conversazione con Stefano Rodotà di Roberto Ciccarelli, da il manifesto, 12 gennaio 2013
http://temi.repubblica.it/micromega-online/rodota-il-reddito-di-cittadinanza-e-un-diritto-universale/?printpage=undefined
«In Europa - sostiene Stefano Rodotà, uno dei giuristi italiani che hanno partecipato alla scrittura della Carta di Nizza e autore del recentissimo "Il diritto di avere diritti" - siamo di fronte ad un mutamento strutturale che spinge qualcuno ad adoperarsi per azzerare completamente i diritti sociali, espellere progressivamente i cittadini dalla cittadinanza e far ritornare il lavoro addirittura a prima di Locke. Per accedere ai beni fondamentali della vita come l’istruzione o la salute, dobbiamo passare per il mercato e acquistare servizi o prestazioni. Il reddito universale di cittadinanza è il tentativo di reagire al ritorno a questa idea di cittadinanza censitaria».
«In Europa - sostiene Stefano Rodotà, uno dei giuristi italiani che hanno partecipato alla scrittura della Carta di Nizza e autore del recentissimo "Il diritto di avere diritti" - siamo di fronte ad un mutamento strutturale che spinge qualcuno ad adoperarsi per azzerare completamente i diritti sociali, espellere progressivamente i cittadini dalla cittadinanza e far ritornare il lavoro addirittura a prima di Locke. Per accedere ai beni fondamentali della vita come l’istruzione o la salute, dobbiamo passare per il mercato e acquistare servizi o prestazioni. Il reddito universale di cittadinanza è il tentativo di reagire al ritorno a questa idea di cittadinanza censitaria».
Riesce ancora a mantenere una fiducia ammirevole nelle istituzioni europee e a non considerarle solo come l’emanazione diretta della Bce o della volontà tedesca di imporre politiche anti-inflattive e di rigore nei bilanci pubblici. Come mai?Ma perché l’Europa non può essere ridotta solo alle politiche dell’economia che assorbe tutte le altre dimensioni. Non è possibile ricordarsi degli aspetti virtuosi dell’Europa solo quando interviene per sanzionare i licenziamenti di Pomigliano oppure la legge italiana sul testamento biologico e dimenticarli quando impone di considerare l’economia come il Vangelo, con questa idea di mercato naturalizzato. L’Europa è un campo di battaglia. Io stesso ricordo la fatica di introdurre nella Carta di Nizza i principi di solidarietà e uguaglianza che prima mancavano.
Susanna Camusso (Cgil) sembra avere tutt’altra idea sulla proposta di Juncker e ha escluso il «salario minimo» perché danneggerebbe la contrattazione nazionale. Come lo spiega?Capisco la sua volontà di salvaguardare la dimensione contrattuale, ma la trasformazione strutturale che viviamo ci obbliga ad andare oltre questo orizzonte. Il tema capitale e ineludibile è il reddito universale di cittadinanza. Martedì 15 a Roma presentiamo il libro Reddito minimo garantito del Basic Income Network dove discuteremo anche le proposte di Tito Boeri e Pietro Garibaldi, persone tutt’altro che ascrivibili ad un’orizzonte estremista. Il reddito è uno strumento fondamentale per razionalizzare un sistema altamente disfunzionale e sgangherato come quello italiano sulle protezioni sociali. Nei primi giorni di governo l’aveva citato anche Elsa Fornero, poi ha abbandonato questa prospettiva.
Di solito la sinistra e i sindacati considerano il reddito come un ammortizzatore sociale. Lei ritiene che sia un approccio corretto?Assolutamente no. Oggi non è più possibile considerarlo come uno tra i tanti ammortizzatori sociali perchè dobbiamo cominciare a lavorare sulla distribuzione delle risorse. L’idea degli ammortizzatori sociali riflette un modo di guardare al precariato come un problema sostanzialmente transitorio che l’intervento dei governanti farà rientrare in una situazione di normalità. Oggi non è più così e il reddito è una precondizione della cittadinanza, uno strumento per affermare la pienezza della vita di una persona. Riguarda anche i lavoratori che si trovano in difficoltà, ma è un diritto di tutti i cittadini.
Perchè forse allora c’era l’autunno caldo, la migliore cultura giuslavoristica con Giugni, Romagnoli, Mancini sostenne l’avanzata del movimento operaio. Oggi non è così…C’è una certa sordità del sindacato perché ritiene che gli strumenti acquisiti siano sufficienti per fronteggiare qualsiasi situazione. Ricordo che Romagnoli gli ha rivolto critiche molto severe quando abbiamo elaborato e firmato il referendum contro le modifiche all’articolo 18 e contro l’articolo 8. In generale trovo spaventoso constatare i guasti della progressiva emarginazione del dialogo con la cultura politica. E questo non accade solo nel mondo del lavoro.
(12 gennaio 2013)