Non sarà un articolo breve, e neppure facile da comprendere, soprattutto per le sue ripercussioni, ma cercherò di renderlo il più semplice possibile.
Negli ultimi anni si è assistito ad un cambiamento radicale nel sistema bancario italiano: acquisizioni, fusioni, hanno creato grandi gruppi che teoricamente potessero contrastare il potere dei gruppi speculativi esteri.
Ora, ammesso e non concesso che UBI
BANCA, UNICREDIT, INTESA SANPAOLO e via discorrendo non abbiano
perseguito speculazioni a dir poco azzardate, anche se tutto sembra
dimostrare il contrario ahimè a nostre spese, la domanda che vorrei
porvi è altra.
Quando
UBI BANCA assorbe una banca, che so, ad esempio la BANCA REGIONALE
EUROPEA, secondo voi fa una valutazione d’azienda e la compra in toto,
giusto?
Facile pensare a questo, specialmente quando il BILANCIO PUBBLICO del gruppo, che potete vedere per il 2013 a questo link, al punto 2.1 dello stesso documento pubblico a pagina 7 dice letteralmente:
“Unione di Banche Italiane Scpa (in breve UBI Banca) è la banca
capogruppo del Gruppo UBI Banca ed è nata il 1° aprile 2007 in seguito
alla fusione per incorporazione di Banca Lombarda e Piemontese in Banche
Popolari Unite, con la conseguente integrazione dei due gruppi
omonimi.”
UNIONE, dal dizionario Treccani, significa,
“L’azione e l’operazione di unire, il fatto di unirsi o di essere uniti
con uno o più altri individui, enti, oggetti, parti o elementi; dal
lat. tardo unio -onis, der. di unus «uno»”.
Tanti che diventano uno, tante banche che diventano un gruppo.
Fino a qua tutto torna: se vi guardate
in giro gli sportelli delle varie banche che sono diventano UNO nel
gruppo UBI BANCA sono tutti o stati chiusi, oppure hanno cambiato la
loro prima denominazione per essere tutti chiamati “UBI BANCA” e solo in
rari casi, subito dopo, mantenere l’originario nome.
Si potrebbe pensare che sia
successo qualcosa di diverso? In quanti si prendono la briga di andare a
leggersi i bilanci pubblici, gli atti di conferimento, gli atti di
fusione, nonostante siano atti pubblici ed interessino particolarmente
se si hanno rapporto con questo gruppo?
Caso vuole che, di norma, l’omologazione delle diverse normative delle singole banche comporti, CASUALMENTE, che il GRUPPO opti per scegliere l’opzione che porti maggior vantaggio alle proprie casse,
in quanti di voi si sono accorti che gli interessi passivi aumentavano
insieme alle spese di gestione dei conti correnti mentre quelli attivi
arrivavano quasi allo zero? Quanti sono stati contattati dai vari
dipendenti per dire che la forma di conto corrente che loro avevano fino
a quel momento non esisteva più e quindi, SENZA COSTO A LORO DIRE, si
doveva mutarla in un’altra, facendovi abboccare con la concessione
comprensa nel canone mensile di una carta di credito o di
un’assicurazione per i blocchi stradali dell’automobile o chissà quante
altre fesserie. Ebbene, avete mai pensato che una carta di credito
mediamente ha un costo annuo di circa 30 euro mentre la gestione dei
conti correnti sostituiti a quelli vecchi pagano minimo 10 euro al mese?
USATE LA CALCOLATRICE.
Questo è successo con le varie “fusioni”
in grandi gruppi, senza considerare fidi segnalati due volte, sconfini
in CR inesistenti, mutui non pagati nonostante la disponibilità, ma
queste sono quisquilie: IL PUNTO A CUI ARRIVO E’ BEN DIVERSO E
COMPORTA DELLE CONSEGUENZE PESANTISSIME, sia a livello di operatività
bancaria che a livello di danno erariale.
Continuiamo con la lettura del bilancio 2013 di UBI BANCA: dietro il fumo questa volta c’è anche l’arrosto.
Già, perchè sempre nella stessa pagina indicata prima, il gruppo svela le sue carte e si dimostra come è composto:
E qua, cominciano a non tornare i conti.
