martedì 18 novembre 2014

PATTI CHIARI, UN SITO CHE INGANNAVA UTENTI-RISPARMIATORI

BANCHE: ABI METTE IN LIQUIDAZIONE PATTI CHIARI, UN SITO CHE INGANNAVA UTENTI-RISPARMIATORI. SODDISFATTE ADUSBEF E FEDERCONSUMATORI, CHE NE AVEVANO CHIESTO DA TEMPO LA LIQUIDAZIONE COATTA.

Patti Chiari 1 e 2, un costosissimo sito di informazione predisposto dall’Abi, Associazione bancaria italiana allegramente finanziato dalle banche per reclamizzare con la massima affidabilità, ossia la bollinatura della tripla “A” alcuni rischiosissimi bond quali Lehman Brothers ed altri 57 titoli tossici di istituti di credito già falliti o salvati da interventi pubblici, viene finalmente messo in liquidazione, nonostante l’operazione gattopardesca e camaleontica di restyling, denominata Patti Chiari 2 presieduta dal prof. Filippo Cavazzuti, reclamizzata dalla conferenza stampa del 27 aprile 2009 a Milano, che oltre a coinvolgere 13 associazioni di consumatori nel protocollo di intesa con l’Abi-Patti Chiari, tutte iscritte al CNCU (Consiglio Nazionale Consumatori Utenti), istituiva un pomposo comitato di Consultazione, presieduto dal Prof. Pippo Ranci, con il Prof Guido Alpa, gli avv.Ettore Battelli e Luciano Fanti, il dottor Stefano Godano ed il dottor Giustino Trincia; il prof. Paolo Legrenzi, l’avv. Maria Stella Anastasi,i prof. Marco Gambaro, Paolo Onofri, Lorenzo Sacconi, la dott.ssa Anna Vizzari.
Adusbef e Federconsumatori, che dopo aver denunciato un sito ‘fraudolento’ istituito dall’Abi e finanziato dalle banche per ricostruire la reputazione perduta dopo la lunga catena di scandali e crack finanziari ed industriali che avevano disseminato 1 milione di vittime del risparmio tradito, si erano rifiutate di essere complici di un’intesa contro i diritti di risparmiatori utenti, chiedendo all’Abi di mettere mano al portafogli utilizzando le risorse, non per prezzolare i consensi, ma per risarcire le decine di migliaia di vittime di Patti Chiari, truffate da un sito che reclamizzava come affidabili gli investimenti con sottostante Lehman Brothers ed altri 57 titoli tossici, pubblicizzandoli con la massima affidabilità fino 15 settembre 2008,ossia due giorni dopo il fallimento, avevano chiesto lo scioglimento di Patti Chiari 1 e 2.
Con 4 anni di ritardo l’Abi mette in liquidazione il portale Pattichiari.it. nato nel 2003 per migliorare la reputazione degli istituti di credito crollata ai minimi dopo i tanti casi – crac Cirio, Parmalat e Tango bond in testa – di risparmio tradito, come emerge da una comunicazione pubblicata sul sito: “Il consorzio PattiChiari ha per oggetto la gestione ad esaurimento delle attività nonché l’esercizio di servizi ad esse connessi”.
La credibilità di Patti Chiari, criticata già nell’atto della sua nascita da associazioni che si battono per la tutela dei diritti di utenti-risparmiatori-investitori, Adusbef in testa, viene irrimediabilmente minata per la a lunedì 15 settembre 2008: mentre nella mattinata la Lehman Brothers dichiara il fallimento, sul portale Pattichiari.it ancora nel primo pomeriggio venivano propagandati come sicuri ed affidabili i 14 titoli emessi dalla banca, con i bond Lehman segnalati, con un rating A+, nella lista “Obbligazioni a basso rischio e a basso rendimento” stilata periodicamente dal consorzio, procurando così un gravissimo danno a decine di migliaia di risparmiatori, il cui sito giudicava come ad alto rischio i titoli di stato italiani come i BTP.
Solo il 28 ottobre 2008 Patti Chiari decide di sospendere il servizio e quindi la pubblicazione delle “Obbligazioni a basso rischio e a basso rendimento”, per rilanciare con la complicità di accademici ed associazioni di consumatori Patti Chiari 2, al quale aderiva l’82% degli istituti bancari italiani, il cui destino era già stato segnato sia dalle denunce di inaffidabilità e di citazioni nei Tribunali nelle cause risarcitorie sui bond Lehman, che dalla conseguente defezione di 50 banche dal Consorzio, con il colpo di grazia finale inferto dall’Antitrust che segnalava l’esigenza di aumentare: “tasso di mobilità della clientela, introducendo un termine massimo di 15 giorni per il trasferimento del conto corrente e prevedendo un risarcimento al cliente in caso di ritardi addebitati alla banca”, auspicando anche lo sviluppo di motori di ricerca indipendenti dalle banche “che consentano al consumatore un più agevole confronto tra i servizi bancari offerti dai diversi operatori”.
Adusbef e Federconsumatori, soddisfatte dalla pur tardiva decisione, stigmatizzano i comportamenti collusivi che hanno prodotti danni enormi a tanti risparmiatori ingannati e raggirati dall’Abi e dalle banche.

