di mandare a quel paese i greci e tutti noi si fa sempre più forte. Ma qualsiasi cosa decideranno, questo è uno dei paesi col miglior sistema educativo al mondo e dove il 79% degli abitanti usa internet. Insomma non sarà becero populismo.

I finlandesi che domani potrebbero mandare al ballotaggio per le presidenziali un candidato anti euro, Paavo Matti Väyrynen, da opporre al più filo Bruxelles ex ministro delle finanze Sauli Niinistö, celebre nel Paese anche per essere sopravvissuto allo tsuanami del 2004, sono molto stanchi di dare soldi ai greci e più in generale ai Paesi periferici. Lo stesso ministro degli esteri finlandese Erkki Tuomioja ha bollato come "inutile e dannoso" l’accordo sull'unione fiscale europea, suscitando paure di una futura opposizione.  Così la situazione generale trasforma il voto di queste cinque milioni e mezzo di persone in un referendum sulla moneta unica e il futuro della Ue. Niinistö potrebbe vincere anche al primo turno o andare al secondo con altri rivali, mentre i candidati che vogliono lasciare l’euro, (perché assieme a Väyrynen dei centristi c'è anche Timo Soini dei populisti «True Finns») dovrebbero portare a casa circa un quarto dei voti. 
Negli ultimi tempi i segnali finlandesi non sono stati troppo negativi per la moneta unica. Helsinki ha poi spiegato che quella di Tuomioja non è la posizione ufficiale del governo e pochi giorni fa  è trapelata la notizia che eurozona e la Finlandia sono vicini a un accordo sul nuovo sistema di voto per il nuovo fondo salvastati Esm. I leader della zona euro hanno concordato infatti il mese scorso che l'Esm prenderà decisioni urgenti sui prestiti ai paesi in difficoltà con una maggioranza dell'85% dei voti, invece che all'unanimità come concordato inizialmente. Ed Helsinki è l'unica capitale che non potrebbe cambiare, perché questa modifica allo schema dell'Esm richiederebbe il sostegno dei due terzi del Parlamento finlandese, una maggioranza che il governo non ha. Un'intesa eliminerebbe così uno degli ultimi ostacoli per il varo del programma il luglio prossimo e, senza il consenso della Finlandia, per il fondo di salvataggio permanente sono guai. Fra l'altro la Finlandia è una delle poche nazioni sopravissute alla forbice di S&P e la sua tripla A è necessaria perché il fondo possa prendere a prestito denari a tassi più vantaggiosi.  Come ha spiegato al Financial Times il ministrio dell'economia Jyri Jukka Häkämies il Paese è ora in «una posizione più forte per prendere un ruolo di rilievo in Europa». Ed ecco il paradosso: proprio quando i finlandesi potrebbero iniziare a contare davvero di più a Bruxelles, la tentazione di mandare a quel paese i greci e tutti noi si fa sempre più forte. 

Gli osservatori raccontano però che la retorica anti euro dei candidati ha fatto in queste ultime elezioni un grande balzo in avanti, preludio di altre retoriche che sentiremo sempre più anche da noi. Nei sondaggi risulta che ora un terzo dei finlandesi ha un'opinione negativa di Ue ed euro (alla fine del 2009 era un quarto). Per un economia passata da agricola ad industriale come facemmo noi nel dopoguerra, ma anche da industriale ai servizi, come fece il Regno Unito con la Thatcher, e la cui dipendenza dal commercio estero è forte, questa voglia di mandare in pensione la moneta unica pone prima di tutto delle sfide interne visto che anche per loro le previsioni per il 2012 sono fosche con l'Ocse che teme che i consumi interni non riusciranno a continuare a compensare la caduta nell'export. La crisi del 2009 ha avuto per il Paese un impatto quasi pari solo alla caduta dell'Urss con cui confina e con la quale, per l'esigenze del buon commercio, aveva sempre evitato di usare toni critici («finlandizzare» un discorso negli anni '70, quando il presidente finlandese era Urho Kekkonen, durato ben 25 anni, voleva dire evitare di usare toni critici coi comunisti russi).

