Banche: Amarcord Italiano
di: Ugo Gaudenzi, Rinascita
Sembra che l’ex ministro del Lavoro Usa, Robert Reich, sia stato “illuminato”. Reich
ha difatti inviato un messaggio al comitato “NoBigBanks”, tra i promotori
della lunga protesta contro Wall Street, per sostenere - udite, udite - la
immaginifica proposta di “dividere le attività bancarie finanziarie speculative da
quelle ordinarie”, per garantire così che i cittadini non saranno più costretti a subire
le conseguenze di un sistema finanziario ultraliberista basato sul gioco
d’azzardo che affossa l’economia reale, quella produttiva.
Certo, di questi tempi una proposta “rivoluzionaria”. Salverebbe, dicono, anche
l’Europa dalle continue “manovre” e stangate volte a tenere in piedi un
sistema di salvataggio bancario...
Ma, ci chiediamo noi, non è che Mr. Reich abbia “scoperto l’acqua”? Crediamo
proprio di sì.
Prendiamo l’Italia di 80 anni fa. Che cosa decisero le autorità dell’epoca perché la
nazione non fosse coinvolta nella “grande depressione” esportata dagli Stati
Uniti d’America? Per frenare il collasso del sistema bancario italiano?
Decisero esattamente questo.
Le banche dovevano essere banche (e di categoria: agricoltura, lavoro, commercio etc.)
non doveva esserci alcuna partecipazione azionaria tra banche e attività
finanziarie e industria produttiva o commerciale, e soltanto l’Imi assicurò alle imprese
finanziamenti di medio-lungo periodo. La conclusiva legge-quadro di riforma bancaria
(1936) definì la Banca d’Italia - di emissione del denaro e di vigilanza sugli istituti
di credito - un “istituto di diritto pubblico” (di tutti...) e gli azionisti privati vennero
espropriati dalle loro quote; alla Banca d’Italia fu demandata la vigilanza sugli
istituti di credito e finanziari, al suo “governatore” fu imposta la direzione di un
comitato ministeriale presieduto dal Capo del governo; fu deliberata una
ancora più netta separazione tra banche e industria; l’attività di credito fu
definita (con i doveri conseguenti) un servizio di interesse pubblico, le maggiori
banche nazionali diventarono a partecipazione statale (le b.i.n.), quindi di tutti i cittadini.
E così via.
Ma qualcuno, nel 1993 - già: quella banda (dei vari Andreatta, Prodi, Ciampi, Dini,
Draghi) che ha predato la nazione di tutte le sue industrie e imprese strategiche - ha
abrogato quella legge. Era, evidentemente, “fascista”... O, comunque,
era d’ostacolo all’arrembaggio dei privati, degli speculatori, degli usurai.
Dunque, e Reich? Un liberista anti-liberista? Ma va là...
(18 Ottobre 2011)
ha difatti inviato un messaggio al comitato “NoBigBanks”, tra i promotori
della lunga protesta contro Wall Street, per sostenere - udite, udite - la
immaginifica proposta di “dividere le attività bancarie finanziarie speculative da
quelle ordinarie”, per garantire così che i cittadini non saranno più costretti a subire
le conseguenze di un sistema finanziario ultraliberista basato sul gioco
d’azzardo che affossa l’economia reale, quella produttiva.
Certo, di questi tempi una proposta “rivoluzionaria”. Salverebbe, dicono, anche
l’Europa dalle continue “manovre” e stangate volte a tenere in piedi un
sistema di salvataggio bancario...
Ma, ci chiediamo noi, non è che Mr. Reich abbia “scoperto l’acqua”? Crediamo
proprio di sì.
Prendiamo l’Italia di 80 anni fa. Che cosa decisero le autorità dell’epoca perché la
nazione non fosse coinvolta nella “grande depressione” esportata dagli Stati
Uniti d’America? Per frenare il collasso del sistema bancario italiano?
Decisero esattamente questo.
Le banche dovevano essere banche (e di categoria: agricoltura, lavoro, commercio etc.)
non doveva esserci alcuna partecipazione azionaria tra banche e attività
finanziarie e industria produttiva o commerciale, e soltanto l’Imi assicurò alle imprese
finanziamenti di medio-lungo periodo. La conclusiva legge-quadro di riforma bancaria
(1936) definì la Banca d’Italia - di emissione del denaro e di vigilanza sugli istituti
di credito - un “istituto di diritto pubblico” (di tutti...) e gli azionisti privati vennero
espropriati dalle loro quote; alla Banca d’Italia fu demandata la vigilanza sugli
istituti di credito e finanziari, al suo “governatore” fu imposta la direzione di un
comitato ministeriale presieduto dal Capo del governo; fu deliberata una
ancora più netta separazione tra banche e industria; l’attività di credito fu
definita (con i doveri conseguenti) un servizio di interesse pubblico, le maggiori
banche nazionali diventarono a partecipazione statale (le b.i.n.), quindi di tutti i cittadini.
E così via.
Ma qualcuno, nel 1993 - già: quella banda (dei vari Andreatta, Prodi, Ciampi, Dini,
Draghi) che ha predato la nazione di tutte le sue industrie e imprese strategiche - ha
abrogato quella legge. Era, evidentemente, “fascista”... O, comunque,
era d’ostacolo all’arrembaggio dei privati, degli speculatori, degli usurai.
Dunque, e Reich? Un liberista anti-liberista? Ma va là...
(18 Ottobre 2011)
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