Elio Lannutti (Adusbef) - Rosario Trefiletti (Federconsumatori)
Roma, 17.11.2014

Wall Street, l'attacco finale all'euro: il piano di Natale

Wall Street, l'attacco finale all'euro: il piano di Natale

Pubblicato su 18 Novembre 2014 da frontediliberazionedaibanchieri in ECONOMIA
 
«Gli stress test sono una porcata: tutto finto». La confidenza-confessione, complice un ottimo Brunello di Montalcino, è di uno che conta molto nel board di controllo dei cosiddetti protocolli di Basilea arrivato a Siena per sbirciare i conti di Mps. Se metteranno - e le metteranno - le mani nei vostri conti correnti sapete chi ringraziare: la finanza americana. Non è, peraltro, un mistero che a Wall Street temono la nascita di una vera unione bancaria europea. Se ci fosse la Bce potrebbe governare direttamente le ristrutturazioni bancarie ma soprattutto si spezzerebbe il legame incestuoso tra debito degli Stati e sistema bancario che è la vera ragione della stagnazione perdurante nell’Eurozona, ma che è anche la riserva di caccia dei Fondi speculativi.
Sull’unione bancaria Mario Draghi si è molto speso, ma poco ha incassato. E - secondo il nostro interlocutore - la finanza americana che lo tiene al guinzaglio gli ha consigliato di stare buono perché sta per lanciare l’offensiva bis contro l’euro. La prova regina non c’è, ma se Soros scommette un miliardo di euro sul ribasso dell’indice di Milano, se Carl Icahn veterano di Wall Street mette nel mirino i fondi obbligazionari italiani qualcosa che si muove di certo c’è. La «porcata» sta nel fatto che negli stress test il peso dei derivati e in particolare dei Cds (credit default swap) è assai ridotto rispetto alla valutazione dei cosiddetti incagli (crediti in sofferenza o inesigibili) per cui paradossalmente le banche commerciali sono penalizzate rispetto alle banche finanziarie. Con un’aggiunta di non poco conto che ha salvato le Landsbank tedesche (i cui bilanci continuano a non tornare, ma non si può dire). Negli stress test sono stati pesati diversamente i titoli di Stato. Mentre le banche tedesche li valutano a scadenza, le banche italiane li detengono al prezzo corrente. Nel caso delle banche tedesche i titoli vanno a patrimonio migliorando il rapporto ricchezza posseduta/credito concesso, per le banche italiane il rischio Paese viene calcolato come una perdita.
Perché accade? Stando a questo nostro interlocutore lo scenario è semplice e leggibilissimo. Basta considerare come Usa e Cina stiano in questi ultimi mesi tubando. La ragione starebbe in uno studio non troppo segreto che circola nei piani altissimi della finanza secondo il quale l’euro è ingombrante nell’ordine mondiale. E si sta per scatenare l’offensiva bis. A Wall Street aspettano solo il momento buono. La Germania lo sa e non si fida di Mario Draghi convinta che il capo della Bce voglia drenare ricchezza dagli Stati forti europei per poi sancire la fine della moneta unica e offrire un piatto ancora più ricco ai suoi referenti d’oltreoceano (in intesa con i cinesi). La posizione tedesca quindi è: il debito europeo non si potrà mai mettere in comune. E la Germania sta cercando di indurci a costruire trincee. Insomma il rigorismo tedesco ci darebbe una mano. L’ordine sarebbe: diventate più poveri, ma salvatevi altrimenti sarà la vostra fine e la fine dell’euro. Non a caso i tedeschi sono già pronti a riadottare il Marco anche se sarebbero costretti a una rivalutazione che penalizzerebbe il loro export proprio nel momento in cui anche la loro economia si sta incagliando.
Questo è il momento in cui la finanza americana sta decidendo di lanciare l’offensiva. Ma prima ha bisogno di preparare il terreno. Gli stress test sarebbero serviti a costringere le banche a drenare quanta più ricchezza possibile per essere prede più grasse. Gli italiani e le imprese italiane sono pesci di un acquario e il denaro, la liquidità, è la loro acqua. Peccato che a questo acquario siano applicate due idrovore: il fisco e il sistema bancario che continuamente lo svuotano. Mario Draghi avrebbe il compito di versare acqua europea in questa vasca e al contempo di far girare al massimo (attraverso gli stress test) la pompa bancaria per risucchiarla mentre la richiesta di maggiori entrate fiscali servirebbe da aggregatore della ricchezza privata in modo da apparecchiare per i «grassi gatti» della finanza un buon piatto di pesce italiano morto per asfissia. Il pranzo dovrebbe essere servito tra Natale e Capodanno. È quello il momento in cui si scatenerà la nuova offensiva contro l’Italia con lo scopo da una parte di mettere le mani sullo stock di ricchezza privata degli italiani (la più alta del mondo) e in questa direzione vanno i continui inviti a mettere le patrimoniali e la misura di salvaguardia secondo la quale se le banche falliscono pagano i correntisti, e dall’altra di azzerare l’euro.
di Carlo Cambi
Tratto da:http://www.liberoquotidiano.it
Wall Street, l'attacco finale all'euro: il piano di Natale

