lunedì 15 settembre 2014

Banche, Bankitalia: Circolo vizioso

Banche, Bankitalia: “Circolo vizioso, danno credito attraverso relazioni personali”

Il direttore generale di Palazzo Koch, Salvatore Rossi, lancia l'allarme sul "fallimento di mercato" per cui le piccole aziende sono "opache" sui bilanci per timore del fisco e gli istituti di credito si basano più sulle conoscenze che sulle analisi tecniche per decidere a chi concedere finanziamenti

Banche, Bankitalia: “Circolo vizioso, danno credito attraverso relazioni personali”
C’è un “circolo vizioso” da spezzare. Una spirale che mette a rischio la sopravvivenza delle piccole e medie aziende italiane. Protagoniste, le pmi stesse e le banche. Le une sono “opache” sui bilanci per timore del fisco, le altre “forniscono il credito attraverso le relazioni personali e non con analisi tecniche”. A denunciarlo è il direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi, secondo cui questo “fallimento di mercato” porta al taglio dei prestiti e in alcuni casi più gravi al dissesto delle banche. Un allarme che richiama quello lanciato qualche mese fa dallo stesso governatore di Palazzo Koch, Ignazio Visco, secondo cui le partecipazioni bancarie nelle aziende possono “distorcere le scelte di affidamento”.  
“Ne va della sopravvivenza stessa delle non poche aziende italiane piccole e medie che, pur duramente provate dalla crisi, hanno mercato, capacità innovativa, un patrimonio di tecnologie e potrebbero riprendersi”, ha detto Rossi durante la conferenza ‘Una finanza per lo sviluppo’ alla Banca Popolare di Sondrio. Il funzionario ha ricordato come la “metà del nostro Pil si forma presso aziende medio-piccole (cioè con meno di 250 addetti) che vanno aiutate a crescere, non lasciate morire quando non sono davvero malate terminali”. L’Italia è, tra i principali Paesi europei, “quello dove il divario di produttività tra imprese piccole e medio-grandi è il più ampio. Le imprese nascono piccole ovunque, ma poi o muoiono o crescono in fretta. In Italia, se non muoiono, restano a lungo nel limbo della piccola dimensione”. 
Per questo le banche devono “accelerare un cambiamento per alcune già iniziato”: per gli istituti di credito “è forte l’esigenza di essere molto ben capitalizzate, in ragione di rischi di cui si è ora tutti molto più consapevoli”. Non solo: secondo il dg “devono avere condizioni generali – di profittabilità, di trasparenza, di governance – che le mettano in grado di spuntare condizioni competitive di provvista da trasferire ai tassi sugli impieghi, ribassandoli, e di raccogliere, al bisogno, nuovo capitale rapidamente e in misura adeguata”.

domenica 14 settembre 2014

Scozia: le banche temono il "redde rationem"

Scozia, la secessione fa paura alle banche: “Pronti ad andarcene”

Bank of Scotland e Lloyds: trasferiamo la sede

REUTERS
Enormi «Yes» compaiono nei villaggi delle Isole Ebridi


ALESSANDRA RIZZO
LONDRA
La Royal Bank of Scotland (Rbs), colosso bancario e simbolo del settore finanziario scozzese, ha annunciato che in caso di indipendenza della Scozia trasferirà la sede legale in Inghilterra, una decisione che assesta un brutto colpo alla campagna indipendentista. 

Ma in un clima sempre più infuocato non è solo la Rbs, in Scozia dal 1727, a fare notizia. LLoyds, altro gigante bancario con sede a Edimburgo, prepara piani analoghi, mentre il «Financial Times» mette in guardia contro i rischi di una scissione. «L’unica certezza è l’incertezza, e a farne le spese saranno la Scozia e il Regno Unito», scrive il quotidiano della City nel suo «endorsement» per il fronte unionista.  

