giovedì 5 dicembre 2013

Scurria: la Bce e le banche centrali si appropriano di un privilegio esclusivo

Incontro pubblico “Morire per l’euro?”
Bruxelles – Parlamento Europeo, 3 Dicembre 2013
Marco Scurria
http://www.ioamolitalia.it/public/Documenti/Sintesi%20dell%27intervento%20di%20%20Scurria%20%20%2029112013.pdf

A chi appartiene l’Euro? La Bce e le banche centrali nazionali si appropriano di un privilegio esclusivo ma senza alcuna legittimazione

Ho rivolto alla Commissione Europea una domanda precisa: “A chi appartiene l'Euro quando viene messo in produzione e prima della propria emissione dalle varie banche centrali nazionali agli addebitati? Noi vogliamo che la Banca Centrale Europea faccia chiarezza su quest'argomento perché sia nel caso in cui si prosegua nell'uso della moneta unica, sia nel caso in cui si torni alla moneta nazionale, venga colmato questo "vuoto" e si faccia capire al cittadino chi realmente paga l'Euro e dunque a chi appartiene.
Avevo chiesto chiarimenti sulla risposta data dalla Commissione Europea alla prima interrogazione sulla proprietà giuridica dell’euro presentata dall’On. Mario Borghezio, nella quale si affermava che nella fase dell’emissione le banconote appartengono all’Eurosistema, mentre nella fase della circolazione appartengono al titolare del conto sulle quali vengono addebitate. Attenzione perché le parole negli atti ufficiali e nel linguaggio tecno-eurocratico vanno soppesate per bene. Quindi il Commissario Olli Rehn rispondeva a Borghezio che la proprietà delle banconote cartacee (dove troviamo ben impressa in ogni lingua dell’Unione la sigla della Banca Centrale Europea) è dell’EUROSISTEMA. Ma cos’è quest’Eurosistema?
“L’Eurosistema è composto dalla BCE e dalle BCN (banche centrali nazionali) dei paesi che hanno introdotto la moneta unica. L’Eurosistema e il SEBC coesisteranno fintanto che vi saranno Stati membri dell’UE non appartenenti all’area dell’euro”.
Questa è la definizione che si legge sul sito ufficiale della BCE. Quindi le Banche centrali nazionali stampano le banconote e si appropriano del loro valore nominale (ad Es. se stampare un biglietto da 100 ha un costo fisico per chi lo conia di 0,20 centesimi – valore intrinseco – le BCN si appropriano anche del valore riportato sul biglietto stampato).
Nella mia interpellanza ho chiesto quali fossero le basi giuridiche su cui poggiava l’affermazione del Commissario Olli Rehn. Nella sua risposta di Olli Rehn ha precisato che “l’articolo 128 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea costituisce la base giuridica per la disciplina dell’emissione di banconote e monete in euro da parte dell’Eurosistema. La proprietà delle banconote e delle monete in euro dopo l’emissione da parte dell’Eurosistema è disciplinata dalla legislazione nazionale vigente al momento del trasferimento delle banconote e monete al nuovo proprietario, ossia al momento dell’addebito del conto corrente bancario o dello scambio delle banconote o monete”.
Non c’è scritto da nessuna parte che la proprietà giuridica dell’euro emesso appartiene alla BCE o alle BCN. C’è soltanto scritto che la BCE può autorizzare l’emissione di euro a se stessa e alle BCN, dovendo controllare l’inflazione nella zona euro, così come stabilito dal Trattato di Maastricht. Ribadisce che solo l’Eurosistema può stampare le banconote o creare elettronicamente i valori nominali.
Ma nessun riferimento giuridico, nessun trattato, nessuna legge, nessuna deliberazione, niente di niente ci dice che l’Eurosistema ha la facoltà di addebitare la moneta. E’ evidente che si appropria di questo grande ed esclusivo privilegio.

