lunedì 10 ottobre 2011

PERCHÉ LA GRECIA NON PUÒ FALLIRE

PERCHÉ LA GRECIA NON DEVE FALLIRE (TANTOMENO L’ITALIA) - SALVARE IL GRUPPO FRANCO-BELGA ‘DEXIA’ SIGNIFICA EVITARE UNA SERIE DI FALLIMENTI A CATENA DI ALTRI ISTITUTI DI CREDITO - LE BANCHE FRANCESI, TEDESCHE E INGLESI SONO ESPOSTE VERSO GLI STATI ‘PIIGS’ PER 750 MLD € E IL RISCHIO DEFAULT SIGNIFICHEREBBE IL BLACKOUT DEL SISTEMA - I TITOLI DI ATENE NON POSSONO DIVENTARE CARTA STRACCIA (ALTRIMENTI BYE BYE EURO) E I CONTRIBUENTI DEVONO SCUCIRE ALTRA MONETA PER SALVARE LA BARACCA…


(DAGOSPIA) Luca Fornovo e Gianluca Paolucci per "la Stampa"
ILLUSTRAZIONE - LA BANK NON STA IN PIEDIILLUSTRAZIONE - LA BANK NON STA IN PIEDI
Un foglio in formato Excel zeppo di numeri e sigle spiega meglio di tante analisi perché la Grecia non deve fallire e perché Dexia verrà salvata grazie all'intervento pubblico per la seconda volta in tre anni. Ma mostra anche che i salvataggi di tre anni fa non hanno di certo risolto i problemi, dato che i protagonisti sono gli stessi per la crisi del debito in corso come per quella innescata nel 2007 dai mutui subprime.
papandreouPAPANDREOU
Si tratta di un documento ad uso interno redatto da una importante banca d'affari internazionale, in possesso de La Stampa, nel quale viene ricostruita puntualmente l'esposizione delle principali banche di ciascun Paese verso Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna. I titoli di Stato e anche i prestiti, gli impieghi, i contratti di finanza derivata come i famigerati Cds, le «assicurazioni» contro il fallimento di un emittente. Il totale, per i soli titoli di Stato, fa 750 miliardi di euro. Dal documento, emerge chiaramente che il sistema non può permettersi né un fallimento di Dexia né un fallimento «formale» della Grecia, fallimento che da un punto di vista sostanziale è già avvenuto nel momento in cui i suoi bond pagano rendimenti stellari, nell'ordine del 70% per cento.
DexiaDEXIA
Andiamo con ordine. Dexia, importante banca «sistemica» a cavallo tra Francia, Belgio e Lussemburgo, dovrà essere salvata dalla mano pubblica per la seconda volta dal 2008. Sospesa in Borsa fino a lunedì, tra oggi e domani se ne conoscerà il destino e quanto costerà ancora ai contribuenti francesi e belgi. Il timore legato al «caso Dexia» è molto semplice e si chiama «effetto valanga». Se «salta» la banca francobelga, potrebbe innescare una serie di fallimenti bancari a catena. Il problema delle banca è legato strettamente alla crisi dei debiti sovrani europei, verso i quali è fortemente esposta.
il premier silvio berlusconi e ministro giulio tremontiIL PREMIER SILVIO BERLUSCONI E MINISTRO GIULIO TREMONTI
Il problema non è però solo di Dexia. Dalle elaborazioni, emerge ad esempio un'esposizione verso i bond greci di 16,4 miliardi di euro da parte della Landesbank Berlin, che fa della relativamente piccola banca berlinese - promossa peraltro a pieni voti dagli stress test europei dell'Eba dello scorso luglio, con un Core Tier1 post test oltre il 10% - di gran lunga l'istituto più esposto al rischio-Atene tra tutte le banche europee. Sempre in Germania, ad avere qualche grattacapo è anche Commerzbank, altra banca già «salvata» dai contribuenti, in questo caso tedeschi.
Oltre 3 miliardi di esposizione verso i titoli di Stato greci e oltre 17 miliardi di esposizione complessiva verso i «Piigs». Esposizione zero verso la Grecia ma oltre 11 miliardi complessivi verso i Piigs per Hypo Re, ancora una banca già salvata dai contribuenti. Le stesse fonti riferiscono che i dati tengono conto anche delle posizioni di trading, che potrebbero essere state liquidate negli ultimi tre mesi.
E infatti le banche tedesche hanno ridotto in maniera sostanziale la loro esposizione complessiva al rischio-Grecia nei tre mesi chiusi al 30 settembre, scendendo a dieci miliardi di euro. Ma il dato della Landesbank Berlin, relativo al 30 giugno scorso, spiega da solo tutti i dubbi del mercato sull'affidabilità dei test condotti con grande enfasi nello stesso periodo. Neppure le banche francesi possono permettersi un fallimento della Grecia, né tantomeno dell'Italia. Al 30 giugno, ad esempio, Bnp Paribas aveva 5 miliardi di bond di Atene in portafoglio e altri 3,5 miliardi di impieghi verso istituzioni, cittadini o aziende greche.
BNP PARIBAS  logoBNP PARIBAS LOGO
Credit Agricole, con appena 655 milioni di Sirtakibond, paga però il fatto di aver comprato nel 2006 la Emporiki Bank e ha impieghi per oltre 25 miliardi. Va detto che Bnp, che controlla Bnl, almeno fino al 30 giugno non credeva possibile manco lontanamente un fallimento dell'Italia, dato che risulta «venditore netto» di Cds legati al rischio-Italia per 462 milioni di euro. Mentre «comprava» (cioè si proteggeva dal rischio) 108 milioni di Cds sulla Grecia.

