giovedì 31 maggio 2018
giovedì 10 maggio 2018
martedì 8 maggio 2018
LO STATO PROFONDO - Equitalia-Bonvicini: una storia italiana
UNA STORIA ITALIANA
In Italia, quanti sono i cittadini e le società/aziende che hanno ricevuto, almeno
una volta, una “Cartella di Equitalia”?
Chi di noi è mai stato in grado di decifrare esattamente tale documento
malgrado l’aiuto a pagamento di professionisti del settore?
Di certo tutti coloro cui queste cartelle erano indirizzate hanno potuto rilevare
che la somma sollecitati a pagare era sempre superiore a quanto ci si potesse
ragionevolmente aspettare.
EQUITALIA S.p.a., società privata ma a capitale interamente pubblico, era, per
legge, incaricata di riscuotere le imposte sul territorio italiano, Sicilia esclusa.
I suoi 8.000 tra dipendenti e dirigenti avevano un doppio stipendio; uno fisso
più uno variabile commisurato alle somme riscosse.
Già dal 2009, Wally Bonvicini, classe 1952, imprenditrice nell’abbigliamento,
incensurata, si attiva come privata cittadina in azioni di salvaguardia contro
Banche e Equitalia per divenire, dal 2012, responsabile di Federitalia che si
distingue nell’assistere cittadini e aziende vessati da banche e, appunto,
Equitalia.
In particolare riferimento a quest’ultima, rilevandosi oltre ai doppi/tripli tributi,
l’addebito di interessi superiori a qualsiasi investimento, applicati anche sulle
sanzioni, i contribuenti assistiti da Federitalia venivano invitati a depositare
querela per usura.
Mentre queste pratiche contro le banche e Equitalia crescevano negli anni, Wally
era invitata a dibattiti e trasmissioni TV e, da Santoro, veniva detto che Equitalia, lasciando somme dovute dal cittadino/contribuente nella sua disponibilità e chiedendone poi interessi abnormi, di fatto agiva praticando usura.
Lo 06/02/2014 alla Procura della Repubblica di Roma, Attilio Befera
(presidente e legale rappresentante di Equitalia S.p.a.) e Mario Cuccagna
(presidente di Equitalia Nord S.p.a ed Equitalia Centro S.p.a.) presentano querela nei confronti di Bonvicini Wally, nella quale viene rappresentato come la stessa, da alcuni anni, per il tramite di FEDERITALIA - Associazione Antiusura, stia ponendo in essere “una serie di iniziative penali e mediatiche contro EQUITALIA in relazione all’attività di riscossione ad essa demandata per legge”.
Attenzione alle date!
Il 12 maggio 2014, Wally Bonvicini deposita a Roma una querela a mezzo della
quale viene chiesto il sequestro del software appunto di Equitalia.
Il 24 maggio 2014 Attilio Befera, a quanto pare rinunciando a stipendi +
emolumenti pari a € 772.00 l ’anno, si dimette da Equitalia!2
Nel corso del 2015, Wally Bonvicini inizia ad essere indagata senza aver mai
ricevuto un avviso di garanzia. Benchè, come documentato, dopo circa un anno
di indagini, le autorità preposte non rilevino alcuna attività criminale in Italia e
all’estero, le indagini, intercettazioni telefoniche comprese, continuano.
1 luglio 2017, Equitalia S.p.a. viene cancellata dal Registro delle Imprese e i suoi
8.000 dipendenti vengono traghettati, senza concorso, all’Agenzia delle Entrate
Riscossione, un ente pubblico economico che sostituisce Equitalia.
Tutti loro mantengono lo stipendio fisso più uno variabile commisurato alle
somme riscosse!?!
Il 16 settembre 2017, Wally viene arrestata e condotta nel carcere di Modena.
Per i collaboratori di Federitalia ci sono gli arresti domiciliari.
Le accuse sono: diffamazione, sottrazione fraudolenta di beni dovuti allo Stato e
associazione a delinquere.
Il fascicolo dell’accusa è di 14.000, quattordicimila, pagine, circa Kg 26 di carta!
Il 18 dicembre 2017, Wally Bonvicini deve comparire, questa volta solo come
testimone, in un processo per reato connesso, a Torino.
In realtà, già dal giorno 16 dicembre, negatale la telefonata al proprio avvocato,
essa è trasferita da Modena al carcere Lo Russo e Cutugno di Torino. Prima di
salire sul cellulare per le cinque ore ininterrotte del viaggio, le viene sequestrato
l’indumento invernale in precedenza invece approvato dal carcere di Modena.
Il “soggiorno” a Torino, durerà fino al 29 dicembre, in una cella senza
riscaldamento, senza “ora d’aria” e senza possibilità di bere acqua se non dopo
aver appreso, nei giorni a seguire, che occorreva farne scorta giornaliera ogni
singola mattina. Sospeso l’accesso al suo conto di detenuta ella rimaneva senza
possibilità di comperare francobolli per inviare lettere piuttosto che sapone per
lavarsi, sostituito così da un detergente per piatti trovato per caso.
Alla sorella, unica parente e unica persona cui era/è permesso farle visita, viene
negata ogni informazione dagli uffici del carcere e l’avvocato non collabora.
Il 16 marzo 2018, scadrebbero i 180 giorni di carcerazione preventiva a
Modena ma la Procura di Parma, tre mesi prima, mentre Wally era in carcere a
Torino, ha fissato il Rito Immediato per cui la carcerazione si prolunga
automaticamente di altrettanti giorni.
Il 21 marzo 2018, nella prima udienza al tribunale di Parma, il Giudice accoglie tutte le prove dell’accusa e respinge tutte le eccezioni della difesa.
Dopo tre giorni, tutti gli imputati agli arresti domiciliari sono rimessi in libertà.
Wally Bonvicini rimane in carcere perché ritenuta “pericolosa”.
Nuova udienza avvenuta il 27 aprile 2018.
Se l’argomento interessa, prego procedere...
In Italia, quanti sono i cittadini e le società/aziende che hanno ricevuto, almeno
una volta, una “Cartella di Equitalia”?
Chi di noi è mai stato in grado di decifrare esattamente tale documento
malgrado l’aiuto a pagamento di professionisti del settore?
