BANCHE: ABI METTE IN LIQUIDAZIONE PATTI CHIARI, UN SITO CHE INGANNAVA
UTENTI-RISPARMIATORI. SODDISFATTE ADUSBEF E FEDERCONSUMATORI, CHE NE
AVEVANO CHIESTO DA TEMPO LA LIQUIDAZIONE COATTA.
Patti Chiari 1
e 2, un costosissimo sito di informazione predisposto dall’Abi,
Associazione bancaria italiana allegramente finanziato dalle banche per
reclamizzare con la massima affidabilità, ossia la bollinatura della
tripla “A” alcuni rischiosissimi bond quali Lehman Brothers ed altri 57
titoli tossici di istituti di credito già falliti o salvati da
interventi pubblici, viene finalmente messo in liquidazione, nonostante
l’operazione gattopardesca e camaleontica di restyling, denominata Patti
Chiari 2 presieduta dal prof. Filippo Cavazzuti, reclamizzata dalla
conferenza stampa del 27 aprile 2009 a Milano, che oltre a coinvolgere
13 associazioni di consumatori nel protocollo di intesa con l’Abi-Patti
Chiari, tutte iscritte al CNCU (Consiglio Nazionale Consumatori
Utenti), istituiva un pomposo comitato di Consultazione, presieduto dal
Prof. Pippo Ranci, con il Prof Guido Alpa, gli avv.Ettore Battelli e
Luciano Fanti, il dottor Stefano Godano ed il dottor Giustino Trincia;
il prof. Paolo Legrenzi, l’avv. Maria Stella Anastasi,i prof. Marco
Gambaro, Paolo Onofri, Lorenzo Sacconi, la dott.ssa Anna Vizzari.
Adusbef e Federconsumatori, che dopo aver denunciato un sito
‘fraudolento’ istituito dall’Abi e finanziato dalle banche per
ricostruire la reputazione perduta dopo la lunga catena di scandali e
crack finanziari ed industriali che avevano disseminato 1 milione di
vittime del risparmio tradito, si erano rifiutate di essere complici di
un’intesa contro i diritti di risparmiatori utenti, chiedendo all’Abi di
mettere mano al portafogli utilizzando le risorse, non per prezzolare i
consensi, ma per risarcire le decine di migliaia di vittime di Patti
Chiari, truffate da un sito che reclamizzava come affidabili gli
investimenti con sottostante Lehman Brothers ed altri 57 titoli tossici,
pubblicizzandoli con la massima affidabilità fino 15 settembre
2008,ossia due giorni dopo il fallimento, avevano chiesto lo
scioglimento di Patti Chiari 1 e 2.
Con 4 anni di ritardo l’Abi
mette in liquidazione il portale Pattichiari.it. nato nel 2003 per
migliorare la reputazione degli istituti di credito crollata ai minimi
dopo i tanti casi – crac Cirio, Parmalat e Tango bond in testa – di
risparmio tradito, come emerge da una comunicazione pubblicata sul sito:
“Il consorzio PattiChiari ha per oggetto la gestione ad esaurimento
delle attività nonché l’esercizio di servizi ad esse connessi”.
La credibilità di Patti Chiari, criticata già nell’atto della sua
nascita da associazioni che si battono per la tutela dei diritti di
utenti-risparmiatori-investitori, Adusbef in testa, viene
irrimediabilmente minata per la a lunedì 15 settembre 2008: mentre nella
mattinata la Lehman Brothers dichiara il fallimento, sul portale
Pattichiari.it ancora nel primo pomeriggio venivano propagandati come
sicuri ed affidabili i 14 titoli emessi dalla banca, con i bond Lehman
segnalati, con un rating A+, nella lista “Obbligazioni a basso rischio e
a basso rendimento” stilata periodicamente dal consorzio, procurando
così un gravissimo danno a decine di migliaia di risparmiatori, il cui
sito giudicava come ad alto rischio i titoli di stato italiani come i
BTP.