Tra le britanniche, c'è il caso di Royal Bank of Scotland. Ha ricevuto una montagna di fondi pubblici, è controllata dal Tesoro britannico, ma rischia di nuovo di dover essere salvata dai contribuenti. Il ministro del Tesoro, George Osborne, si è precipitato ad affermare che le banche del Regno Unito sono in una «situazione diversa» rispetto a quelle dell'area euro. Dipende dai punti di vista: ha in pancia 1,1 miliardi di bond greci.
GEORGE OSBORNEGEORGE OSBORNE
E impieghi complessivi per 92 miliardi verso i Piigs. Forte di una rete commerciale solida in Italia e Spagna, Barclays ha invece impegni per 77 miliardi nei Piigs. Oltre a 10 miliardi di bond sovrani di questi Paesi. Hsbc, che soldi dei contribuenti non ne ha mai ricevuti, è ancora la più grande banca del mondo e ha in portafoglio bond sovrani dei Piigs per «appena» 5,8 miliardi, compresi i nostri Btp. Soldi pubblici ne prese anche l'olandese Ing. Dieci miliardi nell'ottobre del 2008.
Racconta un banchiere dell'atteggiamento di sufficienza dei suoi manager, nel corso dell'assemblea del fondo monetario a Washington del mese scorso, nei confronti dei colleghi italiani e spagnoli e del ruolo dei rispettivi Paesi nell'eurozona. Nel suo portafoglio ci sono 8,9 miliardi di titoli dei «periferici». E in Italia, a fronte di impieghi scarsi, grazie al Conto Arancio fa invece molta raccolta.
passeraPASSERA
Tornando a Dexia, se passerà il piano di scorporare gli asset «tossici» in una bad bank, sarà interessante vedere se finirà in quel pacchetto anche l'esposizione all'Italia. Si tratterebbe di 15 miliardi di titoli di Stato su 21,8 miliardi totali verso i Piigs. Più 777 milioni di altra esposizione sempre al livello «sovrano» (garantita cioè dallo Stato italiano) e 27,8 miliardi di impieghi.
L'attività di Dexia in Italia, ha spiegato il suo ad Stefano Catalano, «è un'attività legata al finanziamento degli enti locali italiani. Gli enti locali italiani hanno dei sistemi di garanzia che sono le delegazioni di pagamento: la banca tesoriera dell'ente locale trattiene presso di sé le finanze per far fronte ai debiti che l'ente locale ha contratto, è un sistema molto solido e l'attivo è composto da questo». Quanto avrà ragione, lo vedremo in questo fine settimana.
HSBCHSBC
Segnali d'allarme Italiane e spagnole, grandi e piccole, scontano la forte esposizione «domestica» a fronte di posizioni molto basse o nulle di esposizione verso i grandi malati dell'Eurozona, Grecia in primis ma anche Irlanda e Portogallo. E magari colgono per tempo i segnali giusti. Al 30 giugno Intesa Sanpaolo risultava «compratore netto» di Cds legati al rischio sovrano sull'Italia per 55 milioni. Si «proteggeva» contro un aumento della tensione sui Btp. Scelta, col senno di poi, azzeccata.


I banchieri e la politica


Chieti, 8 Ottobre ’11, Sabato, S. Brigida  - Anno XXX n. 334 -  www.abruzzopress.info - abruzzopress@yahoo.it - Tr. Ch 1/81
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Ap – Economia