Ma se esiste la fusione di diverse banche fino a diventare un’unico
gruppo (sto parlando ovviamente degli sportelli bancari, non delle
società che si occupano di attività specifiche tipo leasing, factoring
ecc), perchè a bilancio, nonostante siano state fatte sparire da tutta
la struttura territoriale (provate a trovare uno sportello Banca
Popolare Commercio & Industria se ci riuscite), appaiono ancora i loro nomi?
Con l’agglomerazione di più aziende, non
viene mantenuta la singola identità di ciascuna, tanto è vero che
sempre nel bilancio, viene sottolineato come UBI BANCA è a capo di
questa holding.
Iniziate a capire il trucchetto?
Andiamo avanti.
Sotto questo diagramma, il testo
continua a spiegare le varie componenti della holding, ma io mi soffermo
sull’attività di sportello: “Il Gruppo UBI Banca è un gruppo
prevalentemente domestico, presente in tutte le regioni italiane,
esclusa la Sicilia, con 1.725 sportelli (sostanzialmente invariati dopo
l’importante intervento di razionalizzazione del 2012) e 140 unità di
Private e Corporate Banking. Le filiali delle Banche Rete presidiano il
Mercato Retail, ma offrono anche supporto alle strutture dedicate del
Mercato Private Corporate.”
Se la prima può essere una coincidenza,
la seconda è un indizio: in questo bilancio UBI BANCA lascia intendere
senza mezzi termini che TUTTI i loro sportelli fanno parte della stessa
azienda.
E infatti, al punto 2.8 troviamo questo:
Il Gruppo UBI Banca è la terza
realtà bancaria italiana per capitalizzazione di borsa 5 , quarta per
raccolta e impieghi, quinta per numero di filiali. Nell’ambito del
credito popolare è il primo gruppo per capitalizzazione di borsa,
impieghi e raccolta, il secondo per numero di filiali.
Nessuno specifica sotto che nome sono le filiali, tutto è UNO.
Perchè si sceglie la cessione di un ramo d’azienda piuttosto che la vendita totale?
Il trasferimento di un’azienda a titolo
oneroso, o anche di un solo ramo di essa, e’ il contratto con il quale
l’imprenditore cede un complesso di beni unitariamente considerati e
idonei alla continuazione da parte dell’acquirente dell’attivita’ di
impresa. In sintesi, perchè conviene? Vero è che il conferimento di beni
comporta una plusvalenza tassabile (sempre che poi a questo non
consegua una cessione di partecipazioni (che STRANAMENTE ACCADE, come
aumento di capitale della cedente), ma è altrettanto vero che ai fini
IVA queste sono attività ESENTI, si paga solo un’imposta di registro di 168 €.
L’operazione di conferimento di ramo d’azienda assume rilevante importanza fiscale perché, potrebbe nascondere ipotesi di elusione fiscale,
ove essa sia conclusa senza valide ragioni economiche con il solo
intento di eludere la normativa percependo risparmi fiscali altrimenti
non ottenibili. Per questo motivo il fisco permette di attuare il
conferimento utilizzando uno dei due seguenti regimi di imponibilità:
- Conferimento in modalità bisospensiva (Art. 176 TUIR) – Attraverso l’operazione di conferimento di ramo d’azienda è possibile che i valori contabili divergano da quelli fiscali. Ciò accade ogni volta che vengono accolti nel bilancio della conferitaria valori di perizia, diversi da quelli contabili della conferente. Nonostante questo l’operazione risulta neutra fiscalmente, ovvero non c’è ne realizzo ne distribuzione di plusvalenze o minusvalenze derivanti dall’operazione. Allo scopo di evitare salti d’imposta è previsto che la società conferitaria assuma come valori fiscalmente rilevanti, l’ultimo valore riconosciuto ai fini fiscali all’azienda conferita. In questo modo, però si crea un doppio binario, civilistico e fiscale che deve controllato. Ogni qualvolta la conferitaria iscrive valori di perizia superiore a quelli contabili, tali valori assumo rilievo solo civilistico. Tali discrepanze portano alla formazione di imposte anticipate nel bilancio della conferitaria, che si riassorbiranno quando gli ammortamenti civilistici delle immobilizzazioni saranno conclusi.