La Rbs ha motivato la sua decisione citando in una nota «incertezze materiali derivanti dal referendum che potrebbero avere un impatto sul rating di credito della banca e sul quadro monetario, fiscale e giuridico cui è sottoposta». Sebbene la banca sia per circa l’80% di proprietà dei contribuenti britannici dopo il salvataggio del 2008-2009, i suoi legami con la Scozia durano da quasi tre secoli. Un trasferimento della sede legale potrebbe non avere ripercussioni gravi sull’impiego dei suoi 11.500 dipendenti, come ha assicurato il ceo in un memo interno, ma solleverebbe comunque dubbi sulla capacità della Scozia di mantenere un settore finanziario competitivo.  

La campagna unionista, in affanno negli ultimi giorni, sembra aver tirato un sospiro di sollievo. Il premier britannico Cameron è volato a Edimburgo per implorare gli scozzesi di restare nel regno, e l’ultimo sondaggio dà un leggero vantaggio al fronte del no all’indipendenza. Ma si prospetta un testa a testa, e il dibattito in vista del referendum del 18 settembre sta appassionando tutto il Paese.  

Il premier scozzese Alex Salmond, leader degli indipendentisti e infaticabile oratore, ha dato battaglia dopo quello che alcuni giornali hanno chiamato il suo «mercoledì nero». Ha minimizzato i rischi per risparmiatori e consumatori, accusando Londra di «bullismo» e «intimidazioni».  

Oltre al quotidiano della City, anche il giornale «Scotsman» si è schierato contro la secessione: «Stiamo meglio insieme», ha scritto. E il finanziere George Soros ha messo in guardia contro una separazione: «I divorzi sono sempre disordinati», ha ammonito sul «Financial Times». Il grande magazzino Peter Lewis, che possiede anche una popolare catena di supermercati, ha parlato di probabile aumento dei prezzi in caso di indipendenza. 

I sostenitori del sì restano fiduciosi, spinti da una crescita nei consensi che ha reso incerto un voto che fino al mese scorso sembrava scontato. «È l’opportunità della vita», ha detto Salmond. «Stiamo per fare la storia». 

sabato 13 settembre 2014

Politici e banchieri: chi "guadagna" di più?

Politici e banchieri: chi guadagna di più? La lista degli stipendi

CLASSIFICA STIPENDI TOP MANAGERROMA – Il blog “I Segreti della Casta” fa un raffronto tra gli stipendi dei politici e quelli dei banchieri o dei top manager, con i secondi che guadagnano di più. Stipendi che difficilmente scendono sotto i sei zeri per i banchieri e i manager italiani.
Alessandro Profumo                          40.590.000
Luca Cordero di Montezemolo      8.728.000
Marco Tronchetti Provera              6.346.000
Cesare Geronzi                                     5.023.894
Fausto Marchionni                             5.007.773
Pier Francesco Guarguaglini          4.478.000
Fedele Confalonieri                            3.718.000
Sergio Balbinot                                     3.557.837
Giovanni Perissinotto                        3.461.037
Sergio Marchionne                              3.473.300
Giuliano Adreani                                  3.300.000
Franco Bernabé                                     2.598.000
Renato Pagliaro                                     2.550.000

CLASSIFICA STIPENDI POLITICI
Silvio Berlusconi          40.897.004
Niccolò Ghedini            1.297.118
Ignazio La Russa             517.078
Antonio Di Pietro           193.211
Renato Schifani               190.643
Umberto Bossi                156.405
Pier Luigi Bersani           150.450
Gianfranco Fini               142.243
Ferdinando Casini          123.005

Come l'OMC (WTO) provocò l'estinzione dell'Unione europea

Troppa Ue, l'Italia non sa più tutelare i propri interessi

Dario Ciccarelli, esperto di diritto del commercio estero: vent'anni fa la nascita del Wto ha abrogato i Trattati comunitari, ma si continua a fare finta di nulla, perché?