I banchieri e la politica

di Savino Frigiola

Il poeta Ezra Pound, noto sia per le sue intuizioni in campo economico e monetario che per i suoi aforismi, scrisse: «I politici non sono altro che i camerieri dei banchieri.» Per lungo tempo questo concetto ha faticato ad essere ben recepito e compreso. Man mano che le crisi economiche avanzarono ed avanzano si appalesano i numerosi ed a volte impercettibili atti politici realizzati nel tempo da questi “camerieri servi dei banchieri”, spesso aiutati anche da soggetti inconsapevoli che agiscono solo per emulazione. Le piccole ma frequenti azioni di questi politici hanno consentito ai banchieri, con la loro fabbrica del debito, di sovrastare Stato, politici e cittadini, a loro esclusivo vantaggio. L’ultimo esempio di colpevoli distrazioni è quello in cui, notte tempo, un politico, loro cameriere in Parlamento, fratello di un banchiere, è riuscito ad inserire nell’approvando decreto “mille proroghe” una piccola modifica che annacqua il ristoro del reato di anatocismo, a tutto beneficio del sistema bancario. Ecco perché Pound  sosteneva che «chi non s'intende di economia non capisce affatto la storia,» e di conseguenza la politica.
Altro aforisma oggi di grande attualità riguarda la Pubblica Amministrazione e così recita:  «Dire che uno Stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri.» Per ben comprendere questo concetto si è dovuto aspettare l’enunciazione di Giacinto Auriti sul “valore indotto della moneta” da Lui definita di natura convenzionale, quando ancora imperava il convincimento, gradito e sostenuto dai banchieri,  che la moneta non fosse altro che una sorte di “fede di deposito” il cui valore derivava dall’oro che rappresentava. La dimostrata teoria del “valore convenzionale della moneta”, ha scardinato definitivamente questo convincimento ed ha innescato una reazione a catena capace di distruggere l’alone di rispettabilità che i signori banchieri erano riusciti a costruirsi in tanti anni.
Se è vero che è la convenzione generata da tutti noi a conferire valore ad un determinato pezzo di carta stampata, e non vi può essere nessuna smentita in merito, se ne deduce e si arriva facilmente a comprendere che il controvalore che si crea al momento dell’emissione monetaria, deve essere accreditato a chi, per “convenzione”, ha creato il valore stesso, cioè a tutti noi e quindi allo Stato che ci rappresenta: Tutti.  Ne deriva che quando lo Stato emette la propria moneta, non solo non si crea il debito al momento dell’emissione, come ora avviene quando i banchieri privati di emettono la loro moneta, ma si dispone anche di tutte le risorse pubbliche per affrontare le spese istituzionali necessarie al funzionamento della collettività. L’aver conferito da parte della politica ai banchieri privati il privilegio di battere moneta ha generato il mastodontico debito pubblico ed ha fatto abbassare la guardia ai cittadini, come se non fosse loro interesse occuparsi delle problematiche economiche e monetarie. Ci si sveglia all’improvviso solo quando i banchieri sfacciatamente praticano salassi da cavallo ai danni dei cittadini per dare i soldi a loro stessi a fronte del debito pubblico costruito proprio con la truffa intellettuale progettata: sostituirsi allo Stato.
Dai primi sommari conteggi emergono risultati a dir poco sconcertanti. Il debito pubblico è pari a 3 volte il valore dell’intero patrimonio immobiliare privato Italiano, a 8 volte il valore di tutti gli immobili dello Stato Italiano: scuole, ospedali, caserme, enti pubblici, porti, aeroporti, ferrovie ecc. ecc. Se si volesse pagare il debito pubblico occorrerebbero ben 33 manovre come l’ultima disastrosa di 59 miliardi, e vi sono ancora da aggiungere gli interessi passivi che andranno a maturarsi nei 32 anni successivi. Se volessimo pagarlo con prodotti della nostre industrie ci vorrebbe l’intera produzione annuale delle macchine della FIAT (n. 1.781.000 di automobili Panda) vendute a 8.500 € cadauna per un minimo di 180 anni. Se volessimo pagarlo con prestazioni di lavoro occorrerebbero 20 milioni di schiavi che al lavoro ininterrotto per tutti i 365 giorni di un anno per 10 ore al giorno a 10 €\ora. Facile comprendere che una tale mole di debito non potrà essere mai pagata in nessun caso.
In questi frangenti, come primo atto responsabile da parte di “Tutta la Politica” è impedire che il debito continui a crescere e contestualmente reperire le risorse necessarie per rilanciare economia ed occupazione per uscire dalla crisi.  Lo Stato, in nome e per conto dei propri cittadini, deve ritornare ad emettere la propria moneta. La deve acquisire a titolo originario e registrarla all’attivo del proprio bilancio al valore corrispondente al signoraggio. L’attività di bilancio così conseguita dovrà essere utilizzata per le proprie spese istituzionali, per dimostrare che le istituzioni sono al servizio del cittadino e non viceversa, esattamente come indicava Ezera Pound ed esattamente come lo Stato italiano ha saputo fare con successo per oltre 100 anni dal 1874 al 1975.
Per quanto concerne il debito pubblico in mano ai banchieri deve essere depennato, sia per la matematica impossibilità materiale a pagarlo sia perché frutto di azioni dolose e truffaldine, come indica il prof. Bruno Amoroso (economista italiano che insegna in una università in Danimarca) che sostiene non solo di «non pagare un debito illegittimo,» ma addirittura «chiedere i danni» per il mal tolto agli aventi causa, sia ai banchieri che ai loro camerieri in combutta fra loro.
S.F.