Solo il 28 ottobre 2008 Patti Chiari decide di sospendere il
servizio e quindi la pubblicazione delle “Obbligazioni a basso rischio e
a basso rendimento”, per rilanciare con la complicità di accademici ed
associazioni di consumatori Patti Chiari 2, al quale aderiva l’82% degli
istituti bancari italiani, il cui destino era già stato segnato sia
dalle denunce di inaffidabilità e di citazioni nei Tribunali nelle
cause risarcitorie sui bond Lehman, che dalla conseguente defezione di
50 banche dal Consorzio, con il colpo di grazia finale inferto
dall’Antitrust che segnalava l’esigenza di aumentare: “tasso di
mobilità della clientela, introducendo un termine massimo di 15 giorni
per il trasferimento del conto corrente e prevedendo un risarcimento al
cliente in caso di ritardi addebitati alla banca”, auspicando anche lo
sviluppo di motori di ricerca indipendenti dalle banche “che consentano
al consumatore un più agevole confronto tra i servizi bancari offerti
dai diversi operatori”.
Adusbef e Federconsumatori, soddisfatte
dalla pur tardiva decisione, stigmatizzano i comportamenti collusivi
che hanno prodotti danni enormi a tanti risparmiatori ingannati e
raggirati dall’Abi e dalle banche.
Elio Lannutti (Adusbef) - Rosario Trefiletti (Federconsumatori)
Roma, 17.11.2014
martedì 18 novembre 2014
Wall Street, l'attacco finale all'euro: il piano di Natale
Wall Street, l'attacco finale all'euro: il piano di Natale
Pubblicato su 18 Novembre 2014
da
frontediliberazionedaibanchieri
in
ECONOMIA
«Gli
stress test sono una porcata: tutto finto». La confidenza-confessione,
complice un ottimo Brunello di Montalcino, è di uno che conta molto nel
board di controllo dei cosiddetti protocolli di Basilea arrivato a Siena
per sbirciare i conti di Mps. Se metteranno - e le metteranno - le mani
nei vostri conti correnti sapete chi ringraziare: la finanza americana.
Non è, peraltro, un mistero che a Wall Street temono la nascita di una
vera unione bancaria europea. Se ci fosse la Bce potrebbe governare
direttamente le ristrutturazioni bancarie ma soprattutto si spezzerebbe
il legame incestuoso tra debito degli Stati e sistema bancario che è la
vera ragione della stagnazione perdurante nell’Eurozona, ma che è anche
la riserva di caccia dei Fondi speculativi.
Sull’unione
bancaria Mario Draghi si è molto speso, ma poco ha incassato. E -
secondo il nostro interlocutore - la finanza americana che lo tiene al
guinzaglio gli ha consigliato di stare buono perché sta per lanciare
l’offensiva bis contro l’euro. La prova regina non c’è, ma se Soros
scommette un miliardo di euro sul ribasso dell’indice di Milano, se Carl
Icahn veterano di Wall Street mette nel mirino i fondi obbligazionari
italiani qualcosa che si muove di certo c’è. La «porcata» sta nel fatto
che negli stress test il peso dei derivati e in particolare dei Cds
(credit default swap) è assai ridotto rispetto alla valutazione dei
cosiddetti incagli (crediti in sofferenza o inesigibili) per cui
paradossalmente le banche commerciali sono penalizzate rispetto alle
banche finanziarie. Con un’aggiunta di non poco conto che ha salvato le
Landsbank tedesche (i cui bilanci continuano a non tornare, ma non si
può dire). Negli stress test sono stati pesati diversamente i titoli di
Stato. Mentre le banche tedesche li valutano a scadenza, le banche
italiane li detengono al prezzo corrente. Nel caso delle banche tedesche
i titoli vanno a patrimonio migliorando il rapporto ricchezza
posseduta/credito concesso, per le banche italiane il rischio Paese
viene calcolato come una perdita.
Perché
accade? Stando a questo nostro interlocutore lo scenario è semplice e
leggibilissimo. Basta considerare come Usa e Cina stiano in questi
ultimi mesi tubando. La ragione starebbe in uno studio non troppo
segreto che circola nei piani altissimi della finanza secondo il quale
l’euro è ingombrante nell’ordine mondiale. E si sta per scatenare
l’offensiva bis. A Wall Street aspettano solo il momento buono. La
Germania lo sa e non si fida di Mario Draghi convinta che il capo della
Bce voglia drenare ricchezza dagli Stati forti europei per poi sancire
la fine della moneta unica e offrire un piatto ancora più ricco ai suoi
referenti d’oltreoceano (in intesa con i cinesi). La posizione tedesca
quindi è: il debito europeo non si potrà mai mettere in comune. E la
Germania sta cercando di indurci a costruire trincee. Insomma il
rigorismo tedesco ci darebbe una mano. L’ordine sarebbe: diventate più
poveri, ma salvatevi altrimenti sarà la vostra fine e la fine dell’euro.
