Dopo quello del Libor, potrebbe esplodere lo scandalo dei prezzi dell'oro. Con cinque colossi del credito sul banco degli imputati: Deutsche Bank, Bank of Nova Scotia, HSBC Holdings e Sociéte générale. La possibilità emerge in un paper (non ancora pubblicato) dell'Università di New York, firmato da Rosa Abrantes-Metz della Stern School of Business e da Albert Metz, managing director di Moody's Investor Service.
L'ipotesi – riportata da Bloomberg - è che le cinque banche si siano mosse per pilotare il cosiddetto "afternoon fix" di Londra, quello delle ore 15 GMT, vale a dire il benchmark usato da banche centrali, società minerarie e brand della gioielleria. A insospettire i due ricercatori sono proprio gli strani movimenti di prezzo a cui si assiste intorno alle 15 londinesi.«La struttura del benchmark potrebbe favorire collusione e manipolazione - si legge nello studio – e i dati empirici sono coerenti con l'ipotesi di interventi artificiali sui prezzi. E' probabile che si sia verificata una "cooperazione" in tal senso tra i partecipanti», ossia le cinque banche, che per inciso hanno rifiutato di commentare i contenuti dello studio.
Gli autori del paper hanno passato al setaccio i movimenti intraday dell'oro spot dal 2001 al 2013, alla ricerca di variazioni improvvise e inspiegabili. Dal 2004, in particolare, hanno registrato frequenti sbalzi del prezzo, ma solo nel pomeriggio. Prima di quell'anno non si erano mai verificati. E mai sono stati osservati al mattino, anche dopo il 2004. La direzione di queste repentine variazioni del prezzo era spesso verso il basso: i due terzi dei movimenti sospetti verificatosi tra il 2004 e il 2013 sono stati all'ingiù, sottolinea la ricerca, ma nel 2010 si è arrivati addirittura al 92% di movimenti negativi durante il "fix".
Rosa Abrantes-Metz, che ha scritto il paper, è stata l'autrice di Libor Manipulation, lo studio del 2008 che ha aiutato a svelare le manipolazioni del tasso interbancario londinese, portando allo scandalo e alle maximulte per ben 1,7 miliardi di euro comminate nel dicembre scorso dalla Commissione Ue a sei grandi banche mondiali.