La casta di Bankitalia: Visco guadagna 450.000 euro all'anno
Continua quello che il Prof. Alberto Bagnai chiamò il "golpe" della Banca d'Italia..
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=9647
di Francesca Morandi
Non un taglio netto agli stipendi per i vertici della Banca d’Italia, 
ma solo qualche “sforbiciata”. Secondo le recenti decisioni del 
Consiglio Superiore di Via Nazionale la retribuzione annua del 
governatore Ignazio Visco calerà da 496mila a 450mila euro lordi all’anno, con una diminuzione di 46mila euro. La remunerazione del direttore generale Salvatore Rossi passerà da 450mila a 400mila euro. Troppo poco per il presidente di Adusbef (Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari), Elio Lannutti
 che in una nota, nei giorni scorsi, ha definito il 
sacrificio <insufficiente e provocatorio in una fase di gravissima 
crisi  economica per il Paese>.
Resteranno invariati i compensi dei vicedirettori generali della Banca 
d’Italia, che ammontano a 315 mila euro annui. Cifre astronomiche per la
 “gente comune” e numeri eccessivi anche per il governo che, con il 
decreto sulla riduzione degli stipendi dei manager pubblici aveva 
fissato, lo scorso aprile, un tetto di 240mila euro annui a tutti gli 
stipendi statali. 
Tuttavia, Bankitalia ha deciso di non adeguarsi giustificando 
la sua decisione in virtù dell’indipendenza finanziaria dell’Istituto di
 via Nazionale.  Sebbene la Banca d’Italia sia riconosciuta 
come “istituzione dello Stato italiano” - motivo per il quale la nomina 
del governatore avviene con decreto del  presidente della Repubblica su 
proposta del presidente del Consiglio dei ministri, sentito il parere 
del Consiglio superiore della Banca d’Italia -,  è una società a 
capitale privato. Ma lo schiaffo ai “cittadini normali”, milioni dei 
quali vessati dai debiti e disoccupati, resta sonoro.  Finora il 
governatore della Banca d’Italia Visco ha guadagnato 496.000 euro 
all’anno,  più del presidente della Bce, Mario Draghi, (375.000 euro l’anno) e del presidente della Federal Reserve, Janet Yellen (346 mila euro l’anno). 
Ma gli stipendi stellari dei vertici di Bankitalia sono solo la
 punta dell’iceberg di quello che l’economista Alberto Bagnai ha 
chiamato un golpe  nel suo libro “Il Tramonto dell’Euro”
 (ed. Imprimatur – 2012), in riferimento al cosiddetto “divorzio” 
avvenuto tra la Banca d’Italia e il Ministero del Tesoro nel 1981, un 
provvedimento ufficialmente giustificato dall’obiettivo di controllare 
le dinamiche inflattive prodotte a partire dallo shock petrolifero del 
1973 e seguite all’ingresso dell’Italia nel Sistema Monetario Europeo 
(SME), ma che  ebbe effetti devastanti sull’economia italiana. .  
Prima del “divorzio” la Banca d’Italia si impegnava ad acquistare tutti
 i titoli non collocati presso gli investitori privati. Un sistema che 
garantiva il finanziamento della spesa pubblica e la creazione della 
base monetaria che provvedevano alla crescita dell’economia reale del 
Paese.  In seguito alla separazione tra la Banca d’Italia il Tesoro, lo 
Stato italiano dovette invece collocare i titoli del proprio debito 
pubblico sul mercato finanziario privato a tassi d’interesse molto più 
alti, e con un conseguente indebitamento estero maggiore. 
Secondo Marco Saba, direttore di ricerca presso il Centro Studi Monetari di Milano (http://www.studimonetari.org/), "la privatizzazione
 della Banca d’Italia, diventata ufficiale con il decreto Imu-Bankitalia
 del gennaio 2014, sta nel fatto che tutte le sue proprietà, che 
appartenevano allo Stato italiano, tra cui le riserve della Lira, non 
sono state restituite al Ministero del Tesoro. Così le 2.700 tonnellate 
d’oro, gli 800 immobili e le riserve valutarie della Banca d’Italia che 
andavano restituite allo Stato italiano sono state lasciate in eredità agli stessi banchieri che si sono appropriati di una massa enorme di denaro pubblico.
 Con la privatizzazione della Banca d'Italia non solo si è fatto un 
“regalo” ai banchieri di 7.5 miliardi di euro in virtù della 
rivalutazione delle quote voluta dal governo con il recente decreto, ma 
si è consegnato alla Banca d’Italia un patrimonio che vale almeno 700 
miliardi di euro".