giovedì 1 marzo 2012

Signoraggio: interpellanza Scilipoti


ATTO CAMERA

INTERPELLANZA 2/01374

Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 592 del 24/02/2012
Firmatari
Primo firmatario: SCILIPOTI DOMENICO
Gruppo: POPOLO E TERRITORIO (NOI SUD-LIBERTA' ED AUTONOMIA, POPOLARI D'ITALIA DOMANI-PID, MOVIMENTO DI RESPONSABILITA' NAZIONALE-MRN, AZIONE POPOLARE, ALLEANZA DI CENTRO-ADC, LA DISCUSSIONE)
Data firma: 24/02/2012
Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Attuale delegato a rispondere: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI delegato in data 24/02/2012
Stato iter: 
IN CORSO
Atto Camera

Interpellanza 2-01374
presentata da
DOMENICO SCILIPOTI
venerdì 24 febbraio 2012, seduta n.592

Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:

dall'esame del bilancio della Banca d'Italia, il circolante monetario italiano per l'ammontare di ben 147 miliardi di euro, risulta trascritto integralmente nello stato passivo, ma non come debito della medesima banca nei confronti dello Stato, da cui è delegata all'espletamento di tutte le attività monetarie, ma come debito verso la Banca centrale europea alla quale essendone parte integrante con una quota equivalente al 14 per cento, si limita a rimborsare i soli costi di carta filigranata, di stampa serigrafica e delle spese di trasporto;

in virtù di tale anomalia contabile, la Banca d'Italia, alla conclusione di ogni esercizio, realizza ingenti sopravvenienze attive, che però non annota come tali, poiché derivanti da attività di signoraggio primario - costituito dallo spread tra costo di produzione della moneta stampata e valore facciale assegnato alle banche;

la Banca d'Italia riporta invece nell'attivo di bilancio, unicamente il signoraggio secondario derivante dagli interessi attivi corrisposti dalle banche del sistema a fronte delle erogazioni di liquidità loro accordate;

pertanto, annualmente l'utile derivante dal signoraggio primario per molti miliardi di euro viene suddiviso tra le banche azioniste, le quali detengono l'intero capitale sociale della Banca d'Italia, pari a soli euro 154.937,07, costituite dai seguenti istituti di credito: gruppo Intesa-San Paolo (44,43 per cento, gruppo Unicredito - Banca di Roma (22,12 per cento, Banca Carige (3,96 per cento, Bnl (2,83 per cento, Monte dei Paschi di Siena (2,50 per cento, Cassa di Risparmio di Firenze (1,85 per cento, insieme a varie banche minori e all'INPS col 5 per cento;

risulta, pertanto evidente che dal 1992, il gruppo di banche private, subentrate agli storici istituti di diritto pubblico che avevano investito in azioni della Banca d'Italia solo 285 milioni di vecchie lire, già a partire dall'esercizio contabile dell'anno 1993 hanno lucrato gli ingenti benefici contabili derivanti dal signoraggio primario, oltre agli utili di esercizio derivanti dal signoraggio secondario sui prestiti e sulle aperture di credito concessi alle banche e alla pubblica amministrazione;

questo criticabile metodo contabile ad avviso dell'interpellante negli anni ha causato l'ingente indebitamento dello Stato, costretto per i suoi fabbisogni a comprare la moneta di sua proprietà a tassi sproporzionati rispetto al tasso ufficiale di sconto (TUS) sino al 1999, e, successivamente rispetto al T.U.R., tasso ufficiale di riferimento europeo;

fatto ancora più grave, al metodo contabile della Banca d'Italia è da attribuirsi secondo l'interrogante altresì la vera responsabilità della stretta creditizia che ha soffocato e che strozza ancora oggi imprese e cittadini;

va ricordato che, dopo la costituzione dell'Unità d'Italia, l'emissione della moneta, fino a quel momento consentita agli istituti dei vari Stati, è stata delegata al nuovo istituto centrale denominato Banca d'Italia s.p.a. a cui sono stati chiamati a partecipare gli istituti di diritto pubblico, le fondazioni, le Casse di risparmio - enti morali e INPS;

già alla data di costituzione della Banca d'Italia quale istituto di emissione monetaria esisteva l'obbligo della riserva aurea istituita nel lontano 1694 dalla Banca d'Inghilterra, opportuna per garantire la convertibilità della moneta emessa con oro corrispondente al suo valore di mercato e per evitare l'abuso di emissioni monetarie non correlate alle capacità dell'Istituto e all'andamento dell'economia;

il 15 agosto 1971, per salvare l'economia americana, il presidente Nixon con la dichiarazione unilaterale di inconvertibilità del dollaro in oro, poneva fine al regime dei cambi fissi instaurato dagli accordi Bretton Woods nel 1944, finalizzata al ripristino delle condizioni di convertibilità delle monete e alla creazione di un sistema di compensazione multilaterale delle bilance dei pagamenti, al termine della guerra;

