mercoledì 17 maggio 2023

PRINCIPI DI ECONOMIA CORPORATIVA: Il quantum della moneta bancaria

RACCOLTA DI SCRITTI A CURA DELL’ ISTITUTO DI POLITICA ECONOMICA E FINANZIARIA DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA

 Luigi Amoroso

PRINCIPII DI ECONOMIA CORPORATIVA

Bologna, 1938. PP. 9-16

II. - LA MONETA BANCARIA

4. Il quantum della moneta bancaria.

Ogni banca può creare moneta in due modi: passi­vamente, cioè pagando un interesse, contro depositi; attivamente, cioè percependo un interesse, sotto forma di aper­ture di credito.
Teoricamente i depositi possono distinguersi in depo­siti moneta e depositi risparmio, ma la distinzione non è netta neanche nella mente del depositante, che il più delle volte non sa nemmeno lui quanta parte del suo deposito servirà per far fronte a pagamenti correnti e quanta parte invece costituisce una forma sia pure provvisoria di investimento. Per questo non è teorica­mente corretta la identificazione — che in mancanza di meglio si fa ordinariamente in pratica — dei depositi moneta coi depositi liberi e dei depositi a risparmio coi depositi vincolati.
La sola cosa solidamente accertata in questo campo è la linea della evoluzione monetaria, per cui: in un primo stadio i depositi bancari hanno preci­puamente il carattere di investimenti, la maggior parte dei pagamenti essendo effettuata con biglietti;
in un secondo stadio i depositi bancari sono usati particolarmente come un mezzo per tenere disponibilità di danaro contante, ma vengono generalmente cambiati in biglietti, quando giunge la necessità di effettuare un pagamento;
in un terzo stadio gli affari sono precipuamente rego­lati per cheques e l’uso dei biglietti si limita ai pagamenti di salari ed alle necessità di piccola cassa;
in un quarto stadio si fanno per chèques anche i pagamenti di salari ed i biglietti trovano impiego solo negli usi di piccola cassa per le spese più minute.
La maggior parte dei paesi del continente europeo è fra il secondo ed il terzo stadio; l’Inghilterra nel terzo; gli Stati Uniti forse fra il terzo ed il quarto.
Comunque negli usi commerciali che corrispondono a siffatta evoluzione, assai più che nell’elemento formale della presenza o dell’assenza del vincolo bancario, deve ricercarsi il criterio per giudicare di volta in volta quanta parte del totale dei depositi debba esser consi­derata moneta bancaria.
Ancora più incerta è oggi la determinazione del volume totale della moneta bancaria che nasce allo scoperto in forma di apertura di credito. Ciò che qui corrisponde al deposito moneta è la quota del credito aperto che, pro tempore, non è utilizzata. Poiché i bilanci delle banche non danno oggi siffatte quote, manca oggi per questa forma di moneta ogni rilievo statistico.
Tuttavia, anche se non è suscettibile oggi di rileva­zione statistica, il totale delle disponibilità liquide costituenti la moneta bancaria resta teoreticamente definito: esso è pari al totale dei depositi moneta più le aperture di credito non utilizzate (Keynes); e non può quindi essere identificato col totale dei depositi che comprendono i de­positi a risparmio che non sono moneta e non compren­dono invece le aperture di credito non utilizzate che sono moneta.

5. - I movimenti di simpatia fra le varie banche.


Il processo di creazione della moneta bancaria è descritto chiaramente dal Keynes (J. M. Milano, 1932. Keynes, Trattato della moneta, vol. I, pag. 31,) e qui riportiamo la parte essenziale della sua analisi.

