lunedì 16 dicembre 2013

Bergamo, dimostrazione contro banche e massoni criminali

IDA MAGLI sull'Europa: il Parlamento delegittimato

Lettera di IDA MAGLI sull'Europa il Parlamento delegittimato

December 16, 2013 at 11:40am
IDA MAGLI SCRIVE SU EUROPA E PARLAMENTO DELEGITTIMATO
Ad Andrea Signini

E indispensabile non aspettare più neanche un minuto nel fare una proposta di azione concreta e attuabile, che avrà (di questo si può essere sicuri) un grande consenso fra i cittadini, per abbandonare l'Europa e l'euro dichiarando invalidi i trattati firmati dallo Stato italiano di rinuncia alla sovranità, e non soltanto quella monetaria, ma anche quella dei confini, della libera circolazione dei cittadini europei dato che è invalida la cittadinanza europea che è stata imposta senza chiedere il consenso e poi abbandonata al suo destino con il trattato di Lisbona. (Io ho chiesto ufficialmente due volte allo Stato italiano di togliermela, ma non ho avuto risposta). Non ci sono altre strade possibili da intraprendere in tempo per non morire definitamente. La proposta (fatta anche da Grillo) di un referendum è, come lei sa, impossibile perché bisogna prima cambiare la Costituzione che lo vieta in materia di politica estera e non si ha la maggioranza per farlo, a parte che ci vorrebbero molti anni per attuarlo. Ripeto: tutto quello che è stato fatto dai politici in ordine all'Europa non è valido in quanto l'articolo 11 parla di politica estera ma perdere la sovranità, i confini ecc. non è questione di normale politica estera: un trattato in tale senso non si firma se non in una resa senza condizioni per una guerra perduta. Difatti non è stato imposto per la sconfitta della seconda guerra mondiale, anzi, è stato ventilato con entusiasmo agli occhi della cittadinanza come una grande conquista e una grande promozione. La volontà d'ingannare i cittadini è stata spudorata e continua ad esserlo. Come avrà sentito ieri, io ho chiesto volutamente quale lingua si parlerà nell'Ue ben sapendo che è data per scontata la perdita di tutta la ricchezza d'Europa per abbracciare la lingua del più forte (l'inglese dipende dal servilismo verso l'America, non verso l'Inghilterra). Soltanto gli imperi conquistatori hanno imposto ai popoli sottomessi di parlare la lingua del conquistatore, ma lei sa che ciò che a suo tempo ha salvato dalla disperazione della sudditanza Polonia, Ungheria ecc. è stato l'attaccamento alla propria lingua di cui i poeti si sono fatti araldo per la libertà. Adesso, invece, i nostri politici disprezzano gli Stati che governano al punto da odiarne la lingua.

Insomma, affido a lei questo messaggio, sicura che lei lo presenterà con passione.

La ringrazio e la saluto caramente

Ida Magli

14 dicembre 2013


Opus Goldman Sachs International Dei

L'etica dell'Opus Goldman Sachs International Dei
di Iene Sabeni - 15/12/2013
Fonte: il ribelle 

  
   Il diavolo e l'acqua santa. Il denaro sterco del demonio. Gli pseudo opposti che si incontrano e si suggeriscono regole di comportamento. Con tanti saluti alla nuova linea della Chiesa attenta alla povertà con la quale Francesco I ha voluto caratterizzare il suo Pontificato. 
La Pontificia Università Santa Croce, che dipende dall'Opus Dei, ha deciso che i suoi studenti, futuri sacerdoti, debbano conoscere l'economia e la finanza, per comprendere meglio il senso del proprio apostolato e dove esso debba indirizzarsi nel sociale. Fino a qui, niente di trascendentale. Non si vive di solo spirito e poi, come si dice in certi ambienti, il cibo materiale deve poter trasformarsi in cibo spirituale. 