Di certo tutti coloro cui queste cartelle erano indirizzate hanno potuto rilevare
che la somma sollecitati a pagare era sempre superiore a quanto ci si potesse
ragionevolmente aspettare.
EQUITALIA S.p.a., società privata ma a capitale interamente pubblico, era, per
legge, incaricata di riscuotere le imposte sul territorio italiano, Sicilia esclusa.
I suoi 8.000 tra dipendenti e dirigenti avevano un doppio stipendio; uno fisso
più uno variabile commisurato alle somme riscosse.
Già dal 2009, Wally Bonvicini, classe 1952, imprenditrice nell’abbigliamento,
incensurata, si attiva come privata cittadina in azioni di salvaguardia contro
Banche e Equitalia per divenire, dal 2012, responsabile di Federitalia che si
distingue nell’assistere cittadini e aziende vessati da banche e, appunto,
Equitalia.
In particolare riferimento a quest’ultima, rilevandosi oltre ai doppi/tripli tributi,
l’addebito di interessi superiori a qualsiasi investimento, applicati anche sulle
sanzioni, i contribuenti assistiti da Federitalia venivano invitati a depositare
querela per usura.
Mentre queste pratiche contro le banche e Equitalia crescevano negli anni, Wally
era invitata a dibattiti e trasmissioni TV e, da Santoro, veniva detto che Equitalia, lasciando somme dovute dal cittadino/contribuente nella sua disponibilità e chiedendone poi interessi abnormi, di fatto agiva praticando usura.
Lo 06/02/2014 alla Procura della Repubblica di Roma, Attilio Befera
(presidente e legale rappresentante di Equitalia S.p.a.) e Mario Cuccagna
(presidente di Equitalia Nord S.p.a ed Equitalia Centro S.p.a.) presentano querela nei confronti di Bonvicini Wally, nella quale viene rappresentato come la stessa, da alcuni anni, per il tramite di FEDERITALIA - Associazione Antiusura, stia ponendo in essere “una serie di iniziative penali e mediatiche contro EQUITALIA in relazione all’attività di riscossione ad essa demandata per legge”.
Attenzione alle date!
Il 12 maggio 2014, Wally Bonvicini deposita a Roma una querela a mezzo della
quale viene chiesto il sequestro del software appunto di Equitalia.
Il 24 maggio 2014 Attilio Befera, a quanto pare rinunciando a stipendi +
emolumenti pari a € 772.00 l ’anno, si dimette da Equitalia!2
Nel corso del 2015, Wally Bonvicini inizia ad essere indagata senza aver mai
ricevuto un avviso di garanzia. Benchè, come documentato, dopo circa un anno
di indagini, le autorità preposte non rilevino alcuna attività criminale in Italia e
all’estero, le indagini, intercettazioni telefoniche comprese, continuano.
1 luglio 2017, Equitalia S.p.a. viene cancellata dal Registro delle Imprese e i suoi
8.000 dipendenti vengono traghettati, senza concorso, all’Agenzia delle Entrate
Riscossione, un ente pubblico economico che sostituisce Equitalia.
Tutti loro mantengono lo stipendio fisso più uno variabile commisurato alle
somme riscosse!?!
Il 16 settembre 2017, Wally viene arrestata e condotta nel carcere di Modena.
Per i collaboratori di Federitalia ci sono gli arresti domiciliari.
Le accuse sono: diffamazione, sottrazione fraudolenta di beni dovuti allo Stato e
associazione a delinquere.
Il fascicolo dell’accusa è di 14.000, quattordicimila, pagine, circa Kg 26 di carta!
Il 18 dicembre 2017, Wally Bonvicini deve comparire, questa volta solo come
testimone, in un processo per reato connesso, a Torino.
In realtà, già dal giorno 16 dicembre, negatale la telefonata al proprio avvocato,
essa è trasferita da Modena al carcere Lo Russo e Cutugno di Torino. Prima di
salire sul cellulare per le cinque ore ininterrotte del viaggio, le viene sequestrato
l’indumento invernale in precedenza invece approvato dal carcere di Modena.
Il “soggiorno” a Torino, durerà fino al 29 dicembre, in una cella senza
riscaldamento, senza “ora d’aria” e senza possibilità di bere acqua se non dopo
aver appreso, nei giorni a seguire, che occorreva farne scorta giornaliera ogni
singola mattina. Sospeso l’accesso al suo conto di detenuta ella rimaneva senza
possibilità di comperare francobolli per inviare lettere piuttosto che sapone per
lavarsi, sostituito così da un detergente per piatti trovato per caso.
Alla sorella, unica parente e unica persona cui era/è permesso farle visita, viene
negata ogni informazione dagli uffici del carcere e l’avvocato non collabora.
Il 16 marzo 2018, scadrebbero i 180 giorni di carcerazione preventiva a
Modena ma la Procura di Parma, tre mesi prima, mentre Wally era in carcere a
Torino, ha fissato il Rito Immediato per cui la carcerazione si prolunga
automaticamente di altrettanti giorni.
Il 21 marzo 2018, nella prima udienza al tribunale di Parma, il Giudice accoglie tutte le prove dell’accusa e respinge tutte le eccezioni della difesa.
Dopo tre giorni, tutti gli imputati agli arresti domiciliari sono rimessi in libertà.
Wally Bonvicini rimane in carcere perché ritenuta “pericolosa”.
Nuova udienza avvenuta il 27 aprile 2018.
Se l’argomento interessa, prego procedere...
lunedì 23 aprile 2018
“L’Euro è irreversibile”. Però gli altri si preparano al suo collasso.
“L’Euro è irreversibile”. Però gli altri si preparano al suo collasso.
Gli altri si stanno preparando al suo collasso: precisamente, a come guadagnarci o non perderci.
- I tedeschi per primi, ovviamente.
Il professor Clemens Fuest, numero 1 del prestigioso Institut für Wirtschaftsforschung (IFO), ha auspicato l’introduzione nelle normative europee di una clausola che permetta l’uscita di un paese dell’eurozona dalla moneta comune.