Una banca in attività riceve continuamente danaro contante e continuamente ne paga; continuamente riceve crediti su altre banche e continuamente deve far fronte ai crediti di altre banche sopra se stessa. In questo flusso e riflusso essa si regola ordinariamente in modo che i processi opposti approssimativamente si compensino, in modo cioè che le attività ricevute giornalmente sotto forma di contante e crediti differiscano il meno possibile dagli impegni cui si deve far fronte giornalmente.
Ne segue che il quantum della moneta creata con ope­razioni attive, cioè con prestiti ed investimenti, dipende anzitutto dall’ammontare dei depositi, cioè dal quantum creato con operazioni passive e per questo verso l’inizia­tiva apparisce essere dalla parte dei depositanti. Le opera­zioni passive, cioè i depositi, aumentano le riserve della banca, anche se soltanto una parte di esse è in via defini­tiva trattenuta dalla banca; al contrario le operazioni attive, cioè i prestiti e gli investimenti, diminuiscono le riserve, perchè i clienti mutuatari utilizzano in tutto od in parte immediatamente i depositi che sono stati così creati in loro nome. Tuttavia fra coloro che riceveranno tali versamenti potranno pure trovarsi dei clienti depo­sitanti della banca in parola. Nella misura in cui ciò si verifica, i depositi passivi appaiono dipendere direttamente dalle operazioni attive, cioè dalle aperture di credito concesse dalla banca stessa e per questo verso l’iniziativa apparisce esser anche da parte della banca.
Il peso di siffatta reazione è soprattutto indiretto.
Quando i clienti mutuatari trasferiscono i loro depositi a clienti di altre banche, queste ultime si trovano rinfor­zate di tanto, di quanto la prima era risultata indebolita; nello stesso modo la prima si trova rinforzata quando le altre estendono le loro operazioni attive. Nel loro comune movimento le banche si sostengono quindi reciprocamente, sempre che esse avanzino di conserva. Le parole messe in corsivo ci fanno capire quale è la chiave di volta del sistema. Ogni movimento in avanti di una singola banca la indebolisce, ma ogni simile movimento fatto da una delle consorelle la rinforza, cosicché se tutte procedono di pari passo vi è compenso e nessuna rimane indebolita. In tal modo il comportamento di ciascuna banca è regolato dal comportamento medio delle banche nel loro complesso, al quale la prima contribuisce per la sua parte, piccola o grande. Per questo verso, ogni direttore di banca, seduto nel suo ufficio, deve conside­rare se stesso come uno strumento di forze esteriori sulle quali non ha potere di controllo; ma tali « forze esteriori » sono i suoi colleghi direttori di banca come lui.
 

6. - La condizione che vincola il movimento del sistema bancario nel suo complesso.

La conseguenza è che operazioni attive e passive si determinano reciprocamente in un groviglio di azioni e reazioni, per alcune delle quali l’iniziativa sta dalla parte dei depositanti e per altre dalla parte delle banche.
In un sistema bancario chiuso, cioè senza relazioni col mondo esterno, in un paese dove tutti i pagamenti fossero fatti per chèques e dove non fosse usato con­tante, non vi sarebbe limite all’ammontare di moneta bancaria così creata, ma un sistema monetario di questo genere sarebbe estremamente instabile, giacché ogni circo­stanza che tendesse ad influire sul comportamento della maggioranza delle banche in uno stesso senso, in avanti od indietro, non incontrerebbe resistenza, e potrebbe im­porre una scossa a tutto il sistema.
Gli attuali sistemi monetari non sono in generale così cattivi e posseggono dei freni che ostacolano i movimenti che porterebbero alla instabilità. Essi nascono dalla ne­cessità di mantenere riserve in contanti.
Per fronteggiare le inevitabili divergenze che si pre­sentano giorno per giorno fra incassi e pagamenti, ogni banca mantiene riserve, parte sotto forma di contante e parte sotto forma di disponibilità presso la banca centrale. La aliquota con cui siffatta riserva si commisura normalmente al totale degli impegni a vista può essere fissata dalla legge o dall’uso e può anche essere lasciata alla prudente discrezionahtà dei singoli istituti, ed in questo caso può variare da banca a banca e per la stessa banca di tempo in tempo. In generale la banca cercherà di evitare che le sue riserve si elevino al di sopra o scendano al di sotto della aliquota fissata come normale, perchè una eccedenza significherebbe contrazione di utili ed una deficienza farebbe sorgere il dubbio che la banca non sia in grado di far fronte in ogni caso agli impegni a vista.
Per conseguenza essa continuerà a creare attivamente depositi, attraverso prestiti ed investimenti, fino al momento in cui le sue riserve, attraverso alle fluttuazioni giomahere, mostrino la tendenza ad oscillare intorno alla aliquota normale.
Percepiamo ora che esiste non soltanto un vincolo per le singole banche a procedere di pari passo, ma anche un vincolo per le banche nel loro complesso. Se nel complesso la creazione della moneta bancaria procede con ritmo troppo accelerato, si determina una discesa delle riserve.
Ad un certo momento alcune banche si accorgeranno che la loro situazione va appesantendosi, per cui saranno indotte a fare un passo indietro e ciò provoca una bat­tuta di arresto per tutto il sistema. Viceversa se la creazione della moneta bancaria procede con ritmo troppo lento, alcune banche cominceranno a trovare la propor­zione delle proprie riserve eccessiva e saranno stimolate a fare un passo innanzi, e ciò provoca un m oto di accele­razione in tutto il sistema. Insomma ciò che dà il passo al sistema nel suo complesso è il totale delle disponibilità a riserva pro tempore.
Può essere che l ’ammontare della circolazione sia posto dalla legge o dalla consuetudine fuori del discrezionale controllo della banca centrale, essendo regolato da una norma fissa, nel qual caso il sistema funziona automa­ticamente. Può darsi ancora che le singole banche abbiano la facoltà, in certi casi ed entro determinati limiti, di aumentare i loro depositi presso la banca centrale e quindi l ’ammontare dei bigbetti che da essa prelevano.
In questo caso movimenti in simpatia da parte delle banche partecipanti acquistano impeto a mano a mano che procedono e trovano alimento nelle aumentate riserve, col risultato che sarà difficile porre un freno all’intima instabilità del sistema. Il caso normale è che la banca centrale controlli a suo criterio discrezionale l’ammon­tare complessivo della propria emissione di biglietti, ed allora anche le riserve complessive del sistema bancario sono sotto il suo controllo; la banca centrale dirige l’orchestra e dà il tempo.