Marco Scurria aderisce a Fratelli d’Italia e al Ppe (Partito Popolare Europeo)

Sovranità monetaria e rinegoziazione del debito

Rompere la Gabbia - Libro
Sovranità monetaria e rinegoziazione del debito contro la crisi
Autore: Claudio Moffa   
Prezzo: € 8,33
Mentre la crisi chiude le fabbriche e gli enti pubblici, crea disoccupati, distrugge i residui dello Stato sociale e affama i nostri portafogli si resta spesso disorientati sia dal linguaggio volutamente astruso dei mass media e dei politici, sia dal girare a vuoto delle ‘proposte’ via via avanzate: per ogni passo in avanti accennato, la risposta è sempre: “dobbiamo trovare le risorse”, come a dire che si deve prendere con una mano quel che si è restituito con l’altra. Un gioco al massacro.
Ma così dal debito non si uscirà mai.
Decisamente in controtendenza rispetto alla cripticità con cui si è soliti affrontare queste tematiche, il libro di Claudio Moffa utilizza il linguaggio più semplice possibile per analizzare due tabù che impediscono la fuoriuscita dalla crisi: il signoraggio e il debito pubblico. Per affrontare questi due problemi occorre presa di coscienza e coraggio politico.
Varie le possibilità:
  • ritornare all’emissione di banconote da parte dello Stato,
  • riattivare la Zecca per produrre denaro, Euro o Lire che dir si voglia,
  • organizzare la ri-nazionalizzazione della Banca d’Italia.

La stampa non è schierata dalla parte dei cittadini

Perché la stampa non è schierata dalla parte dei cittadini nella guerra finanziaria che stiamo subendo?

di Magdi Cristiano Allam
02/12/2013 09:59:39

(Il Giornale) - Come fa La Repubblica ieri a proporre agli italiani come titolo di apertura “Renzi: ultimatum a Letta”? Ma davvero pensano che questa possa essere la notizia che più di altre interessa gli italiani? O forse gli italiani che leggono La Repubblica sono una nicchia che può permettersi il lusso di disinteressarsi del fatto che la maggioranza degli italiani vive in una condizione tragica, con 12 milioni di poveri di cui 6 milioni che patiscono la fame, mentre sono 6 milioni i disoccupati e gli inoccupati che rinunciano a cercare lavoro?
L’unico ultimatum che meritava il titolo di apertura di tutti i giornali era l’”Ultimatum Day” dei piccoli imprenditori che sabato hanno manifestato davanti al Parlamento a Roma indossando la sagoma di bare con le scritte: Impresa, Famiglia, Lavoro, Commercio e Pensioni, per simboleggiare la morte dell’insieme delle istituzioni cardini dello sviluppo e della società. In Italia su circa 4 milioni e mezzo di imprese, il 95% sono micro e il 4,5% sono piccole imprese. Producono il 57,7% del Pil e creano il 64% dei posti di lavoro. Sono questi micro e piccoli imprenditori che fanno grande l’Italia. Ebbene ogni giorno chiudono circa 1.000 partite Iva al giorno e nei primi 9 mesi del 2013 sono fallite quasi 9 mila aziende. Il paradosso è che le aziende muoiono non perché hanno dei debiti ma perché vantano dei crediti e il principale debitore insolvente è lo Stato che deve 130 miliardi alle imprese. La condanna a morte si consuma tra l’incudine della stretta creditizia e il martello del 70% di tassazione. Si sta perpetrando il crimine epocale della trasformazione dell’Italia ricca in italiani poveri.
Possibile che a fronte di questa tragedia ieri la Stampa titolava con la richiesta di Saccomanni “Ora le imprese investano”? Come fanno a investire se sono condannate a morire e se il costo del denaro è il più alto di tutt’Europa? Dal canto suo il Corriere della Sera è tornato sul tema della corruzione in seno alla pubblica amministrazione denunciando in apertura “Tre miliardi rubati allo Stato”. E’ così difficile capire che uno Stato che è il principale debitore insolvente, che costa 830 miliardi pari a oltre la metà del Pil, che impone il più alto livello di tassazione al mondo, che infierisce nei confronti degli imprenditori e dei cittadini con un regime di polizia fiscale che è arrivato al punto di richiedere 60 mila euro a Tiziana Marrone, vedova di Giuseppe Campaniello che nel marzo 2012 si suicidò dandosi fuoco di fronte alla sede dell’Agenzia delle entrate a Bologna, non è uno Stato difendibile ma piuttosto da riformare dalle fondamenta? Siamo arrivati all’assurdo in cui è lo Stato a pretendere, con mezzi da aguzzino, che i cittadini giustifichino l’uso che fanno dei propri soldi fino all’ultimo centesimo, quando dovremmo noi cittadini esigere che lo Stato giustifichi l’uso che fa dei nostri soldi fino all’ultimo centesimo.
Ebbene dove sta la stampa italiana in questo scenario di vera e propria guerra scatenata da una dittatura finanziaria che ha il volto della Banca Centrale Europea, della Commissione Europea, del Fondo Monetario Internazionale e dei poteri imprenditoriali e bancari forti che sostanziano il cosiddetto “mercato” che si materializza nella speculazione borsistica? Possibile che non si comprenda che anche per la stampa le bugie hanno le gambe corte e che se dovesse persistere nell’ingannare gli italiani offrendo una rappresentazione mistificata e ideologizzata della realtà alla fine perderà del tutto il rapporto con i cittadini? Ciò che si legge sui giornali oggi non è l’Italia reale e non corrisponde al vissuto degli italiani. E se la stampa istituzionale fallisce nel ruolo di informare correttamente e di operare responsabilmente per favorire il bene comune, la massa si rivolgerà ad altre fonti per conoscere dati, fatti, valutazioni e proposte, ciò che di fatto già avviene con la caduta irrefrenabile delle copie effettivamente vendute e la scelta di rivolgersi ad Internet, che è però un calderone dove si trova tutto e il contrario di tutto e dove pertanto è più  facile ingannare e adescare i più sprovveduti e i meno culturalmente attrezzati.
Così come è necessario rimettere al centro la persona e non la moneta per risanare il disastro provocato dalla dittatura finanziaria, è altrettanto necessario rimettere al centro la corretta rappresentazione della realtà e non l’esca ideologica o banalmente di marketing politico per riscattare la credibilità dei mezzi di comunicazione a cui la massa ha finora guardato come un’istituzione.
twitter@magdicristiano