15 ottobre 2011 Salviamo l'Italia !



Manifestazione 15 ottobre 2011, manifestazione globale in tutte le piazze del mondo contro il potere occulto delle Banche, dei Governi comprati dalle banche e dell'attuale economia mondiale! In Italia la manifestazione si terrà a Roma ore 14 da Piazza della Repubblica !!!

Beppe Grillo: Il Debito Pubblico

Ecco le 5 leggi regala-soldi alle banche


Ecco le 5 leggi regala-soldi alle banche


AFFARITALIANI.LIBERO.IT, 10 ottobre 2011
di Alfonso Luigi Marra
Sono 5 le leggi, 3 delle quali recentissime, con le quali sono stati regalati alle banche centinaia di miliardi di euro annuali. E poiché (non so se stupisce) nessun partito si è opposto, non resta che il referendum.
--La più recente è il DL n. 70\13.5.2011 ('decreto sviluppo'), art. 8, secondo cui l'usura, che prima scattava quando il tasso medio veniva superato del 50%, scatta ora quando il tasso medio viene superato di 8 punti, o anche del 25% + 4 punti (ma questo secondo criterio è 'fumogeno': serve solo a confondere). Per fare l'esempio che interessa il maggior numero di italiani, nei mutui a tasso variabile, ora in media del 2,79%, prima, per verificarsi l'usura, la banca doveva praticare il 4,18%, ora invece il 10,79%. Cosa che, ora che non c'è più il baluardo del 'tasso soglia', ha già innescato un aumento strisciante del costo del denaro, e che inoltre serve a evitare alle banche le sempre più numerose condanne per usura.
--La seconda è la L. n. 10, art. 2, comma 61, del 26.2.11, con cui, in contrasto frontale con decenni di giurisprudenza anche delle Sezioni Unite della Cassazione, si è stabilito che la prescrizione decennale nelle cause contro le banche, che decorreva dalla chiusura del conto corrente, ora decorra dall'annotazione dell'operazione. Significa che, ad esempio, in relazione a un conto durato venti anni e chiuso nove anni fa potevi recuperare tutto, mentre ora puoi recuperare solo un anno, ovvero solo le somme di cui la banca si è indebitamente appropriata tra oggi e dieci anni fa.
--La terza è il D. Lgs n. 11 del 27.1.2010 con il quale – ora che si stavano vincendo le cause sulla 'valuta zero', cioè sull'accredito immediato dei versamenti – è stato stabilito l'accredito al terzo giorno. Una guerra iniziata invero proprio da me nel 1980 (ottenendo il primo risultato positivo nel 2004) in base al semplice argomento che se Tizio dà a Caio un assegno di 1.000 euro il primo gennaio, e Caio lo versa subito sul suo conto, i 1.000 euro vengono stornati a Tizio il primo gennaio e accreditati a Caio dopo alcuni (o molti) giorni, sicché, nell'intervallo, gli interessi vanno alla banca, che non è mai stata proprietaria dei soldi.
--La quarta è il D Lgs 4.8.99, n. 342, art. 25, con cui si è stabilito che l'anatocismo (addebito trimestrale anziché annuale degli interessi) è legittimo purché venga praticato anche all'attivo, 'dimenticando' però l'enorme differenza tra tassi attivi e passivi. Una 'amnesia' che ha colpito anche la Corte Costituzionale vanificando la sentenza in cui si dilunga a illustrare la legittimità del 'pareggiamento' senza però aggiungere (lo ha dato per scontato?) che sarebbe occorso anche il 'pareggiamento' quantitativo dei tassi. Una 'amnesia' che, dal 22.4.2000, data di entrata in vigore di questo regime, al 31.12.2010, con un tasso attivo medio dello 0,87% e un tasso passivo medio del 13,32% (10,08% + lo 0,81% trimestrale = 3,24% annuo di commissione di massimo scoperto), ha causato – per ogni 100.000 euro – in dieci anni, un guadagno per i correntisti di 427 euro, ma un guadagno per le banche di 203.576 euro.
--La quinta è il decreto legislativo 385 del 1993, art. 50, con il quale si è stabilito che è sufficiente una dichiarazione del direttore della banca (quindi 'di parte') per far diventare «certa, liquida ed esigibile» la somma scritta in fondo a un qualsiasi estratto conto bancario. Con la conseguenza, ove si rompano i rapporti, che la banca, anziché dover iniziare un giudizio civile con citazione, cosa che ti consentirebbe di difenderti adeguatamente, può depositare un ricorso per decreto ingiuntivo: decreti che spesso i giudici (sempre larghi di manica con le banche per motivi meglio noti a loro) rilasciano in forma esecutiva, sicché la banca può subito pignorarti quello che hai. Una norma assurda (solo le banche possono 'autocertificare' i propri crediti), oggi divenuta grottesca perché quasi tutte le voci dell'estratto conto sono ormai oggetto di censura giurisprudenziale, per cui si sa a priori che il saldo, all'esito dei giudizi, risulterà errato.