- Applicazione dell’imposta sostitutiva (Art. 176 co.2-ter TUIR) – Per riconoscere anche fiscalmente il maggior valore delle immobilizzazioni iscritto nel bilancio della società conferitaria a seguito della valutazione dell’esperto è possibile applicare l’imposta sostitutiva, di importo variabile, che permette di affrancare il valore delle immobilizzazioni anche per il fisco. In questo modo, con il pagamento dell’imposta il fisco permette alla società conferitaria considerare validi fiscalmente i valori delle immobilizzazioni iscritte a seguito del conferimento, risolvendo il problema del doppio binario civilistico e fiscale, visto in precedenza.
L’operazione straordinaria del
conferimento di ramo d’azienda è particolarmente vantaggiosa fiscalmente
per i soggetti che intendono cedere la propria azienda, in quanto può
vantare un vantaggio fiscale non riconosciuto ad altre operazioni dello
stesso tipo.
Attraverso il conferimento e la
successiva vendita delle partecipazioni un imprenditore può alienare la
propria azienda a terzi, beneficiando dell’esenzione fiscale del 95%
dell’eventuale plusvalenza realizzata dalla vendita delle partecipazioni
dell’azienda conferitaria.
L’imprenditore, al posto della vendita
diretta della propria azienda, che sconta un imposizione fiscale del
100% della plusvalenza realizzata, o al verificarsi di alcuni requisiti è
possibile al massimo la rateazione in 5 anni, o l’applicazione della
tassazione separata; il conferimento e la successiva vendita delle
partecipazioni sconta un esenzione del 95% della plusvalenza.
Potrebbe già bastare questo. Ma c’è di più, molto di più.
Ed io voglio capire bene, e così cerco
su internet, sempre per restare nel nostro esempio, il sito della Banca
Regionale Europea, e lo trovo, con tanto di bilanci annuali: guardate
qua.
EPPURE ESISTE!!!!!
Poichè non sono solita scrivere senza
avere documenti che comprovano quanto dico, vi allego l’atto di CESSIONE
DEL RAMO D’AZIENDA TRA UBI BANCA E BRE, e vi prego di leggere BENE le
parti sottolineate, vi spiegherò il motivo.
Vi rendete conto di quello che significa?
A PARTE L’EVASIONE FISCALE CON
CONSEGUENTE DANNO ERARIALE, LA BANCA REGIONALE EUROPEA NON CEDE I
CREDITI IN SOFFERENZA ED I CREDITI AGEVOLATI (OVVERO CON GARANZIE TIPO
MUTUI E CONFIDI)
PERTANTO, SICCOME STO PARLANDO
DI UN CASO REALMENTE ACCADUTO, QUANDO CI SI TROVA DI FRONTE AD UNA BANCA
CHE HA CEDUTO UN RAMO D’AZIENDA PER IL QUALE IL CORRENTISTA NON HA MAI
FIRMATO NULLA, ESSENDO ANCORA IN ESSERE LA BANCA CEDENDTE COME SOCIETA’
GIURIDICA, E’ LEI CHE AL LIMITE PUO’ PRETENDERE IL CREDITO, NON IL
GRUPPO.
IL CASO RIGUARDA UNA PERSONA A
ME MOLTO VICINA, CHE HA SUBITO UN DECRETO INGIUNTIVO DA UBI BANCA DI CUI
E’ FIDEIUSSORE SOLO PER LA BANCA POPOLARE DI BERGAMO, PER UN DEBITO
VERSO BRE, CON LA QUALE NON HA MAI AVUTO ALCUN RAPPORTO: A CASA MIA SI
CHIAMA TRUFFA ED ESTORSIONE.
MILIONI DI DECRETI INGIUNTIVI DA ANNULLARE.
FUCK THE BANKSTERS.
p.s. e se non l’avete capito, in questo modo ogni gruppo crea quante bad bank vuole, altro che pretenderle dal governo di pirla che ci ritroviamo.
E NON SAREBBE MALE CHE PSEUDO LEGALI E MAGISTRATI IMPARASSERO A LEGGERE GLI ATTI.
COLLUSI VERGOGNATEVI.
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