per la successiva mancanza di ogni forma di controllo sulle emissioni monetarie che venivano decise autonomamente dalle rispettive banche centrali, negli anni successivi al 1971 è iniziata la pericolosa instabilità monetaria, che per il nostro Paese ha avuto per conseguenza la graduale crescita verticale dell'ingente debito pubblico;

seguendo l'esempio degli Stati Uniti, a partire da ottobre 1971 la Banca d'Italia ha continuato ad emettere moneta, con la sostanziale differenza però, che la stampa delle banconote è proseguita senza la garanzia della convertibilità aurea e unicamente a vantaggio della sola Banca d'Italia, la quale da delegata alla emissione per conto dello Stato, è a giudizio dell'interrogante inconcepibilmente divenuta proprietaria della moneta emessa, che via via ha prestato ai Governi succedutisi, con la conseguenza che il debito pubblico ha raggiunto l'insostenibile esposizione superiore a 1900 miliardi di euro;

per le sua finalità istituzionali, la Banca d'Italia avrebbe dovuto e dovrebbe operare ancora, per delega e per conto dello Stato, alla emissione di banconote e, a far data dall'anno 2000, per la sua partecipazione alla Banca centrale europea, alla distribuzione della moneta al sistema bancario, così che il signoraggio primario, costituito dallo spread tra i costi di produzione, quali carta, stampa e trasporto, e il valore attribuito alle banconote emesse sin dal 1993 avrebbe dovuto essere accreditato allo Stato italiano nella sua qualità di delegante e non alle banche partecipanti al capitale, alle quali competeva solo ed unicamente l'utile derivante dal signoraggio secondario per gli interessi sui prestiti effettuati dalla Banca d'Italia agli istituti di credito, agli enti pubblici e alla pubblica amministrazione, ovvero dalla rendita di ridistribuzione monetaria passiva, dagli interessi su attività statutarie e dalle rendite di partecipazione;

l'assunto sulla proprietà della moneta è stato anche confermato dalla consulenza tecnica d'ufficio sentenza emessa nel 2005 dal giudice di Pace di Lecce a seguito della che ha statuito il principio secondo cui la proprietà del denaro non è da attribuirsi né alla Banca d'Italia né tantomeno alla Banca centrale europea, ma al popolo sovrano, così affermando che, essendo la proprietà della moneta degli italiani, è da considerarsi ad ogni effetto dello Stato italiano;

nella medesima sentenza, sulla scorta di una consulenza tecnico contabile sulla redditività secondaria si affermava che le banche azioniste di Bankitalia, nel solo quinquennio che va dal 2000 al 2004, avrebbero lucrato signoraggio primario, stimato in oltre 5 miliardi di euro;

alla data del 31 dicembre 2011 il circolante monetario nel bilancio dell'Istituto centrale ammonta a 146,10 miliardi di euro, e poiché il suo costo di produzione non supera l'1 per cento se ne deduce che dall'entrata in circolo dell'euro le banche partner avrebbero lucrato signoraggio per circa 145 miliardi di euro, che se fossero stati incamerati dallo Stato, avrebbero consentito agli italiani un ingente alleggerimento del carico fiscale;

le banche azioniste nel decennio trascorso avrebbero secondo l'interrogante indebitamente �incamerato� signoraggio primario nell'ordine di circa 145 miliardi di euro, somma indebitamente percepita dagli azionisti, che ove restituita alla disponibilità dello Stato, unico soggetto avente diritto, avrebbe consentito l'immediata soluzione di gran parte dei problemi economici che attanagliano il Paese;

così facendo, si potrebbe concorrere ad alleggerire la pressione fiscale e a rilanciare l'economia con interventi mirati garantiti dallo Stato beneficiario del signoraggio monetario primario, oltre che ad avviare una graduale riduzione del debito pubblico -:

se il Governo intenda assumere iniziative normative urgenti per imporre alle banche azioniste della Banca d'Italia la tempestiva restituzione di tutte le somme indebitamente percepite nell'ultimo decennio derivanti da signoraggio primario, il cui unico avente diritto è lo Stato italiano;

se il Governo intenda assumere iniziative normative affinché la Banca d'Italia, a partire dall'esercizio 2011 sia obbligata per decreto ad iscrivere a debito verso lo Stato italiano nello stato passivo del proprio bilancio, l'ammontare del circolante monetario con tutte le emissioni integrative che pervengono dalla Banca centrale europea, insieme all'obbligo di dettagliare analiticamente l'andamento trimestrale del signoraggio per consentire di avere tempestiva contezza del suo reale andamento.

(2-01374) �Scilipoti�.

IL CRIMINE BANCARIO - LO STATO COLLUSO