lunedì 25 giugno 2012

BORSELLINO E LA TRATTATIVA STATO-BANKENSTEIN


Salvatore Borsellino: “Napolitano si è messo di traverso sulla strada della verità”

- di Lorenzo Lamperti -
Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso a Palermo 20 anni fa, in un’intervista esclusiva ad Affaritaliani.it dice la sua sulla trattativa Stato-mafia: “mancino svolse un ruolo” e attacca il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Credo si sia messo di traverso sulla strada della verità, in una vicenda che rappresenta il peccato originale della Seconda Repubblica. Senza una soluzione di questa storia, la nostra repubblica non sarà mai democratica, ma fondata sul sangue di quelle stragi”.
La celebrazione del ventennale della strage? “Mi risulta che anche per quest’anno non è prevista nessuna visita del capo dello Statoche si è recato, oserei dire furtivamente, in via D’Amelio nel giorno dell’anniversario della morte di Giovanni Falcone. Se venisse sarebbe accolto come tutti gli altri rappresentanti delle istituzioni, con una contestazione civile e silenziosa”.
Salvatore Borsellino, a 20 anni dalla morte di Falcone e di suo fratello deve prevalere la commozione o l’indignazione?
La commozione è fuori luogo per una strage della quale non solo non si conoscono i colpevoli ma anche si ostacolano le indagini che la riguardano. Il cammino della giustizia viene ostacolato addirittura dai vertici più alti delle istituzioni. Non è tempo di lacrime, ma ancora e fortemente di rabbia. Da qualche anno, da quando noi del movimento delle agende rosse presidiamo via D’Amelio per evitare che vengano portate delle corone di Stato per una strage che è stata una strage di Stato, le istituzioni non si fanno più vedere. Mi risulta che anche per quest’anno non è prevista nessuna visita del capo dello Stato che si è recato, oserei dire furtivamente, in via D’Amelio nel giorno dell’anniversario della morte di Giovanni Falcone. E comunque, se dovesse presentarsi, sarebbe accolto come un qualsiasi altro membro delle istituzioni: con una contestazione civile. In silenzio alzeremo le nostre agende rosse che rappresentano la nostra richiesta di verità e di giustizia.
Pensa che il 23 maggio la ricorrenza di Capaci sia stata celebrata nella maniera giusta?
In queste circostanze io vedo sempre quella che Roberto Scarpinato definisce “retorica di Stato”. Sono anni che non partecipo alla commemorazione per la morte di Falcone. Questi momenti a me non interessano per niente.
Si aspettava l’omicidio di suo fratello?
Dopo la morte di Falcone, sapevamo che anche Paolo era condannato a morte. Però non pensavo sarebbe successo così presto. Se fosse stata soltanto la mafia a ucciderlo sarebbe passato un periodo molto più lungo.
Quale fu la sua prima interpretazione dopo la strage di via D’Amelio?
Dal primo momento mi accorsi che mio fratello non era stato protetto. Il giorno dopo il prefetto di Palermo e il ministro dell’Interno dissero che via D’Amelio non era considerato un obiettivo a rischio. Questo la dice lunga su come era stata preparata quella strage. All’inizio pensavo solo che la strage fosse stata solo favorita. Negli anni successivi invece ho capito che c’era un’effettiva complicità.
Quali parti dello Stato furono complici?
Questo sta venendo alla luce poco a poco, grazie al coraggio dei magistrati che stanno provando a togliere questo velo nero sopra quello che è successo. Mi riferisco alle procure di Palermo innanzitutto, ma anche a quelle di Caltanissetta e di Firenze. Io da anni avevo un obiettivo perché ero sicuro che mentisse, ed era Nicola Mancino. Sono sicuro che ha partecipato a quella trattativa e non riesco tutt’ora a capire come possa pervicacemente negare un incontro che sicuramente c’è stato. In un’agenda che non è stata sottratta, mio fratello aveva appuntato di un incontro con il ministro. Quello che dicono i pentiti come Brusca è molto chiaro: Riina voleva avere l’assicurazione che dietro Mori e Di Donno ci fosse un rappresentante più in alto a livello istituzionale. E questa figura sono convinto fosse proprio Mancino.
