sabato 18 gennaio 2014

Farage: "Siamo gestiti da grandi banche e grandi burocrati"

Forlì, indagati 29 banchieri per usura

L'INCHIESTA-BOMBA

Forlì, indagati 29 banchieri per usura

Iscritti nel registro, tra gli altri, Bazoli, Modiano e Passera. Il pm chiede l'archiviazione, il gip dice no

http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/1306362/Forli--indagati-29-banchieri-per-usura.html

07/09/2013

Indagati 29 banchieri per usura: scopri se c'è anche il tuo
Giovanni Bazoli e Corrado Passera ai tempi di Banca Intesa



Ventinove tra dirigenti di banca e banchieri italiani sono indagati per truffa e usura aggravata. Verso fine ottobre la procura di Forlì diventerà piuttosto frequentata: è qui che il gip ha convocato una Camera di Consiglio per decidere le sorti di un’inchiesta che potrebbe diventare un caso pilota per il capitalismo italiano. Iscritti al registro degli indagati ci sono molti pezzi da novanta del nostro mondo creditizio del periodo 2008-2009: basti citare il presidente di Intesa Giovanni Bazoli, il dg della stessa banca Pietro Modiano, l’ex ad di Intesa ed ex ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, l’ex ad di GeneraliGiovanni Perissinotto. Fa loro compagnia un gruppo di dirigenti bancari (italiani e non) che sono chiamati a comparire come indagati all’appuntamento fissato dal gip.

Tutto parte dal 2009, anno in cui un imprenditore fa esposto alla procura  perché ritiene spropositati i tassi ai quali, in periodo di crisi post-Lehman, le sue aziende ricevono credito dal sistema bancario. Il pm si prende il suo tempo per le indagini, apre come di consueto un fascicolo contro ignoti, quindi chiede l’archiviazione. Interviene qui il primo fatto notevole, che inizia a rendere decisamente interessante una vicenda giudiziaria cominciata come tante. Il gip infatti  rifiuta l’archiviazione, chiedendo un supplemento di indagine. Il pm si riapplica alla pratica, disponendo una consulenza tecnica. Il documento, cui Libero ha avuto accesso, è frutto di un lavoro lungo e meticoloso. In 22 pagine rendiconta i tassi applicati sui conti correnti delle aziende dell’imprenditore, riscontrando valori superiori anche di mezzo punto percentuali a quelli che la legge considera usurari. Una precisazione doverosa: l’indagine non si è ancora trasformata in un processo con degli imputati. Il fatto che la «perizia» accerti tassi superiori a quelli fissati come soglia non determina in alcun modo l’eventuale colpevolezza di quelli che al momento sono solo indagati, né di chiunque all’interno delle banche interessate.

I nomi - Sta di fatto che in seguito a questa consulenza tecnica il pm iscrive al registro nomi e cognomi precisi, per i reati di truffa e usura (articoli 640 e 644 del codice penale). Questi nomi sono desunti proprio dal documento della Guardia di Finanza. Per stabilire i «responsabili» dei tassi la GdF si rivolge direttamente alle filiali delle banche. Queste li rimandano ai direttori di filiali, e su su fino ai consigli di amministrazione che negli anni precedenti hanno fissato i criteri per erogare il credito e le linee guida dei loro istituti. Per questo la lista degli indagati è una fotografia dei «quadri» del mondo bancario italiano, comprendenti vertici, direttori generali e  membri dei consigli di amministrazione di Carisbo e Intesa, dalle quali l’imprenditore si riteneva truffato. A muovere l’indagine sembra essere la volontà di accertare le responsabilità specifiche di chi ha fissato tassi che una perizia giudica non leciti.
Le persone che in questi giorni stanno ricevendo la convocazione per la camera di consiglio sono, nell’ordine: Filippo Cavazzuti, Gianfranco Ragonesi, Carlo Bottari, Sergio Iovino, Paolo Lelli, Gianni Lorenzoni, Silvia Noè, Carlo Ricordi, Isabella Seragnoli, Pietro Modiano, Giovanni Bazoli, Giampio Bracchi, Corrado Passera, Giovanni Ancarani, Francesco Arcucci, Benito Benedini, Antoine Bernheim (nel frattempo deceduto), Ariberto Fassati, Paolo Fumagalli, Michel Le Masson, Giangiacomo Nardozzi, Eugenio Pavarani, Giovanni Perissinotto, Gino Trombi, Jean Frederic De Leusse, René Carron, Manuel Jorge Jardim Goncalves e Jean Laurent. Anche un occhio non esperto dei meandri della finanza può riconoscere almeno 3-4 nomi di primissimo piano tra gli indagati.

La responsabilità - Un passo indietro: in seguito alla perizia, il pm non chiede il rinvio a giudizio, ma una nuova archiviazione. La motivazione che adduce nella richiesta nel novembre 2012 merita di essere spiegata perché è esattamente il  crinale su cui si gioca il futuro di questa inchiesta. Nel chiedere al gip l’emissione di un decreto di archiviazione, il pm infatti riconosce la qualità del lavoro di ricostruzione della polizia giudiziaria che rileva «condotte oggettivamente usurarie». Tuttavia, il pm si rifà alla giurisprudenza che non permette di contestare l’eventuale usura ai presidenti e ai dirigenti delle banche. Pertanto, non disponendo di «significativi e seri elementi a carico» che determinino la «mala fede» degli indagati, chiede l’archiviazione del «gotha» dei banchieri italiani. Qui accade il secondo fatto di rilievo: di nuovo infatti il gip non concede l’archiviazione, e dispone per ottobre l’udienza in camera di consiglio di cui si è parlato poco sopra.