Non a caso i tedeschi sono già pronti a riadottare il Marco anche se
sarebbero costretti a una rivalutazione che penalizzerebbe il loro
export proprio nel momento in cui anche la loro economia si sta
incagliando.
Questo
è il momento in cui la finanza americana sta decidendo di lanciare
l’offensiva. Ma prima ha bisogno di preparare il terreno. Gli stress
test sarebbero serviti a costringere le banche a drenare quanta più
ricchezza possibile per essere prede più grasse. Gli italiani e le
imprese italiane sono pesci di un acquario e il denaro, la liquidità, è
la loro acqua. Peccato che a questo acquario siano applicate due
idrovore: il fisco e il sistema bancario che continuamente lo svuotano.
Mario Draghi avrebbe il compito di versare acqua europea in questa vasca
e al contempo di far girare al massimo (attraverso gli stress test) la
pompa bancaria per risucchiarla mentre la richiesta di maggiori entrate
fiscali servirebbe da aggregatore della ricchezza privata in modo da
apparecchiare per i «grassi gatti» della finanza un buon piatto di pesce
italiano morto per asfissia. Il pranzo dovrebbe essere servito tra
Natale e Capodanno. È quello il momento in cui si scatenerà la nuova
offensiva contro l’Italia con lo scopo da una parte di mettere le mani
sullo stock di ricchezza privata degli italiani (la più alta del mondo) e
in questa direzione vanno i continui inviti a mettere le patrimoniali e
la misura di salvaguardia secondo la quale se le banche falliscono
pagano i correntisti, e dall’altra di azzerare l’euro.
di Carlo Cambi
Tratto da:http://www.liberoquotidiano.it
lunedì 17 novembre 2014
Il magistrato Scarpinato contro le oligarchie finanziarie
Roberto Scarpinato: "Siamo marionette sociali di un potere invisibile".
venerdì 14 novembre 2014
Tassare i patrimoni “sommersi” delle banche
Tassare i patrimoni “sommersi” delle banche: il piano di Nino Galloni per rilanciare l'economia
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=6&pg=9400
"Condizione essenziale: ripristinare la sovranità monetaria in capo agli Stati"
di Francesca Morandi
L’economista Antonino Galloni indica una via alternativa alla politica di austerità: “Con il mio piano 50% in meno di pressione fiscale dell’intero sistema”.
“Per rilanciare veramente l’economia italiana è possibile tassare le
enormi ricchezze che le banche detengono senza metterle in attivo di
bilancio. Si otterrebbero così massicci flussi di denaro che
affluirebbero nelle casse dello Stato che potrebbe utilizzarli per
dimezzare la pressione fiscale dell’intero sistema”.
Lo afferma l’economista Antonino Galloni, già direttore generale al ministero del Lavoro e funzionario presso il ministero del Bilancio, che nel suo ultimo libro “Il futuro della Banca”, (edizioni Eurilink, tradotto anche in inglese “The future of banking”) delinea una teoria bancaria e finanziaria rivoluzionaria, che offre un’alternativa alle attuali politiche di austerità, i cui costi sociali sono altissimi e gli effetti ben poco utili a fronte di crescenti masse di disoccupati e una produzione ai minimi storici. “E’ in atto un attacco ai soldi, alla liquidità dei privati, ma anche alle loro proprietà - spiega Galloni, oggi membro del Collegio dei Sindaci dell’INPS. Basta osservare come il valore degli immobili sia sceso a tal punto che valga meno del mutuo che tanti cittadini stanno pagando. Oggi coloro che si sono indebitati per comprare una casa non hanno neppure la possibilità di vendere il proprio immobile senza svenderlo. Lo stesso accadrà, se non si cambia strada, per i patrimoni pubblici”.