Cioè ha affrontato esplicitamente un argomento che, se un economista italiano vi allude, viene subissato da ululati di sdegno dei politici, dagli strilli degli economisti mainstream, da articolesse di violenta ripulsa dai principali media; bollato come “sovranista, populista”, e di statalista-fascista da Oscar Giannino (il famoso “master of Chicago School”), espulso dal dibattito pubblico e reso una “non persona”. Una tempesta di indignazione del pensiero unico contro chi si macchia del delitto di lesa maestà, avendo Mario Draghi – il venerato maestro – ordinato: L’euro è irreversibile”.

Qualche giornale italico ha riportato sì la proposta di Herr Fuest, trattandola come quella di un originale. Nella stessa conferenza, Hans Werner Sinn, l’ex capo dell’IFO; ha detto: “Non so se l’euro durerà, ma il suo sistema di funzionamento è condannato”.
- La finanza Usa.
La Francia
Patrick Artus, direttore delle ricerche e studi economici di Natixis (banca d’affari che gestisce 21) miliardi ha mostrato in un recente studio che in tutte le economie dei paesi sviluppati (OCSE) il capitalismo è entrato nella fase dinamica terminale descritta da Karl Marx: a) cala il rendimento del capitale (gli investimenti rendono sempre meno), b) le imprese rispondono a questa situazione abbassando i salari, distorcendo ancor più la distribuzione del reddito a favore dei profitti; c) quando questa distorsione raggiunge i suoi limiti (che si verificano quando i salari scendono a livello di sussistenza), l’economia reale si sgonfia e dunque i capitalisti cercano altrove il profitto; d) poiché la produttività reale non basta più, i capitalisti si abbandonano a operazioni speculative pure: riacquisto di azioni proprie (per farle salite fittiziamente in Borsa), acquisto di attivi rischiosi, bitcoin, speculazioni immobiliari e finanziarie.
L’ultima tappa si configura come un alzo verticale delle ineguaglianze una enorme crisi finanziaria. Così previde Marx il collasso del capitalismo per le sue contraddizioni interne. Quando un economista come Artus comincia a dar ragione a Marx, c’è da preoccuparsi davvero.
Il fatto è che è la seconda volta che l’Indice di Schiller (che analizza le probabilità di bolle finanziarie) raggiunge il vertice in cui è oggi: la prima volta in cui l’euforia borsistica è diventata spumeggiante come oggi, è stato poco prima del krack del 1929, la più grande crisi economica del ventesimo secolo.
Né mancano i segnali già visti nel 2008: mercati finanziari surriscaldati, i consumatori super-indebitati (ed anche gli speculatori, ed anche gli Stati…) attivi finanziari sopravvalutati. E concentrazioni dei capitali accresciuta.
Ma ha ragione Bridgewater a puntare contro la zona euro? Giudicate voi. Dal 2011, la Banca centrale europea di Mario Draghi ha iniettato nella zona euro 4 mila miliardi di €, ossia più di un terzo del PIL dell’eurozona. Più precisamente, li ha “iniettati” nelle banche. Dove sono finiti questi miliardi? Per lo più in Germania e in Lussemburgo, che non sembrano essere i paesi più poveri e bisognosi: insomma l’intervento BCE aggrava la distorsione della capitalismo terminale invece di moderarla: segno inequivocabile che essa si basa su un sistema di economia ideologica radicalmente sbagliato. Inoltre, le banche che hanno ricevuto questo di miliardi, li hanno “investiti” a deposito – presso la stessa BCE: da 300 miliardi che erano nel 2011, sono 2000 miliardi adesso. Invece che nell’economia produttiva, li hanno messi a cantone per rispettare la proporzione di liquidità (LCR), per avere abbastanza liquidità depositata in caso di crisi. Il che conferma la concezione “radicalmente sbagliata” a cui l’Europa obbedisce. E che continua ad imporre nonostante i risultati.
Ciò che hanno fatto la BCE e la Federal Reserve è stato di ingrassare le banche private acquistando i loro crediti (dubbi). Con ciò, i debiti del settore privato sono pagati essenzialmente dai contribuenti senza alcun ritorno sull’investimento. Manco a dirlo, il capo della banca centrale francese Francois Villeroy de Galhau ha incitato il governo a ridurre le regolamentazioni e auspicato più fusioni-acquisizioni bancarie nella UE, la “cura” che ha visto applicare nel settore bancario USA.
Ovviamente la BCE continua a ordinare che la zona euro sia “rinforzata” (ma perché se è irreversibile?): ossia gli Stati membri devono fare “le riforme” austeritarie, accumulare avanzi primari e integrare i mercati dei servizi nell’intera eurozona per “meglio assorbire le perdite potenziali” in caso di crisi “senza far ricorso ai contribuenti”. Detto altrimenti: per rendere l’euro “irreversibile”, prosciugare la nazioni fino all’osso.
Ovviamente sapendo che tutto ciò è inutile se la zona euro non diventa una zona monetaria reale e completa, il che significa un ministero delle finanze europeo e un bilancio comune dell’eurozona. Ciò che il velleitario Macron sta predicando ad orecchie tedesche, che sono più sorde di prima: perché ciò che vorrebbe Le Petit da Berlino è che trasferisse i suoi enormi surplus agli stati in deficit, in una redistribuzione generale del potere d’acquisto.
Al contrario, le centrali germaniche stanno preparandosi – e preparando la loro opinione pubblica – ad uno smembramento dell’euro: ormai che ci hanno guadagnato tutto quel che ci potevano lucrare e si tratta di pagare in parte il conto, la Bundesbank lamenta: l’economia tedesca è più fragile di quel che sembra. Colpa dei tassi d’interesse troppo bassi (colpa dell’italiota Draghi), le loro banche sono le meno redditizie della zona (con un rapporto costi/benefici del 74,9%), i loro prezzi immobiliari sono sopravvalutati del 15, anzi del 30% – insomma non ha niente da dare ai paesi del Sud Europa. Anzi, comincino a pensare come saldare il Target 2, ossia il debito contabile che i meridios hanno contratto che la Germania, dissanguando la sua povera economia all’orlo della mendicità: ben 900 miliardi di euro, di cui l’Italia secondo loro deve 450 miliardi e la Spagna 400 (la Francia è più o meno in pari). Come hanno già spiegato economisti come Bagnai e Borghi, questa cifra colossale esprime l’enorme surplus dell’export tedesco verso i paesi- servi: un surplus – in pratica ci hanno anticipato i soldi con cui abbiamo comprato le loro BMW – almeno illegale quanto il demoniaco deficit superiore al 3% di cui ci macchiamo qui al Sud. Ma i governi italiani, finora, non hanno mai risposto al piagnucolio tedesco chiedendo a Berlino di ridurre quel surplus contrario alle normative. Adesso che rischiano di apparire governi meno servili, gridano al populismo e cominciano a dire che ci vuole unna clausola che per metta l’uscita dall’euro. Irreversibile, qui da noi. I soliti a reggere il moccolo.
