MASTER IN INTELLIGENCE, 7 edizione a.a. 2016/2017
INTELLIGENCE, APERTE LE ISCRIZIONI ALLA SETTIMA EDIZIONE DEL MASTER DELL'UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA.
SCADENZA 30 OTTOBRE 2017.
INTELLIGENCE
(15.9.2017) - Aperte le iscrizioni alla settima edizione del Master in
Intelligence dell'Universita della Calabria, che rappresenta la prima
esperienza di questi studi in un ateneo pubblico italiano e avviato nel
2007 con il sostegno del Presidente Emerito della Repubblica Francesco
Cossiga. Ne dà comunicazione il Direttore del Master Mario Caligiuri che
evidenzia come la scadenza per presentare le domande sia prevista per
il 30 ottobre 2017 e possa avvenire esclusivamente On-Line sul sito http://www.unical.it/portale/concorsi/view_bando.cfm?Q_BAN_ID=5678&Q_COMM=
L'inizio
delle lezioni è previsto per il 25 di novembre 2017 e tutte le attività
termineranno entro il mese di dicembre 2018. Possono presentare domande
esclusivamente i laureati del vecchio ordinamento (4 anni) e quelli in
possesso della laurea magistrale (5 anni), essendo un Master di II
livello. La quota di iscrizione è di € 3.000 (tremila), suddivisibili in
due rate. Per gli appartenenti alle forze di polizia è prevista una
riduzione del 30%. Il master si articolerà il 19 lezioni d'aula, che si
svolgeranno di sabato dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 13.30 alle 17.30.
Sono pure previste, alla fine del ciclo delle lezioni, attività
laboratoriali che si terranno in 10 giornate consecutive di due
settimane (da lunedì a venerdì). Sono anche possibili assenze in una
misura massima del 20 per cento e inoltre vanno svolte 300 ore stages in
strutture convenzionate. Come in ogni edizione, i docenti saranno
professori universitari ed esperti italiani del settore. Nelle edizioni
precedenti sono intervenuti, tra gli altri, i ministri Marco Minniti,
Paolo Savona e Giulio Tremonti; i Direttori dei Servizi Franco
Gabrielli, Vittorio Stelo, Luigi Ramponi e Nicolò Pollari; i direttori
delle scuole dei Servizi Paolo Scotto di Castelbianco, Maurizio Navarra e
Mario Maccono; i professori Alberto De Toni, Giorgio Galli, Antonio
Baldassarre, Umberto Gori, Roberto Baldoni e Antonio Teti; i prefetti
Carlo Mosca e Marco Valentini; i generali Fabio Mini e Carlo Jean; i
giornalisti Lucio Caracciolo, Paolo Messa, Massimo Franco e Andrea
Cangini; i magistrati Nicola Gratteri, Rosario Priore, Giuseppe
Pignatone e Mario Spagnuolo; gli ambasciatori Michele Valensise e
Domenico Vecchioni; i funzionari dello Stato Alessandro Ferrara, Adriana
Piancastelli e Giuseppe Scandone; i dirigenti della sicurezza di
multinazionali Alfio Rapisarda e Alberto Accardi.
Le attività di
approfondimento in questa edizione saranno riservate alla cyber
intelligence, con lo svolgimento di seminari e laboratori, d'intesa con
il Distretto della Cyber Security di Poste Italiane. Per gli
studenti sono previste attività di stage che nelle precedenti edizioni
si sono svolte presso istituzioni pubbliche e società private, tra le
quali ENEL ed IRI. Per qualunque informazione ci si può rivolgere al
Direttore del Master ai recapiti 337 980189 oppure mario.caligiuri@unical.it
Periodicamente, in Italia, scoppia uno scandalo bancario, con annesso salvataggio a spese dei contribuenti. Di recente è toccato alle venete, prima a Banca Etruria, prima ancora a Monte dei Paschi di Siena. Al di là della questione di moral hazard che questi ripetuti salvataggi creano, è palese che nel nostro paese ci sia un problema di management del sistema bancario, e di legami poco chiari con la politica. In che misura i rapporti con figure politiche, per una banca, provocano performance peggiori, e in che modo? Uno studio di Bergamaschini, Brogi, Caselli e D’Amico ha provato a rispondere a questa domanda, dimostrando in che modo si articolano tali relazioni di influenza e quale sia il loro impatto.