Non sarà più sufficiente quindi agli studenti dell'Opera fondata da Escrivà de Balaguer essere in grado di maneggiare la teologia, la filosofia, il diritto canonico e la comunicazione. Da qui l'idea di creare un corso denominato “Economics for Ecclesiastic” grazie al quale, questo è l'intendimento, i futuri sacerdoti non si troveranno troppo isolati dal mondo reale. 
Il problema sta nella personalità del professore che erudirà le future tonache sul significato etico dell'economia e della finanza nel mondo contemporaneo. Sarà infatti Brian Griffiths of Fforestafch, un cognome impronunciabile che è tutto un programma, ad intrattenere gli studenti su “Le sfide etiche e culturali per la finanza contemporanea”
Il punto è che il signore in questione è stato vice presidente esecutivo di Goldman Sachs International, ossia della banca di affari che nell'immaginario del cittadino medio Usa rappresenta il simbolo stesso della più schifosa speculazione che strozza i piccoli risparmiatori e crea le condizioni per portargli via la casa. 
In Italia, come in Europa, la Goldman Sachs è la banca che ha speculato a man bassa contro i titoli di Stato, i Bonos spagnoli e i Btp italiani, con l'intento di affossare l'euro. Insomma, Brian Griffiths of Fforestafch è un banchiere che vanta non poche responsabilità nell'avere contribuito ad aggravare una situazione interna, come quella italiana, già di per sé grave per l'altissimo debito pubblico. È quasi superfluo aggiungere che Griffiths è membro della Camera dei Lords (appartiene quindi alla nomenklatura inglese) ed è stato consigliere di Margareth Thatcher per le privatizzazioni e per deregolamentare il mercato interno. Si tratta di uno di quei tecnocrati che sostiene la creazione di un grande mercato globale senza vincoli di frontiere e di dazi doganali. Un mercato globale che implica la cancellazione degli Stati nazionali e la loro sottomissione ad un complesso di strutture sovranazionali, di fatto in mano all'Alta Finanza. 
Una strategia che il mondo cattolico dovrebbe teoricamente vedere con ostilità. Questo in teoria perché ci sono, e non sono pochi, banchieri cattolici che sognano lo stesso traguardo, sia pure con una attenzione paternalista verso i poveri e gli emarginati. 
E in Italia i banchieri legati all'Opus Dei sono molti e potenti, anche se spesso quasi sconosciuti al grande pubblico. Tra i più noti svetta Antonio Fazio, ex governatore della Banca d'Italia. In Spagna, fa parte dell'Opus Dei, il presidente del Banco di Santander, Emilio Botin. Questo per dire che non esiste una finanza “laica” e una finanza “cattolica” ma esiste soltanto una finanza che realizza affari e profitti e intende continuare a farli. Come dimostra l'enorme patrimonio mobiliare e immobiliare della chiesa cattolica e delle sue tante diramazioni. 
Ma nemmeno i protestanti scherzano visto che Griffiths ha presieduto in passato il Lambeth Fund, controllato dall'arcivescovo di Canterbury. Ed allora questo connubio tra Opus Dei e Goldman Sachs trova la sua ragione di essere nel medesimo approccio universalista. Del resto il capitalismo liberista si è sempre fatto forte, basti vedere Max Weber, di una profonda impronta evangelica e biblica. Ma l'Opus Dei non è l'unica struttura in ambito cattolico a tenere buoni rapporti con certi ambienti e ad allevare futuri banchieri. Mario Draghi, anche lui un ex Goldman Sachs, ha studiato dai gesuiti. E questo non gli ha impedito di caratterizzare la sua attività nella direzione di rafforzare il potere delle banche e della finanza e al tempo stesso di impoverire i cittadini italiani ed europei, come sappiamo ormai a menadito

Lannutti (ADUSBEF): EURO, LA RAPINA DEL SECOLO

COMUNICATO STAMPA

EURO: LA RAPINA DEL SECOLO,CHE HA ARRICCHITO BANCHIERI, EUROCRATI, MANUTENGOLI DEL POTERE, RIDOTTO A MISERIA GRANDI MASSE COL CROLLO DELLA CAPACITA’ DI SPESA. DRAGHI INVECE DI DIFENDERE IL POTERE SMISURATO DEI BANCHERI, AFFERMANDO CHE L’EURO E’ IRREVERSIBILE, PENSI PIUTTOSTO A REVISIONE DEI “TRATTATI CAPESTRO” PER I POPOLI DEL SUD EUROPA.