Per rabbonire in parte il Club Med, la Commissione UE (Berlino) sta decidendo dietro le quinte di togliere diversi miliardi di euro dall’Europa centrale e orientale e di ridistribuirli nell’Europa meridionale. Questo è riportato dal Financial Times. Si riuscirà così a “punire” Polonia, Ungheria e Repubblica ceka perché “Non accolgono gli immigrati”, e a trasferire fra Spagna e Grecia, e alcune regioni sottosviluppate della Francia i soldi presi a Visegrad, senza spese per i Deutsch. Speriamo ci sia qualche briciola per l’Italia, che come la Grecia ha dovuto accettare perdite fino al 30% dei bilancio concordato nel 2013. L’idea è una riorganizzazione radicale della “politica di coesione” comunitaria: aiuti non più basato solo sulla base del PIL pro-capite (ovviamente basso all’Est più che da noi), ma tenendo conto di criteri più ampi, come la disoccupazione giovanile, l’istruzione, l’ambiente e la “accoglienza ai migranti”..
domenica 22 aprile 2018
Derivati, se non ora quando?
IL MANIFESTO
Derivati, se non ora quando?
Nuova finanza pubblica. Dopo la decisione della sezione Antitrust della Commissione Europea non ci sono più alibi
Marco Bersani
Edizione del
21.04.2018
https://ilmanifesto.it/derivati-se-non-ora-quando/
La battaglia per l’annullamento dei derivati e per la drastica riduzione dei tassi di interesse sui mutui contratti dagli enti locali e dallo Stato può contare da tempo su un’arma decisiva, il cui mancato utilizzo e sottovalutazione da parte degli enti pubblici può a buon titolo essere considerata complicità con le banche nell’esproprio della ricchezza collettiva.
Stiamo parlando della Decisione della sezione Antitrust della Commissione Europea «caso AT 39914» del 4/12/2013, resa pubblica solo a metà del novembre 2016 (!!), con la quale sono state sanzionate alcune imprese bancarie e finanziarie per illeciti, riconosciuti ed ammessi dalle stesse imprese oggetto di indagine, per il periodo settembre 2005 – maggio 2008.
La sentenza permette a singoli cittadini, imprese ed enti pubblici di chiudere tutti i contratti di mutuo, prestiti e derivati, sottoscritti nel periodo indicato, che contenevano un tasso variabile legato all’Euribor, riconoscendo agli stessi il diritto al risarcimento. La Decisione si basa su due elementi: a) il primo è relativo all’intesa restrittiva della concorrenza, operata da un cartello tra le principali banche europee, con lo scopo di manipolare, a proprio vantaggio, il corso dell’Euribor; vicenda che si è chiusa con la condanna di 4 tra le più note banche europee (Barclays, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland e Société Générale) al pagamento di una multa pari a 1,7 mld; b) il secondo è relativo all’indeterminatezza stessa del tasso Euribor (un tasso inteso a riflettere il costo dei prestiti interbancari in euro); in questo caso, rileva la sentenza, i parametri atti ad individuare il tasso variabile sono scarsamente intelligibili, perché si fa riferimento a valori concatenati di valute estere tali da non rendere verificabili i dati. Dalla Decisione consegue il diritto tangibile al risarcimento per indeterminatezza e manipolazione del tasso di interesse.
Gli enti locali e lo Stato italiano, indipendentemente dalla banca con cui li hanno stipulati, possono in sostanza ora ottenere l’annullamento di tutti i contratti di mutuo e di tutti i derivati sottoscritti nel periodo settembre 2005/maggio 2008, ancora attivi o scaduti da non oltre 5 anni, con il risarcimento integrale di tutti gli interessi sui mutui e di tutti i flussi negativi su derivati che si sono visti addebitare. Va infine aggiunto che la Decisione della Commissione Europea ha potere vincolante sul Giudice competente nazionale, che, pertanto, è chiamato ad uniformarsi, per non incorrere in sanzioni.
Gli anni 2005-2008 costituiscono il periodo di massima dimensione della stipula di contratti derivati da parte degli Enti Locali, il cui apice è stato raggiunto nel 2007 con 796 enti interessati e 1.331 contratti sottoscritti dal valore nazionale iniziale di 37,042 miliardi di euro. Fu proprio l’espansione senza controllo dei derivati a far decidere nel 2008 (art. 62, D.Lgs. n. 112/2008) la sospensione temporanea dell’attività in derivati di regioni ed enti locali (poi divenuta definitiva con la Legge di stabilità 2014).
Gli enti locali, messi con le spalle al muro da decenni di politiche di austerità, hanno oggi l’occasione per rialzare la testa e per scegliere finalmente di rappresentare le comunità territoriali invece di continuare a favorire la penetrazione degli interessi finanziari nella società e nella vita delle persone.
I movimenti sociali e le comunità territoriali hanno il compito di sollevarsi e di pretendere che tutti i Comuni mettano da subito in atto quanto necessario per rompere la trappola del debito e per ottenere la restituzione del maltolto, da reinvestire in servizi per la collettività.
Riprendersi il futuro è l’attività del presente.
Derivati, se non ora quando?
Nuova finanza pubblica. Dopo la decisione della sezione Antitrust della Commissione Europea non ci sono più alibi
Marco Bersani
Edizione del
21.04.2018
https://ilmanifesto.it/derivati-se-non-ora-quando/
La battaglia per l’annullamento dei derivati e per la drastica riduzione dei tassi di interesse sui mutui contratti dagli enti locali e dallo Stato può contare da tempo su un’arma decisiva, il cui mancato utilizzo e sottovalutazione da parte degli enti pubblici può a buon titolo essere considerata complicità con le banche nell’esproprio della ricchezza collettiva.