Alessandro Bonini
sabato 13 settembre 2014 1


Assuefatta alla propaganda europea, l'Italia non è più in grado di tutelare i propri interessi. Lo dice Dario Ciccarelli, per anni funzionario italiano a Ginevra presso il Wto (l'Organizzazione mondiale del commercio) e autore di un libro dove raccoglie la sua esperienza: Il bandolo dell'euromatassa, pubblicato da Editoriale Il Giglio. Ciccarelli parla di «dovere di verità», pur precisando che «i pensieri dell'autore sono espressi a titolo strettamente personale».
Lei scrive che è il Wto, attraverso il diritto internazionale, a regolare i rapporti commerciali fra gli Stati e non l'Unione europea che in quella stessa sede pretende di rappresentare i propri membri. Come si è arrivati a questo?
«Quando, nel 1994, fu sottoscritto il trattato istitutivo dell'Organizzazione mondiale del commercio gli apparati dello stato italiano erano, da anni, distanti dalle questioni del mondo, essendo state queste ultime, in varie dinamiche, affidate per decenni meccanicamente alla Commissione europea: ciò accadeva anche in ossequio alla retorica europeista secondo la quale aderire passivamente al volere della commissione europea era un comportamento chic, a nulla rilevando se fosse o meno coerente con l'interesse nazionale. Fu così che si discusse a lungo su chi, se gli Stati o la Commissione europea, dovesse sottoscrivere il nuovo Trattato. Non potè che essere l'Italia, in quanto Stato sovrano, a firmare. Ebbene, quella firma portava in capo all'Italia tutte le prerogative che spettano agli stati membri dell'Omc. Anche le competenze precedentemente poste in capo alla commissione europea tornavano, e sono, in capo all'Italia, perché il diritto internazionale non ammette altra soluzione».
E cosa è accaduto da allora?
«Dal 1994 si fa finta che che l'Italia non sia membro dell'Omc. In realtà, da vent'anni, a votare a Ginevra per gli italiani è l'Italia: presso l'Omc l'Unione europea è solo un gruppo di Stati che ogni giorno esprimono una volontà uniforme; a Ginevra l'Ue funge solo da portavoce».
Un grande equivoco, quindi, di cui lei parla come «impostura europeista» perpetrata attraverso «venti anni di espedienti tecnici». Come?
«L'Unione europea, nata come organizzazione strumentale al servizio degli Stati, è divenuta, nella mente di molti ma non per il diritto, un fine in sé, un mito, un'entità superiore, da sottrarre ad ogni valutazione giuridica e di funzionalità... Quando nacque l'Omc gli organi comunitari dovettero comprendere di essere stati in quel momento superati dalla storia e cancellati dal diritto: tale consapevolezza li rese così audaci da indurli ad affermare che le norme dell'Organizzazione mondiale del commercio non hanno, per gli stati Ue, alcuna rilevanza. In pratica, gli organi Ue dicono agli Stati: per voi il mondo non esiste, per voi esiste solo l'Unione europea. Giuseppe Tesauro, attuale presidente della Corte Costituzionale, già molti anni fa dichiarò "inaccettabile" l'orientamento degli organi Ue ed il loro rifiutarsi si soggiacere alle norme, agli organi, alle sentenze dell'Organizzazione mondiale del commercio. Ciò che è inaccettabile non va accettato: invece, a meno di alcuni casi e di alcuni giudici, gli apparati dello Stato italiani accettano l'assurdo orientamento Ue, fingono che l'Omc non esista e si pongono così in contrasto con l'intero sistema del diritto internazionale e delle organizzazioni internazionali, nonché in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione italiana, e con il buon senso».
Quali sono le conseguenze per gli interessi nazionali dell'Italia, a partire dal Made in Italy?
«L'economia italia si fonda, notoriamente, su alcune straordinarie peculiarità nazionali che attengono alla storia, alla cultura, ai valori, alla tradizione dell'Italia, della sua società e dei suoi cosiddetti distretti industriali. Tali peculiarità costituiscono interessi nazionali la cui tutela, in sede di Organizzazione mondiale del commercio, è assegnata agli stati-nazione. L'Omc è un'organizzazione concepita per bilanciare l'interesse generale al commercio con gli specifici interessi nazionali extracommerciali. Da vent'anni però gli interessi italiani non sono tutelati perché gli apparati statali italiani perseguono la missione, impossibile, di attendersi, senza nemmeno conoscere il sistema Omc, che sia la Commissione Ue a tutelarli:Pascal Lamy, all'epoca direttore generale dell'Omc, dichiarò pubblicamente, alla Sorbona di Parigi, che se un membro Omc chiudesse le proprie importazioni ai prodotti provenienti da Stati che violano i diritti sociali dell'organizzazione internazionale del lavoro è probabile che tale chiusura sarebbe ammessa dai giudici Omc, perché gli accordi Omc tutelano la "morale pubblica nazionale". In nome di questa Belgio e Olanda introdussero un divieto nazionale di importazione di prodotti derivanti da pelli di foca: i documenti dell'Omc che ne trattano sono pubblici ma nessuno li legge».
Secondo lei come se ne può uscire?
«Basta che un qualsiasi rappresentante dello stato italiano, che voglia fare chiarezza e che abbia titolo, si presenti ad una qualsiasi riunione dell'organizzazione, prenda la parola ed assuma una posizione per conto dell'Italia. Si scoprirà che, come già riconobbe tempo fa l'allora ministro Luca Zaia, presso l'Omc è l'Italia ad avere il diritto/dovere di rappresentare gli italiani. In poche parole basta conoscere le regole di base dell'Omc e rispettarle. Si scoprirà che l'Organizzazione mondiale del commercio provocò l'estinzione dell'Unione europea».