Mario Draghi da esperto banchiere di Goldman Sachs, lo vada a raccontare al popolo greco massacrato dai “piani di salvataggio” del Fondo Monetario e della Troika, costretti a mangiare cibo scaduto ed a rinunciare alle cure sanitarie minimali; alle decine di migliaia di sfrattati e pignorati iberici; ai portoghesi senza tetto emarginati e relegati oltre la soglia di povertà; al 42 % dei giovani disoccupati italiani ai quali la “cleptocrazia europea a trazione tedesca” ha scippato perfino la speranza del futuro, oppure a quelle masse di invisibili disperati, che nel 2001 appartenevano al ceto medio e 10 anni dopo sono costretti ad affollare le mense della Caritas, solo per sfamarsi con un pasto caldo, che “l’euro è irreversibile ed è effimero pensare ad una sua uscita”.
L’effetto trascinamento del cambio lira-euro entrato in vigore dal 1.1.2002 (1.000 lire= 1 euro), con lo sciagurato tasso di cambio fissato a 1.936,27 lire ad euro (invece di un giusto tasso di 1.300 lire max per 1 euro), ha svuotato le tasche delle famiglie italiane, al ritmo di 1.100 euro l’anno di rincari speculati, per un conto finale superiore a 11.000 euro pro-capite nell’ultimo decennio.
Dall'ingresso nell' euro infatti, avvenuto senza alcun controllo nel gennaio 2002 con il Comitato Euro che assecondava gli aumenti, si è registrata una perdita del potere di acquisto, che anche le statistiche ufficiali sono costrette a riconoscere, pari a 11.054 euro per ogni famiglia (24 milioni), con un vero e proprio trasferimento di ricchezza stimato in 265,3 miliardi di euro, dalle tasche dei consumatori a quelle di coloro che hanno avuto la possibilità di determinare prezzi e tariffe, al riparo dai dovuti controlli delle inutili, forse contigue, autorità di settore.
Il crollo dei consumi e le sofferenze economiche degli italiani, che ha colpito anche il ceto medio ed i redditi che potevano essere definiti dei “benestanti” nel 2001,è dimostrato inconfutabilmente dallo studio Adusbef sulla capacità di spesa (Cds), pari in Italia a 119 nel 2001,tra le più elevate dei paesi europei superata da Inghilterra (120); Svezia (123); Belgio (124); Austria (126); Danimarca (128); Olanda ed Irlanda (134); Lussemburgo (235); più elevata di Francia; Germania e Finlandia (116). Nel 2012, l’Italia (-16,8%) guida la classifica negativa della capacità di spesa (Cds) ridotta di 20 punti ed attestata a 99; al secondo posto la Grecia (-13,8% la Cds che passa da 87 a 75); al terzo il Regno Unito (-8,3% con la Cds a 110; al quarto il Portogallo – 7,4% che si attesta a 75; al quinto la Francia -6,9% con la Cds a 108; al sesto il Belgio a 119; mentre Austria (131); Germania (122); Svezia (129) e Lussemburgo (272) aumentano la capacità di spesa.
L’euro ha rappresentato la più grande rapina del secolo, che ha impoverito grandi masse di lavoratori e pensionati, artigiani, piccoli imprenditori, partite Iva, per arricchire banchieri, eurocrati, manutengoli del potere economico, pronti ad addossare i costi delle crisi ai più poveri.
Sempre più masse di disperati, relegati ai margini dalle politiche economiche suicide imposte dagli Eurocrati, con a capo Mario Draghi ed Angela Merkel, non avendo più nulla da perdere se non le loro catene, si stanno giustamente ribellando ai diktat della Troika e della Germania, per contrastare la ghigliottina di Mes e Fiscal Compact e del “modello Cipro”, che ha ingiunto una taglia sui conti correnti e sul risparmio,” per imporre un prelievo forzoso del 10% del risparmio privato nei 15 paesi della zona euro come veicolo per affrontare i problemi di sostenibilità del debito pubblico, ha la finalità di demolire definitivamente un modello sociale costituito sul “valore del risparmio”, sostituendolo con società fondate sul “debito”, per rafforzare il dominio dei banchieri e della finanza di carta, degli algoritmi che strutturano i derivati killer e della troika, innescando un circolo vizioso per alimentare i profitti delle banche sulla pelle di intere generazioni intossicati dalle carte di debito.
Non è quindi effimero, anche da parte di un’associazione fatta da europeisti convinti com’è Adusbef, pensare di uscire da questo modello di Europa a misura di eurocrati e banchieri, che ha distrutto la ricchezza delle famiglie, per trasferirla ai soliti manutengoli del potere economico, una ristretta cerchia di soggetti che decide dei destini del mondo, anche a costo di essere definiti, dal cerchio magico delle élites che rappresentano solo loro stessi, con l’appellativo di “populisti”, ossia coloro che tutelano il popolo oppresso. Il Presidente della Bce Mario Draghi, invece di affermare che l’euro è “irreversibile” continuando a foraggiare le banche con oltre 1.000 miliardi di euro regalati per taglieggiare le imprese, farebbe meglio a pensare ad una revisione dei Trattati europei “capestro”, che oltre a produrre miseria e rovine economiche, sta alimentando la rivolta degli oppressi e degli onesti in tutta Europa.