Stiamo parlando della Decisione della sezione Antitrust della Commissione Europea «caso AT 39914» del 4/12/2013, resa pubblica solo a metà del novembre 2016 (!!), con la quale sono state sanzionate alcune imprese bancarie e finanziarie per illeciti, riconosciuti ed ammessi dalle stesse imprese oggetto di indagine, per il periodo settembre 2005 – maggio 2008.
La sentenza permette a singoli cittadini, imprese ed enti pubblici di chiudere tutti i contratti di mutuo, prestiti e derivati, sottoscritti nel periodo indicato, che contenevano un tasso variabile legato all’Euribor, riconoscendo agli stessi il diritto al risarcimento. La Decisione si basa su due elementi: a) il primo è relativo all’intesa restrittiva della concorrenza, operata da un cartello tra le principali banche europee, con lo scopo di manipolare, a proprio vantaggio, il corso dell’Euribor; vicenda che si è chiusa con la condanna di 4 tra le più note banche europee (Barclays, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland e Société Générale) al pagamento di una multa pari a 1,7 mld; b) il secondo è relativo all’indeterminatezza stessa del tasso Euribor (un tasso inteso a riflettere il costo dei prestiti interbancari in euro); in questo caso, rileva la sentenza, i parametri atti ad individuare il tasso variabile sono scarsamente intelligibili, perché si fa riferimento a valori concatenati di valute estere tali da non rendere verificabili i dati. Dalla Decisione consegue il diritto tangibile al risarcimento per indeterminatezza e manipolazione del tasso di interesse.
Gli enti locali e lo Stato italiano, indipendentemente dalla banca con cui li hanno stipulati, possono in sostanza ora ottenere l’annullamento di tutti i contratti di mutuo e di tutti i derivati sottoscritti nel periodo settembre 2005/maggio 2008, ancora attivi o scaduti da non oltre 5 anni, con il risarcimento integrale di tutti gli interessi sui mutui e di tutti i flussi negativi su derivati che si sono visti addebitare. Va infine aggiunto che la Decisione della Commissione Europea ha potere vincolante sul Giudice competente nazionale, che, pertanto, è chiamato ad uniformarsi, per non incorrere in sanzioni.
Gli anni 2005-2008 costituiscono il periodo di massima dimensione della stipula di contratti derivati da parte degli Enti Locali, il cui apice è stato raggiunto nel 2007 con 796 enti interessati e 1.331 contratti sottoscritti dal valore nazionale iniziale di 37,042 miliardi di euro. Fu proprio l’espansione senza controllo dei derivati a far decidere nel 2008 (art. 62, D.Lgs. n. 112/2008) la sospensione temporanea dell’attività in derivati di regioni ed enti locali (poi divenuta definitiva con la Legge di stabilità 2014).
Gli enti locali, messi con le spalle al muro da decenni di politiche di austerità, hanno oggi l’occasione per rialzare la testa e per scegliere finalmente di rappresentare le comunità territoriali invece di continuare a favorire la penetrazione degli interessi finanziari nella società e nella vita delle persone.
I movimenti sociali e le comunità territoriali hanno il compito di sollevarsi e di pretendere che tutti i Comuni mettano da subito in atto quanto necessario per rompere la trappola del debito e per ottenere la restituzione del maltolto, da reinvestire in servizi per la collettività.
Riprendersi il futuro è l’attività del presente.
venerdì 20 aprile 2018
Derivati sul debito: a processo Morgan Stanley, Grilli e Siniscalco
Derivati sul debito: a processo Morgan Stanley, Grilli e Siniscalco. Difensore della banca l’ex sottosegretario Catricalà

di F. Q. | 19 aprile 2018
La clausola di estinzione anticipata e il danno erariale – I magistrati contabili contestano un danno erariale di 4 miliardi complessivi e chiedono a Morgan Stanley di risarcirne 2,8 mentre ne pretendono altri 1,2 da Grilli, Siniscalco, La Via e Cannata. Quest’ultima dovrebbe rimborsare oltre 1 miliardo. L’oggetto del contendere è la clausola di uscita anticipata dai derivati (Ate, additional termination event) prevista dal decreto ministeriale del gennaio 1997 firmato dall’allora ministro Carlo Azeglio Ciampi, coadiuvato al ministero dall’allora direttore generale Mario Draghi, e ribadita dallo stesso Draghi in una circolare del 2001 inviata al ministro Vincenzo Visco. Nel 2004 Cannata consigliò a Domenico Siniscalco, all’epoca direttore generale del Tesoro, di adottare le stesse forme di derivati con l’opzione di uscita anticipata secondo le procedure indicate da Draghi tre anni prima. Quella inserita nel contratto Isda Master Agreement sottoscritto nel 1994 con il Tesoro prevedeva, in particolare, che se si fosse trovata esposta oltre un certo livello al debito italiano la banca avrebbe potuto chiedere la chiusura del portafoglio facendosi restituire l’intero valore di mercato della posizione. Che in quella fase era particolarmente alto vista la debolezza finanziaria dell’Italia, i cui titoli di Stato in quei mesi arrivarono a rendere oltre 500 punti più degli omologhi tedeschi a causa del rischio percepito dagli investitori.
“Ministero inerte, non ha valutato i rischi” – Per Minerva il contratto chiuso da Morgan Stanley all’apice della crisi del debito era “fortemente aleatorio, con fortissimi profili di rischio e non di sola copertura”, come dovrebbe essere un normale contratto derivato. Lo Stato, ha detto il procuratore, “dovrebbe sempre avere sotto controllo il proprio denaro e la propria esposizione”. Invece il ministero è rimasto “inerte quando ha scoperto la clausola Ate (additional termination event)”, oggetto del processo: “Si è affidato a Morgan Stanley, senza negoziare e senza opporsi. Ma lo Stato poteva, aveva gli argomenti e quindi doveva opporsi all’esercizio di quella clausola”. “C’è stata una gestione del denaro pubblico come se fosse privato“, ha chiosato Minerva, secondo cui dalle carte depositate emerge come il Tesoro si rimettesse “alle indicazioni che provenivano da Morgan Stanley”. Qui, aggiunge, “non si sta parlando di inadempimento contrattuale di Morgan Stanley ma di una violazione di un obbligo di servizio di natura fiduciaria nel rapporto complessivo instaurato con il Mef nella gestione del debito pubblico”. Il Tesoro ha sempre sostenuto di aver utilizzato i derivati come assicurazione contro il rischio di un aumento dei tassi, soprattutto durante gli anni peggiori della crisi finanziaria. Ma, come spiegato dalla procura della Corte dei Conti a febbraio 2017, alcuni dei contratti “evidenziavano profili speculativi che li rendevano inidonei alla finalità di ristrutturazione del debito pubblico – l’unica consentita dalla normativa per operazioni in derivati – non essendo ammissibile per lo Stato, investitore pubblico, assumersi rischi rilevantissimi”.