Le opzioni - Cosa può accadere a fine ottobre? Le opzioni comprendono un raggio di tre possibilità. Ovviamente gli indagati si augurano che l’inchiesta venga archiviata. La parte offesa, invece, cioè l’imprenditore il cui esposto ha generato il tutto, avrebbe come maggior successo possibile la cosiddetta imputazione coatta, cioè un rinvio a giudizio disposto dal gip malgrado la richiesta opposta da parte del pubblico ministero. Per citare un caso mediamente famoso, è quel che è successo all’ex ministro Saverio Romano, per il quale il gip di Palermo si oppose alla richiesta di archiviazione mossa dal pm per il reato di concorso in associazione mafiosa, e ne dispose appunto l’imputazione coatta. Tra queste due opzioni - vittoria totale della difesa e successo dell’accusa che otterrebbe l’avvìo del processo - c’è una gamma di possibilità che sinteticamente  potrebbe tradursi in un nuovo supplemento di indagini, volte a stabilire i veri responsabili delle presunte «condotte usurarie» di cui parla la relazione tecnica voluta dalla procura. In queste settimane gli eserciti legali delle banche avranno ovviamente tempo per organizzarsi e far valere le loro ragioni. Resta il fatto che dagli sviluppi di questo interessantissimo potenziale processo romagnolo potrebbero arrivare conseguenze anche clamorose per il nostro sistema bancario, visto il precedente che potrebbe creare e il numero di emuli che il ricorrente potrebbe scatenare. I lettori di Libero, nei prossimi giorni, ne saranno informati.

di Martino Cervo

Firenze: la mattanza del banchiere indagato

CRONACHE
 LA TRAGEDIA IN PROVINCIA DI FIRENZE

Firenze, presidente di banca uccide moglie e figlio in casa poi si spara

Lamberto Albuzzani era indagato dalla Procura in un’inchiesta sulla gestione
del Credito Area Pratese. A dare l’allarme i vicini di casa

ANSA
Carabinieri davanti all’abitazione a S.Piero a Ponti, nel comune di Campi Bisenzio (Firenze), dove sono stati rinvenuti i tre cadaveri

Con il suo fucile da caccia ha sparato alla moglie e al figlio, poi si è tolto la vita. È successo stasera, a Campi Bisenzio (Firenze). L’uomo, Lamberto Albuzzani, avvocato di 67 anni, era presidente della Banca Credito Cooperativo Area Pratese. Era indagato dalla procura di Prato in un’inchiesta sulla gestione dell’istituto di credito.  

Nell’abitazione non sono stati trovati biglietti che spieghino il perché di quanto avvenuto. A dare l’allarme sono stati i vicini di casa, quando hanno sentito il rumore degli spari. La famiglia Albuzzani viveva in una villetta a due piani in una frazione di Campi Bisenzio. Il padre è stato trovato vicino alla porta, con il fucile accanto. Il corpo della moglie, Maria Bellini, 66 anni, era poco distante. Quello del figlio, Marco, 23 anni, è stato trovato sulle scale che portano al piano superiore. Il ragazzo si era laureato il 12 dicembre scorso in economia e commercio ed era in attesa di partire per un master. 

Gli investigatori dei carabinieri stanno cercando di capire se ci sia un legame fra l’indagine e il duplice omicidio-suicidio. I reati ipotizzati dalla procura di Prato sarebbero ostacolo alla vigilanza, utilizzo di falsi strumenti finanziari e falso in bilancio. L’indagine è condotta dalla guardia di finanza. Accertamenti sono in corso anche da parte della Banca d’Italia. Albuzzani non era l’unico indagato e la sua posizione viene definita «marginale» dalla procura pratese. Fra l’altro, la procura ipotizzerebbe irregolarità nella redazione dei bilanci legate a crediti concessi a soggetti non più affidabili. Fra le pratiche nel mirino degli investigatori ci sarebbero anche mutui immobiliari a persone senza reddito

I vicini descrivono la famiglia come «molto tranquilla». Ogni sera Albuzzani rientrava a casa intorno alle 20. Questo pomeriggio è arrivato prima, intorno alle 18. Mezz’ora più tardi è scattato l’allarme: i vicini hanno sentito i colpi e hanno chiamato i carabinieri. Nella villetta sono arrivati anche gli esperti del ris per il rilievi scientifici. «Lamberto non avrebbe mai torto un capello a nessuno - dice Claudio Manetti, amico di vecchia data di Albuzzani - Era una persona corretta, spesso andava a caccia con gli amici. Suo padre, Bruno, aveva messo su una grossa fabbrica di tessuti». Gli investigatori, comunque, non hanno dubbi sulla dinamica: Albuzzani ha ucciso i familiari e poi si è sparato al petto.