Come vive la Corte italiana della sentenza sul signoraggio



La Corte Costituzionale: uno scandalo nascosto

Pubblicato: Sab, 09/11/2013 - 08:00  •  da:

di Roberto Perotti, da "lavoce.info"
Forse il più grande scandalo della pubblica amministrazione in Italia è anche uno dei più nascosti: la Corte Costituzionale. Per ovvie ragioni, pochi hanno il coraggio di parlarne (1). Ma i bilanci parlano da soli: sentiamo cosa dicono (premessa: per motivi ignoti, la Corte Costituzionale pubblica su Internet solo i bilanci di previsione, anche per gli anni passati).
I GIUDICI ITALIANI GUADAGNANO IL TRIPLO DEI COLLEGHI STATUNITENSI….
Cominciamo dalle retribuzioni (Tabella 1). La retribuzione lorda del presidente della Corte è di 549.407 euro annui, quella dei giudici di 457.839  euro (2). La retribuzione media lorda dei 12 giudici britannici è di 217.000 euro, meno della metà. Il Canada è simile:  234.000 euro per il presidente, 217.000 per i giudici. Negli USA siamo a circa un terzodella retribuzione italiana: 173.000 euro per il presidente e 166.000 per i giudici.
Tabella 1: Un confronto internazionale delle retribuzioni dei giudici
Schermata 2013-11-08 alle 17.52.23
* Media dei 12 giudici.  Fonti: vd. nota (3).
….. E HANNO IL TELEFONO DOMESTICO PAGATO DALLO STATO
Ma la differenza fra la remunerazione dei giudici italiani e i colleghi stranieri è fortemente sottostimata. Il dato italiano non include svariati benefits in natura. Le auto blu, in primis, su cui vedi sotto. Inoltre i costi dei singoli viaggi ferroviari, aerei o su taxi  effettuati per ragioni  inerenti alla carica sono a carico della corte; ogni auto abbinata ad ogni giudice ha una  tessera viacard e il telepass; i giudici  dispongono di un cellulare e di un pc portatile i costi dell’utenza telefonica domestica sono a carico della Corte (salvo rinuncia del singolo giudice); i giudici dispongono inoltre di una foresteria, composta di uno o due  locali con annessi servizio igienico e angolo cottura,  nel Palazzo  della Consulta o nell’immobile di via della Cordonata. (4)
LA NOSTRA CORTE  COSTA IL TRIPLO DI QUELLA BRITANNICA
Ma vediamo un confronto più completo sui costi totali della Corte Costituzionale in Italia e in Gran Bretagna, riferite al 2012.
 Tabella 2: Spesa totale escluse pensioni, 2012
Schermata 2013-11-08 alle 17.52.27
*Include oneri, non include pensioni.  Dati in migliaia di Euro.
Fonte: vd. nota (5)
Escludendo le pensioni, su cui non ho i dati per la Gran Bretagna, la corte italiana (15 giudici) costa oltre tre volte quella inglese (12 giudici).
PENSIONE MEDIA DI GIUDICI E SUPERSTITI: 200.000 EURO
Ma quanto costano le pensioni alla Corte Costituzionale italiana?
Tabella 3: Le pensioni alla Corte Costituzionale, 2013
Schermata 2013-11-08 alle 17.52.31
Fonti: vd. nota (6)