Elio Lannutti (Presidente Adusbef)

Salvatore Tamburro risponde a Mario Draghi

Draghi: «Uscire dall'euro? Tesi populista che non sta in piedi» - Risposta dell'economista Salvatore Tamburro


DESTINATARIO:
Egr. Presidente Mario Draghi,
presso Eurotower,
Kaiserstraße 29
DE-60311 - Frankfurt am Main,
Deutschland
office.draghi@ecb.europa.eu

Le affermazioni del presidente della Bce, Mario Draghi, sono tratte da un'intervista al settimanale francese Le Journal du Dimanche, riportate sul Sole24Ore del 15/12/2013

DRAGHI: «La tesi populista che consiste nel pensare che uscendo dall'euro, un'economia nazionale beneficerebbe all'istante di una svalutazione competitiva come ai vecchi tempi non sta in piedi. Noi non ci sostituiremo ai governi; se tutti cercano di svalutare la propria moneta, non se ne avvantaggia nessuno. In conclusione, la strada verso la prosperità passa sempre attraverso le riforme e la ricerca della produttività e dell'innovazione»

TAMBURRO: Egregio presidente della BCE, mi permetta di dirle che l'uscita dall'euro che lei descrive come “tesi populista”, dove la parola “populista” assume perlopiù un'accezione negativa che diventa sinonimo di "demagogia" è a mio avviso errata, poiché il demagogo fa leva su sentimenti spesso irrazionali, mentre la soluzione ipotizzata di un'uscita dall'euro trova il consenso non solo di centinaia di economisti, ma anche di milioni di cittadini europei dichiaratamente contrari alla permanenza nell'Unione europea.
Inoltre, è contestabile la sua frase in cui afferma “noi non ci sostituiremo ai governi”; mi lasci dire che la Bce si è già sostituita ai governi in maniera più che marcata, dettando forzatamente la sua ingerenza nelle politiche monetarie di ogni singolo Paese membro dell'Ue. Alcuni, ma non tutti, non avranno dimenticato la famosa lettera che la Bce aveva spedito al governo (allora governo Berlusconi-Tremonti) il 4 agosto del 2011 firmato da Lei, Mario Draghi (allora alla presidenza di Bankitalia), e dall'allora governatore della Bce, Jean Claude Trichet, in cui si chiedeva l’anticipazione del pareggio di bilancio al 2013 dal 2014 e l'applicazione di un rigore finanziario mai visto prima. E' noto a tutti come la politica monetaria nazionale debba necessariamente subire il veto di certe organizzazioni sovranazionali (in primis B.C.E. e F.M.I.), tra l'altro (precisazione non di poco conto) non elette democraticamente da alcun cittadino europeo.