“Indignados”, o ignorados?


“Indignados”, o ignorados? Questo è il problema
di Massimo Mazzucco - 09/10/2011

Fonte: Luogo Comune


La scorsa settimana Michael Moore si è presentato nello studio di Piers Morgan (il giornalista che ha preso il posto di Larry King alla CNN) eccitato ed ansimante, poco dopo aver partecipato ad una manifestazione accanto agli “indignados” di Wall Street.

E’ stata quella la prima volta che il pubblico americano è venuto a sapere da una rete televisiva mainstream di un evento – l’ “occupazione” di Wall Street, appunto – che era in corso già da 4 giorni. E lo hanno saputo da un talk-show della CNN, non da un regolare TG.

Da quel momento in poi sono stati costretti un pò tutti ad inseguire la notizia, dal New York Times a Fox News, dal Washington Post a tutti gli altri network nazionali.

Ma la riluttanza con cui i media mainstream stanno dedicando il loro spazio alle proteste di Wall Street viene superata solo dalla disperazione con cui cercano a tutti i costi di far apparire la protesta per quello che non è: una specie di “happening” stile anni 70’, animato di fricchettoni che non hanno niente di meglio da fare nella vita, di cui “non si capisce nemmeno bene cosa vogliano”.

Di certo è molto divertente vedere come i grandi media americani siano prontissimi a celebrare le “primavere colorate” altrui, ma fatichino decisamente a riconoscere che qualcosa sta cambiando anche in casa loro.

In tutto questo i media alternativi si stanno divertendo un mondo, nel prendere in giro i loro colleghi delle “corporate news” chiaramente terrorizzati dall’idea di dover prendere seriamente …

… quello che sta succedendo nelle strade di Manhattan.

Keith Olberman, passato a Current TV, si diverte nel raccontare come dopo 5 giorni di protesta fossero usciti in nordamerica soltanto due articoli, di cui uno in Canada.

Su Democracy Now Amy Goodman e Naomi Klein rifanno il verso ad una giornalista della CNN, che è “scesa in piazza” insieme ai manifestanti, facendo finta di non capire cosa volessero, e riuscendo addirittura a concludere dicendo che “in fondo il salvataggio delle banche ha fatto guadagnare dei soldi ai cittadini”.

Nella stessa intervista, Naomi Klein offre anche una seria analisi dei danni portati dal capitalismo estremo, che dopo aver allargato al massimo la forbice del benessere si ritrova costretto a “mangiare i propri figli per sopravvivere”. In alte parole, spiega la Klein, dopo aver tolto alla middle-class quasi tutto quello che aveva, i grandi monopoli finanziari hanno dovuto inventarsi il giochino del credito facile purchè questi continuassero comunque a fare acquisti.

Anche “The Real News” presenta una interessante intervista nella quale l’economista Gerry Epstein propone un’analisi storica che individua le radici dell’odierna crisi finanziaria globale al fatidico 1971 (sganciamento del dollaro dalla parità con l’oro). Ma non fu tanto la fine della parità in sè – dice Epstein – a gettare le basi per la crisi odierna, quanto lo spostamento delle alleanze che ne derivò, fra potere industriale e potere finanziario, nel momento in cui il secondo ricevette il via libera per operare senza più restrizioni, finendo per lasciare a terra l’intera forza-lavoro americana.

Altri commentatori indipendenti suggeriscono che le proteste di Wall Street rappresentino il punto in cui il cittadino ha capito che un vero cambiamento non potrà mai avvenire attraverso le urne, e quindi ha deciso di prendere il futuro nelle proprie mani.

Insomma, sui media alternativi si discute, ci si confronta, si cerca di capire, mentre sui media mainstream si continua a far finta che sia sempre domenica.

Ma gli “indignados” di Wall Street non mollano, e stanno entrando ormai nella terza settimana di protesta. Curiosamente, era stata una delle prime cose che Michael Moore aveva detto, presentando da Piers Morgan le proteste appena iniziate: “This won’t go away,” disse. “Questa roba non se ne andrà da sola, è perfettamente inutile ignorarla. Nelle strade di Manhattan sta iniziando qualcosa che è destinato ad arrivare molto lontano”.

Fino ad oggi ha avuto ragione lui.