Insomma da questo primo turno delle elezioni finlandesi (il secondo sarà il 5 febbraio) possono dipendere umori ed effetti a catena che per la sopravvivenza della moneta unica e chissà che il termine "finlandizzare" non siginificherà in futuro "criticare così tanto la moneta unica da affossarla”.

Ma teniamo conto che questo non è un paese da populismo ignorante e zoticone. Qui il 79% degli abitanti usa Internet, la sua stampa è considerata da Freedom House una delle più libere e migliori al mondo, e il suo sistema educativo è per l'Ocse uno dei migliori in assoluto con i risultati dei test Pisa fra i più alti. Certo, siamo in una cultura nordica, dove lo spazio è solo quello dell'interno, dove non si dà esterno, dove una cultura della piazza alla Rabelais è impossibile, dove quindi l'alcol è spesso l'unico modo per uscire, dove il 15% dei ragazzi fra i 15 i 19 senza lavoro o studio si suicida, dove non per caso lì a fianco, in Norvegia, Ibsen ha portato il dramma borghese a nuove vette, ma qualsiasi cosa decideranno sarà il frutto di uno dei sistemi sociali che meglio rende il cittadino capace di decidere. Che poi saremo d'accordo con loro, questa è un'altra storia.  

Narni, convegno sul "Signoraggio bancario"


Narni, convegno sul "Signoraggio bancario" organizzato da La Destra

Politica
http://www.lagoccia.eu/politica/7127-narni-convegno-sul-qsignoraggio-bancarioq-organizzato-da-la-destra.html
Signoraggio Bancario. Questo argomento sarà il tema principale del convegno che si terrà a Narni, domenica 22 gennaio alle ore 18 presso l’Auditorium San Domenico, evento organizzato dalla Segreteria Provinciale di Terni de La Destra, rappresentata da Daniela Cirillo. All’evento saranno presenti numerosi esponenti del partito, a partire dal  Segretario Nazionale, Sen. Francesco Storace,  Gianni Musetti Segretario Nazionale di Gioventù Italiana, l'On.le Roberto Buonasorte Consigliere regionale della Regione Lazio e Responsabile Nazionale dell’organizzazione, Piero Puschiavo, dirigente Nazionale  e l’avvocato Monica Nassisi, Responsabile Nazionale del Settore Nazionale Giustizia de La Destra che affronterà il problema di Equitalia, oltre all'Avv. Maurizio Cecconelli che parlerà di anatocismo. La segreteria provinciale de “La Destra” ha inoltre annunciato che il Segretario Nazionale, Francesco Storace, interverrà anche in merito alle prossime consultazioni elettorali che si svolgeranno nella città di Narni nella prossima primavera, confermando l’appoggio del suo partito alla candidatura a Sindaco dell’attuale capogruppo in consiglio comunale di Narni, Sergio Bruschini. 
In merito alle prossime elezioni, e all’appoggio de La Destra, che come annunciato nei giorni scorsi da Daniela Cirillo, costituirà una propria lista in appoggio al candidato del Popolo della Libertà, ha dichiarato di essere soddisfatta di come si è fino ad ora dialogato con il direttivo comunale del Pdl, che ha rispettato la coalizione che vi è a livello nazionale tra il Pdl e La Destra. “La Destra -aggiunge la Cirillo- ha nel proprio dna la lealtà nei confronti degli alleati   ed è proprio per questo motivo che ho molto apprezzato l'atteggiamento costruttivo, coerente e leale del coordinatore comunale del Pdl Amleto Bussotti, e dei consiglieri comunali Sergio Bruschini e Ilaria Ubaldi”. La Destra, dunque, ha dichiarato guerra aperta a tutte le possibili vessazioni economico-finanziarie a cui è sottoposto, oggi, il cittadino italiano.

Uscita di sicurezza, secondo Tremonti


Un libro in cui l’ex ministro, che però resta nell’Aspen, accusa gli eccessi del liberismo finanziario selvaggio

Le contraddizioni dell’antimercatista Tremonti

di Filippo Ghira, RINASCITA


Estromesso dal governo, l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha partorito il suo ennesimo libro per dire la sua sui tempi bui che stiamo vivendo e su quelli cupi che ci attendono. Libri contenenti affermazioni il più delle volte condivisibili come quello sul “mercatismo suicida” e quello sulla “crisi globale che si avvicina” e nella quale puntualmente siamo sprofondati. In verità per prevedere la crisi attuale non c’era bisogno di essere delle cime o degli esperti. Bastava solo un po’ di buon senso.