Quanto alla svalutazione della moneta, ovviamente Lei è ben conscio dell'impossibilità di un Paese come l'Italia di non poter svalutare per ottenere un vantaggio competitivo nei confronti di altri Paesi facenti parte dell'euro-zona, poiché tutti adottano la stessa valuta. Ciò ne consegue che l'Italia non potrebbe mai svalutare con l'obiettivo di essere più competitiva della Germania sui mercati esteri.
Per poter svalutare ed essere competitivi con i nostri partners europei abbiamo necessariamente bisogno di amministrare una nostra valuta nazionale, distinta da quella dei nostri competitors.
Ritengo che non sia dovuto al caso che, con l'introduzione dell'euro, la Germania abbia totalizzato un costante surplus nella bilancia dei pagamenti con l'estero (attualmente pari a +6,7%), mentre gli altri Paesi, in particolare quelli dell'Europa meridionale, abbiano totalizzato dei deficit sempre crescenti nella bilancia dei pagamenti con l'estero. A pensar male si potrebbe ritenere che l'Unione Europea sia un vestito cucito addosso ad un solo Paese, cioè la Germania, mentre gli altri Paesi siano obbligati a porre delle pezze riparatrici per colmare gli enormi strappi che si sono venuti a creare.
Inoltre, Lei è ben conscio del fatto che siamo immersi in quella che potremo definire una “guerra mondiale delle valute”, in cui tutte le altre economie stanno procedendo ad una svalutazione della valuta al fine ufficiale di uscire dalla deflazione, svalutazione non dichiarata ufficialmente, ma cercata ufficiosamente per ricercare quella competitività internazionale perseguita da tutti, tranne che dalla Bce.
Dall'alto della sua conoscenza ne converrà con me che la svalutazione non comporta alcun rischio di inflazione, come molti erroneamente fanno credere poiché, ad esempio, in Italia durante gli anni 1992-1993 (quando Lei a quei tempi era membro dei British Invisibles, i rappresentanti di un influente gruppo di pressione della City londinese, e si adoperava a “svendere i gioielli di famiglia” in compagnia dell'allora presidente di Bankitalia Ciampi, Beniamino Andreatta, Mario Baldassarri, i vertici di Iri, Eni, Ina, Comit, delle grandi partecipate che di lì a poco sarebbero state privatizzate) la lira in quegli anni si svalutò del 20% , mentre l'inflazione diminuì dal 5% al 4% e ci sono esempi storici che riguardano non solo l'Italia ma anche altri Paesi del mondo a dimostrazione del fatto che il mito che la svalutazione porti all'inflazione sia stato completamente distrutto.

DRAGHI: «La nostra politica monetaria rimasta accomodante dal 2011», poi «gli impegni che abbiamo preso sul futuro orientamento della nostra politica monetaria e la nostra decisione di novembre di abbassare il principale tasso direttore, per la seconda volta, a 0,25%. Le incertezze arretrano, e ciò dovrebbe contribuire a rilanciare gli investimenti e incoraggiare le banche a fare prestiti. Anche il potere d'acquisto è migliorato sotto l'effetto di un calo dei prezzi dell'energia e dei prodotti alimentari».

TAMBURRO: Le incertezze, presidente Draghi, non arretrano, anzi determinate azioni hanno sottolineato, qualora fosse ancora necessario farlo, che gli interventi della BCE abbiano favorito unicamente le banche e non imprese e famiglie. Le ricordo che le iniezioni di liquidità rappresentate dall’utilizzo dei finanziamentiLong term refinancing operations (LTRO), con cui l’Eurotower ha immesso nel sistema oltre mille miliardi di liquidità ad un tasso dello 0,75%, nella speranza di lenire il credit crunch, sono state utilizzate dalle banche italiane per fare cassa acquistando i titoli di Stato ed aggravando in tal modo la crisi delle piccole e medie imprese, costrette a licenziare per mancanza di liquidità.
Le banche italiane hanno ricevuto 270 miliardi di prestiti triennali dalla Bce al tasso dello 0,75% (al secondo posto dopo le banche spagnole con 300 miliardi), nelle famose aste di liquidità del dicembre 2011 e febbraio 2012, utilizzate al 90% per acquistare i titoli di Stato.
Il risultato di questa mossa ha favorito il credito alle PMI? Purtroppo no, il risultato si può definire con due semplici parole: speculazione finanziaria.
La contrazione del 3,7% nei prestiti al settore privato (famiglie e aziende) a ottobre rappresenta «la maggior flessione storica», secondo le statistiche di Bankitalia. In particolare il -4,9% riguardante le imprese «è un calo storico», mentre quello di -1,3% per i nuclei familiari non è un minimo assoluto.
Questo è un esempio lampante di come la finanza sia totalmente distaccata dall'economia reale.
Inoltre, la sua mossa di ridurre ulteriormente il tasso direttore allo 0,25% , allo scopo di evitare che le banche commerciali preferiscano depositare la loro liquidità presso la Bce, invece che erogare finanziamenti alle piccole-medie imprese, si è appurato non servire a nulla.
Come affermava lo stesso Keynes: “sembra improbabile che l’influenza della politica bancaria sul saggio di interesse sarà sufficiente da sé sola a determinare un ritmo ottimo di investimento. Ritengo perciò che una socializzazione di una certa ampiezza dell’investimento si dimostrerà l’unico mezzo per consentire di avvicinarci all’occupazione piena; sebbene ciò non escluda necessariamente ogni sorta di espedienti e di compromessi coi quali la pubblica autorità collabori con l’iniziativa privata”.
In conclusione, non serve a nulla “regalare” soldi alle banche perché prestino, anzi i dati dimostrano che più ricevono e meno queste erogano finanziamenti.