BOLKESTEIN: L'EURO E' FALLITO

lunedì 17 novembre 2014

venerdì 14 novembre 2014

Tassare i patrimoni “sommersi” delle banche

Tassare i patrimoni “sommersi” delle banche: il piano di Nino Galloni per rilanciare l'economia

 http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=6&pg=9400

Tassare i patrimoni “sommersi” delle banche: il piano di Nino Galloni per rilanciare l'economia
 

"Condizione essenziale: ripristinare la sovranità monetaria in capo agli Stati" 

di Francesca Morandi

 
L’economista Antonino Galloni indica una via alternativa alla politica di austerità: “Con il mio piano 50% in meno di pressione fiscale dell’intero sistema”. “Per rilanciare veramente l’economia italiana è possibile tassare le enormi ricchezze che le banche detengono senza metterle in attivo di bilancio. Si otterrebbero così massicci flussi di denaro che affluirebbero nelle casse dello Stato che potrebbe utilizzarli per dimezzare la pressione fiscale dell’intero sistema”.

Lo afferma l’economista Antonino Galloni, già direttore generale al ministero del Lavoro e funzionario presso il ministero del Bilancio, che nel suo ultimo libro “Il futuro della Banca”, (edizioni Eurilink, tradotto anche in inglese “The future of banking”) delinea una teoria bancaria e finanziaria rivoluzionaria, che offre un’alternativa alle attuali politiche di austerità, i cui costi sociali sono altissimi e gli effetti ben poco utili a fronte di crescenti masse di disoccupati e una produzione ai minimi storici. “E’ in atto un attacco ai soldi, alla liquidità dei privati, ma anche alle loro proprietà - spiega Galloni, oggi membro del Collegio dei Sindaci dell’INPS.  Basta osservare come il valore degli immobili sia sceso a tal punto che valga meno del mutuo che tanti cittadini stanno pagando. Oggi coloro che si sono indebitati per comprare una casa non hanno neppure la possibilità di vendere il proprio immobile senza svenderlo. Lo stesso accadrà, se non si cambia strada, per i patrimoni pubblici”. 
 
 
- Professor Galloni, negli ultimi anni abbiamo assistito ai fallimenti delle banche, primo fra tutti il crac della Lehman Brothers nel 2008, anno in cui è iniziata la crisi finanziaria globale. Oggi, invece, lei afferma che le banche possiedono ricchezze “nascoste”. Ci spieghi…
 
E’ una bugia affermare che i soldi per la ripresa economica non ci sono. In realtà è in atto una corsa volta ad accaparrarsi i soldi, la liquidità dei privati che oggi va verso le banche internazionali che la usano anche per attività speculative. Tali attività possono portare enormi guadagni, di cui beneficiano gli istituti di credito, ma anche enormi perdite, che, con il sistema attuale, ricadono su Stati e cittadini. Bisogna cambiare questo sistema, così come le politiche di austerità e le spending review che peggiorano i conti dello Stato anziché migliorarli”.
 
