sabato 7 aprile 2018

Annullare i derivati: nessuno potrà più dire “Io non lo sapevo”

La sentenza che non piaceva alle banche 

 https://comune-info.net/2018/03/la-sentenza-non-piaceva-alle-banche/

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Ve lo ricordate il panico generato da quei misteriosi strumenti finanziari chiamati in via confidenziale “derivati tossici”? Travolse, in modo particolare tra il 2005 e il 2008, le casse degli enti locali, con conseguenti tagli draconiani ai servizi per il cittadino. Oggi sappiamo che la Commissione Europea ha emesso una sentenza, vincolante sul sistema giudiziario di ogni paese, che autorizza risarcimenti integrali. È stata emessa nel dicembre 2013 ma, misteriosamente (cioè grazie al grande potere di interdizione del sistema bancario), è stata pubblicata solo tre anni più tardi. Quel che stupisce ancor più è che gli enti locali non si siano certo affrettati ad agire di conseguenza, tutelando la propria funzione pubblica e sociale, i cittadini e la ricchezza collettiva prodotta. Sarà perché siamo di fronte all’ennesima sottrazione di ricchezza alle comunità locali, operata dalle banche con la complicità, ingenua o consapevole, di molti amministratori?

di Marco Bersani

Una sentenza della Commissione Europea permette a singoli cittadini, imprese ed enti pubblici di chiudere tutti i contratti, stipulati tra il 2005 e il 2008, di mutuo, prestiti e derivati, che avevano, nel contratto, un tasso variabile legato all’Euribor, riconoscendo agli stessi il diritto al risarcimento. 

La sentenza è il “caso AT 39914” del 3 dicembre 2013, pubblicata dalla Commissione Europea solo a fine 2016 (!), ma ormai interamente operativa e attivabile da qualsiasi soggetto coinvolto.

La sentenza si basa su due elementi:
a) il primo è relativo all’indeterminatezza del tasso quando il parametro di riferimento preso è l’Euribor (un tasso inteso a riflettere il costo dei prestiti interbancari in euro); in questo caso, rileva la sentenza, i parametri atti ad individuare il tasso variabile sono scarsamente intelligibili, poiché nella clausola è prevista una serie di rinvii concatenati a valori anche di valute estere in astratto recuperabili, ma tali da non rendere immediatamente reperibili e via via verificabili i dati.
L’incertezza della clausola di determinazione degli interessi in un contratto di mutuo determina la nullità della clausola stessa (art. 117 T.U.B.);
b) il secondo è relativo all’intesa restrittiva della concorrenza, operata da un cartello tra le principali banche europee, con lo scopo di manipolare, a proprio vantaggio, il corso dell’Euribor; vicenda che si è chiusa con la condanna di 4 tra le più note banche europee (Barclays, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland e Société Générale) al pagamento di una multa pari a 1,7 mld ed il conseguente diritto tangibile al risarcimento dell’utente finale per indeterminatezza e manipolazione del tasso.
La sentenza riguarda il 100% dei contratti di mutuo ipotecario e fondiario a tasso variabile, ma riguarda anche il 100% dei contratti derivati sul tasso (interest rate swap= IRS), in quanto atti il cui tasso di riferimento è nel 100% dei casi l’Euribor, stipulati da famiglie, imprese ed enti locali italiani con banche commerciali, sia italiane che estere operanti in Italia. Gli enti locali italiani possono in sostanza ora ottenere il risarcimento integrale di tutti gli interessi e flussi negativi su derivati che si sono visti addebitare relativamente a tali contratti nel periodo che va dal 2005 al 2008.
La Sentenza, essendo stata emessa dalla Commissione Europea, ha potere vincolante sul Giudice competente nazionale, che, pertanto, è chiamato ad uniformarsi, diversamente sanzionabile a seguito di apposita istanza al Presidente del Tribunale competente, al Consiglio/organismo della Magistratura nazionale o alla Corte di Giustizia UE.

Alcune riflessioni sono decisamente necessarie.
Va innanzitutto sottolineata la subalternità della Commissione Europea allo strapotere del sistema bancario che, se pur condannato, ottiene la non pubblicazione di una sentenza a proprio sfavore per oltre 3 anni (!).
Ma altrettanto severamente va giudicata la condotta degli enti locali che, a distanza di oltre 4 anni dalla sentenza e di oltre 1 anno dalla sua pubblicazione, non hanno ancora agito di conseguenza, tutelando la propria funzione pubblica e sociale, le comunità territoriali amministrate e la ricchezza collettiva prodotta.

Gli anni 2005-2008 costituiscono il periodo di massima dimensione della stipula di contratti derivati da parte degli Enti Locali, il cui apice è stato raggiunto nel 2007 con 796 enti interessati e 1.331 contratti sottoscritti dal valore nozionale iniziale di 37,042 miliardi di euro.
Fu proprio l’espansione senza controllo dei derivati a far decidere nel 2008 (art. 62, D.Lgs. n. 112/2008) la sospensione temporanea all’attività in derivati di regioni ed enti locali (poi divenuta definitiva con la Legge di stabilità 2014).
Siamo dunque di fronte a una massiccia e criminale sottrazione di ricchezza alle comunità locali, operata dalle banche con la complicità, ingenua o consapevole, degli amministratori.

Ora nessuno potrà più dire “Io non lo sapevo”. Per questo i movimenti in lotta per i diritti sociali e per la riappropriazione dei beni comuni e i comitati per l’audit sul debito locale devono immediatamente aprire un conflitto dentro ogni territorio e città rivendicando:
a) la pubblicizzazione di tutti i contratti derivati e di tutti i mutui sottoscritti nel periodo 2005-2008;
b) l’annullamento dei medesimi contratti derivati, con conseguente risarcimento collettivo degli interessi negativi pagati;
c) la revisione al ribasso dei tassi d’interesse su tutti i mutui contratti nel periodo sopra indicato, con conseguente risarcimento della quota sovrastimata pagata;
d) la sospensione del pagamento degli interessi su tutti i mutui e i derivati, fino alla definizione di quanto sopra indicato;
e) la pressante richiesta all’ANCI di farsi carico dell’iter legale per il riconoscimento di quanto dovuto.

Come si vede, i soldi ci sono. Sono solo finiti nelle mani sbagliate e si tratta di riappropriarsene collettivamente.