Il populismo è democratico
Machiavelli e gli appetiti delle élite
di Lorenzo Del Savio e Matteo Mameli
L’anti-populismo può facilmente diventare un’arma nella mani delle élite, un’arma che pone a rischio la stessa convivenza democratica. Questo ci può insegnare Machiavelli attraverso un dibattito anglosassone sui rapporti tra i Discorsi e il neo-repubblicanesimo contemporaneo
Questa interpretazione anti-populista del significato politico dei populismi, ancorché egemone, è inadeguata. Per chi ritiene che gli appetiti delle oligarchie – per usare i termini di Machiavelli – costituiscano un elemento di rischio importante per quanto riguarda il perseguimento del bene comune, non è difficile vedere come l’accusa di populismo possa diventare facilmente uno strumento per mantenere ed estendere il potere di quelle stesse oligarchie, oltre che la loro influenza sulla vita e le decisioni pubbliche, riducendo così ogni tentativo di contestazione che viene dal basso a irrazionalità o pigrizia intellettuale o morale. L’anti-populismo può dunque diventare un’arma nella mani delle élite, un’arma che pone a rischio la stessa convivenza democratica. E il populismo, se propriamente articolato, può invece essere utile alla vita democratica. Questo ci insegna Machiavelli attraverso un recente dibattito anglosassone sulle tesi dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio.
L’anti-populismo e il dibattito neo-repubblicano su Machiavelli
In questo breve scritto, vogliamo spiegare la potenzialità contestatoria e anti-elitista del populismo, esplorandone le potenzialità democratiche. Il nostro punto di partenza è la lettura che il politologo John McCormick ha dato di ciò Machiavelli dice nei Discorsi a proposito delle istituzioni della Repubblica romana, lettura contrapposta a quella cosiddetta neo-repubblicana, e ormai divenuta ortodossa, di autori come lo storico Quentin Skinner e il filosofo Philip Pettit.[2] McCormick pone in risalto quegli aspetti che possono essere legittimamente – anche se anacronisticamente e provocatoriamente – chiamati populisti delle teorie di Machiavelli. Per Machiavelli la Repubblica romana offre un esempio, per quanto imperfetto, di un sistema istituzionale all’interno del quale anche coloro che non appartengono alle élite possono contestare efficacemente, e per di più per via istituzionale, il potere e le ambizioni delle oligarchie, la cui azione sarebbe altrimenti priva di limiti e dannosa per gli interessi delle persone comuni, oltre che per la sopravvivenza stessa della Repubblica, e quindi nel lungo termine per gli interessi di tutti, incluse le oligarchie stesse. Questo aspetto contestatorio si riscontra nelle magistrature plebee della costituzione mista della Repubblica romana, che garantiva ai semplici cittadini ampi poteri reattivi e propositivi tramite assemblee dedicate e potenti ruoli politici, in primo luogo il tribunato, a cui le élite non avevano accesso.