 
- Vuole dire che la banche stanno sottraendo soldi ai cittadini?  
 
“Negli ultimi decenni le banche hanno creduto di guadagnare di più attraverso l’attività finanziaria piuttosto che tramite quella creditizia, finalizzata ad alimentare l’economia reale. Ne è seguita una moltiplicazione degli strumenti finanziari che ha portato ad abusi e ha prodotto crediti inesegibili e indebitamento elevato. Nella sua funzione creditizia la banca non fornisce soldi veri, ma indebita i suoi clienti, e, al contempo, si incredita. Tuttavia, nei meccanismi di bilancio accade qualcosa di anomalo. Le banche, infatti, segnano i depositi e i conti correnti al passivo. Ma questo è assurdo, le banche non registrano in contabilità la voragine di attivo determinata da un enorme margine operativo lordo tra gli impieghi con i loro interessi - da una parte - ed i soli costi di funzionamento con gli interessi sui depositi, dall’altra. Il margine operativo sarebbe superiore al 90%. Una quantità impressionante di denaro non tassato”.

 
- Com’è possibile una tale anomalia?
 
“Tutto fa pensare a un meccanismo fatto per occultare il reale funzionamento delle banche stesse. E’ come se il gestore di un garage iscrivesse al passivo le automobili parcheggiate… è assurdo! Oggi la banca registra il prestito di denaro come passivo ma nel mio sistema deve figurare come “mancato arricchimento”, e quindi nell’attivo della bilancia contabile”. 
 
 
- E’ dunque possibile tassare questo patrimonio bancario con una legge dello Stato che imponga alle banche di registrare in bilancio quell’attivo enorme oggi invisibile? 
 
“Sì. E’ necessario, innanzitutto, il ripristino della netta separazione tra gli istituti di credito e i soggetti che operano sui mercati speculativi. Le banche devono poi accettare il pagamento di tasse sulla differenza tra crediti non in sofferenza e costi di funzionamento, al netto degli interessi. Ho calcolato che un’aliquota compresa tra il 20 e il 25% consentirebbe di dimezzare la pressione fiscale dell’intero sistema. Con vantaggi evidenti per imprese e cittadini”. 

 
- Vuole dire che decine di miliardi di euro affluirebbero nelle casse pubbliche e lo Stato potrebbe utilizzarli per abbassare le tasse?
 
“Sì. Ma non solo. Nel mio studio affermo l’urgenza di cambiamento dell’attuale modello economico che deve avere come base fondante la massimizzazione della produzione interna e non le esportazioni. Ribaltando la concezione del commercio internazionale bisogna passare dalla logica attuale che dà priorità alle esportazioni a quella che pone alla base la domanda interna”. 
 
 
- Significherebbe concentrare le risorse nelle mani di cittadini e imprese nazionali?
 
”Sì. Auspicherei poi lo sviluppo a livello globale di nuove istituzioni finanziarie con rapporti più equi con quelle esistenti, facenti capo agli Usa e ai loro più stretti alleati”. 

 
- Ma oggi l’Europa sta andando nella direzione opposta,  verso l’Unione Bancaria Europea (UBE), che lei considera anti-democratica e dannosa.  Ce ne parli…
 
“L’Unione Bancaria Europa si basa sul principio del “bail in”, il prelievo forzoso. In base al funzionamento dell’Unione Bancaria Europea in futuro le perdite conseguenti a default bancari saranno sostenute dai finanziatori privati e non dagli Stati che non potranno operare salvataggi a carico delle casse pubbliche. Le conseguenze più rilevanti colpiranno invece gli obbligazionisti e i correntisti, e quindi, i privati cittadini. Se oggi i conti garantiti sono quelli al di sotto dei 100mila euro, in futuro questa soglia potrebbe scendere a 50mila euro. Basterebbe una legge europea”. 
 
 
- Un sistema quasi “poliziesco” che farebbe ricadere ancor più di oggi, tutti i rischi sui cittadini privati?
 