Per il 2013 la Corte Costituzionale prevede di pagare a ex giudici della CC e loro superstiti 5,8 milioni di pensioni. Al momento vi sono 20 ex giudici percettori di pensione e 9 superstiti. La pensione media è dunque esattamente di 200.000 euro all’ anno.   C’è da sorprendersi che la Consulta abbia bloccato il seppur minimo taglio alle pensioni d’ oro proposto dal governo Monti?
La spesa totale per pensioni di ex dipendenti e superstiti sarà di 13,5 milioni. Vi sono  120 ex dipendenti e 78 superstiti percettori di pensioni; la pensione media del personale in quiescenza è dunque di 68.200 Euro.
OGNI GIORNO, OGNI GIUDICE COSTA 750 EURO DI SOLE AUTO BLU
Esattamente: per ogni giudice, ogni giorno lavorativo si spendono in media 750 euro per le sole auto blu. Vediamo come si arriva a questa cifra. I giudici in carica hanno diritto un’ auto blu e due autisti; i giudici in pensione ad un’ auto blu per il primo anno di pensione (fino al settembre 2011 era per tutta la vita). La spesa totale per “Noleggio, assicurazione e parcheggio autovetture” + “Carburante per autovetture” + “Manutenzione, riparazione e accessori per autovetture”  nel 2013 sarà di 758.000  euro. Ma  questo senza calcolare la spesa per gli autisti. Assumendo prudenzialmente un costo per lo Stato di 50.000 Euro per autista, e (come confermatomi dalla Corte) due autisti per giudice, arriviamo a un totale di circa 2,25 milioni, esattamente 150.000 Euro all’ anno per giudice. Calcolando 200 giorni lavorativi all’ anno per giudice, questo significa 750 euro al giorno per giudice di sola spesa per autovetture. Probabilmente, costerebbe  meno far viaggiare i giudici in elicottero, magari chiedendo loro la gentilezza di fare un po’ di helicopter-pooling.
(1) Tra le eccezioni: Primo de Nicola: “Alla corte dei privilegi“,  L’ Espresso, 30 Aprile 2008
(2) Comunicazione email della segreteria della Corte Costituzionale all’ autore.
(3) Dati convertiti in euro usando i tassi di cambio a parità di potere d’ acquisto per il 2012. Fonti:
Italia: comunicazione personale dall’ Ufficio Stampa della Corte Costituzionale, e Bilancio della Corte Costituzionale del 2012 (per il valore medio);
GB: Supreme Court Annual Report and Account, 2012-13 (pp. 90 e 91, note 6.A e 6.C);
Canada: Judges Act;
USA: Federal Judicial Center
(4) Comunicazione email dell’ Ufficio Stampa della Corte all’ autore. Per  i giudici britannici abbiamo una stima delle spese di trasporto totali: 31.122 euro, cioè 2.677 a testa all’ anno. Più 4.443 euro (370 a giudice) per altre spese. Questo dato si riferisce al 2010, ultimo anno disponibile. Si veda qui.
(5) Fonti:
Italia: Bilancio della Corte Costituzionale del 2012
GB: Supreme Court Annual Report and Account, 2012-13 (pp. 90 e 91, note 6.A , 7,  8 e 10);
(6) Fonte: Bilancio della Corte Costituzionale del 2013