Occupy Wall Street: al momento la cosa più importante


Occupy Wall Street: al momento la cosa più importante al mondo
di Naomi Klein - 09/10/2011

Fonte: Come Don Chisciotte


Ho avuto l’onore di essere stata invitata a intervenire giovedì sera all'Occupy Wall Street. Dal momento che l'amplificazione era, sfortunatamente, proibita e che ogni cosa doveva essere ripetuta da centinaia di persone perché gli altri potessero sentire (alias "il microfono umano"), il mio intervento a Liberty Plaza doveva essere molto breve. Considerato questo, ecco la versione estesa e integrale del discorso.

IO vi amo.
E non l'ho detto solo perché centinaia di voi mi rispondano gridando "Ti amo", anche se sarebbe un ovvio vantaggio del microfono umano. Dire agli altri ciò che vorreste che vi venisse detto, solo a voce più alta.
Ieri uno dei relatori alla manifestazione ha detto: "Ci siamo trovati l’un l’altro." Questo sentimento cattura la bellezza di ciò che stiamo creando. Una situazione aperta (dato che un'idea così grande non può essere contenuta in nessuno spazio) per tutti coloro che vogliono un mondo migliore dove trovarsi l’un l’altro. Ne siamo felici.
Se c'è una cosa che so è che l'1% ama la crisi. Quando le persone sono in preda al panico e alla disperazione e nessuno sembra sapere cosa fare, quello è il momento migliore per far passare il loro ordine del giorno preferito per le politiche aziendaliste: privatizzare l'istruzione e la sicurezza sociale, imporre tagli sui servizi pubblici, liberarsi degli ultimi ostacoli al potere delle multinazionali. Questo sta succedendo in tutto il mondo, nel mezzo della crisi economica.
C'è solo una cosa che può fermare questa tattica e, fortunatamente, è qualcosa di grande: il 99%. Quel 99% che si sta riversando nelle strade da Madison a Madrid per dire: "No. Non pagheremo per la vostra crisi."
Lo slogan è nato in Italia nel 2008. Ha avuto eco in Grecia, Francia, Irlanda e alla fine è arrivato al miglio quadrato da dove la crisi è cominciata.
"Perché protestano?", si chiedono perplessi gli esperti in televisione. Allo stesso tempo, il resto del mondo si chiede: "Perché ci avete messo così tanto? Ci chiedevamo quando vi sareste fatti vivi." E soprattutto: "Benvenuti."
Molte persone hanno tracciato un parallelo tra il movimentoOccupy Wall Street e le cosiddette proteste non-global di Seattle che hanno attirato l'attenzione di tutto il mondo nel 1999. Quella fu l'ultima volta in cui un movimento globale, giovanile e decentralizzato ha preso di mira il potere delle grandi aziende. E sono fiera di aver presto parte a ciò che abbiamo chiamato "il movimento dei movimenti".
Ma ci sono anche importanti differenze. Ad esempio, abbiamo scelto i summit come nostro obiettivo: l'OMC, il FMI, il G8. I summit hanno una natura transitoria, durano solo una settimana. Questo ci ha resi a nostra volta transitori. Facciamo la nostra comparsa, arriviamo sulle prime pagine di tutto il mondo e poi scompariamo. E nella frenesia dell'iper-patriottismo e del militarismo che ha seguito gli attacchi dell'11 settembre, è stato facile spazzarci completamente via, almeno nel Nord America.
Occupy Wall Street, invece, ha scelto un obiettivo fisso. E non è stata stabilita una fine della sua presenza. Una cosa saggia. Solo quando si rimane ben piantati, si possono mettere radici. Questo è fondamentale. È un fatto che nell'era dell'informazione ci siano troppi movimenti che sbocciano come fiori meravigliosi, ma che muoiono presto. Questo perché non hanno radici. E non hanno piani a lungo termine per la propria sopravvivenza. E quando arriva la tempesta, vengono spazzati via.
Essere orizzontali e davvero democratici è meraviglioso. Ma questi principi sono incompatibili con il duro lavoro che serve per costruire strutture e istituzioni che siano abbastanza resistenti per poter affrontare la tempesta. Sono fiduciosa che ciò accadrà.
Altra cosa giusta di questo movimento: si impegna nella non-violenza. Si è rifiutato di dare ai media le immagini delle vetrine rotte e degli scontri in strada che tanto agognano. E questa tenace disciplina ha fatto sì che, di volta in volta, le notizie hanno dovuto riportare la brutalità di una polizia scandalosa e senza alcuna giustificazione. Una cosa che abbiamo potuto vedere anche ieri sera. Intanto, il sostegno a questo movimento cresce sempre più. C’è stata più saggezza.