“Gli stessi banchieri hanno interesse a una diversa evoluzione del sistema bancario perché con l’Unione Bancaria Europea le banche, fino a qualche anno fa principali dominatrici della finanza e dell’economia, si troveranno alla mercé dei centri della grande speculazione internazionale, da Wall Street all’Arabia Saudita. Il progetto di UBE completerebbe il controllo dei flussi di liquidità a favore delle grandi concentrazioni finanziarie. L’opinione pubblica deve essere consapevole di questi meccanismi che si ripercuotono sui loro averi, ma anche i banchieri sono coinvolti in questa evoluzione dei sistemi creditizi e finanziari globali e non sempre essi sono consapevoli di come moneta e finanzia siano usati in maniera distorta. L’evoluzione del sistema attuale potrebbe portare alla chiusura di molte banche nazionali. Obiettivo della mia teoria è inoltre proporre l’utilizzo dei mezzi monetari e finanziari al servizio di una comunità per favorirne lo sviluppo”. 
 
 
- Per attuare la totalità di questi cambiamenti rivoluzionari è necessario che l’Italia esca dall’euro?
 
Sì, ripristinare la sovranità monetaria in capo agli Stati è una condizione essenziale e auspicabile. La governance della politica sull’economia è un principio indispensabile perché introduce regole e etica nel libero mercato”.

mercoledì 12 novembre 2014

Banche, super multa a 5 big per manipolazione

Banche, super multa a 5 big per manipolazione dei cambi

Inflitte da autorità Usa-Gb-Svizzera sanzioni per complessivi 3,3 miliardi di dollari

Le autorità di vigilanza in Usa. Gran Bretagna e Svizzera hanno emesso a carico di 5 grandi banche mondiali (Citigroup, Jp Morgan, Royal Bank of Scotland, Hsbc e Ubs) sanzioni per complessivi 3,3 miliardi di dollari in merito allo scandalo sulla manipolazione del mercato dei cambi emerso lo scorso anno.

In particolare le sanzioni sono frutto di patteggiamenti fra le banche coinvolte e le autorità di vigilanza. Ubs dovrà pagare circa 800 milioni di dollari, Citigroup 668 milioni, Jp Morgan 662 milioni, Royal Bank of Scotland 634 e Hsbc 618 milioni. Secondo le indagini i trader delle grandi banche avevano costituito una sorta di 'cartello' occulto e si scambiavano le informazioni riservate attraverso delle chat room per manipolare a loro piacimento il mercato delle valute, che movimenta ogni giorno 5300 miliardi di dollari, e in particolare gli indici sui tassi dei cambi utilizzati dai fondi e derivati. "Nel mondo privati e aziende contano su questi tassi per i loro contratti finanziari - ha spiegato l'autorità di vigilanza Usa Cftc - basandosi sulla fiducia nella fondamentale integrità di questi indici. Il mercato funziona solo se si ha fiducia che il processo di costituzione di questi indici è equo, non corrotto dalla manipolazione di alcune delle principali banche al mondo".

lunedì 10 novembre 2014

Il lavoro rinasce con moneta sovrana

Macché patrimoniale, il lavoro rinasce con moneta sovrana

http://www.libreidee.org/2014/11/macche-patrimoniale-il-lavoro-rinasce-con-moneta-sovrana/