Dylan Ratigan in TV sul racket dei banchieri

2013: 2mila miliardi rubati all'Italia

2013: 2000 miliardi rubati all'Italia

Il denaro creato dalle banche in nero in Italia nel solo 2013 ammonta ad almeno 2000 miliardi, di cui 600 di rinnovo del debito pubblico e 1400 di impieghi (Imprese e privati). Questo denaro-fantasma, fatto sparire attraverso falsi contabili, se redistribuito ai cittadini (ovvero, diviso 57 milioni) avrebbe fruttato 35.087 euro a testa, per ogni nato e vivente.

venerdì 5 settembre 2014

Bankitalia: una poltrona da 7,5 miliardi di euro

Una poltrona da 7,5 miliardi di euro


saccomanni_bankitalia.jpg
"Ricordate il decreto Imu-Bankitalia di gennaio scorso che regalava 7,5 mld alle banche? Come molti ricorderanno, il ministro che ha avvallato quel provvedimento era Fabrizio Saccomanni. La bontà di quel decreto legge (per i cittadini e le casse dello Stato e non per le banche ovviamente) fu subito messa in discussione da molti economisti e associazioni. Lo stesso Ministro, nell’audizione che tenne in Commissione Finanze alla Camera, non fu molto convincente nella difesa del provvedimento di fronte alle nostre osservazioni, dandoci quasi l’impressione di non conoscere a fondo il testo della legge. Tante furono le pressioni su questa norma che non fu possibile emendarla alla Camera e che vide, per la prima volta nella storia della Repubblica, l’utilizzo della ghigliottina. Ebbene, ora a distanza di qualche mese apprendiamo che l’ex ministro ha trovato una nuova sistemazione. E non una qualunque, bensì una carica istituita appositamente per lui alla Banca d’Italia. In tutto segreto, infatti, il Governatore e il Direttorio di Bankitalia a maggio hanno creato dal nulla la fondamentale figura di Direttore Generale Onorario. Una poltrona che ci è costata 7,5 miliardi di euro, che ancora non sappiamo quanto altro costerà tra stipendi, benefit, auto blu e uffici correlati e la quale utilità è ancora ignota. In una situazione in cui le famiglie fanno fatica ad arrivare alla seconda settimana del mese e le imprese sono costrette a chiudere strozzate dal fisco, abbiamo presentato un’interrogazione a risposta immediata in Commissione Finanze della Camera per capire quale sarà il prezzo per i contribuenti di questa "beatificazione" dell’ex ministro e se ciò è compatibile con i ripetuti inviti che Bankitalia, in uno con la Bce, rivolge a lavoratori, famiglie e pensionati al minimo, per l’adozione di misure di austerità, di tagli di costi e spese, di riduzione di pensioni e stato sociale. In tutto ciò Renzi tace e, per il momento, passodopopasso vanno avanti solo i soliti noti."
M5S Commissione Finanze Camera