DRAGHI: «La crescita sta tornando ma non è certo galoppante. È modesta, fragile e diseguale. La disoccupazione è sempre troppo alta ma sembra stabilizzarsi attorno a una media del 12%. L'anno prossimo, prevediamo un ritmo di crescita per la zona euro di 1,1% e dell'1,5% nel 2015. Le esportazioni riprendono e, fatto nuovo, risalgono i consumi».
«La Bce non può ridurre il livello strutturale della disoccupazione, che dipende dal buon funzionamento del mercato del lavoro e dalla sua capacità di integrare meglio coloro che ne sono stati esclusi. La nostra missione principale è di mantenere la stabilità dei prezzi. Nella misura in cui le nostre azioni stabilizzano l'economia, esse contribuiscono alla riduzione della disoccupazione».

TAMBURRO: parlare di una “stabilizzazione” della disoccupazione a questi livelli è un discorso allarmante, soprattutto se la fonte da cui provengono certe affermazioni siano da collegate al presidente della Banca centrale europea, visto che in meno di sei anni la disoccupazione è più che raddoppiata. Dati Istat dimostrano che nell'aprile del 2007 era al 5,9%, mentre ad ottobre 2013 abbiamo registrato una disoccupazione al 12,5%. Ancora più allarmante è il dato della disoccupazione giovanile (15-24 anni) che ad ottobre 2013 ha raggiunto il massimo storico del 41,2%.
Mi permetta di contestarle che l'occupazione non si genera sul mercato del lavoro, bensì sul mercato dei beni: è stimolando la domanda aggregata, attraverso stimoli degli investimenti, accentuando la spesa pubblica e svalutando con giusta misura la propria valuta che si riesce a stimolare i consumi e a ridurre la disoccupazione. Le ricette economiche da Lei proposte hanno fallito e stanno continuando a manifestare il loro fallimento ed i dati macroeconomici ne sono la dimostrazione.
L'unico modo di poter fare stime realmente positive sulla produttività sarebbe quello di sostituire le politiche monetarie restrittive, con politiche monetarie espansive, ovvero facendo il contrario di ciò che si sta facendo adesso.
Lei potrebbe rispondermi che aumentare la spesa pubblica porterebbe ad un aumento del debito pubblico in quanto, siccome privi di sovranità monetaria, ossia del potere di emettere moneta, ci ridurremmo come sempre a chiedere denaro in prestito ai mercati (ossia alle banche) in cambio dei nostri Titoli di Stato (su cui paghiamo circa 100 miliardi di euro all'anno di soli interessi), e finiremmo per non rispettare i vincoli imposti dall'Ue in materia di pareggio di bilancio e di fiscal compact.
Orbene, mi lasci dire che allora abbiamo trovato la soluzione: riappropriarci della nostra sovranità monetaria e applicare una politica monetaria espansiva.
Se è vero, come afferma, che gli obiettivi che la Bce si prefigge siano la stabilizzazione dell'economia e, conseguentemente, la riduzione della disoccupazione, non può non convenire con me che bisogna abbandonare le attuali ricette economiche che ci hanno portato alla deflazione e alla crisi economica che stiamo subendo per applicare prontamente le soluzioni su proposte.

In attesa di una sua eventuale e gradita replica Le invio cordiali saluti

Salvatore Tamburro

Economista italiano