Contestata la giurisdizione della Corte. La difesa: “Contratti aleatori? Allora sono tutti nulli” – Il giudice relatore Marco Fratini ha fatto sapere che Morgan Stanley e gli altri imputati hanno eccepito il difetto di giurisdizione del giudice contabile. “Morgan Stanley lo ha sollevato sotto un duplice profilo: per mancanza di un rapporto di servizio con lo Stato italiano e per insindacabilità delle scelte di merito”. Antonio Catricalà, difensore di Morgan Stanley, ha sostenuto che “i derivati sono uno strumento ordinario di gestione del debito” e la swaption, l’opzione per la protezione dagli sbalzi sui tassi prevista nel contratto tra il Tesoro e Morgan Stanley, “è stata inserita da Mario Draghi e ha tutte le caratteristiche di legittimità. Si tratta di uno strumento indispensabile per la gestione del rischio” e “l’utilizzo nella gestione del debito di simili strumenti rientra nell’esercizio pieno dell’autonomia dello Stato”. “Morgan Stanley”, ha aggiunto, “non è stato mai un consulente del Tesoro ma una controparte contrattuale”. Quanto al fatto che i contratti derivati sia nulli perché aleatori, “allora deve essere nullo anche il Superenalotto. È evidente che se venissero ritenuti nulli perché illegittimi tutti i contratti derivati, Morgan Stanley e le altre banche dovrebbero fare causa allo Stato italiano”.
I procedimenti già chiusi – Il gip di Roma, nell’autunno del 2015, ha archiviato la posizione della Cannata che era stata indagata anche per manipolazione del mercato, truffa aggravata e abuso d’ufficio. Il tribunale dei ministri che il 22 gennaio 2016 ha poi stabilito che l’allora presidente del Consiglio Mario Monti e l’attuale ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan non commisero alcun reato.
Dai derivati impatto negativo di 24 miliardi in tre anni – Tra 2013 e 2016, ricorda Reuters, i derivati hanno avuto un impatto negativo sul bilancio pubblico di 24 miliardi: 13,7 sono esborsi netti mentre 10,3 sono riclassificazioni statistiche. Lo scorso anno i derivati hanno avuto sul bilancio pubblico italiano un impatto negativo di oltre 8 miliardi, secondo le statistiche di Eurostat. Gli esborsi ammontano a 4,25 miliardi ma, considerando anche gli aggiustamenti contabili che incidono sul debito pubblico, il totale sale a 8,324 miliardi. Dal Rapporto sul debito pubblico pubblicato sul sito del ministero dell’Economia emerge che al 31 dicembre 2016 il valore di mercato di tutti gli strumenti derivati sul debito era negativo per 37,9 miliardi, a fronte di un valore nozionale di 143,5 miliardi.
lunedì 9 aprile 2018
Proposte di signoraggio della Commissione europea
BCE: la
distribuzione dei profitti di signoraggio nazionale è una questione
per i governi
Il nuovo capo del servizio civile della Commissione è considerato il principale sostenitore delle proposte di signoraggio della Commissione europea
Il nuovo capo del servizio civile della Commissione è considerato il principale sostenitore delle proposte di signoraggio della Commissione europea
Commissione europea

La sede della Commissione europea
Dan
Hardie 29 mar 2018
La Banca centrale europea ha affermato che i singoli paesi della zona euro devono decidere se dirigere i profitti dal signoraggio alla Commissione europea, il braccio esecutivo dell'Unione europea. Una dichiarazione ufficiale della BCE ha osservato che qualsiasi tentativo di cambiare il modo in cui distribuisce i profitti del signoraggio nella zona euro richiederebbe modifiche alla legge che governa l'istituzione. I commissari europei hanno discusso privatamente delle proposte per fare un passo in tal senso nella loro riunione di ieri (28 marzo). Fonti a Bruxelles dicono che nessun commento pubblico della Commissione è probabile prima che pubblichi le sue proposte ufficiali in materia, in un annuncio che dovrebbe essere il 2 maggio.
La Banca centrale europea ha affermato che i singoli paesi della zona euro devono decidere se dirigere i profitti dal signoraggio alla Commissione europea, il braccio esecutivo dell'Unione europea. Una dichiarazione ufficiale della BCE ha osservato che qualsiasi tentativo di cambiare il modo in cui distribuisce i profitti del signoraggio nella zona euro richiederebbe modifiche alla legge che governa l'istituzione. I commissari europei hanno discusso privatamente delle proposte per fare un passo in tal senso nella loro riunione di ieri (28 marzo). Fonti a Bruxelles dicono che nessun commento pubblico della Commissione è probabile prima che pubblichi le sue proposte ufficiali in materia, in un annuncio che dovrebbe essere il 2 maggio.
La BCEafferma di conservare parte degli utili che genera come riserve e
distribuisce il resto alle banche centrali nazionali. In una
dichiarazione inviata ai media, incluso Central Banking, la banca ha
dichiarato: "La BCE distribuisce i suoi profitti agli azionisti
della BCE, le banche centrali nazionali (BCN). Insieme ai loro
profitti, le BCN lo distribuiscono, secondo la legislazione
nazionale, ai loro azionisti, che sono i ministeri delle finanze. I
rispettivi ministeri / governi decidono cosa fanno con quel denaro ".