Lettera inviata a parlamentari sugli interventi di Saba e di Sibilia

Lettera inviata a parlamentari relativa agli interventi di Marco Saba e di Sibilia alle assemblee di Unicredit, Banca Intesa e Carige

Signori Presidenti dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati,
facendo seguito alla mia e-mail dell’1.4.2014 (riportata in calce e riscontrata dal solo on. Giorgetti), con questa 2a nota si vuole completare la disponibilità informativa offerta a tutti i gruppi politici presenti in Parlamento, sulla loro eventuale partecipazione alle assemblee dei soci delle primarie società italiane del settore bancario quotate in Borsa: Unicredit (assemblea del 13.5.2014 a Roma, dove su 465.000 soci sono risultati presenti al voto soltanto circa 40 persone) ed Intesasanpaolo (assemblea dell’8.5.2013 a Torino).
In merito alla vanificazione di risorse, allo stato, si allegano:
- schema-prospetto di due soli fogli redatto da un gruppetto di piccoli azionisti di minoranza per la gestione del sessennio 2008-2013 di Unicredit, che evidenzia tra l’altro la vanificazione di risorse per 100,5 miliardi di euro (tra cancellazioni e rettifiche per svalutazioni crediti, avviamenti e immobilizzazioni) di cui all’allegato A;
- due Elenchi di una pagina ciascuno riguardanti l’aumento delle partecipazioni Unicredit in società aventi sede in località off shore (da 22 a 31) e in Lussemburgo (da 8 ad 11), di cui alle lettere B-C.
Inoltre, ove interessi, si trasmettono di seguito tre link di interviste/interventi effettuati:
* dall’esperto Marco Saba alle assemblee soci di Unicredit a Roma e di Intesa a Torino, in merito ad eventuali ammanchi apportati al conto economico per circa 500 miliardi di euro in Unicredit e per circa 343 miliardi di euro in Intesa, con perdita per l’erario di circa 250 miliardi di euro;
* dal deputato Carlo Sibilia, l’unico parlamentare che finora si è interessato ai temi assembleari, presente all’assemblea di Unicredit ed intervenuto tra l’altro:
- sul sostanziale fallimento delle politiche di concentrazione delle “privatizzazioni selvagge” avviate nel settore bancario negli anni ’90;
- sulla vanificazione delle risorse del gruppo Unicredit per oltre 100,5 mld di euro (cui si aggiungono 18,5 miliardi di euro per conferimenti ed aumenti di capitali dei soci nel 2009-2012);
- sulle crescenti partecipazioni di Unicredit nelle società aventi sede in località off shore e in Lussemburgo durante il periodo 2008-2013.
In particolare.
1° link di 2 minuti) Intervista di Marco Saba (centro studi monetari)del 14.5.2014 alla tv “La7″, programma “La Gabbia” condotto da Gian Luigi Paragone, in merito all’intervento reso dallo stesso Saba all’assemblea dei soci Unicredit il giorno precedente (13.5.2014 a Roma) sulla omissione di circa 500 miliardi di euro di liquidità dal conto economico del bilancio consolidato 2013 di Unicredit, con perdita di circa 150 miliardi di euro da parte dell’erario, e riallocazione della colossale liquidità in tre primarie società di compensazione bancaria europea (Clearstream, Euroclear e Swift) che a loro volta la smisterebbero su molteplici conti bancari di altre entità societarie aventi sede in località off shore.