Lo afferma l’economista Antonino Galloni, già direttore generale al ministero del Lavoro e funzionario presso il ministero del Bilancio, che nel suo ultimo libro “Il futuro della Banca”, (edizioni Eurilink, tradotto anche in inglese “The future of banking”) delinea una teoria bancaria e finanziaria rivoluzionaria, che offre un’alternativa alle attuali politiche di austerità, i cui costi sociali sono altissimi e gli effetti ben poco utili a fronte di crescenti masse di disoccupati e una produzione ai minimi storici. “E’ in atto un attacco ai soldi, alla liquidità dei privati, ma anche alle loro proprietà - spiega Galloni, oggi membro del Collegio dei Sindaci dell’INPS. Basta osservare come il valore degli immobili sia sceso a tal punto che valga meno del mutuo che tanti cittadini stanno pagando. Oggi coloro che si sono indebitati per comprare una casa non hanno neppure la possibilità di vendere il proprio immobile senza svenderlo. Lo stesso accadrà, se non si cambia strada, per i patrimoni pubblici”.
- Professor Galloni, negli ultimi anni abbiamo assistito ai
fallimenti delle banche, primo fra tutti il crac della Lehman Brothers
nel 2008, anno in cui è iniziata la crisi finanziaria globale. Oggi,
invece, lei afferma che le banche possiedono ricchezze “nascoste”. Ci
spieghi…
“E’ una bugia affermare che i soldi per la ripresa economica non ci sono.
In realtà è in atto una corsa volta ad accaparrarsi i soldi, la
liquidità dei privati che oggi va verso le banche internazionali che la
usano anche per attività speculative. Tali attività possono portare
enormi guadagni, di cui beneficiano gli istituti di credito, ma anche
enormi perdite, che, con il sistema attuale, ricadono su Stati e
cittadini. Bisogna cambiare questo sistema, così come le politiche di
austerità e le spending review che peggiorano i conti dello Stato
anziché migliorarli”.
- Vuole dire che la banche stanno sottraendo soldi ai cittadini?
“Negli ultimi decenni le banche hanno creduto di guadagnare di più
attraverso l’attività finanziaria piuttosto che tramite quella
creditizia, finalizzata ad alimentare l’economia reale. Ne è seguita una moltiplicazione degli strumenti finanziari che ha portato ad abusi
e ha prodotto crediti inesegibili e indebitamento elevato. Nella sua
funzione creditizia la banca non fornisce soldi veri, ma indebita i suoi
clienti, e, al contempo, si incredita. Tuttavia, nei meccanismi di
bilancio accade qualcosa di anomalo. Le banche, infatti, segnano i
depositi e i conti correnti al passivo. Ma questo è assurdo, le banche
non registrano in contabilità la voragine di attivo determinata da un
enorme margine operativo lordo tra gli impieghi con i loro interessi -
da una parte - ed i soli costi di funzionamento con gli interessi sui
depositi, dall’altra. Il margine operativo sarebbe superiore al 90%. Una
quantità impressionante di denaro non tassato”.
- Com’è possibile una tale anomalia?
“Tutto fa pensare a un meccanismo fatto per occultare il reale funzionamento delle banche stesse.
E’ come se il gestore di un garage iscrivesse al passivo le automobili
parcheggiate… è assurdo! Oggi la banca registra il prestito di denaro
come passivo ma nel mio sistema deve figurare come “mancato
arricchimento”, e quindi nell’attivo della bilancia contabile”.
- E’ dunque possibile tassare questo patrimonio bancario con una
legge dello Stato che imponga alle banche di registrare in bilancio
quell’attivo enorme oggi invisibile?
“Sì. E’ necessario, innanzitutto, il ripristino della netta separazione tra gli istituti di credito e i soggetti che operano sui mercati speculativi.
Le banche devono poi accettare il pagamento di tasse sulla differenza
tra crediti non in sofferenza e costi di funzionamento, al netto degli
interessi. Ho calcolato che un’aliquota compresa tra il 20 e il 25%
consentirebbe di dimezzare la pressione fiscale dell’intero sistema. Con
vantaggi evidenti per imprese e cittadini”.
- Vuole dire che decine di miliardi di euro affluirebbero nelle
casse pubbliche e lo Stato potrebbe utilizzarli per abbassare le tasse?
“Sì. Ma non solo. Nel mio studio affermo l’urgenza di cambiamento dell’attuale modello economico
che deve avere come base fondante la massimizzazione della produzione
interna e non le esportazioni. Ribaltando la concezione del commercio
internazionale bisogna passare dalla logica attuale che dà priorità alle
esportazioni a quella che pone alla base la domanda interna”.
- Significherebbe concentrare le risorse nelle mani di cittadini e imprese nazionali?
”Sì. Auspicherei poi lo sviluppo a livello globale di nuove istituzioni
finanziarie con rapporti più equi con quelle esistenti, facenti capo
agli Usa e ai loro più stretti alleati”.