La BCE ha aggiunto che" è importante notare che un cambiamento
nel modo in cui i profitti della BCE sono distribuiti richiederebbe
il cambiamento dello statuto del [Sistema europeo di banche centrali]
". La Commissione sta considerando la proposta come uno dei vari
modi di aumentare le entrate che controllerebbe direttamente,
piuttosto che ricevere dai governi degli stati europei. Il probabile
calo delle entrate che seguirà la partenza del Regno Unito
dall'Unione europea è uno dei fattori che spingono le proposte,
secondo alcuni osservatori.
Stime dei ricavi
In una comunicazione ufficiale emessa il 14 febbraio, la Commissione ha suggerito che una parte del signoraggio versato ai ministeri delle finanze nazionali "potrebbe essere resa disponibile per il bilancio dell'UE come una forma di contributo nazionale".
La Commissione ha affermato che "a seconda della percentuale applicata, le entrate stimate dal signoraggio potrebbero variare tra 10,5 miliardi di euro (10%, 13 miliardi di dollari) e 56 miliardi di euro (50%) nell'arco di sette anni". Ma le stime di possibili entrate dal signoraggio potrebbero essere troppo ottimistiche. Il rapporto annuale della BCE per il 2016, pubblicato nell'aprile 2017, afferma che la banca centrale non ha effettivamente realizzato alcun guadagno sul signoraggio quell'anno. "Il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali è diminuito, riducendo significativamente il reddito da signoraggio della BCE", afferma il rapporto. "Il tasso medio per il 2016 è stato dello 0,01%, rispetto al 4% per il 2008 e, di conseguenza, gli interessi attivi sulle banconote in circolazione sono diminuiti da 2,2 miliardi di euro nel 2008 a 0,01 miliardi di euro nel 2016."
Sostenitore chiave
Gli osservatori delle istituzioni dell'UE sostengono che un importante sostenitore delle proposte è Martin Selmayr, che recentemente è diventato capo del servizio civile della Commissione. È stato nominato segretario generale il 21 febbraio, dopo essere stato nominato dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker. Il suo predecessore, Alexander Italianer, inaspettatamente si è ritirato dopo due anni e mezzo nel ruolo, poco dopo che Juncker aveva nominato Selmayr come vice segretario generale. La nomina di Selmayr ha portato a un'audizione pubblica animata in una riunione della commissione del Parlamento europeo. I membri del Parlamento hanno ripetutamente messo in discussione la sua nomina al ruolo, sollevando preoccupazioni sulla sua percezione di vicinanza a Juncker e sulla rapidità con cui gli era stato assegnato il lavoro. Un progetto di risoluzione preparato dalla commissione per il controllo del bilancio del Parlamento ha definito la nomina di Selmayr come una "azione da golpe" che minaccia il "rischio di reputazione" per le istituzioni europee. Selmayr è stato direttore della campagna di Juncker quando l'ex primo ministro lussemburghese ha esercitato pressioni per diventare presidente della Commissione nel 2014. Quando Juncker è stato confermato come presidente, ha nominato Selmayr come suo capo dello staff, un ruolo che ha ricoperto fino a quando è stato nominato segretario generale. Selmayr è un cittadino tedesco che ha lavorato come avvocato presso la BCE dal 1998 al 2000. Ha collaborato con Claudia Zilioli e un libro, The law of the European Central Bank, pubblicato nel 2001.
Stime dei ricavi
In una comunicazione ufficiale emessa il 14 febbraio, la Commissione ha suggerito che una parte del signoraggio versato ai ministeri delle finanze nazionali "potrebbe essere resa disponibile per il bilancio dell'UE come una forma di contributo nazionale".
La Commissione ha affermato che "a seconda della percentuale applicata, le entrate stimate dal signoraggio potrebbero variare tra 10,5 miliardi di euro (10%, 13 miliardi di dollari) e 56 miliardi di euro (50%) nell'arco di sette anni". Ma le stime di possibili entrate dal signoraggio potrebbero essere troppo ottimistiche. Il rapporto annuale della BCE per il 2016, pubblicato nell'aprile 2017, afferma che la banca centrale non ha effettivamente realizzato alcun guadagno sul signoraggio quell'anno. "Il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali è diminuito, riducendo significativamente il reddito da signoraggio della BCE", afferma il rapporto. "Il tasso medio per il 2016 è stato dello 0,01%, rispetto al 4% per il 2008 e, di conseguenza, gli interessi attivi sulle banconote in circolazione sono diminuiti da 2,2 miliardi di euro nel 2008 a 0,01 miliardi di euro nel 2016."
Sostenitore chiave
Gli osservatori delle istituzioni dell'UE sostengono che un importante sostenitore delle proposte è Martin Selmayr, che recentemente è diventato capo del servizio civile della Commissione. È stato nominato segretario generale il 21 febbraio, dopo essere stato nominato dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker. Il suo predecessore, Alexander Italianer, inaspettatamente si è ritirato dopo due anni e mezzo nel ruolo, poco dopo che Juncker aveva nominato Selmayr come vice segretario generale. La nomina di Selmayr ha portato a un'audizione pubblica animata in una riunione della commissione del Parlamento europeo. I membri del Parlamento hanno ripetutamente messo in discussione la sua nomina al ruolo, sollevando preoccupazioni sulla sua percezione di vicinanza a Juncker e sulla rapidità con cui gli era stato assegnato il lavoro. Un progetto di risoluzione preparato dalla commissione per il controllo del bilancio del Parlamento ha definito la nomina di Selmayr come una "azione da golpe" che minaccia il "rischio di reputazione" per le istituzioni europee. Selmayr è stato direttore della campagna di Juncker quando l'ex primo ministro lussemburghese ha esercitato pressioni per diventare presidente della Commissione nel 2014. Quando Juncker è stato confermato come presidente, ha nominato Selmayr come suo capo dello staff, un ruolo che ha ricoperto fino a quando è stato nominato segretario generale. Selmayr è un cittadino tedesco che ha lavorato come avvocato presso la BCE dal 1998 al 2000. Ha collaborato con Claudia Zilioli e un libro, The law of the European Central Bank, pubblicato nel 2001.
