[Il 24 ottobre 1947, nella seduta pomeridiana,
l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli
del Titolo terzo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il
Governo».]
Passiamo agli emendamenti aggiuntivi.
L'onorevole Romano ha proposto due articoli aggiuntivi. Il primo (art. 90 bis) è del seguente tenore:
«Il Governo non può battere moneta senza la previa autorizzazione del Parlamento».
L'onorevole Antonio Romano ha facoltà di svolgerlo.
Romano. Pare che
l'articolo aggiuntivo proposto sia stato appreso da qualcuno come una
stranezza; ebbene, penso che non vi sia nulla di strano giacché una
norma consimile è esistita anche in Inghilterra. Ho voluto appositamente
controllare un commento della Costituzione inglese in modo da essere
sicuro del precedente costituzionale.
Per illustrare l'emendamento aggiuntivo proposto,
ritengo necessario richiamare i precedenti legislativi riguardanti gli
istituti di emissione. La legge fondamentale, che regolava i tre
istituti di emissione, cioè Banca d'Italia, Banco di Napoli e Banco di
Sicilia, legge che in gran parte regge tuttora l'unico istituto di
emissione, è quella del 10 agosto 1943, n. 449, che fu detta di
riordinamento degli istituti di emissione.
Insieme con varie modificazioni successive essa venne
fusa in un primo testo unico del 1900 approvato con regio decreto 9
ottobre 1900, n. 373, ed in un secondo testo unico del 1910, approvato
con regio decreto 28 aprile 1910, n. 204.
Modificazioni di capitale importanza del testo unico del
1910 si ebbero col regio decreto 17 giugno 1928, n. 1377, decreto col
quale furono sanzionati gli accordi conclusi il 5 maggio 1928 tra il
Tesoro e la Banca d'Italia. Altre modificazioni pur esse importanti si
ebbero nel 1935 in ordine alla circolazione dei biglietti. In ultimo vi è
stato il decreto di riforma bancaria del 1936 per effetto del quale,
oltre ad essere state mutate la figura giuridica e la costituzione della
Banca d'Italia, nuove norme sono state stabilite nei riguardi del suo
ordinamento, delle sue operazioni e delle sue funzioni.
Nell'articolo primo del decreto del giugno 1928 si
legge: «Saranno presi accordi tra il Ministero delle finanze e la Banca
d'Italia per evitare aumenti di circolazione negli stessi margini
risultanti dal rapporto proporzionale considerato nell'articolo 4 del
regio decreto-legge 21 dicembre 1927, n. 2325».
Quindi l'istituto unico di emissione, supremo regolatore
del mercato, ha il dovere di mantenere la circolazione dei propri
biglietti in determinati limiti e di non accrescerla in modo non
rispondente al migliore andamento del mercato monetario.
In tal maniera il limite della circolazione effettiva
rimaneva affidato alla prudenza dell'Istituto di emissione, che doveva
tener conto del mercato monetario e della riserva, che veniva distinta
in ordinaria e straordinaria. Questo sistema fu temporaneamente
modificato nel 1935, disponendosi la sospensione in linea provvisoria ed
eccezionale dell'obbligo della riserva (regio decreto-legge 21 luglio
1935, n. 1293, e regio decreto-legge 5 settembre 1935, n. 1647).
Col sistema fino ad oggi adottato siamo venuti a
trovarci nella condizione di non conoscere il volume della massa
circolante, anche perché, dopo l'invasione del nostro territorio, hanno
funzionato più torchi in Italia: quello italiano, quello tedesco e
quello americano. Altra confusione è stata originata dall'abbandono
delle nostre intendenze in Jugoslavia e in Africa.
Penso che sia venuto il momento di tenere una buona
volta conto che a parità di circolazione e di volume di merci le
variazioni dei prezzi sono proporzionate a quelle della quantità di
moneta.
Tutto ciò mi ha indotto, col conforto del precedente
avanti accennato, a proporre una norma che possa costituire un freno
alla circolazione cartacea. Nell'emissione della moneta il legislatore
deve preoccuparsi di costringere il Governo ad una condotta seria. La
carta moneta è un credito, fonte di questo credito è la fiducia. Le
industrie, l'agricoltura ed il commercio ruotano intorno a questa
fiducia.
La vita di questa fondamentale attività dell'uomo si
svolge appunto in quel complesso di operazioni che avvengono attraverso
le banche, le quali sono diventate tanti sistemi planetari ruotanti
intorno a quegli astri di fiducia che sono le banche di emissione.
Lasciare incontrollata l'emissione di carta moneta significa lasciare
aperto il varco a pericoli diversi. Quando un Governo intende preparare
una guerra fa prima girare il torchio e con la carta-moneta mette in
moto gli alti forni. Allo stesso espediente ricorre quando vuole attuare
un protezionismo industriale.
Il Parlamento, rimasto estraneo a questi atti, che
incidono nella vita del Paese, viene a trovarsi in un secondo tempo di
fronte al fatto compiuto. Penso quindi che sia doveroso controllare
l'emissione della carta moneta, giacché la fiducia nella moneta è in
rapporto alla condotta più o meno seria del Governo. Controllare questa
condotta è dovere dei Parlamenti.
Oggi prevale la tendenza a tutto controllare, anche quando il controllo costituisce un intralcio.
Invece per l'emissione della moneta ci si rimette alla prudenza dell'istituto di emissione.
Se la moneta rappresenta in qualche modo la fiducia che
si può riporre in un popolo, questo ha il diritto ed il dovere di
vigilare e controllare a mezzo dei suoi rappresentanti la nascita della
moneta, strumento onnipotente ed onnipresente della vita economica del
Paese. (Commenti).
Presidente Terracini. Invito la Commissione ad esprimere il proprio avviso sull'articolo aggiuntivo 90-bis proposto dall'onorevole Romano.
Egidio Tosato. La Commissione non può accettare questo articolo aggiuntivo.
Presidente Terracini. Lo pongo in votazione.
(Non è approvato).