- Ma oggi l’Europa sta andando nella direzione opposta, verso
l’Unione Bancaria Europea (UBE), che lei considera anti-democratica e
dannosa. Ce ne parli…
“L’Unione Bancaria Europa si basa sul principio del “bail in”, il
prelievo forzoso. In base al funzionamento dell’Unione Bancaria Europea
in futuro le perdite conseguenti a default bancari saranno sostenute dai
finanziatori privati e non dagli Stati che non potranno operare
salvataggi a carico delle casse pubbliche. Le conseguenze più rilevanti colpiranno invece gli obbligazionisti e i correntisti, e quindi, i privati cittadini.
Se oggi i conti garantiti sono quelli al di sotto dei 100mila euro, in
futuro questa soglia potrebbe scendere a 50mila euro. Basterebbe una
legge europea”.
- Un sistema quasi “poliziesco” che farebbe ricadere ancor più di oggi, tutti i rischi sui cittadini privati?
“Gli stessi banchieri hanno interesse a una diversa evoluzione del sistema bancario perché con l’Unione Bancaria Europea le
banche, fino a qualche anno fa principali dominatrici della finanza e
dell’economia, si troveranno alla mercé dei centri della grande
speculazione internazionale, da Wall Street all’Arabia Saudita.
Il progetto di UBE completerebbe il controllo dei flussi di liquidità a
favore delle grandi concentrazioni finanziarie. L’opinione pubblica
deve essere consapevole di questi meccanismi che si ripercuotono sui
loro averi, ma anche i banchieri sono coinvolti in questa evoluzione dei
sistemi creditizi e finanziari globali e non sempre essi sono
consapevoli di come moneta e finanzia siano usati in maniera distorta.
L’evoluzione del sistema attuale potrebbe portare alla chiusura di molte
banche nazionali. Obiettivo della mia teoria è inoltre proporre
l’utilizzo dei mezzi monetari e finanziari al servizio di una comunità
per favorirne lo sviluppo”.
- Per attuare la totalità di questi cambiamenti rivoluzionari è necessario che l’Italia esca dall’euro?
“Sì, ripristinare la sovranità monetaria in capo agli Stati è una condizione essenziale e auspicabile. La governance della politica sull’economia è un principio indispensabile perché introduce regole e etica nel libero mercato”.
mercoledì 12 novembre 2014
Banche, super multa a 5 big per manipolazione
Banche, super multa a 5 big per manipolazione dei cambi
Inflitte da autorità Usa-Gb-Svizzera sanzioni per complessivi 3,3 miliardi di dollari
© ANSA
In particolare le sanzioni sono frutto di patteggiamenti fra le banche coinvolte e le autorità di vigilanza. Ubs dovrà pagare circa 800 milioni di dollari, Citigroup 668 milioni, Jp Morgan 662 milioni, Royal Bank of Scotland 634 e Hsbc 618 milioni. Secondo le indagini i trader delle grandi banche avevano costituito una sorta di 'cartello' occulto e si scambiavano le informazioni riservate attraverso delle chat room per manipolare a loro piacimento il mercato delle valute, che movimenta ogni giorno 5300 miliardi di dollari, e in particolare gli indici sui tassi dei cambi utilizzati dai fondi e derivati. "Nel mondo privati e aziende contano su questi tassi per i loro contratti finanziari - ha spiegato l'autorità di vigilanza Usa Cftc - basandosi sulla fiducia nella fondamentale integrità di questi indici. Il mercato funziona solo se si ha fiducia che il processo di costituzione di questi indici è equo, non corrotto dalla manipolazione di alcune delle principali banche al mondo".