Bancocrazia totalitaria padrona della UE


Bancocrazia totalitaria padrona della UE

L’UNIONE EUROPEA COME L’UNIONE SOVIETICA 

  Politica
http://www.imgpress.it/notizia.asp?idnotizia=65969&idsezione=2


(21/01/2012) - In occasione della manifestazione organizzata da Giuliano Ferrara al Teatro Manzoni di Milano il 12 novembre 2011, trovandomi a tu per tu con un noto giornalista corrispondente de La7, purtroppo non ricordo il nome, gli suggerivo di scrivere nel suo probabile servizio giornalistico che l’Unione Europea ormai assomiglia alla bieca Unione Sovietica. E proprio in queste settimane la mia convinzione si è rafforzata, soprattutto dopo aver letto un brillante fondo di Antonio Socci del 15 gennaio scorso sul quotidiano Libero che mi sembra molto utile presentare ampi stralci ai miei lettori. Gli italiani, secondo Socci, da sempre fortemente europeisti, ora dopo la guerra finanziaria nei confronti dell’Italia, hanno perso la fiducia nell’Europa. “Hanno accettato di fare sacrifici per entrare nella moneta unica, hanno accettato perfino di farsi spennare da un cambio lira/euro estremamente penalizzante e poi hanno subito – senza fiatare – il sostanziale raddoppio di tutti i prezzi con l’inizio dell’euro (un impoverimento di massa). La loro fiducia è crollata solo davanti alla scoperta che la sospirata “moneta unica” – che tanto ci era costata – realizzata in quel modo (senza una banca centrale e un governo come referenti ultimi) era una trovata assurda e fallimentare di tecnocrazie incompetenti e arroganti. Grazie a questo incredibile esperimento, l’Italia – un Paese solvibilissimo e che ha la sesta economia del pianeta – sta ora rischiando il fallimento (del tutto ingiustificato visti i suoi fondamentali)”. (Antonio Socci, L’Europa ha rifiutato le “radici cristiane” e ora è sotto la dittatura simil-sovietica del “politically correct”, dominata da una tecnocrazia antidemocratica e (economicamente) fallimentare, 15.1.12 Libero). E’ una deriva totalitaria dell’UE prevista venti anni fa da una voce profetica, un eroico dissidente russo, Vladimir Bukovsky, che sotto l’Urss era stato rinchiuso in un manicomio politico e nel gulag, per anni torturato, poi liberato nel 1976. Bukovsky, in una conferenza nell’ottobre del 2000, riportata di recente su “Italia oggi”, aveva fatto affermazioni che allora sembrarono esagerate, ma che – alla luce degli ultimi eventi – rischiano di essere semplicemente profetiche. Socci non si riferisce al commissariamento dell’Italia e della Grecia e al tentato commissariamento (in corso) dell’Ungheria, ma anche alle cessioni di sovranità dei diversi stati mai sottoposte ai referendum popolari o alle “bocciature” di tali cessioni (nei referendum o nei parlamenti) che sono state sostanzialmente ignorate. “Per quasi 50 anni” disse Bukovsky “abbiamo vissuto un grande pericolo sotto l’Unione Sovietica, un paese aggressore che voleva imporre il suo modello politico a tutto il mondo. Diverse volte nella mia vita ho visto per puro miracolo sventare il sogno dell’Urss. Poi abbiamo visto la bestia contorcersi e morire davanti ai nostri occhi. Ma invece di esserne felici, siamo andati a crearci un altro mostro. Questo nuovo mostro è straordinariamente simile a quello che abbiamo appena seppellito”.
Bukovsky si riferiva all’Unione Europea e argomentava: “Chi governava l’Urss? Quindici persone, non elette, che si sceglievano fra di loro. Chi governa l’Ue? Venti persone non elette che si scelgono fra di loro”. Per la verità oggi è peggio, abbiamo addirittura governi non eletti (come quello italiano) con un programma dettato dalla Bce