sabato 7 aprile 2018
Annullare i derivati: nessuno potrà più dire “Io non lo sapevo”
La sentenza che non piaceva alle banche
https://comune-info.net/2018/03/la-sentenza-non-piaceva-alle-banche/
Marco Bersani |
27 marzo 2018
Ve lo ricordate il panico generato da quei misteriosi strumenti finanziari chiamati in via confidenziale “derivati tossici”? Travolse, in modo particolare tra il 2005 e il 2008, le casse degli enti locali, con conseguenti tagli draconiani ai servizi per il cittadino. Oggi sappiamo che la Commissione Europea ha emesso una sentenza, vincolante sul sistema giudiziario di ogni paese, che autorizza risarcimenti integrali. È stata emessa nel dicembre 2013 ma, misteriosamente (cioè grazie al grande potere di interdizione del sistema bancario), è stata pubblicata solo tre anni più tardi. Quel che stupisce ancor più è che gli enti locali non si siano certo affrettati ad agire di conseguenza, tutelando la propria funzione pubblica e sociale, i cittadini e la ricchezza collettiva prodotta. Sarà perché siamo di fronte all’ennesima sottrazione di ricchezza alle comunità locali, operata dalle banche con la complicità, ingenua o consapevole, di molti amministratori?

di Marco Bersani
Una sentenza della Commissione Europea permette a singoli cittadini, imprese ed enti pubblici di chiudere tutti i contratti, stipulati tra il 2005 e il 2008, di mutuo, prestiti e derivati, che avevano, nel contratto, un tasso variabile legato all’Euribor, riconoscendo agli stessi il diritto al risarcimento.
La sentenza è il “caso AT 39914” del 3 dicembre 2013,
pubblicata dalla Commissione Europea solo a fine 2016 (!), ma ormai
interamente operativa e attivabile da qualsiasi soggetto coinvolto.
La sentenza si basa su due elementi:
a) il primo è
relativo all’indeterminatezza del tasso quando il parametro di
riferimento preso è l’Euribor (un tasso inteso a riflettere il costo dei
prestiti interbancari in euro); in questo caso, rileva la sentenza, i
parametri atti ad individuare il tasso variabile sono scarsamente
intelligibili, poiché nella clausola è prevista una serie di rinvii
concatenati a valori anche di valute estere in astratto recuperabili, ma
tali da non rendere immediatamente reperibili e via via verificabili i
dati.
L’incertezza della clausola di determinazione degli
interessi in un contratto di mutuo determina la nullità della clausola
stessa (art. 117 T.U.B.);
b) il secondo è
relativo all’intesa restrittiva della concorrenza, operata da un
cartello tra le principali banche europee, con lo scopo di manipolare, a
proprio vantaggio, il corso dell’Euribor; vicenda che si è chiusa con
la condanna di 4 tra le più note banche europee (Barclays, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland e Société Générale)
al pagamento di una multa pari a 1,7 mld ed il conseguente diritto
tangibile al risarcimento dell’utente finale per indeterminatezza e
manipolazione del tasso.
La sentenza
riguarda il 100% dei contratti di mutuo ipotecario e fondiario a tasso
variabile, ma riguarda anche il 100% dei contratti derivati sul tasso
(interest rate swap= IRS), in quanto atti il cui tasso di
riferimento è nel 100% dei casi l’Euribor, stipulati da famiglie,
imprese ed enti locali italiani con banche commerciali, sia italiane che
estere operanti in Italia. Gli enti
locali italiani possono in sostanza ora ottenere il risarcimento
integrale di tutti gli interessi e flussi negativi su derivati che si
sono visti addebitare relativamente a tali contratti nel periodo che va
dal 2005 al 2008.
La Sentenza, essendo stata emessa dalla Commissione Europea, ha potere vincolante sul
Giudice competente nazionale, che, pertanto, è chiamato ad uniformarsi,
diversamente sanzionabile a seguito di apposita istanza al Presidente
del Tribunale competente, al Consiglio/organismo della Magistratura
nazionale o alla Corte di Giustizia UE.
Alcune riflessioni sono decisamente necessarie.
Va innanzitutto sottolineata la subalternità della
Commissione Europea allo strapotere del sistema bancario che, se pur
condannato, ottiene la non pubblicazione di una sentenza a proprio
sfavore per oltre 3 anni (!).
Ma altrettanto severamente va giudicata la condotta
degli enti locali che, a distanza di oltre 4 anni dalla sentenza e di
oltre 1 anno dalla sua pubblicazione, non hanno ancora agito di
conseguenza, tutelando la propria funzione pubblica e sociale, le
comunità territoriali amministrate e la ricchezza collettiva prodotta.
Gli anni 2005-2008 costituiscono il periodo di massima dimensione della stipula di contratti derivati da parte degli Enti Locali,
il cui apice è stato raggiunto nel 2007 con 796 enti interessati e
1.331 contratti sottoscritti dal valore nozionale iniziale di 37,042
miliardi di euro.
Fu proprio l’espansione senza controllo dei derivati
a far decidere nel 2008 (art. 62, D.Lgs. n. 112/2008) la sospensione
temporanea all’attività in derivati di regioni ed enti locali (poi
divenuta definitiva con la Legge di stabilità 2014).
Siamo dunque di fronte a una massiccia e criminale
sottrazione di ricchezza alle comunità locali, operata dalle banche con
la complicità, ingenua o consapevole, degli amministratori.
Ora nessuno potrà più dire “Io non lo sapevo”. Per
questo i movimenti in lotta per i diritti sociali e per la
riappropriazione dei beni comuni e i comitati per l’audit sul debito
locale devono immediatamente aprire un conflitto dentro ogni territorio e
città rivendicando:
a) la pubblicizzazione di tutti i contratti derivati e di tutti i mutui sottoscritti nel periodo 2005-2008;
b) l’annullamento dei medesimi contratti derivati, con conseguente risarcimento collettivo degli interessi negativi pagati;
c) la revisione al ribasso dei tassi d’interesse su
tutti i mutui contratti nel periodo sopra indicato, con conseguente
risarcimento della quota sovrastimata pagata;
d) la sospensione del pagamento degli interessi su tutti i mutui e i derivati, fino alla definizione di quanto sopra indicato;
e) la pressante richiesta all’ANCI di farsi carico dell’iter legale per il riconoscimento di quanto dovuto.
Come si vede, i soldi ci sono. Sono solo finiti nelle mani sbagliate e si tratta di riappropriarsene collettivamente.
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