martedì 11 novembre 2014
lunedì 10 novembre 2014
Il lavoro rinasce con moneta sovrana
Macché patrimoniale, il lavoro rinasce con moneta sovrana
http://www.libreidee.org/2014/11/macche-patrimoniale-il-lavoro-rinasce-con-moneta-sovrana/
Scritto il 10/11/14 • nella Categoria:
idee
Finanziare
la spesa pubblica con le tasse, magari una patrimoniale? Sbagliato due
volte. Primo, perché i grandi patrimoni sono finanziari, dunque volatili
e sfuggenti. E soprattutto perché chiedere altre tasse significa
rassegnarsi al sistema-truffa dell’emissione privatizzata del denaro:
per uscire dalla crisi,
infatti, basterebbero iniezioni di valuta sovrana a sostegno
dell’economia reale, cioè posti di lavoro. Possibile che la sinistra
sindacale non lo capisca? Purtroppo sì. Perché «il sindacato e gran
parte della sinistra non hanno le basi culturali o la libertà di azione
necessarie per poter imporre al dibattito pubblico, politico, sindacale,
parlamentare, di trattare i veri temi nodali». Ovvero: «Come viene
creato il denaro, da chi, a vantaggio di chi, con che diritto, con quali
profitti, con quale tassazione su questi profitti». L’uscita dal tunnel
è una sola: «Creazione di denaro direttamente da parte dello Stato,
senza che lo Stato lo debba comperare dando in cambio titoli pubblici,
cioè indebitandosi». Questo dovrebbero chiedere, Landini e Camusso, e
con loro i quasi 5 milioni di italiani iscritti alla Cgil.
Secondo
Marco Della Luna, il pericolo è lo strapotere del capitale finanziario,
cresciuto fino a 15 volte l’economia reale. Come? In due modi:
autorizzando le banche
a compiere azioni di pirateria speculativa e, prima ancora, concedendo
ai mercati finanziari di ricattare gli Stati mediante l’acquisto del
debito pubblico, nel momento in cui – in Italia dagli anni ‘80 – si è
vietato alla banca centrale di continuare a finanziare il governo, cioè i
cittadini, emettendo moneta a costo zero. Ora, con l’euro, siamo
all’incubo elevato a sistema. A tutto questo siamo giunti con l’inganno:
«Celare all’opinione pubblica questi semplici termini del problema,
fare in modo che non capisca o fraintenda ciò che si sta facendo, così
da prevenire resistenze organizzate e poter continuare in questo
processo di accaparramento della ricchezza, è un bisogno primario delle
classi dominanti che lo hanno costruito e ne stanno beneficiando». Il
nuovo compito della politica? Assicurarsi che le pecore siano tosate all’infinito, senza protestare.
Menzogne,
disinformazione, minaccia, psicologia sociale della paura: «I mezzi a
disposizione di una classe dominante per far accettare alle classi
inferiori le crescenti diseguaglianze di ricchezza e di diritti
sono molteplici». Primo: «Nascondere le diseguaglianze o le loro
cause», e poi «farle sentire giustificate (dal merito, dalle leggi del
mercato, dalla competitività, dalle capacità». Se non basta, si può
«reprimere la protesta sociale attraverso strumenti giuridici e
polizieschi». E poi «indurre paura, allarme, conflitti (shock economy,
divide et impera». Si arriva così a «impiantare un paradigma
divide-et-impera, in cui ognuno è imprenditore di se stesso e in
competizione con gli altri», un ambiente nel quale «non può nascere
consapevolezza di classe e di conflitto». Si tratta di «abituare la
gente, gradualmente, a nuove condizioni peggiorative». Il nuovo
standard, la diseguaglianza “fisiologica”, «ha già prodotto riforme che
la sanciscono e recepiscono anche sul piano formale e giuridico in
termini di sottoposizione, mediante trattati internazionali e riforme
interne, dalla sfera politica, pubblica, partecipativa a quella finanziaria, privata, capitalistica».
Estinto
l’interesse pubblico, resta solo quello affaristico privato. Un
risultato politico epocale, al quale si è arrivati grazie a una poderosa
pedagogia della menzogna, attraverso cui depistare l’opinione pubblica
dalle vere cause della crisi.
L’economia reale soffre per mancanza di credito e liquidità? Anziché
emettere l’ossigeno della valuta, le autorità monetarie hanno inculcato
la fobia delle bolle finanziarie come alibi per chiudere i rubinetti. I
soldi – tanti, a tassi bassissimi – li hanno dati solo alle banche,
per le speculazioni finanziarie e l’acquisto di derivati. E’ lo schema
del “quantitative easing” angloamericano e della Ltro, “long term
refinancing operation”, della Bce. «Il risultato voluto era prevedibile,
previsto, ed è puntualmente arrivato: praticamente pochi o nulli
benefici per l’economia reale». Tutti colpevoli, dai ministri delle
finanze al Fmi, dai banchieri centrali all’Ue: perché si rifiutano di
creare moneta destinata all’economia produttiva? «Ovvio: perché
quest’operazione da un lato avrebbe successo, farebbe ripartire
l’economia, e si capirebbe che tutto gira intorno a chi ha il potere esclusivo di creare moneta». Il sostegno monetario all’economia reale toglierebbe ai banchieri «il loro potere
monopolistico sulle società, smascherando al contempo il loro
comportamento essenzialmente distorsivo, antisociale e parassitario».