Finanziare la spesa pubblica con le tasse, magari una patrimoniale? Sbagliato due volte. Primo, perché i grandi patrimoni sono finanziari, dunque volatili e sfuggenti. E soprattutto perché chiedere altre tasse significa rassegnarsi al sistema-truffa dell’emissione privatizzata del denaro: per uscire dalla crisi, infatti, basterebbero iniezioni di valuta sovrana a sostegno dell’economia reale, cioè posti di lavoro. Possibile che la sinistra sindacale non lo capisca? Purtroppo sì. Perché «il sindacato e gran parte della sinistra non hanno le basi culturali o la libertà di azione necessarie per poter imporre al dibattito pubblico, politico, sindacale, parlamentare, di trattare i veri temi nodali». Ovvero: «Come viene creato il denaro, da chi, a vantaggio di chi, con che diritto, con quali profitti, con quale tassazione su questi profitti». L’uscita dal tunnel è una sola: «Creazione di denaro direttamente da parte dello Stato, senza che lo Stato lo debba comperare dando in cambio titoli pubblici, cioè indebitandosi». Questo dovrebbero chiedere, Landini e Camusso, e con loro i quasi 5 milioni di italiani iscritti alla Cgil.
Secondo Marco Della Luna, il pericolo è lo strapotere del capitale finanziario, cresciuto fino a 15 volte l’economia reale. Come? In due modi: autorizzando le banche a compiere azioni di pirateria speculativa e, prima ancora, concedendo ai mercati finanziari di ricattare gli Stati mediante l’acquisto del debito pubblico, nel momento in cui – in Italia dagli anni ‘80 – si è vietato alla banca centrale di continuare a finanziare il governo, cioè i cittadini, emettendo moneta a costo zero. Ora, con l’euro, siamo all’incubo elevato a sistema. A tutto questo siamo giunti con l’inganno: «Celare all’opinione pubblica questi semplici termini del problema, fare in modo che non capisca o fraintenda ciò che si sta facendo, così da prevenire resistenze organizzate e poter continuare in questo processo di accaparramento della ricchezza, è un bisogno primario delle classi dominanti che lo hanno costruito e ne stanno beneficiando». Il nuovo compito della politica? Assicurarsi che le pecore siano tosate all’infinito, senza protestare.
Menzogne, disinformazione, minaccia, psicologia sociale della paura: «I mezzi a disposizione di una classe dominante per far accettare alle classi inferiori le crescenti diseguaglianze di ricchezza e di diritti sono molteplici». Primo: «Nascondere le diseguaglianze o le loro cause», e poi «farle sentire giustificate (dal merito, dalle leggi del mercato, dalla competitività, dalle capacità». Se non basta, si può «reprimere la protesta sociale attraverso strumenti giuridici e polizieschi». E poi «indurre paura, allarme, conflitti (shock economy, divide et impera». Si arriva così a «impiantare un paradigma divide-et-impera, in cui ognuno è imprenditore di se stesso e in competizione con gli altri», un ambiente nel quale «non può nascere consapevolezza di classe e di conflitto». Si tratta di «abituare la gente, gradualmente, a nuove condizioni peggiorative». Il nuovo standard, la diseguaglianza “fisiologica”, «ha già prodotto riforme che la sanciscono e recepiscono anche sul piano formale e giuridico in termini di sottoposizione, mediante trattati internazionali e riforme interne, dalla sfera politica, pubblica, partecipativa a quella finanziaria, privata, capitalistica».
Estinto l’interesse pubblico, resta solo quello affaristico privato. Un risultato politico epocale, al quale si è arrivati grazie a una poderosa pedagogia della menzogna, attraverso cui depistare l’opinione pubblica dalle vere cause della crisi. L’economia reale soffre per mancanza di credito e liquidità? Anziché emettere l’ossigeno della valuta, le autorità monetarie hanno inculcato la fobia delle bolle finanziarie come alibi per chiudere i rubinetti. I soldi – tanti, a tassi bassissimi – li hanno dati solo alle banche, per le speculazioni finanziarie e l’acquisto di derivati. E’ lo schema del “quantitative easing” angloamericano e della Ltro, “long term refinancing operation”, della Bce. «Il risultato voluto era prevedibile, previsto, ed è puntualmente arrivato: praticamente pochi o nulli benefici per l’economia reale». Tutti colpevoli, dai ministri delle finanze al Fmi, dai banchieri centrali all’Ue: perché si rifiutano di creare moneta destinata all’economia produttiva? «Ovvio: perché quest’operazione da un lato avrebbe successo, farebbe ripartire l’economia, e si capirebbe che tutto gira intorno a chi ha il potere esclusivo di creare moneta». Il sostegno monetario all’economia reale toglierebbe ai banchieri «il loro potere monopolistico sulle società, smascherando al contempo il loro comportamento essenzialmente distorsivo, antisociale e parassitario».
Questo è il disastro da cui discende la cosiddetta crisi. E invece «si è raccontato alla gente che è la spesa pubblica, la spesa per il settore pubblico, ciò che costituisce il problema, il male dell’economia, e che quindi bisogna tagliare servizi pubblici, privatizzare, vendere i beni collettivi, licenziare i pubblici dipendenti, aumentare le tasse cioè fare la cosiddetta austerità, nascondendo così la vera causa del dissesto dei conti pubblici». In realtà sono stati i banchieri che «hanno usato i conti pubblici, cioè i governi, per chiudere i buchi da loro stessi scavati a fini di profitto privato». In Italia è successo col Monte dei Paschi di Siena. Ma la tragedia a monte è la progressiva scarsità di moneta a partire dal 1981, storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia. Da allora, «i detentori del debito pubblico italiano sono principalmente soggetti finanziari». Nuove tasse? Ci provò Monti, tagliando le gambe al settore immobiliare provocandone il crollo, determinante per la cronicizzazione della recessione. E oggi sono i sindacati che chiedono altre tasse per uscire dal tunnel?
L’atteggiamento della sinistra sindacale, benché giustamente motivato dalla rabbia sociale contro le palesi diseguaglianze alimentate dal governo Renzi, non aiuta a risolvere il problema. «Tutto questo insieme di menzogne e di false rappresentazioni della realtà, somministrato in modo martellante al popolo, serve a fargli accettare una politica tributaria e finanziaria che consente di trasferire sempre più denaro dal contribuente e dalla spesa per la società alle tasche di banchieri e finanzieri attraverso sia gli interessi sul debito pubblico, che gli aiuti di Stato alle banche, che gli stanziamenti multimiliardari in favore di organismi di sostegno alle banche come il Mes», conclude Della Luna. «In sostanza, quindi, lo schema politico è il seguente: compiere operazioni che generano profitto e instabilità; alimentare l’instabilità e usarla per creare allarme sociale; dare di questa situazione una falsa spiegazione alla gente, che la disponga ad accettare non solo i peggioramenti avvenuti, ma anche ulteriori sacrifici in termini sia economici che di diritti anche politici, come necessari per evitare il disastro; usare questi sacrifici per arricchirsi ulteriormente». Ecco perché l’oligarchia si oppone all’unica possibile soluzione democratica: libera emissione di moneta pubblica per sostenere il sistema economico, aziende e posti di lavoro.


