mercoledì 28 gennaio 2015

I governatori delle Banche Centrali: le sentinelle dell’economia di rendita

I governatori delle Banche Centrali: le sentinelle dei profitti per l’Elite finanziaria mondiale
di Luciano Lago - 27/01/2015

Fonte: controinformazione
ARIANNA

I governatori delle Banche Centrali: le sentinelle dell’economia di rendita che assicura gli elevati profitti per l’Elite finanziaria mondiale



Molto si sta parlando e si discute in questi giorni circa l’intervento fatto da Mario Draghi ed il suo programma di massiccio Quantitative Easing per immettere liquidità sul mercato e contrastare la deflazione dell’area euro.
A noi interessa rilevare anche un altro aspetto della questione: la straordinaria ascesa a posizioni di potere da parte dei personaggi come Draghi e gli altri governatori delle Banche Centrali.

In conformità alla logica dell’ideologia neoliberista dominante, la moneta risulta elevata ad una sorta di icona sacra e di conseguenza bisognosa di un “guardiano” indipendente da ogni potere politico. I governatori delle banche centrali sono quindi divenuti signori assoluti della gestione monetaria e della potenza finanziaria al di fuori del controllo degli Stati e di qualsiasi altra istituzione , senza alcun contropotere che possa bilanciare questa loro funzione. Tanto meno potrebbero essi rispondere ai governi ed ai rappresentanti politici democraticamente eletti. Al contrario questa possibilità viene del tutto esclusa.

Questo avviene perchè l’ideologia neoliberista imperante ha imposto il principio che sarebbe nocivo ogni intervento dei governi nella gestione della moneta e nel funzionamento dei mercati.
Si tratta, più che di un principio, di una sorta di dogma che non può essere oggetto di critiche o di valutazioni difformi.

Elevati a signori della gestione monetaria, i governatori delle Banche Centrali hanno favorito di fatto la deregulation dei sistemi bancari e si sono trasformati in agenti delle lobby bancarie che sono ormai ritenuti gli attori chiave della crescita economica. Nelle loro funzioni essenziali i governatori si sono assunti il compito di combattere l’inflazione e di vegliare sulla prosperità degli istituti finanziari con le sole armi a loro disposizione, quali l’intervento sui tassi di interesse e le operazioni di acquisto e vendita dei titoli di Stato o con l’eventuale sostegno alle banche mediante finanziamenti a breve termine.

Se facciamo una analisi nella Storia recente, vediamo che la politica seguita dai governatori delle principali Banche Centrali ha di fatto seguito una linea che appare coordinata verso obiettivi comuni quali la fluttuazione dei tassi di interesse, che fu inaugurata ai suoi inizi da Paul Volker, il governatore della Federal Reserve (Fed) dal 1979 al 1987 , il quale fece salire i tassi di interesse fino al livello record del 22% nei primi anni ’80 per poi calare successivamente intorno al 10% alla fine del decennio, seguita a ruota dalla Banca d’Inghilterra con la sterlina ed a cui si erano accodati gli altri governatori delle Banche Centrali che provvidero ad adeguarsi con l’aumentare a loro volta i tassi dei rispettivi paesi.
Questa ascesa dei tassi di interesse aveva provocato grandi disastri con indebitamento oltre misura di Stati del Terzo Mondo e di paesi in via di sviluppo, forte aumento del potere contrattuale di organismi sovranazionali quali FMI e Banca Mondiale, intervenuti nel finanziamento degli Stati dietro vincolanti condizioni di politica economica imposte ai governi che essenzialmente consistevano in privatizzazioni e vendita sul mercato delle risorse nazionali (miniere o pozzi di petrolio), riduzione della spesa pubblica e taglio dei salari e delle spese sociali.

Vedi: La storia del debito estero nei paesi in via di sviluppo

La politica di quello che si può tranquillamente definire un “cartello bancario”, costituito dalla Banche Centrali ha provocato negli anni recenti un terremoto economico a livello mondiale da cui è derivata essenzialmente una concentrazione di ricchezza e di rendita finanziaria nelle mani di una elite e di organismi sovranazionali.

Negli anni ’90 si era registrato un sostanziale cambiamento quando l’attenzione dei mercati finanziari mondializzati era passata dai tassi d’interesse ai profitti trimestrali delle grandi multinazionali quotate in borsa e saranno questi a determinare le tendenze oltre all’evoluzione dei tassi di interesse.