Questo è il disastro da cui discende la cosiddetta crisi.
E invece «si è raccontato alla gente che è la spesa pubblica, la spesa
per il settore pubblico, ciò che costituisce il problema, il male
dell’economia, e che quindi bisogna tagliare servizi pubblici,
privatizzare, vendere i beni collettivi, licenziare i pubblici
dipendenti, aumentare le tasse cioè fare la cosiddetta austerità,
nascondendo così la vera causa del dissesto dei conti pubblici». In
realtà sono stati i banchieri che «hanno usato i conti pubblici, cioè i
governi, per chiudere i buchi da loro stessi scavati a fini di profitto
privato». In Italia è successo col Monte dei Paschi di Siena. Ma la
tragedia a monte è la progressiva scarsità di moneta a partire dal 1981,
storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia. Da allora, «i detentori del
debito pubblico italiano sono principalmente soggetti finanziari». Nuove
tasse? Ci provò Monti, tagliando le gambe al settore immobiliare
provocandone il crollo, determinante per la cronicizzazione della
recessione. E oggi sono i sindacati che chiedono altre tasse per uscire
dal tunnel?
L’atteggiamento
della sinistra sindacale, benché giustamente motivato dalla rabbia
sociale contro le palesi diseguaglianze alimentate dal governo Renzi,
non aiuta a risolvere il problema. «Tutto questo insieme di menzogne e
di false rappresentazioni della realtà, somministrato in modo
martellante al popolo, serve a fargli accettare una politica
tributaria e finanziaria che consente di trasferire sempre più denaro
dal contribuente e dalla spesa per la società alle tasche di banchieri e
finanzieri attraverso sia gli interessi sul debito pubblico, che gli
aiuti di Stato alle banche, che gli stanziamenti multimiliardari in favore di organismi di sostegno alle banche
come il Mes», conclude Della Luna. «In sostanza, quindi, lo schema
politico è il seguente: compiere operazioni che generano profitto e
instabilità; alimentare l’instabilità e usarla per creare allarme
sociale; dare di questa situazione una falsa spiegazione alla gente, che
la disponga ad accettare non solo i peggioramenti avvenuti, ma anche
ulteriori sacrifici in termini sia economici che di diritti
anche politici, come necessari per evitare il disastro; usare questi
sacrifici per arricchirsi ulteriormente». Ecco perché l’oligarchia si
oppone all’unica possibile soluzione democratica: libera emissione di
moneta pubblica per sostenere il sistema economico, aziende e posti di
lavoro.
Finanziare la spesa pubblica con le tasse, magari una patrimoniale? Sbagliato due volte, protesta Marco Della Luna. Primo, perché i grandi patrimoni sono finanziari, dunque volatili e sfuggenti. E soprattutto perché chiedere altre tasse significa rassegnarsi al sistema-truffa dell’emissione privatizzata del denaro: per uscire dalla crisi, infatti, basterebbero iniezioni di valuta sovrana a sostegno dell’economia reale, cioè posti di lavoro. Possibile che la sinistra sindacale non lo capisca? Purtroppo sì. Perché «il sindacato e gran parte della sinistra non hanno le basi culturali o la libertà di azione necessarie per poter imporre al dibattito pubblico, politico, sindacale, parlamentare, di trattare i veri temi nodali». Ovvero: «Come viene creato il denaro, da chi, a vantaggio di chi, con che diritto, con quali profitti, con quale tassazione su questi profitti». L’uscita dal tunnel è una sola: «Creazione di denaro direttamente da parte dello Stato, senza che lo Stato lo debba comperare dando in cambio titoli pubblici, cioè indebitandosi». Questo dovrebbero chiedere, Landini e Camusso, e con loro i quasi 5 milioni di italiani iscritti alla Cgil.
Secondo Della Luna, il pericolo è lo strapotere del capitale finanziario, cresciuto fino a 15 volte l’economia reale. Come? In due modi: autorizzando le banche a compiere azioni di pirateria speculativa e, prima ancora, concedendo ai mercati
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