La stesura del bilancio di Unicredit – sostiene Marco Saba – non tiene conto del fatto che le banche, oltre alla marginale attività di intermediazione, creano nuovo denaro ogni volta che prestano o investono, un fatto confermato recentemente dal Consigliere Generale della Banca di Francia Bernard Maris, oltre che dal bollettino della Banca d’Inghilterra n.1 del 2014. Questa creazione di liquidità da parte di Unicredit non viene evidenziata – come dovrebbe – nelle attività del conto economico, ma si deduce solo secondariamente dalla voce 70 dei crediti verso la clientela dello stato patrimoniale consolidato (pag.82 bil.cons.), ovvero 503,1 miliardi di euro (503.142.266.000,00), una cifra ben superiore rispetto ai 3,4 miliardi indicati nel rendiconto finanziario come “liquidità generata nel periodo” (pag.88 bil.cons.).
Così al netto della tassazione al 27,5% – secondo Marco Saba – alla voce 340 del conto economico del bilancio consolidato si avrebbe un utile netto d’esercizio di almeno 353 miliardi di euro (anziché la perdita netta di 15,2 miliardi di euro prevista in bilancio). Per la distribuzione dei dividendi si deve conseguentemente far riferimento all’utile netto rettificato con cui essi sono in rapporto, sviluppando 61 euro di dividendo per ogni azione nell’esercizio 2013: rimessi in bonis i conti di Unicredit, i suoi primi tre soci Blackrock, Aabar Luxembourg e PGFF Luxembourg, ad esempio, potrebbero incassare circa 17 miliardi di euro cadauno.
Conclude Saba asserendo che il bilancio consolidato 2013 di Unicredit avrebbe stravolto ad arte il risultato economico reale, traendo in inganno tutti gli azionisti.
http://www.youtube.com/watch?v=Z6NddvxwNe0
2° link 5 minuti) Intervento di Marco Saba (centro studi monetari) all’assemblea dei soci Intesa Sanpaolo tenuta l’8.5.2014 a Torino sotto la presidenza di Giovanni Bazoli – con Consigliere Delegato Carlo Messina – in merito alla omissione di 343,9 miliardi di euro di liquiditàdal conto economico del bilancio consolidato 2013 di Intesa, con perdita di circa 100 miliardi di euro da parte dell’erario, ecc.
http://seigneuriage.blogspot.it/2014/05/gruppo-intesa-mancano-344-miliardi-lad.html
3° link 11 minuti) Intervento di Carlo Sibilia all’assemblea dei soci Unicredit tenuta a Roma il 13.5.2014 sotto la presidenza di Giuseppe Vita – con Amministratore Delegato Federico Ghizzoni – svolto sul bilancio di esercizio 2013 di Unicredit, in ulteriore flessione rispetto ai precedenti esercizi, rilevando tra l’altro sia la “strabiliante” vanificazione di risorse di oltre 100,5 miliardi di euro da parte del management di Unicredit nei soli ultimi sei anni di attività 2008-2013, sia l’aumento delle numerose partecipazioni di controllo di Unicredit in società off shore da 22 a 31 (nel Delaware a Dover e Wilmington, nelle Cayman a George Town, a Singapore, Hong Kong, Taipei, Almaty City, Puerto de la Cruz) e da 8 ad 11 in Lussemburgo nel sessennio 2008-2013.
http://seigneuriage.blogspot.it/2014/05/intervento-di-carlo-sibilia-m5s.html Nel restare a disposizione di tutte le forze politico-parlamentari per eventuali chiarimenti, si inviano i più distinti saluti.
Saverio Telesca (socio di un piccolo gruppo di azionisti/risparmiatori di minoranza)