L’altro grande personaggio artefice della finanza mondiale fu Alan Greespan, successore di Paul Volcker alla FED nel 1987 , con una gestione durata diciotto anni, fu lui a portare a termine la deregulation dei mercati finanziari ed in particolare si devono a Greenspan le pressioni che indussero il Congresso USA ad annullare l’elemento legislativo fondamentale nella regolamentazione bancaria: la separazione fra attività di investimento ad alto rischio (fondi e derivati) da quelle classiche della banca commerciale e di deposito- la famosa legge Glass-Steagall.

Greespan ebbe delle gravi responsabilità nello scoppio della crisi finanziaria del 2008 che iniziò con il fallimento della Lehman Brothers ma è sempre stato coperto dalle autorità e nessuna colpa gli è stata attribuita, anzi era stato lodato ed incensato come “grande manager della moneta”. In realtà fu proprio lui, Greespam, a creare la liquidità in surplus  in un lungo periodo di lassista politica monetaria, durante il primo decennio del XXI secolo,  alimentando il cosiddetto gioco monetario delle banche d’affari, che è stato inconsistente con le leggi della vera domanda. Una tale politica e un tale amministrazione della Riserva Federale e del Tesoro sono state le cause principali della bolla scoppiata poi nel 2008.  Vedi:   “Un autorevole economista giapponese parla della legge Glass-Steagall e accusa l’establishment anglo-americano di aver provocato la Nuova Grande Depressione”. Movisol.org

Stessa cosa anche per il  successore di Greespam  alla FED, Ben Bernanke, un personaggio annoverato dalla rivista” Foreign Policy” fra i maggiori cento pensatori del mondo mentre la rivista “Time” lo aveva consacrato come personalità dell’anno 2009.

I governatori dell Banche centrali sono divenuti i personaggi pubblici più potenti ed influenti, quali icone della impostazione monetarista e neoliberista.
la BCE, la cui creazione risale al 1998, ha seguto la stessa linea ed ha fatto di meglio. Sotto l’influenza della Germania, ha continuato a far pagare il prezzo dell’unificazione tedesca a tutta l’Europa, attuando una politica di tassi di interesse troppo alti, così come l’aveva praticata la Bundesbank, ossessionata dalla stabilità finanziaria e dalla lotta all’inflazione.

In pratica nel corso degli ultimi anni, la Banche Centrali, incluso la BCE, hanno perso la loro connotazione originaria che le vedeva assicurare la loro funzione primaria nella regolamentazione monetaria e finanziaria per assicurare la crescita ed il pieno impiego, con l’approvvigionamento di liquidità dell’economia. Sotto la spinta di imprecisate centrali finanziarie sovranazionali, le banche centrali si sono trasformate in guardiane dei giganteschi profitti bancari consentiti dalla deregulation selvaggia che le stesse B. Centrali hanno incoraggiato. Di fatto, queste sono le vere sentinelle dell’economia di rendita creata dal sistema del capitalismo finanziario realizzato dalla ondata neoliberista.

Per quanto riguarda la BCE e gli ultimi provvedimenti di Q.E., varati da Mario Draghi, più volte si è ricorsi all’utilizzo di immissione monetarie illimitate da parte delle banche centrali per contenere gli effetti combinati della rarefazione del credito e della deflazione dell’economia. Un’operazione questa che non ha sortito gli effetti desiderati, perché quella liquidità, non è servita e non servirà a sostenere le imprese e le famiglie, ma è piuttosto è andata a sostenere le grandi banche e i centri finanziari; tantomeno ne hanno beneficiato gli Stati nazionali.

Niente ci fa credere che questa volta la manovra avrà degli effetti diversi. Con l’aggravante che la manovra, di per se determinata dalla necessità di fronteggiare la deflazione ed il fallimento dell’euro nelle economie dei paesi europei, determinerà un ritorno alla copertura dei rischi da parte delle singole banche centrali (per l’80%) con la subordinazione alle esigenze della Germania che ancora una volta si nega alla condivisione del debito e si riserva di dettare le regole agli altri paesi in posizione subordinata rispetto a Bonn.

Draghi evidentemente ritiene che una svalutazione dell’€uro, come effetto collaterale dell’operazione Q.E., possa smuovere le acque stagnanti e portare crescita e inflazione positiva in tutta la UE.

In pratica Draghi, come operazione disperata, secondo vari analisti, si è giocato l’ultima carta possibile. La stessa credibilità della BCE e della UE appare fortemente a rischio dopo una tale operazione di “facciata” e se questa non dovesse avere gli effetti sperati, con l’export e l’inflazione positiva che dovessero rimanere al palo, allora la rottura dell’€uro, nonché della stessa UE, sarebbe cosa quasi certa.