Finanziare la spesa pubblica con le tasse, magari una patrimoniale? Sbagliato due volte, protesta Marco Della Luna. Primo, perché i grandi patrimoni sono finanziari, dunque volatili e sfuggenti. E soprattutto perché chiedere altre tasse significa rassegnarsi al sistema-truffa dell’emissione privatizzata del denaro: per uscire dalla crisi, infatti, basterebbero iniezioni di valuta sovrana a sostegno dell’economia reale, cioè posti di lavoro. Possibile che la sinistra sindacale non lo capisca? Purtroppo sì. Perché «il sindacato e gran parte della sinistra non hanno le basi culturali o la libertà di azione necessarie per poter imporre al dibattito pubblico, politico, sindacale, parlamentare, di trattare i veri temi nodali». Ovvero: «Come viene creato il denaro, da chi, a vantaggio di chi, con che diritto, con quali profitti, con quale tassazione su questi profitti». L’uscita dal tunnel è una sola: «Creazione di denaro direttamente da parte dello Stato, senza che lo Stato lo debba comperare dando in cambio titoli pubblici, cioè indebitandosi». Questo dovrebbero chiedere, Landini e Camusso, e con loro i quasi 5 milioni di italiani iscritti alla Cgil.
Secondo Della Luna, il pericolo è lo strapotere del capitale finanziario, cresciuto fino a 15 volte l’economia reale. Come? In due modi: autorizzando le banche a compiere azioni di pirateria speculativa e, prima ancora, concedendo ai mercati Marco Della Lunafinanziari di ricattare gli Stati mediante l’acquisto del debito pubblico, nel momento in cui – in Italia dagli anni ‘80 – si è vietato alla banca centrale di continuare a finanziare il governo, cioè i cittadini, emettendo moneta a costo zero. Ora, con l’euro, siamo all’incubo elevato a sistema. A tutto questo siamo giunti con l’inganno: «Celare all’opinione pubblica questi semplici termini del problema, fare in modo che non capisca o fraintenda ciò che si sta facendo, così da prevenire resistenze organizzate e poter continuare in questo processo di accaparramento della ricchezza, è un bisogno primario delle classi dominanti che lo hanno costruito e ne stanno beneficiando». Il nuovo compito della politica? Assicurarsi che le pecore siano tosate all’infinito, senza protestare.