“Les Liaisons Dangereuses. Politically connected directors and the governance of banks” identifica la concessione di credito come lo strumento di contrattazione attraverso il quale dirigenti connessi politicamente possono ottenere obiettivi personali o favori per il loro partito. Detto in parole semplici: dirigenti bancari con una certa storia politica, che hanno già ricoperto o ricopriranno cariche politiche, offrono prestiti a persone e imprese che in realtà non possiedono sufficienti garanzie e collaterali, e che più probabilmente non saranno solventi, in cambio di un ritorno personale o politico. D’altra parte, avere qualche amico in politica significa riuscire a ottenere prestiti scavalcando le giuste considerazioni di rischio che un board dovrebbe condurre. E attraverso questo meccanismo morboso, le banche si ritrovano a fornire prestiti che finanziano progetti con scarsa probabilità di ritorni, ad accumulare crediti che non verranno mai pagati da nessuno, e a rendere il nostro sistema sempre più fragile.
I ricercatori delle Università Bocconi e La Sapienza hanno analizzato i consigli di amministrazione di 103 banche italiane (la quasi totalità) tra il 2000 e il 2015, individuando quali membri avessero ricoperto cariche politiche prima o dopo il loro ingresso nei consigli stessi. Sulla base di questi dati, hanno costruito un indice di connessione politica dei board. Il risultato è molto chiaro: più le banche sono legate a persone che hanno fatto attività politica, più alta sarà la quota di prestiti non performanti (cioè che salvo miracoli non verranno ripagati) che hanno a bilancio.
In testa all’indice di connessione politica troviamo delle modeste banche trentine; poi, moltissime venete, e qualche piemontese. Non manca la Banca popolare dell’Etruria, ma a sorpresa Monte dei Paschi di Siena si posiziona soltanto a metà classifica. Insomma: se pensavate che MPS fosse la peggiore, eravate ottimisti.
Figura 1. Evoluzione della quota di prestiti non performanti. Dati: World Bank
A partire dalla crisi, la quota di prestiti non performanti sembra
essere drasticamente aumentata in Grecia, in Italia, e in misura minore
in Spagna: ben oltre la media europea, che resta sotto il 7,5%.
L’economia è un fenomeno complesso e le cause sono multivariate, ma
sicuramente la corruzione e le influenze politiche possono ricoprire un
ruolo da non sottovalutare.Più specificatamente, sono le banche più piccole e locali a soffrire maggiormente di questa distorsione nell’allocazione delle risorse. Evidentemente, i legami tra le figure di potere nelle città sono più stretti e innescano con maggiore facilità uno scambio di favori più o meno legittimo. E a complicare il quadro, in Italia, contribuisce la presenza delle fondazioni bancarie, che sono soggette al controllo delle amministrazioni locali.
Questo modello non funziona e va superato.
Questa allocazione del credito subottimale, oltre a minare in maniera significativa alla stabilità del sistema bancario italiano, mostra un abuso di potere intollerabile specialmente in un contesto nel quale i contribuenti vengono chiamati a, letteralmente, salvare istituti bancari, com’è accaduto negli ultimi giorni per 4,7 miliardi di euro più 12 miliardi in garanzie nel caso delle banche venete. Sono, di fatto, soldi degli italiani che vanno a coprire buchi lasciati dai non solventi, troppo spesso furbetti, e troppo spesso con qualche strategica amicizia in politica.
L’atteggiamento relativamente conciliante della Commissione Europea e della BCE nei confronti degli aiuti di stato al settore bancario di cui l’Italia ha potuto godere negli ultimi due anni probabilmente ha contribuito a dare un messaggio sbagliato a chi siede nelle posizioni dirigenziali, offrendo in definitiva una scappatoia troppo semplice: i portafogli degli italiani.
Twitter @rmbitetti @ornelladarova