Ma la più grande differenza rispetto a un decennio fa è che nel 1999 ce la prendevamo con il capitalismo che era all'apice di un frenetico boom economico. Il tasso di disoccupazione era basso, gli investimenti in borsa erano in aumento. I media erano inebriati dai guadagni facili. Allora si parlava solo di avviare, non di chiudere.
Abbiamo sottolineato che la deregolamentazione che ha sostenuto questa frenesia ha avuto un prezzo. Ha danneggiato gli standard lavorativi. Ha danneggiato gli standard ambientali. Le aziende stavano diventando più potenti dei governi e ciò ha danneggiato le nostre democrazie. Ma per essere onesti con voi, quando le cose andavano bene prendersela con il sistema economico era una cosa molto complessa, almeno nei paesi ricchi.
Dieci anni dopo sembra come i paesi ricchi non esistano più. Solo un gran numero di persone ricche. Gente che si è arricchita saccheggiando il benessere pubblico ed esaurendo le risorse naturali in tutto il mondo.
Il punto è che oggi chiunque può osservare come il sistema sia profondamente ingiusto e fuori controllo. Un'avidità senza limiti ha gettato nella spazzatura l'economia globale. E sta facendo lo stesso con la natura. Peschiamo oltre i limiti nei nostri oceani, inquiniamo le acque con la fratturazione idraulica e la trivellazione, usiamo le più sporche forme di energia del pianeta, come il catrame dell'Alberta. E l'atmosfera non può assorbire la quantità di carbone che emettiamo, creando un pericoloso surriscaldamento. Il nostro quotidiano è un disastro seriale: economico ed ecologico.
Queste sono i fatti. Sono talmente evidenti, talmente ovvi, che oggi è molto più facile entrare in contatto con altre persone e costituire rapidamente un movimento rispetto al 1999.
Tutti sappiamo, o almeno avvertiamo, che il mondo gira al contrario; ci comportiamo come se non ci fosse fine a ciò è invece limitato: i combustibili fossili e lo spazio atmosferico che assorbe le loro emissioni. E ci comportiamo come se ci fossero limiti rigidi e immobili a ciò che di fatto è libero: le risorse finanziarie per costruire il tipo di società di cui abbiamo bisogno.
Il compito della nostra generazione è di rovesciare tutto questo: sfidare questa falsa scarsezza. Insistere sul fatto che ci possiamo permettere di costruire una società inclusiva e decente e, allo stesso tempo, rispettare i limiti che la Terra può sopportare.
Il cambiamento climatico ci dice che abbiamo una scadenza. Stavolta il nostro movimento non può farsi distrarre, dividere, bruciare o spazzare via dagli eventi. Questa volta dobbiamo avere successo. E non sto parlando di imporre regole alle banche o di aumentare le imposte ai ricchi, sebbene sia importante.
Sto parlando di modificare i valori che guidano la nostra società. È difficile riassumerlo in una singola richiesta che possa passare sui media ed è anche difficile capire come farlo. Ma ciò non lo rende meno urgente.
Questo è ciò che ho visto accadere in questa piazza. Nel modo in cui vi nutrite a vicenda, vi tenete caldo, vi scambiate informazioni, fornite gratuitamente assistenza medica, fate lezioni di meditazione e di formazione sulla responsabilizzazione. Il mio manifesto preferito dice: "Io tengo a te". In una cultura che abitua la gente a evitare lo sguardo dell'altro, a dire "Lasciateli morire", si tratta di un'affermazione davvero radicale.
Poche considerazioni finali. In questa grande lotta, ecco alcune cose che non hanno importanza.
- Cosa indossiamo
- Agitare i pugni o fare segni di pace.
- Riuscire a far entrare i nostri sogni in un frammento di notizia sui media.
Ed ecco alcune cose che invece importano.
- Il nostro coraggio.
- I nostri riferimenti morali.
- Come ci trattiamo l’un l’altro.
Abbiamo scelto di combattere contro le forze economiche e politiche più potenti del pianeta. Fa paura. E a mano a mano che questo movimento crescerà, farà sempre più paura. Dobbiamo essere consapevoli che ci sarà la tentazione di muoversi verso obiettivi più piccoli, come ad esempio la persona che è seduta accanto a voi in questo incontro. Dopo tutto, è una battaglia più facile da vincere.
Non cedete alla tentazione. Non sto dicendo di non darvi addosso. Ma stavolta cerchiamo di trattare gli altri come se volessimo lavorare fianco a fianco in una lotta per molti, molti anni a venire. Perché il compito che abbiamo di fronte non pretenderà di meno.
Consideriamo questo magnifico movimento come se fosse la cosa più importante al mondo. Perché lo è. Davvero.
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Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO

Equipariamo la speculazione all’omicidio


Equipariamo la speculazione all’omicidio
di Jacopo Fo - 09/10/2011

Fonte: il fatto quotidiano 



Gente che guadagna un miliardo in un’ora… E negli ospedali greci mancano le medicine. Scommettere sul crollo conviene.

A scuola non ti spiegano come funziona la finanza. Se lo facessero avremmo già le barricate per strada. Se la gente sapesse come funziona il sistema comprenderebbe anche che è naturalmente indirizzato a creare crolli economici, semplicemente perché quando si scatena il caos e la bancarotta gli speculatori guadagnano di più. E’ una caratteristica fisiologica del sistema. E’ più facile scatenare una crisi di panico che una crisi di ottimismo. Questo è essenzialmente il motivo per il quale la finanza mondiale e nello sterco fino al collo.

In questo momento l’umanità sta permettendo che un esercito di persone senza scrupoli, guadagni cifre colossali di denaro distruggendo la vita di milioni di persone. O si regolamenta il sistema finanziario, si chiudono con l’aviazione i paradisi fiscali e si demolisce il segreto bancario, oppure col cavolo che si esce da questa crisi. Anche dopo il disastro finanziario del 1929 si arrivò alla conclusione che erano necessarie regole. Poi i controlli negli anni ’80 furono gettati al cesso.

In questo momento da Madrid a Milano e a New York masse crescenti di persone stanno scendendo in piazza. Chiedono come sia possibile che milioni di persone si trovino rovinate mentre i dirigenti delle grandi banche che hanno causato il disastro e che sono state poi salvate con i soldi pubblici, si distribuiscano premi di miliardi di euro. Come è possibile che banche che hanno prestato denaro a governi che non potevano pagare, pretendano oggi che i cittadini paghino i danni?

Gli islandesi hanno fatto una pernacchia a questo meccanismo perverso e hanno detto alle banche che pretendevano decine di migliaia di euro da ogni islandese di attaccarsi al tram: “Sapevate che l’Islanda era sull’orlo del fallimento e avete continuato a prestare denaro a un governo corrotto e incapace. Voi siete complici! Non è colpa nostra se avete finanziato dei dementi. Se volete indietro i vostri soldi fate causa ai ministri, non venite a prendervela con noi…“

Si tratta di rovesciare un paradigma. Non so se è una battaglia che potremo vincere, ma se ci sarà una grande reazione popolare dura e pacifica, abbiamo quanto meno la possibilità di temperare le pretese delle banche e di cambiare le regole del gioco trasformando in un reato grave la speculazione finanziaria selvaggia.

Ma per capire perché questa battaglia è così importante è necessario rendersi conto di dove sta il trucco perverso e intrinsecamente amorale e illegale. La borsa è molto più complicata da capire di una pistola, ma gli effetti possono essere gli stessi. Quel che sta distruggendo le economie di interi popoli è la possibilità di scommettere sulle borse, che è cosa ben diversa dall’investire in borsa.

Una volta io potevo solo comprare le azioni della Fiat e sperare che il loro valore aumentasse. Un meccanismo elementare che permetteva alle aziende di finanziare il proprio sviluppo… Poi la questione si complicò quando si iniziarono a vendere opzioni sui prodotti agricoli. I produttori di arance vendevano in anticipo prenotazioni sui raccolti, con le quali si fissava il costo di vendita a raccolto avvenuto. Magari avevano paura che ci fossero raccolti troppo abbondanti e che questo provocasse il crollo del prezzo delle arance. Emettevano quindi futuregarantendosi così prezzi di vendita mediamente più bassi ma sicuri.

Nacque poi un prodotto finanziario completamente diverso, che permette di giocare in borsa senza comprare azioni od opzioni, ma scommettendo solo sulla differenza tra il prezzo delle arance di oggi e quello delle arance tra 3 mesi. Mi gioco quindi non il valore di un quintale di arance ma i 10 euro di differenza ipotetica tra il prezzo di oggi e quello futuro.

Infine posso anche rivendere quote di un debito. Siccome ho paura che la Grecia fallisca, ti rivendo delle quote di questo debito, proponendoti un interesse alto, visto che comprandole ti esponi al rischio che la Grecia non ripaghi il debito. E posso contemporaneamente scommettere che il valore delle azioni che ho emesso crollerà (del che son certo perché la polpetta avvelenata l’ho cucinata io).

Tutto questo complicatissimo gioco di scommesse e coperture di scommesse è poi diventato una specie di Golem con l’avvento dei computer grazie ai quali posso comprare o vendere su tutte le piazze del mondo alla velocità della luce e mantenere l’anonimato utilizzando società domiciliate nei paradisi fiscali… e scatenare il panico tra milioni di piccoli risparmiatori che se ne stanno in pantofole di fronte a un pc creando graziosi effetti valanga.

Già la situazione sarebbe pericolosa, ma va aggiunta la progressiva demolizione dei controlli sulla finanza, che è stata perseguita dai governi di mezzo mondo (da Reagan in poi). Se non c’è più nessuno che controlla che il denaro venga prestato a persone che possono restituirlo, posso guadagnare moltissimo stipulando mutui inaffidabili e poi rivendere il rischio che mi sono accollato a ignari risparmiatori.

Vuoi che tutto questo finisca? Indignati!