Quindi Mancino come vero volto della trattativa?
No, ritengo ci fossero personaggi anche più in alto di Mancino. Oggi finalmente dopo vent’anni le cose stanno cominciando a venire alla luce. Ci sono uomini delle istituzioni che ammettono l’esistenza di questa trattativa, rompendo la congiura del silenzio. Mi chiedo però in che modo questa congiura sia riuscita a mantenersi per così tanto tempo.
Siamo vicini alla verità?
Potremmo esserlo, ma dobbiamo ricordarci le parole di Antonio Ingroia: “Noi siamo riusciti a socchiudere la porta e siamo riusciti per ora solo a dare uno sguardo dall’altro lato”. Più ci si avvicina alla verità e più le resistenze si fanno forti. Se la porta si dovesse richiudere sarebbe persa l’ultima occasione di aprirla.
Nella politica e nelle istituzioni vede la voglia di aprirla questa porta?
Purtroppo no, vedo anzi uno stringersi delle complicità attorno al silenzio. A parte qualche voce isolata, come quella di Di Pietro, non vedo la voglia di ricercare la verità. La verità va ricercata a qualsiasi costo e a qualsiasi livello delle istituzioni si debba arrivare. Altrimenti i testimoni poco a poco cominceranno a morire, come Scalfaro e Parisi.
Che cosa ne pensa degli ultimi sviluppi sul caso Mancino e le presunte pressioni sulle istituzioni?
Io non le chiamo presunte. Queste pressioni per me ci sono state e sono l’ennesimo ostacolo frapposto sulla strada della verità.
Sonia Alfano ha richiesto l’impeachment di Napolitano. Lei è d’accordo?
Sonia Alfano è una persona che stimo, è stata espulsa dall’Idv per le sue posizioni coraggiose. Sì, sono d’accordo con lei.
Per quale motivo chiederebbe l’impeachment?
Credo si sia messo di traverso sulla strada della verità, in una vicenda che rappresenta il peccato originale della Seconda Repubblica. Senza una soluzione di questa storia, la nostra repubblica non sarà mai democratica, ma fondata sul sangue di quelle stragi.
A un certo punto anche lei si era avvicinato all’Idv.
Sì, ma è stato un errore. Mi ero avvicinato a quel partito perché pensavo che potesse rappresentare in parlamento il movimento dell’agenda rossa. E’ vero solo in parte, perché poi quel partito è andato in una direzione diversa. Poi notai alcuni tentativi di strumentalizzazione, con qualcuno che alzò agende rosse senza averne il diritto. Fu un mio errore di valutazione.
Che fine ha fatto l’agenda rossa?
Credo che in via D’Amelio ci fosse qualcuno già pronto a prelevare l’agenda. Uccidere Paolo senza farla sparire non sarebbe servita a niente. Il 25 giugno alla sua ultima uscita pubblica aveva detto di aspettare di essere chiamato per raccontare quello che aveva scoperto su Capaci e sull’assassinio di quello che per lui era veramente come un fratello.
Condivide la richiesta di una commissione d’inchiesta avanzata da Di Pietro?
Penso che prima di tutto bisognerebbe far lavorare la magistratura. Purtroppo ho tristi esperienze delle commissioni di inchiesta nel nostro Paese. Credo che non possa servire neppure ora. Credo anche che unificare le inchieste delle tre procure potrebbe essere deleterio. Io ho grande fiducia nella procura di Palermo e credo che debba continuare a lavorare sulla trattativa così come ha fatto finora.
Qual è la situazione con Ayala?
E’ quella di qualche mese fa. Credo che lui debba ancora chiarire qualcosa e rispondere alle domande che gli ho fatto tempo fa sul suo comportamento quando arrivò in via D’Amelio subito dopo la strage e non sottrarsi dicendo che io ho problemi mentali e che nei confronti di mio fratello sono come Caino.
E’ ottimista o pessimista per il futuro?
Fino a poco tempo ero convinto che non avrei mai conosciuto la verità. Probabilmente sarà così, però sono ottimista perché nei giovani vedo voglia di verità e di giustizia.


Tratto da: Salvatore Borsellino: “Napolitano si è messo di traverso sulla strada della verità” | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/06/23/salvatore-borsellino-napolitano-si-e-messo-di-traverso-sulla-strada-della-verita/#ixzz1yorXsQ3a
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