7. - Il quantum della riserva in oro.

Se motivi di carattere politico non interferiscono in senso contrario, la banca centrale esercita la sua fun­zione direttiva nell’intento di sviluppare al maximum la attività economica del paese col vincolo di mantenere la convertibilità dei biglietti in oro od in divisa estera.
Vediamo che cosa importa questa condizione.
La conversione è richiesta d ’ordinario per finanziare un eventuale sbilancio fra quanto si deve pagare e quanto si deve riscuotere dall’estero; o per tesoreggiamento. Non e richiesto nei confronti dei biglietti che sono impiegati per le transazioni all’interno: il totale dei biglietti adibiti a questo scopo rappresenta un minimum al di sotto del quale la circolazione non scende. Se pro tempore indichiamo questo minimo con m, la circolazione (quan­tità di biglietti in circolazione) con M e con R la riserva, la condizione, necessaria e sufficiente, che assicura la convertibilità è espressa dalla diseguaglianza
R >= M — m
Detto r il rapporto della riserva alla circolazione, cioè di R ad M , dalla equazione precedente segue

r >= 1 - m/M

In particolare per
m =< 0,80 M è r >= 0,20
m =< 0,60 M è r >= 0,40
m =< 0,40 M  è r >= 0,60
il che significa che per assicurare la convertibilità dei biglietti deve essere considerata sufficiente una riserva rispettivamente del
        20    40    60
per cento della circolazione pro tempore, secondo che si presuma che la circolazione nel suo livello minimo non possa scendere al di sotto rispettivamente di
        80    60    40
per cento della circolazione pro tempore. In generale quindi la riserva necessaria per assicurare la stabilità monetaria dipende essenzialmente dall’ ampiezza delle fluttuazioni della differenza M — m.
Il valore presunto di siffatta differenza è l’elemento che determina la politica monetaria della banca centrale, il suo atteggiamento al rialzo od al ribasso nei confronti del risconto del portafoglio delle singole banche, e che trova la manifestazione più significativa nella manovra del saggio dello sconto.
L’efficacia di siffatta manovra fu intravista verso la metà del secolo scorso all’atto dell’ applicazione della legge bancaria inglese del 1844 (Bank Charter act).

Giustamente osserva il Keynes che siffatta legge, che costituisce il primo tentativo importante per stabilire principii scientifici nella dinamica della circolazione della moneta, è il frutto di un principio sano e di una grande confusione di idee. Il principio sano, che do­vremo illustrare più avanti, è il principio quantitativo, che afferma essere i prezzi dipendenti essenzialmente dalla quantità della moneta in circolazione. La confu­sione di idee nasce dall’avere la legge ignorato la correlazione che sussiste fra moneta e credito bancario e che qui abbiamo illustrato. Secondo il Keynes ne sarebbe derivato un vero e proprio crollo, se questa interdipendenza, che non aveva trovato espressione nella legge, non fosse stata intuitivamente acquisita dalla finanza verso la stessa epoca. Per questo l’efficacia della manovra del tasso dello sconto, in pratica, più che una nozione familiare alla finanza diveniva un vero e proprio dogma economico, ma il suo preciso modus operandi non veniva chiaramente compreso e forma ancor oggi ma­teria di discussione.

(Ringraziamenti ad Alessio B che ha fornito l'originale)